Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 119 (118)

Discorso 4

1 - [vv 4-6.] Uso, spesso promiscuo, degli avverbi "troppo" e "molto"

Chi sarà, o carissimi, l'uomo che rivolgendosi al Signore gli dice: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura?

Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia!

Se guarderò a tutti i tuoi comandamenti, certo non rimarrò confuso.

Chi pronunzia queste parole se non le singole membra di Cristo, o meglio l'intero corpo di Cristo?

E che significa: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura?

E poi si ha da leggere: Osservati oltre misura, ovvero: Tu hai ordinato oltre misura?

Qualunque sia l'interpretazione preferita, la frase sembra contraddire il motto universalmente risaputo ed in sé eccellente, di cui vanno fieri i Greci: Mai di troppo!1

Essi l'attribuiscono ai loro sapienti, e nel tesserne gli elogi sono d'accordo anche i Latini.

Se questo fosse vero, e cioè che in nulla si ha da eccedere, come potrà essere vero il detto del salmo: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura?

Come può Iddio o comandare qualcosa eccedendo la [ giusta ] misura ovvero esigere che, qualcosa sia osservato oltre misura, se tutto quello che eccede la misura è riprovevole?

Potremmo rispondere che noi non siamo per nulla obbligati a sottostare all'autorità dei saggi greci, ricordandoci di quel che sta scritto: Non ha forse Dio reso stolta la sapienza di questo mondo? ( 1 Cor 1,20 )

Messi poi nell'alternativa, dovremmo sempre ritenere per falsa la massima che predica il "Mai di troppo! " e non le parole che leggiamo e cantiamo: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, a meno che da una tale conclusione non ci dissuadesse un motivo razionalmente valido e non soltanto la boria [ della filosofia ] greca.

" Oltre misura " si dice infatti d'ogni cosa che superi quel che in realtà dovrebbe essere.

Sono estremi tra loro opposti " poco " e " troppo "; e " poco " si ha quando una cosa non raggiunge quel che dovrebbe essere, mentre " troppo " quando lo supera.

Nel giusto mezzo fra tali estremi c'è il normale, e questo si indica con " sufficiente ".

Pertanto, siccome è, utile che nella vita e nel comportamento non oltrepassiamo i limiti del giusto, sotto questo aspetto è certamente vera la massima: Mai di troppo!2

Dobbiamo riconoscerlo, né c'è motivo di negarlo.

Capita però a volte che in latino noi usiamo scorrettamente l'espressione " oltre misura ", attribuendole lo stesso significato di " molto ".

Così troviamo scritto nei Libri sacri e così usiamo noi nel nostro conversare.

Prendiamo la frase del nostro salmo: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura.

Se vogliamo intenderla esattamente, non possiamo darle altro senso che " molto ".

Lo stesso, quando a un amico carissimo diciamo: " lo ti amo oltre misura ".

Non intendiamo dirgli che l'amiamo più del consentito ma che l'amiamo profondamente.

In effetti poi la celebre massima della sapienza greca non reca lo stesso termine della nostra frase biblica.

Lì infatti si dice, άγαν, che propriamente vuol dire " troppo "; qui invece, σφόδρα, che significa " molto ".

Però, come ho detto, non mancano casi in cui " troppo " sta in luogo di " molto ".

E questo tanto nei libri quanto nell'uso comune.

Tant'è vero che alcuni codici latini non leggono: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, ma: Siamo molto osservati.

E veramente Dio tiene molto ai suoi comandamenti, e noi dobbiamo molto osservarli.

2 - Senza la grazia, impossibile osservare la Legge

Osservate ora cosa aggiungano l'umile pietà, o meglio la pia umiltà, e la fede memore [ dei doni ] della grazia.

Dice: Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia!

Tu hai impartito degli ordini: oh, si realizzi in me quanto hai ordinato!

Ascoltando l'esclamazione Oh, riconosci la voce di uno che esprime desiderio, e ascoltando questa voce scròllati di dosso la superbia della tua presunzione.

Perché infatti esprimere il desiderio di una cosa che sia in potere del libero arbitrio quando la si possa effettuare senza alcun aiuto esterno?

Se invece si dà il caso d'un uomo che desidera ciò che Dio comanda, è segno che occorre pregare Dio perché doni lui stesso quel che comanda.

A chi infatti ha da volgersi il nostro desiderio se non al Padre della luce dal quale - come attesta la Scrittura - discende ogni beneficio eccellente e ogni dono perfetto? ( Gc 1,17 )

E annotiamo un particolare, in vista di quei tali che ritengono l'aiuto divino esserci necessario per compiere la giustizia solo nel senso che per esso debbono esserci manifestati i comandamenti di Dio.

Una volta che li abbiamo conosciuti, noi con le sole forze della nostra volontà riusciremmo a tradurli in pratica senza alcun intervento della grazia di Dio.

Se non che il salmista esprime il desiderio che le sue vie siano dirette nell'osservanza dei precetti divini quando ha già ricevuto tali comandamenti dall'Autore stesso della legge.

Infatti già in precedenza diceva: Tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura, quasi volesse dire: Ho già ricevuto la legge e la conosco.

Tu infatti mi hai comandato d'osservare oltre misura i tuoi comandamenti.

So pure che i tuoi comandamenti sono santi e giusti e buoni, ma, se non mi aiuta la tua grazia, il peccato opera in me la morte attraverso questa cosa che pur è buona. ( Rm 7,13 )

Pertanto, oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia!

3 - Conoscenza della Legge e vita vissuta secondo la Legge

Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

I comandamenti di Dio, e quando li si leggono e quando li si meditano, debbono essere guardati come si guarda a uno specchio, ricordando le parole dell'apostolo Giacomo: Uno che ascolta la Parola ma non la mette in pratica, sarà simile all'uomo che mira allo specchio il nativo suo volto e, dopo essersi mirato, se ne va e dimentica subito quale egli sia.

Invece chi si specchia nella legge perfetta della libertà e in essa persevera, non come uditore smemorato ma come operatore di fatti, questi sarà beato nel suo operare. ( Gc 1,23 )

Il Salmista vuol essere proprio così: vuol mirare i comandamenti di Dio come si guarda a uno specchio, per non essere confuso.

Non vuole esserne solamente uditore ma si propone di praticarli, e proprio per questo chiede che le sue vie vengano dirette all'osservanza dei comandamenti di Dio.

Dirette da che cosa se non dalla grazia di Dio?

In caso contrario, se cioè egli volgerà lo sguardo ai comandamenti senza metterli in pratica, la legge di Dio non sarà per lui motivo di compiacenza ma di confusione.

4 - [v 7.] Dice: Ti confesserò, o Signore, nella rettitudine del cuore per aver imparato i decreti della tua giustizia.

Non è questa una confessione dei peccati ma una confessione di lode.

Come quella che pronunziò il Signore, in cui non c'era peccato, allorché disse: Ti confesso, Padre, Signore del cielo e della terra; ( Mt 11,25 ) e come si legge nel libro dell'Ecclesiastico: Nella vostra confessione direte così: Tutte le opere del Signore sono sovranamente buone. ( Sir 39,20-21 )

Dice [ il salmo ]: Ti confesserò nella rettitudine del cuore.

Quando le mie vie saranno state ben dirette, allora ti confesserò, poiché tu hai operato questo cambiamento, e questa lode sarà tua, non mia.

Allora confesserò d'aver imparato i decreti della tua giustizia quando avrò retto il cuore, quando cioè i miei passi saranno stati indirizzati a custodire le vie della tua giustizia.

Che mi gioverebbe infatti aver imparato le tue vie se, avendo il cuore traviato, me ne andassi per vie tortuose?

Le tue leggi non mi porterebbero gioia ma mi accuserebbero.

5 - [v 8.] Dio non abbandona se non chi presume di sé

Prosegue: Io custodirò le vie della tua giustizia.

Queste Parole sono evidentemente in connessione con le altre: Oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia!

Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto a tutti i tuoi comandamenti.

Io confesserò a te nella rettitudine del cuore e custodirò le vie della tua giustizia.

Ma che senso ha l'aggiunta: Non mi abbandonare fino al molto, o, come leggono alcuni codici, fino al troppo ( troppo invece di molto, in corrispondenza al greco che anche qui σφόδρα ).

Non sembrerebbe quasi che gli piaccia essere abbandonato da Dio, a patto che non lo abbandoni troppo?

Assolutamente no! Si riferisce al fatto che Dio aveva abbandonato il mondo a causa dei peccati, e l'avrebbe abbandonato fino al molto se al mondo non avesse giovato nemmeno quella medicina efficacissima che fu la grazia di Dio per l'opera di nostro Signore Gesù Cristo.

Al contrario - secondo questa orazione del corpo di Cristo - Dio non l'abbandonò fino al molto, poiché Dio era nel Cristo per riconciliare con sé il inondo. ( 2 Cor 5,19 )

Si potrebbe proporre anche una interpretazione che prenda queste parole come dette da quel tale che, trovandosi nell'abbondanza, aveva esclamato: Non sarò mosso in eterno, ( Sal 30,7-8 ) confidando appunto nelle sue risorse.

A costui Dio mostrerebbe che è stato lui stesso nella sua benevolenza a dargli virtù e splendore ( quindi non si trattava di cose dovute a meriti umani ); sicché, quando Dio ha distolto da lui lo sguardo, l'uomo è rimasto turbato.

Quest'uomo, ritrovando se stesso e deposta ormai ogni presunzione, grida: Non mi abbandonare fino al molto!

Se mi hai abbandonato perché mi si palesi quanto sia grande la mia debolezza senza il tuo soccorso, non abbandonarmi però fino al molto, perché non perisca.

Ecco dunque, tu hai ordinato che i tuoi comandamenti siano osservati oltre misura.

Non posso addurre più la scusa della mia ignoranza, ma, siccome io sono ancora debole, oh, siano i miei passi diretti a custodire le vie della tua giustizia!

Allora io non sarò confuso, quando avrò lo sguardo rivolto ai tuoi comandamenti.

Allora ti confesserò nella rettitudine del cuore per aver imparato i decreti della tua giustizia, allora custodirò le vie della tua giustizia.

Se mi hai abbandonato per impedire che io mi gloriassi di me stesso, non mi abbandonare fino all'estremo.

Fa' che, giustificato da te, abbia a gloriarmi in te.

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1 Terenz., Andria 1, 1, 34
2 Terenz., Andria 1, 1, 34