Discorsi sul Vecchio Testamento

Indice

Sul passo scritturale del Siracide

"Mantieni fede al prossimo durante la sua povertà affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni"

1 - Rimanere fedeli all'amico povero
3 - Un'esegesi errata di Sir 22,27
4 - Il ricco epulone e il povero Lazzaro
5 - La condanna dei ricco è meritata
6 - Non disprezziamo il povero
7 - Nel nome "prossimo" intendi Cristo

1 - Rimanere fedeli all'amico povero

Al presente non ci è consentito parlare di tutte le espressioni della divina Scrittura che abbiamo lette. ( Sir 22; Lc 16,19-31; Fil 2,5-8 )

Ho trovato però una frasetta, brevissima per il numero delle parole ma vastissima per la portata del significato.

Pertanto, con l'aiuto del Signore, ho scelto, per quanto sarà consentito alla limitatezza delle mie forze, di somministrarne qualcosa alla vostra Carità, che vedo in grande attesa.

Ve ne servirò attingendo alle dispense del Signore, dalle quali, come voi, anch'io attingo ciò di cui vivo.

La frase di cui vi sto parlando è questa: Mantieni fede al prossimo durante la sua povertà, affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni. ( Sir 22,27 )

Prendiamola in un primo momento semplicemente così come sembra suonare, come cioè possono capirla tutti, anche coloro che non sanno penetrare nelle pieghe più occulte delle divine Scritture.

Dice: Mantieni fede al prossimo durante la sua povertà, affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni.

È vero - dice l'uditore superficiale -: quando l'amico è povero non gli si deve infrangere la fede: si deve restare al suo fianco, né col cambiare della situazione economica si deve alterare l'amicizia, anzi, rafforzando la volontà, gli si deve mantenere la fede.

Se infatti il mio amico mi è stato amico finché era ricco, mentre non lo è più da quando è diventato povero, è segno che mio amico non era lui ma l'oro che possedeva.

Se viceversa mi era amica la persona, essa rimarrà quella che era sia che l'oro resti sia che l'oro venga a mancare.

Perché infatti non dovrebbe essere amico colui che, se ha perduto il suo tesoro, non ha perduto il suo cuore?

Se comprassi un cavallo, anche toltigli i finimenti e la sella, facilmente non lo disprezzerei, anche privo di bardature.

Ebbene, l'amico avrebbe dovuto piacermi quand'era coperto [ di soldi ] e dispiacermi quando [ dei soldi ] fu spogliato?

Molto bene fa dunque la divina Scrittura a impartire quel suo comando; si tratta infatti di una cosa veramente salutare e consona col buon comportamento dell'uomo: Mantieni la fede al prossimo nel tempo della sua povertà.

2 - Affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni. ( Sir 22,27 )

Cosa dice mai? Guarderemo da vicino la seconda parte di questa massima e, del nostro amico, nutriremo forse il pensiero che ci porti a dire: Noi dobbiamo restare al fianco di lui e conservargli [ inalterata ] la fede, pur nella sua povertà, perché ci sia dato di godere anche dei suoi beni?

Colui che ora è povero sarà infatti ricco e non ti vorrà partecipe delle sue ricchezze se prima orgogliosamente tu ne avevi disdegnato la povertà.

Mantieni dunque a lui la fede, anche quando è povero, affinché tu possa godere dei suoi beni quando gli riuscirà d'accumulare ricchezze e insieme con lui rallegrartene.

Mantieni a lui la fede. È povero, ma ha una grande risorsa: la fede.

Tu facevi i conti e volevi con lui possedere la terra.

Se avesse della terra che possiate possedere insieme, quanto non è più sicuro possedere con lui la fede?

Quel tuo amico infatti potrebbe, per ipotesi, essere tale che un malvagio gli possa togliere tutto ciò che possiede; ma che potrà rubargli anche la fede?

Che significa dunque l'espressione: Affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni? ( Sir 22,27 )

Certamente, siccome da povero potrà diventare ricco, tu insieme godrai delle ricchezze di colui che non hai disprezzato nella povertà.

3 - Un'esegesi errata di Sir 22,27

Intesa secondo questa interpretazione popolare, la prima parte di questa massima mi piace; la seconda invece, ve lo confesso, mi disgusta.

Se infatti rimani al fianco del tuo amico durante la sua povertà perché, una volta che egli sia diventato ricco, tu possa godere delle sue ricchezze, non ami l'amico ma nell'amico ami qualche altra cosa.

La fede e la speranza sono due buone amiche, ma superiore a loro è la carità.

Fra i doni divini, queste tre cose rimangono - dice l'Apostolo -: la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità. ( 1 Cor 13,13 )

Abbiate a cuore la carità. ( 1 Cor 14,1 )

Interrogo ora un amico nei riguardi del suo amico: "Dimmi, ti prego, mantieni tu la fede a costui durante la sua povertà?".

Mi risponde: "Certamente! Questo ho udito dalla santa Scrittura e me lo sono fissato in cuore e l'ho riposto nella mia memoria.

Con piacere me lo rammento e con piacere ancor più grande lo metto in pratica.

Ho infatti ascoltato la santa parola: Mantieni la fede al prossimo nel tempo della sua povertà".

E io: "Ma perché ti comporti così? forse per il motivo che ivi si aggiunge, e cioè: Affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni? ( Sir 22,27 )

Cosa ti riprometti?". Dice: "Sì, affinché quando sarà ricco e avrà accumulato dei beni mi faccia partecipe di questi suoi beni, in quanto io non ebbi in uggia i suoi mali".

"Permettimi però un'altra domandina: E se questo povero, al quale mantieni la fede, non avesse mai a diventare ricco?

E se dovesse restare povero sino alla morte? Dovrà allora svanire la fede perché la speranza è andata in fumo?

Non potendo possedere l'oro con l'amico divenuto ricco, ti pentirai d'avergli mantenuto la fede nella sua povertà?".

Se ragiona a modo umano, o meglio se ragiona secondo verità, resterà turbato a questa domanda e mi dirà: Dici giusto.

"È una cosa buona mantenere la fede al prossimo.

Ma se questa fede al prossimo che si trova in povertà la si mantiene perché c'è la speranza di conseguire un giorno le ricchezze di lui e d'esserne insieme con lui partecipe, senza dubbio, se questo povero morrà povero, senza mai conquistare le agognate ricchezze, ci pentiremo di tutto quel bene e d'avere sciupato malamente ciò che avevamo accarezzato con favore".

Ti rendi conto pertanto come occorra penetrare più a fondo in questa espressione e intenderla non secondo quanto vi può comprendere la mente del profano ma secondo l'autorità divina che l'ha coniata per insinuarci, prescriverci, comandarci un qualcosa di grande, dove la nostra speranza non resti delusa e non ci si penta d'aver prestato fede.

Così infatti non potrai raggiungere la comprensione [ della massima ].

4 - Il ricco epulone e il povero Lazzaro

Rifletti dunque un momento su Lazzaro, il povero che giaceva dinanzi alla porta del ricco. ( Lc 16,20 )

Quel povero era malandato in maniera da far proprio compassione: non possedeva nemmeno la salute fisica, che è la ricchezza del povero.

Era coperto di piaghe e i cani venivano a leccarle. ( Lc 16,20-21 )

In quella stessa casa abitava un ricco.

Vestiva di porpora e di bisso, banchettava tutti i giorni sontuosamente e si rifiutava di mantenere la fede col povero. ( Lc 16,19 )

Giustamente il Signore Gesù, amante e datore della fede, diede maggior peso alla fede del povero che non all'oro e ai piaceri del ricco: diede più peso a quel che possedeva il povero che non alla posizione di prestigio goduta dal ricco.

Tant'è vero che del povero ci fece sapere il nome, mentre ritenne opportuno tacere il nome del ricco.

Diceva: C'era una volta un ricco che vestiva di porpora e bisso e ogni giorno banchettava sontuosamente.

C'era poi anche un povero di nome Lazzaro. ( Lc 16,19-20 )

Non vi sembra che queste parole le prendesse da un libro dove il nome del povero era scritto, mentre non vi era scritto il nome del ricco?

Era infatti quello il libro dei vivi e dei giusti, non dei superbi e dei cattivi.

Quel ricco era sulla bocca della gente, mentre del povero nessuno parlava.

Il rovescio fece il Signore: nominò il povero, tacque il nome del ricco, poiché quel ricco non volle mantenere la fede insieme col povero.

Morirono tutt'e due. Successe che morì il povero e fu condotto dagli angeli nel seno di Abramo.

Morì il ricco e fu sepolto ( mentre forse l'altro non ebbe sepoltura ) e, trovandosi all'inferno ( come leggiamo ) fra i tormenti, alzò da lontano gli occhi e vide nel seno di Abramo quel povero ( Lc 16,22-23 ) che aveva disprezzato dinanzi alla porta di casa.

Non poté avere in comune con lui il refrigerio, poiché non aveva voluto avere in comune con lui la fede.

Disse: Padre Abramo, manda Lazzaro a intingere il dito nell'acqua per farla sgocciolare sulla mia lingua, poiché sono tormentato in mezzo a questa fiamma. ( Lc 16,24 )

Gli fu risposto: Figlio, ricordati che durante la tua vita tu hai ricevuto la tua parte di beni e Lazzaro la sua parte di mali: ora egli riposa [ in pace ] mentre tu sei tormentato; e per di più fra noi e voi è stato fissato un grande abisso, di modo che quelli che volessero di qui passare a voi non possono, e neppure quelli che di costì volessero venire fino a noi. ( Lc 16,25-26 )

Si vide negata la misericordia poiché lui stesso l'aveva negata.

S'accorse allora di quanto fosse vero [ il detto ]: Giudizio senza misericordia [ sarà fatto ] a colui che non usò misericordia; ( Gc 2,13 ) e così colui che a tempo debito non aveva avuto compassione del povero troppo tardi si mosse a compassione dei suoi fratelli.

Disse infatti: Manda Lazzaro, poiché ho cinque fratelli, e dica loro come vadano le cose quaggiù, affinché non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti. ( Lc 16,27-28 )

Gli fu replicato: Se non vogliono venire in questo luogo di tormenti, hanno lassù Mosè e i profeti: ascoltino loro! ( Lc 16,29 )

Egli era solito farsi beffe dei profeti insieme con i suoi fratelli.

Così suppongo, anzi non ho alcuna incertezza che egli, parlando con i suoi fratelli dei profeti che esortavano al bene, proibivano il male, spaventavano con la minaccia di tormenti futuri e promettevano futuri premi, si prendesse gioco di tutte queste cose e, ragionando con i fratelli, dicesse: "Qual vita [ potrà esserci ] dopo morte?

Qual ricordo [ si potrà avere ] di chi è ridotto a putridume?

Potrà la cenere avere dei sensi?

Tutti vengono portati là e seppelliti: chi mai ne è tornato?".

Ricordando queste sue parole, voleva che Lazzaro tornasse dai suoi fratelli affinché la smettessero col dire: "Chi mai è tornato di là?".

A questa richiesta fu data una risposta giusta e appropriata.

Costui infatti - come sembra - era un giudeo e per questo poté invocare: Padre Abramo!. ( Lc 16,24 )

Giustissima pertanto e adeguata la risposta: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere nemmeno da uno che risorga dai morti. ( Lc 16,31 )

È una cosa avvenuta ai giudei: non avendo creduto né a Mosè né ai profeti, non credettero nemmeno a Cristo risorto.

E non aveva loro predetto [ il Signore ]: Se credeste a Mosè, credereste anche a me? ( Gv 5,46 )

5 - La condanna dei ricco è meritata

Quel ricco dunque rimase senza aiuti: terminati i piaceri temporali, si ritrovò nelle pene eterne.

Non aveva agito con giustizia; gli toccò ascoltare quanto s'era meritato: Ricòrdati, figlio, che hai ricevuto la tua parte di beni durante la tua vita. ( Lc 16,25 )

Pertanto questa vita che vedi non è per te.

Hai già ricevuto i tuoi beni; questi che sospirando vedi da lontano non sono per te.

Dove sono quindi le parole dei ricchi e di quanti adulano i ricchi quando vedono qualcuno diguazzare nei piaceri temporali o abbondare dei beni terreni o rubare la terra per impossessarsene e ammassare un cumulo esagerato [ di denaro ] circondandosi di quel piombo che ne procurerà l'affondamento?

Fu infatti un gran peso quello che portò il ricco all'inferno, e grave il carico che lo cacciò giù nel profondo.

Non s'era curato d'ascoltare le parole: Venite a me, voi che siete affaticati. ( Mt 11,28 )

Il mio giogo è soave e il mio carico leggero. ( Mt 11,30 )

Il peso di Cristo è come penne: quelle penne con le quali il povero volò nel seno di Abramo.

Il ricco al contrario non aveva voluto ascoltare discorsi di questo genere, ma aveva ascoltato le lingue degli adulatori.

Ascoltando queste lingue era diventato sordo alle parole dei profeti, dico ascoltando le parole di chi falsamente lo adulava dicendo: "Siete soli, vivete soli".

Per questo tu hai ricevuto la tua parte di beni durante la tua vita. ( Lc 16,25 )

Ritenesti infatti per tuo bene cose come queste; altre non ne credesti né sperasti.

Hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita: quella vita che credesti essere l'unica tua vita.

In effetti, non sperasti di trovare alcunché dopo la morte, come non temesti d'incontrarvi qualcosa di triste.

Quindi durante la tua vita ricevesti la tua parte di beni mentre Lazzaro ricevette [ soltanto ] dei mali. ( Lc 16,25 )

Non dice: Dei suoi [ mali ], ma di quei mali che gli uomini considerano mali, che gli uomini temono e che come cose gravi cercano di evitare.

Lazzaro ha ricevuto questi mali senza ricevere nello stesso tempo la sua porzione di beni.

Essi tuttavia non gli andarono perduti.

Come infatti non si sono menzionati i "suoi" beni, così non si è sentito parlare della "sua" vita.

C'era in effetti per lui un'altra vita: quella che sperava nel seno di Abramo, poiché, per quanto concerneva la vita quaggiù, era morto e più non viveva.

Era morto di quella morte di cui l'Apostolo dice: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. ( Col 3,3 )

Il povero sopportava mali temporali, Dio differiva a dargli i suoi beni, non glieli sottraeva.

Come fai dunque tu, o ricco, a desiderare così tardi, cioè ora che sei nell'inferno, ciò che non sperasti quando eri immerso nei godimenti? Non sei tu colui che disprezzavi il povero che giaceva dinanzi alla tua porta?

Non sei tu colui che, disprezzando il povero, ti beffavi di Mosè e dei profeti?

Non volesti mantenere la fede al prossimo al tempo della sua povertà; ora non godi dei beni di lui.

Sghignazzavi ascoltando le parole: Mantieni la fede al prossimo durante la sua povertà, affinché parimenti possa godere dei suoi beni. ( Sir 22,27 )

Ora vedi da lontano i suoi beni e non puoi possederli insieme con lui.

Si trattava infatti di beni che sarebbero venuti in seguito e venuti in forma non visibile.

Quando non li si vedeva, occorreva ammetterli per fede, perché non succedesse che, quando fossero diventati visibili, a te non restasse altro che addolorartene per non poterli conseguire.

6 - Non disprezziamo il povero

Così, fratelli, secondo il mio avviso, è stata sufficientemente spiegata la nostra massima.

I cristiani infatti la debbono intendere cristianamente.

Non manteniamo quindi la fede al prossimo povero sperando che gli sopraggiungano delle ricchezze nel tempo e in tanto gli conserviamo la fede in quanto ci serve per possederle insieme con lui.

Non così, assolutamente, non così.

Come allora se non in conformità del precetto datoci da nostro Signore: Fatevi degli amici con l'iniquo mammona affinché essi a loro volta vi accolgano nei padiglioni eterni? ( Lc 16,9 )

Quaggiù infatti ci sono dei poveri privi di padiglione, dove potervi accogliere.

Fatevi costoro amici mediante l'iniquo mammona, cioè con quei guadagni che l'iniquità chiama guadagni.

Ci sono infatti guadagni chiamati così dalla giustizia: sono i guadagni nascosti nei forzieri di Dio.

Non disprezzate i poveri che si trovano nell'impossibilità di rincasare o che mancano di un rifugio dove entrare.

Hanno dei padiglioni e li hanno eterni.

Hanno abitazioni dove desiderereste invano entrare, come quel ricco, se ora non li avrete accolti in casa vostra.

Chi infatti accoglie un giusto in quanto giusto riceverà una ricompensa da giusto; chi accoglie un profeta in quanto profeta riceverà una ricompensa da profeta, e chi avrà dato a uno di questi miei minimi un bicchiere di acqua fresca considerandolo mio discepolo, vi dico la verità, non perderà la sua ricompensa. ( Mt 10,41-42 )

In realtà egli mantiene la fede al prossimo nella sua povertà, e per questo godrà dei suoi beni. ( Sir 22,27 )

7 - Nel nome "prossimo" intendi Cristo

Ti parla anche il tuo Signore; sì, proprio il tuo Signore: colui che, essendo ricco, s'è fatto povero. ( 2 Cor 8,9 )

Egli ti esporrà meglio e più validamente [ di quanto non possa io ] la presente massima.

Difatti potrebbe darsi il caso che, di quel povero che hai ospitato in casa tua, il tuo animo rimanga dubbioso e incerto se si tratti d'una persona sincera o non piuttosto d'un ipocrita che per ingannarti simuli [ la sua povertà ].

Il tuo animo esita a fargli l'elemosina, non essendo tu in grado di scrutarne il cuore.

Comunque, nell'ipotesi che non puoi scrutarne l'animo, usa misericordia anche al cattivo, per raggiungere così anche il buono.

Chi teme di lasciar cadere parte della sua semente sulla strada o tra le spine o sulle pietre è pigro a seminare d'inverno e patirà la fame d'estate. ( Lc 8,5-7 )

Sta di fatto che il tuo Signore - del quale non dubiti, se sei cristiano - ti dice: "Io sono diventato povero per te, pur essendo ricco". ( 2 Cor 8,9 )

Egli infatti, pur essendo di natura divina - e cosa c'è di più ricco di tale natura? -, non ritenne una rapina l'essere uguale a Dio, ma spogliò se stesso assumendo la natura del servo - cosa è più ricco della natura divina e cosa è più povero della natura di servo? - e facendosi simile all'uomo per il sembiante fu trovato uguale all'uomo: umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. ( Fil 2,6-8 )

Aggiungi ancora! Sulla croce ebbe sete e ricevette una bevanda non da chi aveva di lui compassione ma da chi l'insultava: la fonte della vita in punto di morte bevve l'aceto. ( Gv 19,28-30 )

Non essere restio, non disprezzare, non dire: "Dunque il mio Dio si è fatto uomo?

Dunque il mio Dio è stato ucciso, è stato crocifisso?". Certo!

Evidentemente, proprio così! Egli è stato crocifisso.

Ti si inculca la sua povertà. Un tempo era lontano da te, ma con la sua povertà ti si è avvicinato.

Mantieni la fede al tuo prossimo nella sua povertà. ( Sir 22,27 )

In questa accezione non vacilla, ovviamente, quella massima; non presenta alcuna difficoltà.

Sotto il nome di "prossimo" intendi il nome di Cristo, e intendilo in atteggiamento di umiltà.

Se sarai umile, ti adeguerai a chi è umile; se sarai umile, comprenderai chi è alto.

Munito d'umiltà, comprendi [ Cristo ] e sentitelo vicino - difatti il Signore è vicino a quanti hanno il cuore contrito ( Sal 34,19 ) - sì da poter dire nella tua preghiera: Io mi compiacevo come per il prossimo, come per il nostro fratello. ( Sal 35,14 )

Il profeta aggiunse una sola parola facendo menzione del prossimo.

In realtà l'espressione profetica doveva essere alquanto nascosta dal velo del mistero perché fosse ricercata con più desiderio e trovata con maggiore gusto.

Egli dunque nominò un certo "prossimo": tu in quello stesso passo sostituisci il nome di Cristo, poiché anche il profeta vi nominò Cristo, sia pur profeticamente.

Ti accorgerai allora come la massima corre liscia e, quasi scaturisse dalla fonte della verità, essa placa la tua sete.

Mantieni la fede a Cristo nella sua povertà affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni. ( Sir 22,27 )

Che significa: Mantieni la fede a Cristo?

Egli per te si è fatto uomo, è nato dalla Vergine, ha ricevuto insulti, è stato flagellato e sospeso al patibolo; è stato ferito dalla lancia e sepolto.

Non rigettare tutte queste cose; esse non ti sembrino incredibili, e in questa maniera mantieni la fede al prossimo. ( Sir 22,27 )

Questa è la sua povertà. Cos'è poi l'altro: Affinché parimenti ti sia dato godere dei suoi beni? ( Sir 22,27 )

Ascolta come proprio questo egli ha voluto; ascolta come proprio per questo fine venne a te nella povertà; ascolta la voce del Signore tuo Dio divenuto povero per te, cioè per arricchire te.

Sicuramente godrai dei suoi beni se gli avrai mantenuto la fede nella sua povertà.

Diceva: Padre, voglio che là dove sono io siano anch'essi insieme con me. ( Gv 17,24 )

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