La dottrina cristiana

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Libro III

21.30 - Davide piange la morte di Assalonne, figlio ribelle

In maniera opposta si comportò il re Davide.

Avendo subìto un affronto di questo genere dal suo figlio empio e crudele, non solo sopportò la sua tracotanza ma ne pianse anche la morte. ( 2 Sam 19,3 )

In realtà egli non era irretito da gelosia carnale, e lo amareggiavano non le offese contro se stesso ma i peccati del figlio.

Per questo comandò che se fosse stato vinto non lo si uccidesse, per dare allo sconfitto la possibilità di pentirsi; e, siccome questo non gli riuscì, nella sua morte non pianse la scomparsa del figlio ma perché sapeva in quali pene veniva trascinata un'anima così empiamente adultera e parricida.

Tant'è vero che antecedentemente, quando gli morì un altro figlio che era innocente, si rallegrò, mentre si era afflitto per la sua malattia. ( 2 Sam 12,15-23 )

21.31 - Riflessione sui peccati di Davide e di Salomone

Dal seguente episodio appare in modo assai evidente come quegli uomini antichi usassero delle loro donne con moderazione e temperanza.

Il medesimo re si lasciò travolgere dalla passione per una donna, sospinto dall'ardore dell'età e dalla prosperità negli affari temporali, e comandò anche che suo marito fosse ucciso.

Fu accusato da un profeta, che venne da lui per convincerlo del suo peccato.

Gli propose la parabola del povero che possedeva una sola pecora.

Un suo vicino ne aveva molte ma, al sopraggiungere di un ospite, gli imbandì la mensa con l'unica pecora del vicino povero piuttosto che con una delle sue.

Davide, indignato contro di lui, decretò che venisse ucciso e che al povero fossero rese quattro pecore.

Inconsapevolmente condannava se stesso, che aveva consapevolmente peccato. ( 2 Sam 12,1-14 )

Quando la cosa gli fu fatta palese e gli fu predetta la punizione divina, con la penitenza lavò la colpa.

Nota tuttavia come in questa similitudine della pecora del vicino povero si faccia menzione solo della violenza contro la donna, mentre Davide non è redarguito, nella similitudine, dell'uccisione del marito della donna: cioè di quel povero che aveva una sola pecora non si dice che fu ucciso.

In tal modo la sentenza di condanna uscita dalla bocca di Davide riguarda solamente l'adulterio.

Da ciò si comprende quale temperanza usasse verso le sue diverse mogli, se da se stesso si sentì costretto a punirsi per la trasgressione commessa con quella sola.

E poi in quest'uomo la libidine incontrollata non ci rimase a lungo ma lo attraversò solo temporaneamente, tant'è vero che sulla bocca del Profeta, che lo rimproverava, quella passione disordinata fu designata col nome di " ospite ".

Non disse infatti che con la pecora del vicino povero preparò un pranzo al suo re ma a un suo ospite.

Diversamente andarono le cose nel suo figlio Salomone, nel quale la passione non fu un ospite solo di passaggio ma vi stabilì il suo regno: cosa che la Scrittura non tace nei suoi riguardi ma lo accusa di essere stato un compiacente amatore di donne. ( 1 Re 11,1 )

Agli inizi era stato tutto infiammato d'amore per la sapienza, ( 2 Cr 1,7-12 ) ma, come l'aveva acquistata mediante un amore spirituale, così la perse a causa dell'amore carnale.

22.32 - Al cristiano non converrebbe il comportamento lecito nel V. T.

Tutti o quasi tutti gli atti che sono contenuti nei libri del Vecchio Testamento sono, in conclusione, da prendersi talvolta in senso proprio qualche altra volta anche in senso figurato.

Se però il lettore li prende in senso proprio e quelli che compirono certe azioni risultano lodati, mentre i loro atti sono inconciliabili col comportamento dei buoni che osservano i comandamenti di Dio nel tempo che segue la venuta del Signore, in tal caso il lettore ricorra al senso figurato per capire l'insegnamento del fatto ma non imiti nella condotta il fatto in se stesso.

In effetti molte di quelle cose che in quei tempi furono compiute per dovere ora non le si potrebbe ripetere se non per passione.

23.33 - Evitare le tempeste morali, compiangere i naufraghi

Se gli succede di leggere, a proposito di uomini eminenti, che hanno commesso peccati, potrà, è vero, intendere e ricercare in essi una qualche figura di cose avvenire.

Potrà però anche ritenere il senso proprio del fatto avvenuto, e se ne servirà a quest'uso: per non vantarsi mai delle sue azioni oneste e non disprezzare gli altri come peccatori in base alla propria giustizia, mentre osserva in uomini così insigni e le tempeste che deve evitare e i naufragi che deve compiangere.

I peccati di questi uomini infatti ci sono stati tramandati affinché a tutti incuta spavento quella espressione dell'Apostolo, là dove dice: Per questo motivo chi crede di stare in piedi badi a non cadere. ( 1 Cor 10,12 )

In realtà nei libri santi non c'è quasi pagina in cui non ci si senta dire che Dio resiste ai superbi mentre agli umili dona la grazia. ( Gc 4,6 )

24.34 - Richiamo a una lettura intelligente del testo sacro

In primo luogo dunque dobbiamo ricercare se l'espressione che tentiamo di capire sia propria o figurata.

Scoperto che è figurata, ricorrendo alle norme che abbiamo trattate nel primo libro, sarà facile disaminarla sotto tutti gli aspetti finché non si arrivi all'interpretazione vera, specie se vi si aggiunge l'uso corroborato dalla pratica della pietà.

Se sia una espressione propria o figurata lo troveremo ricordando i princìpi esposti già sopra.

25.34 Appurato questo, si troverà che le parole in cui è racchiuso il pensiero sono state prese o da cose simili o aventi con esse una qualche affinità.

25.35 - Identico il segno, duplice il significato

Ma poiché, come è noto, certe cose sono simili ad altre sotto aspetti diversi, non dobbiamo credere in maniera assoluta che quando una cosa, avente valore di similitudine, significa alcunché in un dato passo, essa debba significare sempre e dovunque la stessa cosa.

Così, ad esempio, il Signore usò la parola " lievito " in senso di disapprovazione quando disse: Guardatevi dal lievito dei farisei, ( Mt 16,11 ) mentre la usò in senso di lode quando disse: Il Regno dei cieli è simile a una donna che nasconde il lievito in tre misure di farina finché il tutto non sia fermentato. ( Lc 13,21 )

25.36 - Esempi della legge di cui al paragrafo precedente

Orbene, osservando questa varietà si nota che essa si riduce a due forme.

Ogni cosa infatti significa un oggetto o un altro con un significato che può essere o contrario o soltanto diverso.

Ha significato contrario quando la stessa cosa in forza della similitudine la si prende ora in senso buono ora in senso cattivo, come si diceva sopra a proposito del lievito.

Lo stesso è della parola " leone ". Essa significa Cristo là dove si dice: Ha vinto il leone della tribù di Giuda, ( Ap 5,5 ) mentre significa il diavolo là dove è scritto: Il vostro avversario, il diavolo, come leone ruggente vi gira intorno cercando chi divorare. ( 1 Pt 5,8 )

Così del serpente si parla in senso buono nella frase: Prudenti come i serpenti, ( Mt 10,16 ) in senso cattivo nella frase: Il serpente sedusse Eva con la sua astuzia. ( 2 Cor 11,3 )

Così del pane. In senso buono là dove è detto: Io sono il pane vivo disceso dal cielo, ( Gv 6,51 ) in senso cattivo nell'altra frase: Mangiate volentieri pani occulti. ( Pr 9,17 )

Così di moltissime altre parole.

Le frasi che ho ricordate non contengono dubbi nel loro significato, perché, dovendo recare degli esempi, non potevo ricordare se non cose evidenti.

Ce ne sono però alcune che presentano incertezze quanto al senso in cui le si debba prendere.

Una è questa: Nella mano del Signore il calice di vino puro è pieno di mescolato. ( Sal 75,9 )

È incerto se significhi l'ira di Dio non estesa al castigo estremo, cioè fino alla feccia, o non piuttosto la grazia delle Scritture nell'atto di passare dai Giudei ai Gentili, poiché è detto: Lo inclinò da qui a là, mentre sono rimaste presso i Giudei le osservanze che essi intendono in maniera carnale, poiché la sua feccia non si è esaurita. ( Sal 75,9 )

Un esempio di quando le cose non sono prese in senso contrario ma solo diverso è quello dell'acqua, che può significare il popolo, come leggiamo nell'Apocalisse, ( Ap 17,15 ) e lo Spirito Santo di cui si dice: Fiumi di acqua viva scorreranno dal suo seno. ( Gv 7,38 )

Il termine " acqua " del resto può significare e intendersi in parecchi altri modi, a seconda dei passi dove lo si trova.

25.37 - Frasi con molteplice significato

Allo stesso modo ci sono altre cose che, non isolatamente ma prese insieme, ciascuna di loro significa non soltanto due realtà diverse ma, a volte, anche parecchie, secondo il posto che occupa nella frase dove la si trova inserita.

26.37 - Spiegare i detti oscuri in base ai più chiari

Dai luoghi dove sono poste con maggiore chiarezza si deve apprendere come occorra intenderle nei passi oscuri.

Ad esempio, di Dio è stato detto: Prendi le armi e lo scudo e sorgi in mio aiuto. ( Sal 35,2 )

Ora questa frase non la si può intendere meglio che confrontandola con quel passo dove si legge: Signore, tu ci hai coronati come con lo scudo della tua buona volontà. ( Sal 5,13 )

Questo tuttavia non nel senso che, dovunque leggiamo dello scudo posto come difesa, non intendiamo altro se non la buona volontà di Dio.

È stato detto infatti anche: Lo scudo della fede col quale possiate - dice - spegnere tutti i dardi infuocati del maligno. ( Ef 6,16 )

E ancora, parlando di simili armi spirituali non dobbiamo riferire la fede soltanto allo scudo, mentre altrove si parla anche della corazza della fede.

Dice: Rivestiti della corazza della fede e della carità. ( 1 Ts 5,8 )

27.38 - Come scegliere il vero senso biblico quando il testo ne consente parecchi

Quando dalle stesse parole della Scrittura non si ricava un senso solo ma due o più, anche se rimane sconosciuto il pensiero dell'autore non c'è alcun pericolo [ nell'ammettere l'uno o l'altro di questi sensi ] purché si possa dimostrare da altri passi delle stesse Sacre Scritture che ciascuno è conforme alla verità.

Tuttavia colui che investiga gli oracoli divini deve sforzarsi di raggiungere l'intenzione dell'autore ad opera del quale lo Spirito Santo ci ha fornito quel brano scritturale.

Sia che raggiunga questa intenzione sia che da altre parole ne ricavi un'altra non in contrasto con la retta fede, egli è esente da colpa in quanto ha in suo favore la testimonianza di un altro passo degli oracoli divini, qualunque esso sia.

In quelle medesime parole che vogliamo comprendere forse già l'autore stesso vide la nostra interpretazione, o, certamente e senza alcun dubbio, lo Spirito Santo che per mezzo dell'autore ha composto tali passi previde che anche tale interpretazione sarebbe venuta in mente al lettore o all'ascoltatore.

Anzi, essendo essa fondata sulla verità, fu lui a disporre che ciò gli capitasse.

In effetti, cosa si poteva disporre dalla Provvidenza di più ampio e fecondo negli eloqui divini, che le stesse parole fossero intese in più modi comprovati da altri testi non meno divini?.

28.39 - Testi affini e argomenti razionali nell'interpretazione della Scrittura

Quando invece si ricava un senso la cui incertezza non può essere eliminata ricorrendo ad altri passi certi delle Sacre Scritture, non rimane altro che renderlo chiaro adducendo motivi razionali, anche se colui del quale cerchiamo di capire le parole non ebbe in mente un tal senso.

Questo sistema tuttavia è pericoloso, mentre alla luce delle Scritture si cammina con molta maggiore sicurezza.

E quando noi le vogliamo scrutare là dove sono opache per l'uso di parole traslate, bisogna che ne esca una interpretazione che non dia luogo a controversie o, se ne presenta, le si risolva applicando testi della stessa Scrittura dovunque li si trovi.

29.40 - Tropi, o traslati, presenti nella Scrittura

Chi conosce le lettere sappia che i nostri autori hanno fatto uso di tutti quei modi di espressione che i grammatici con parola greca chiamano tropi; anzi l'hanno fatto più spesso e con maggior ricchezza di quanto non possano pensare o supporre coloro che non conoscono direttamente quei libri e hanno appreso queste cose da altri autori.

Coloro che conoscono questi tropi li riscontrano nelle sacre Lettere, e mediante la loro conoscenza vengono aiutati non poco nella comprensione.

Ma non è il caso che ci mettiamo qui ad esporli agli indotti per non dare l'impressione che vogliamo insegnare l'arte della grammatica.

Li esorto, ovviamente, ad impararli da altri autori, sebbene una simile esortazione l'abbia già loro rivolta, e precisamente nel secondo libro dove ho trattato della necessità di conoscere le lingue.

Difatti le lettere, da cui ha preso nome la stessa grammatica - i Greci infatti chiamano le lettere γράμματα - sono propriamente segni di suoni, che servono ad articolare la voce con la quale parliamo.

Di questi tropi nei sacri Libri noi leggiamo non solo gli esempi - e ciò di tutti -, ma di alcuni troviamo anche i nomi come " l'allegoria ", " l'enigma ", " la parabola ".

Del resto, quasi tutti i tropi che si dice possano apprendersi con specifica arte liberale si trovano anche nel modo di parlare di coloro che non hanno conosciuto alcun esperto di grammatica ma si contentano del linguaggio in uso fra il popolo.

Chi infatti non dice: Possa tu così fiorire? " Tropo " che si chiama metafora.

Chi non parla di piscina, anche senza che vi siano i pesci, che anzi non è fatta per i pesci, eppure da pesce prende nome?

Tropo che si chiama catacresi.

29.41 - Esempi di ironia o antifrasi

Si andrebbe troppo per le lunghe a voler esaminare in questa maniera tutti gli altri tropi.

In realtà il parlare popolare è arrivato a inventare anche quelli che sono i più strani perché significano cose contrarie a quel che si dice.

Tali quelli chiamati ironia o antifrasi.

Nell'ironia si indica con l'accento della voce cosa si voglia intendere.

Per esempio, quando a uno che ha agito male diciamo: Gran belle cose stai facendo!

All'antifrasi la capacità di significare il contrario non la si dona con la voce di chi pronuncia ma usando certe parole a lei proprie la cui etimologia suona il contrario, come quando al posto di " luce " si dice lucus [ = bosco fitto ] sapendo che non vi passa la luce, o, sebbene non si parli per contrari, la consuetudine ha abituato a dire così.

Ad esempio, se cerchiamo di prendere una cosa là dove non c'è, e ci si risponde: Ce n'è anche troppa!

E ancora può aversi quando con l'aggiunta di parole facciamo sì che la frase venga compresa in senso contrario a quello che diciamo, come quando affermiamo: Guàrdatene, perché è un galantuomo!

E chi è quell'ignorante che non usa espressioni come queste, anche se non sa affatto cosa siano i tropi o come si chiamano?

La loro conoscenza è necessaria per risolvere le ambiguità delle Scritture in quanto il senso, se lo si prende a quel che suonano propriamente le parole, è assurdo e quindi occorre ricercare se per caso quel che non comprendiamo non sia stato detto sulla base di questo o quel tropo.

In tal modo molte cose occulte sono state chiarite.

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