Discorsi sui Santi

Indice

Nel natale di San Lorenzo

Tenuto a Cartagine il 10 agosto nella Basilica Restituta

1 - Solennissima in Roma la celebrazione del Natale di San Lorenzo
2 - Lettura di uno scritto di S. Cipriano a Fortunato. La gloria dei martiri è la gloria di Cristo
3 - Lettura dal Vangelo di S. Matteo
4 - Proibizione recente di festeggiamenti indecorosi presso il sepolcro di S. Cipriano
5 - I cristiani sono sempre perseguitati
6 - Il comportamento della gallina quando alleva i piccoli
7 - Le opere della necessità: la nave per la patria
8 - Preludio di morte ogni cautela per la salute. Elenco di cose che in cielo non si troveranno
9 - Senza Dio non sappiamo chi siamo
10 - Necessità di reciproca preghiera fra pastori e fedeli

1 - Solennissima in Roma la celebrazione del Natale di San Lorenzo

Poiché l'ascoltatore si mostrava infastidito, si doveva omettere questo discorso, ma per l'onore del martire esso va proferito, di conseguenza, con l'aiuto del Signore, diventerà misurato e, insieme, di contenuto esauriente, in modo che non risulti pesante, e, forse, neppure ridotto.

È sorto fulgido in Roma il giorno solennissimo che viene celebrato con grande affluenza di popolo: sebbene materialmente assenti, presenti tuttavia con lo spirito, noi siamo uniti ai nostri fratelli in un unico corpo, sotto un solo Capo.

Non è che dove è sepolto il suo corpo ivi soltanto la memoria del suo merito: in ogni luogo gli si deve venerazione.

Il corpo si depone in un determinato luogo, ma lo spirito vittorioso è presso colui che è presente dovunque.

Come è stato tramandato, il beato Lorenzo, quanto alla vita del corpo, era adolescente; uomo maturo secondo lo spirito, molto ne accresceva il merito l'età giovanile, la corona che sarebbe rimasta perennemente fresca.

Ed era diacono, per ufficio inferiore ad un Vescovo; quanto a ricompensa equiparato ad un apostolo.

Ma questa celebrazione propria di tutti i gloriosi martiri è stata istituita nella Chiesa allo scopo di incoraggiare all'imitazione nella fede coloro che non li hanno veduti nelle sofferenze e perché se ne richiami la memoria con una solennità.

Infatti cadrebbe probabilmente dai cuori degli uomini ciò che non venisse ripresentato da una ricorrenza anniversaria.

E non è possibile che le solennità di tutti i martiri comportino dovunque lo stesso fervore: non ne mancherebbero infatti ogni giorno, giacché non si trova un giorno solo nel corso dell'anno nel quale non furono coronati dei martiri in diversi luoghi.

Ma se le solennità che destano maggior fervore fossero continue, recherebbero fastidio, mentre gli intervalli ravvivano l'interesse affettivo.

Noi dobbiamo assecondare soltanto ciò che è stato disposto, dobbiamo osservare quanto è stato proposto: in occasione della solennità di qualsiasi martire, disponiamo il nostro spirito alla sua festa in modo da non allontanarci dalla sua imitazione.

2 - Lettura di uno scritto di S. Cipriano a Fortunato. La gloria dei martiri è la gloria di Cristo

Egli era un uomo e uomini siamo anche noi; è stato creato da colui che ha creato anche noi; uno stesso prezzo è stato pagato per il suo e nostro riscatto.

Pertanto, chi è cristiano non deve dire: Perché io?

Anzi, non deve dire: Io no; ma: Perché non io pure?

Avete ascoltato il beato Cipriano, modello dei martiri e loro suscitatore.

Egli dice: Nella persecuzione è coronato il combattimento, in tempo di pace la coscienza.1

Perciò nessuno pensi che gli facciano difetto le circostanze: non sempre è attuale un'epoca di persecuzione, ma lo è sempre l'epoca della fedeltà.

E nessuno si ritenga debole, dal momento che è Dio a suscitare le forze, in modo da non dubitare proprio di colui che le infonde, quando teme per sé.

Pertanto, quali esempi di martiri, Dio volle presenti tutte le età, come pure l'uno e l'altro sesso: sono stati coronati i vecchi, coronati i giovani, coronati gli adolescenti, coronati i fanciulli, coronati gli uomini, coronate le donne.

E, tra le donne, ogni età ha ricevuto la corona; né la donna ha detto: Non sono in grado di vincere il diavolo.

È stata molto accorta a vincere il nemico che l'aveva spossessata e a vincere con la fede chi aveva assecondato per essere corrotta.

O che le donne abbiano anch'esse contato sulle loro forze?

Ad ogni uomo è stato detto: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

Di conseguenza, la gloria dei martiri è la gloria di Cristo che ha preceduto i martiri, ha sostenuto i martiri, ha coronato i martiri.

Nondimeno, sebbene uno sia un periodo di pace e un altro un periodo di persecuzione, viene meno in una qualche epoca una persecuzione non aperta?

Non viene mai meno: quella fiera, il dragone, né infierisce sempre, né insidia sempre, però sempre perseguita.

Quando infuria apertamente, mancano insidie occulte, quando dissimula l'insidia, l'aggressività non è palese; vale a dire: quando simile a leone ruggisce, non striscia come un serpente; quando, come serpente, striscia, non ruggisce quasi leone; tuttavia, sia leone, sia serpente, perseguita sempre.

Quando tace il ruggito, guardati dalle insidie; quando le insidie sono palesi, evita il leone ruggente.

Ma può essere evitato e il leone e il serpente se lo spirito viene custodito in Cristo.

Tutto ciò che si deve temere in questa vita è destinato a finire; nell'altra vita, invece, quanto dev'essere amato e quanto è da temersi non passa.

3 - Lettura dal Vangelo di S. Matteo

Senza dubbio il Signore si rivolgeva solo ai Giudei quando, secondo il Vangelo, diceva loro: Guai a voi, scribi e farisei, che innalzate i sepolcri ai Profeti, e dite: se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti; così testimoniate di essere figli degli uccisori dei Profeti.

Anzi, voi colmerete la misura dei vostri padri. ( Mt 23,29-32 )

Infatti, con l'aver detto: "Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti", asserirono di essere loro figli.

Noi, al contrario, se ci manteniamo sulla retta via, non chiamiamo nostri padri coloro che uccisero i Profeti, ma chiamiamo nostri padri quelli che furono uccisi dai padri loro.

Un figlio si va formando nei costumi così come nei costumi è stato degenere il padre.

Per questo appunto, fratelli, noi siamo chiamati figli di Abramo e intanto non lo conosciamo personalmente, né siamo i discendenti di lui secondo la carne.

Come ne siamo i figli allora? Non secondo la carne, ma secondo la fede.

Infatti Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia. ( Gen 15,6; Rm 4,3 )

Di conseguenza, se Abramo è giusto perché credette, tutti coloro che, dopo Abramo, ne vanno imitando la fede, sono diventati figli di Abramo.

I Giudei, discendenti secondo la carne, hanno degenerato; noi, nati da uomini di altra stirpe, in forza dell'imitazione, abbiamo guadagnato ciò che quelli hanno perduto degenerando.

Guardiamoci dunque dal ritenere Abramo padre loro, sebbene nati dalla stirpe di Abramo.

Loro padri furono quelli che essi stessi hanno riconosciuto.

Se fossimo vissuti - dicono - al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti.

Come puoi dire che non ti saresti associato a quelli che chiami tuoi padri?

Se erano padri, tu sei figlio; se figlio sei, eri disposto ad associarti.

Ma se non eri disposto ad associarti, non sei figlio; se figlio non sei, quelli non sono padri.

Quindi, il Signore li fece convinti, da questo, che avrebbero fatto quanto fecero quelli, avendoli chiamati loro padri.

In realtà testimoniate voi stessi - dice il Signore - di essere figli degli uccisori dei Profeti, perché li avete chiamati padri vostri.

E voi colmerete la misura dei vostri padri.

4 - Proibizione recente di festeggiamenti indecorosi presso il sepolcro di S. Cipriano

Ed ora vediamo di sapere chi siano i figli degli uccisori e chi siano i figli degli uccisi.

E voi notate che molti sono assai solleciti a recarsi ai sepolcri dei martiri, a farsi merito delle loro coppe per il contatto con i sepolcri dei martiri, tornarsene ben rimpinzati grazie all'onore reso ai martiri; ma, tuttavia, scrutali sotto ogni riguardo e li identificherai tra i persecutori dei martiri.

Proprio da parte loro, tumulti, ribellioni, pantomime, ogni specie di intemperanze detestate da Dio; ed al presente, poiché non possono lapidarli essendo già coronati, li perseguitano a furia di coppe di vino.

Chi erano e di chi erano figli quelli le cui pantomime, presso il sepolcro del santo martire Cipriano, sono state proibite di recente, appena la celebrazione di ieri?

Certo, là danzavano, là si abbandonavano ai sollazzi; anzi, quasi pregustando il godimento, vi si preparavano con grandi aspettative e bramavano di trovarsi sempre in questo giorno.

Tra chi bisogna annoverarli? Tra i persecutori dei martiri o tra i figli dei martiri?

Si lasciarono identificare quando, colpiti dal divieto, si abbandonarono alla ribellione.

I figli sono per la lode, i persecutori per i sollazzi; i figli cantano inni, quelli presentano banchetti.

Perciò non si fa conto se danno l'impressione di voler onorare; infatti, quando rendono onore, sono proprio come furono coloro che dissero: Se fossimo vissuti ai loro tempi, non ci saremmo associati ai nostri padri per dare la morte ai martiri o ai Profeti. ( Mt 23,30 )

Associatevi adesso alla fede dei martiri e crediamo che non eravate disposti ad associarvi agli uccisori dei martiri.

Perché i martiri hanno ricevuto la corona?

Percorrendo la via di Dio, io credo, con la sopportazione, anche con l'amore verso i loro nemici, pregando per essi.

Questa è la corona dei martiri, questo il merito dei martiri.

Tu ami, ti comporti come loro, sei dedito alla lode? sei figlio di martire.

Ti comporti secondo tutt'altra vita? Ma allora hai di rimando tutt'altra sorte.

5 - I cristiani sono sempre perseguitati

Perciò, dilettissimi, per il fatto che, come ho detto, non manca mai la persecuzione e il diavolo o insidia o infierisce, dobbiamo essere sempre vigilanti, con lo spirito intento al Signore e, per quanto ci è possibile, in mezzo a questi fastidi, tribolazioni, tentazioni, dal Signore dobbiamo implorare fortezza, poiché, per noi stessi, siamo piccoli e assolutamente inetti.

Mentre se ne dava lettura, avete ascoltato dall'apostolo Paolo che cosa possiamo dire di noi: Come abbondano - egli dice - le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. ( 2 Cor 1,5 )

Ugualmente è detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato. ( Sal 94,19 )

Come questo è stato detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato, così è stato detto dall'Apostolo: Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.

Verremmo meno all'approssimarsi del persecutore se ci mancasse chi ci dia consolazione.

E poiché le risorse personali erano di per sé inadeguate sia a sopportare, sia a superare la mancanza di un certo respiro a durarla nelle circostanze del momento, a causa del ministero obbligante, fate attenzione a quel che sia giunto a dire: Voglio che sappiate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre la misura, al di là delle nostre forze. ( 2 Cor 1,8 )

Se quella tribolazione superò le forze umane, forse anche i divini soccorsi?

Ci ha colpiti - egli dice - oltre misura e al di là delle nostre forze.

Di quanto al di sopra delle forze?

Bada che si riferisce alle forze dello spirito: Al punto di essere stanchi della vita. ( 2 Cor 1,8 )

L'Apostolo, che la carità spronava a vivere, come doveva essere affranto per il gran numero di tribolazioni, da giungere a sentire il peso della vita!

Come lo forzava a vivere la carità, quella carità di cui altrove dice: D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne! ( Fil 1,24 )

Ecco, tanto si era inasprita la persecuzione, e tanta era la sofferenza da stancarlo persino della vita.

Ecco: timore e spavento lo invasero, tenebre piombarono su di lui, come avete ascoltato nella proclamazione del Salmo.

È infatti la voce del corpo di Cristo, è la voce delle membra di Cristo.

Vuoi riconoscervi la tua voce? Sii membro di Cristo.

Timore - disse - e spavento mi invasero, tenebre piombarono su di me.

E dissi: chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? ( Sal 55,6-7 )

Non sembra che questo abbia voluto esprimere l'Apostolo dicendo: Al punto di essere stanchi della vita? ( Fil 1,20 )

In certo modo il tedio gli sopraggiunse perché invischiato nella carne: voleva esser libero per andare a Cristo.

L'affluire delle tribolazioni ne invadeva il cammino, ma non lo precludeva.

Era stanco di vivere, ma non di vivere nell'eternità, cui si riferisce dicendo: Per me vivere è Cristo e morire un guadagno. ( Fil 1,21 )

Ma, essendo trattenuto quaggiù dalla carità, che ne segue?

Ma se il vivere quaggiù nel corpo significa per me lavorare con frutto, non so che cosa debba scegliere.

Sono messo alle strette infatti tra queste due cose, avendo il desiderio di essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo. ( Fil 1,22-23 )

Chi mi darà ali come di colomba?

D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne. ( Fil 1,24 )

Aveva ceduto ai suoi pulcini pigolanti: custodiva sotto le ali, nutriva i piccoli, come egli stesso disse: Mi sono fatto piccolo in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. ( 1 Ts 2,7 )

6 - Il comportamento della gallina quando alleva i piccoli

E notate, fratelli, è stato letto adesso nel Vangelo: Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina i suoi pulcini e voi non avete voluto! ( Mt 23,37 )

Osservate la gallina e osservate anche gli altri uccelli che nidificano sotto i nostri occhi; covano le uova, nutrono i piccoli: vi renderete conto che nessun uccello si fa debole insieme ai figli.

Notate il comportamento della gallina quando alleva i piccoli, come si muta la sua voce e si fa rotta come per raucedine.

Le penne stesse non sono raccolte e agili, ma ispide e cascanti, così che se ti capita di vedere un altro uccello e non ne hai visto il nido, non ti rendi conto se abbia le uova o i pulcini; invece, quando avrai visto una gallina, anche se non ne vedi le uova o i pulcini, dalla stessa voce e da come si mostra nel corpo, tu intuisci la madre.

Che fece dunque la Sapienza, nostra madre?

Si fece debole nella carne per raccogliere i piccoli, per farli crescere, per nutrirli.

Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini; ( 1 Cor 1,25 ) sotto queste ali della debolezza della sua carne, ma sotto l'occulta potenza della sua divinità voleva raccogliere i figli di Gerusalemme.

Questo aveva insegnato al suo Apostolo, attuandolo egli stesso in lui.

Lo afferma infatti proprio l'Apostolo: Cercate una prova che Cristo parla in me? ( 2 Cor 13,3 )

E aggiunge di aver portato moltissime delle sofferenze di Cristo; non le sue, ma le sofferenze di Cristo.

Faceva infatti parte del corpo di Cristo ed era membro di Cristo.

E tutto ciò che faceva l'Apostolo verso i piccoli da curare, anche nel membro suo, era il Capo che l'operava.

Dunque, mentre l'Apostolo si prendeva cura quaggiù della debolezza dei suoi piccoli, con l'affetto e il desiderio desiderava volare come colomba, ma, per la carità verso i figli, se ne restava come gallina.

Dice: Abbiamo ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti, che da tante morti ci ha liberati e ci libererà e noi speriamo in lui che ancora ci libererà. ( 2 Cor 1,9-10 )

Ci ha liberato e ci libererà: che volle dire? Che conserva questa nostra vita per voi.

Lo ha liberato infatti da tante morti, perché non venisse schiacciato dai persecutori, perché non ricevesse la corona troppo presto per le necessità dei suoi figli, secondo l'altra sua espressione: D'altra parte è più necessario per voi che io rimanga nella carne.

Ma tenendo conto di questo, sono convinto che resterò e continuerò ad essere di aiuto a voi tutti per il progresso e la gioia della vostra fede. ( Fil 1,24-25 )

Lo rapiva verso ben altro l'ardente desiderio, la necessità lo tratteneva altrove.

Essere sciolto dal corpo - disse - ed essere con Cristo sarebbe assolutamente migliore. ( Fil 1,23 )

Questo non lo disse necessario, ma assolutamente migliore.

Infatti la cosa migliore è di per sé ambita; quel che è necessario, si assume per necessità; perciò si dice necessario.

7 - Le opere della necessità: la nave per la patria

La necessità ha dato nome a cosa necessaria: al presente ci è appunto necessario questo cibo del quale ci serviamo; il cibo è indispensabile al sostentamento della vita terrena; è ottimo, invece, quel cibo della virtù e della sapienza, pane vivo, sempre ristoratore, che mai viene a mancare.

Esso è ottimo, questo è necessario.

Ne segue che, non essendoci più questa necessità dovuta alla fame, e del sostentamento del corpo mortale, questo cibo non sarà necessario.

Che dice al riguardo l'Apostolo? Il cibo per il ventre e il ventre per i cibi; ma Dio distruggerà e questo e quelli. ( 1 Cor 6,13 )

Ma quando distruggerà? Quando questo corpo animale, risorgendo, diventerà spirituale: non vi sarà infatti indigenza alcuna, e non vi saranno le opere richieste dalla necessità.

Fratelli, tutte queste cose infatti, anche quelle opere che quaggiù sono dette buone, anzi, proprio quelle opere che siamo esortati a compiere ogni giorno, sono opere di necessità.

Che c'è di così buono, che di così eccellente, che di così lodevolmente cristiano come dividere il pane con l'affamato, ospitare l'indigente senza alloggio, notare che uno è nudo e vestirlo, scorgere un cadavere e dargli sepoltura, vedere un litigioso e intervenire a comporre la lite, avvertire che uno è infermo e andare a visitarlo o a curare?

Tutte queste sono opere degne di lode.

Riflettete e vi rendete conto che le ha fatte nascere la necessità.

Tu infatti dividi il pane perché ti accorgi che uno è affamato: se nessuno avesse fame, a chi lo daresti il pane?

Escludi la necessità di un altrui bisogno, non ci sarà motivo per la tua compassione.

Nondimeno, per queste opere, che ha generato la necessità, giungiamo a quella vita - dove non sarà presente la necessità - quasi per mezzo di una nave alla patria.

In patria dimorerò per sempre, non sarò mai esule, non ci sarà bisogno di una nave; ma quella nave che là non sarà di bisogno, proprio quella vi ci conduce.

Quando si sarà pervenuti, non sussisteranno di queste cose; però, mancandone quaggiù l'adempimento, lassù non si può giungere.

Siate dunque solleciti nelle buone opere dovute alla necessità, per essere felici nel godimento di quell'eternità, dove ormai la necessità muore, con la morte della stessa morte, generatrice di tutte le necessità.

È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità. ( 1 Cor 15,53 )

Quando si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria?

Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 )

Lo si dirà alla morte sconfitta e annientata, perché l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte. ( 1 Cor 15,26 )

8 - Preludio di morte ogni cautela per la salute. Elenco di cose che in cielo non si troveranno

Al presente del resto, per mezzo di tutte le opere di necessità, si lotta con la morte; ogni deficienza infatti trascina alla morte ed ogni compensazione allontana dalla morte.

Anche il corpo è così soggetto a mutazione che in certo qual modo alcune forme di morte sono respinte da altre morti.

Prendere qualsiasi cosa in aiuto quando non si può durare a lungo, è un premettere la morte.

Vedete già questa vita: qualunque cosa si prende in aiuto non potendo resistere più a lungo - che se avrai resistito più a lungo muori - ecco una premessa di morte; nondimeno, se nulla si dovesse assumere, l'altra morte non viene respinta.

Ad esempio: uno non mangia: se avrà mangiato e digerito, ricupera le forze.

Quando non mangia, si serve di un digiuno per respingere da sé la morte, effetto dell'intemperanza: se non avrà fatto ricorso all'astinenza e al digiuno, non allontanerà da sé quell'effetto.

Per contro, se avrà voluto insistere in quello - nel digiuno cui ha fatto ricorso per allontanare la morte, conseguenza di eccessi - temerà un altro genere di morte: per fame.

Perciò, come si è servito del digiuno onde evitare la morte per intemperanza, così farà ricorso al cibo onde evitare la morte per inedia.

Infatti, a qualsiasi di questi mezzi avrai fatto ricorso, se insisti in esso, vieni meno.

Ti eri stancato andando in giro; se continui sempre a camminare, in  seguito alla fatica stessa, verrai meno e morirai.

Perciò, per non giungere a perdere le forze, ponendoti a sedere, tu riposi: resta di continuo a sedere e ne morirai.

Ti stava opprimendo un sonno profondo; devi stare sveglio per non morire.

Morirai a motivo della veglia se non tornerai a dormire.

Mostrami quel che vuoi prendere in aiuto a respingere un male opprimente, dove ti trovi così tranquillo da non voler farne più a meno: quella qualsiasi cosa di cui ti sarai servito, proprio quella si dovrà temere.

Di conseguenza, in ogni mutarsi e alternarsi di perdite e di recuperi, si lotta con la morte; quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, ( 1 Cor 15,54 ) si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria?

Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 )

Vedremo, loderemo, vivremo eternamente.

Non ci sarà alcun genere di indigenza, non si cercherà compensazione di sorta.

Non trovi un povero con il quale dividere il pane, o un forestiero da accogliere in casa.

Non trovi chi abbia sete cui dare da bere; né un nudo che dovrai rivestire; non un malato da visitare; non un litigioso cui ispirare concordia; non un cadavere da seppellire.

Tutti sono saziati con il cibo della giustizia e la bevanda della sapienza, tutti vestiti di immortalità, tutti viventi nella loro patria eterna: la salute di tutti è la stessa eternità, eterna la salute, eterna la concordia.

Nessuno muove lite, nessuno cerca un giudice, nessuno un arbitrato di riconciliazione, nessuno una sentenza di rivendicazione; nessuna infermità, nessuna morte.

9 - Senza Dio non sappiamo chi siamo

Abbiamo potuto parlare di quelle cose che lassù non si troveranno, chi può dire di quelle che vi saranno?

Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo. ( 1 Cor 2,9 )

Dice giustamente l'Apostolo: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. ( Rm 8,18 )

Devi sapere, cristiano, come quali che siano state le tue sofferenze, rispetto a quanto riceverai, sono un nulla.

Con certezza di fede riteniamo questo: non si parta mai, questo, dal tuo cuore.

Ciò che sarai non lo puoi capire e vedere: che sarà allora quel che ora non può essere conosciuto da chi poi lo riceverà?

In realtà, noi saremo quel che saremo e non possiamo comprendere quel che saremo.

È superata ogni nostra debolezza, è superato ogni nostro pensiero, è superata ogni nostra intellezione: tuttavia, noi vivremo.

Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio; ( 1 Gv 3,2 ) ora, in verità, per l'adozione, per la fede, per il pegno.

Fratelli, abbiamo ricevuto il pegno, lo Spirito Santo.

Quando manca alla parola chi ha dato un tale pegno?

Siamo figli di Dio - dice Giovanni - e ciò che saremo non è stato ancora rivelato.

Sappiamo - dice - che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è. ( 1 Gv 3,2 )

Disse che non è stato ancora rivelato, e non disse che sia ciò che non è stato ancora rivelato.

Non è stato ancora rivelato ciò che saremo.

Poteva dire: quello saremo e tali saremo.

A chi poteva dire tutto ciò che poteva dire?

Non oso dire chi poteva dire, ma di certo a chi poteva dire.

E forse c'era infatti chi poteva dire, perché è proprio chi riposava sul petto di Cristo e dal petto di lui, in quel banchetto, sorbiva sapienza; ricolmo di quella sapienza, proruppe: In principio era il Verbo. ( Gv 1,1 )

Disse questo, dunque: Sappiamo che quando sarà stato rivelato ciò che saremo, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Simili a chi? Senza dubbio a colui di cui siamo i figli.

Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio e non è stato ancora rivelato ciò che saremo.

Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui - del quale siamo i figli - perché lo vedremo così come egli è.

Se fin d'ora vuoi essere simile a colui a cui sarai simile, se vuoi sapere a chi sarai simile, guardalo, se puoi.

Non ti è ancora possibile.

Quindi, non sai a chi sarai simile per il fatto che non sai quanto sarai simile.

Di conseguenza, non conoscendo ancora quel che egli è, non conosci quel che anche tu sarai.

10 - Necessità di reciproca preghiera fra pastori e fedeli

Carissimi, fermando su questo il nostro pensiero, restiamocene sempre in attesa della nostra eterna gioia, e imploriamo assiduamente forza nelle fatiche e nelle prove temporali, sia noi per voi, sia voi per noi.

Non pensate infatti, fratelli, che a voi sono necessarie le nostre preghiere e che a noi non sono necessarie le vostre orazioni: ci sono necessarie a vicenda le preghiere degli uni per gli altri, perché proprio le preghiere scambievoli si fondono insieme nella carità e questo sacrificio, come da un altare consacrato, ha per il Signore un odore soavissimo.

Infatti, se gli Apostoli chiedevano che si pregasse per loro, quanto più noi, ben lontani dall'essere come loro - comunque desiderosi però di seguirne le orme - e incapaci a valutare con quanta fedeltà li seguiamo e imbarazzati ad ammetterlo.

Perciò, uomini di quella levatura volevano che da parte della Chiesa si pregasse per loro e affermavano che noi siamo il vostro vanto come anche voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. ( 2 Cor 1,14 )

Pregavano a vicenda gli uni per gli altri prima del giorno del Signore nostro Gesù Cristo; gloria in quel giorno, prima di quel giorno indigenza.

Si preghi nel bisogno per godere nella gloria.

Evidentemente in tempi diversi, destinati tuttavia a giungervi tutti ad un tempo: diversi sono i tempi in cui si esce da questo mondo, unico il tempo della mercede nell'altra vita.

In una sola volta ed insieme, ci ritroveremo tutti, per ricevere quel che abbiamo creduto e abbiamo desiderato in tempi diversi; come quegli operai della vigna: alcuni vi furono condotti nella prima ora, altri all'ora terza, altri alla sesta, altri alla nona, altri alla decima. ( Mt 20,1ss )

Furono chiamati in tempi diversi, ma la mercede è data a tutti nello stesso tempo.

Rivolti al Signore.

Indice

1 Cipriano, De exortatione martyrii (ad Fortunatum)