La Genesi difesa contro i Manichei

Indice

Libro I

19.30 - Come intendere in senso spirituale Gen 1,28

Quanto a quest'altra frase della Scrittura: Li creò maschio e femmina e Dio li benedisse dicendo: Crescete, moltiplicatevi, procreate e riempite la terra, ( Gen 1,27-28 ) si pone del tutto giustamente la questione in qual senso debba intendersi l'unione del maschio e della femmina prima del peccato e prima di questa benedizione con cui Dio disse: Crescete, moltiplicatevi, procreate e riempite la terra.

È da intendersi in senso carnale o in senso spirituale?

Senza dubbio ci è lecito intenderla anche in senso spirituale in modo da ritenere che dopo il peccato fu, molto verosimilmente, trasformata in fecondità carnale.

In precedenza infatti l'unione del maschio e della femmina era casta, corrispondente al fine dell'uomo che è quello di dirigere, e a quello della donna ch'è quello di ubbidire; oltre a ciò la procreazione spirituale di gioie intelligibili e immortali riempiva la terra, cioè dava vita al corpo e lo dominava, lo teneva talmente sottomesso che l'uomo non aveva a soffrire da parte di esso alcuna opposizione e alcuna molestia.

Si deve credere così per il fatto che non erano ancora nati i figli di questo mondo prima che i progenitori peccassero.

In effetti i figli in questo mondo generano e sono generati come dice il Signore quando insegna che la generazione carnale dev'essere disprezzata in confronto della vita futura che a noi è promessa. ( Lc 20,34-36 )

20.31 - Che cos'è, allegoricamente, dominare sulle bestie ( Gen 1,28 )

Quando poi al comando rivolto ai progenitori: Dominate i pesci del mare, gli uccelli del cielo e tutti i rettili che strisciano sulla terra, ( Gen 1,28 ) senza parlare della interpretazione secondo la quale è chiaro che l'uomo può dominare tutti questi animali con la ragione, lo si può interpretare convenientemente anche in senso figurato, quello cioè di tenere sotto il nostro dominio tutte le passioni e i moti dell'anima, che abbiamo simili a quelli di questi animali e di dominarli con la temperanza e la moderazione.

Quando infatti questi moti non vengono dominati, insorgono e arrivano fino a divenire abitudini assai vergognose e ci trascinano attraverso piaceri diversi e funesti e ci rendono simili a ogni specie di bestie.

Quando, al contrario, vengono regolati e assoggettati, diventano completamente mansueti e vivono in concordia con noi.

Essi si nutrono insieme a noi della conoscenza dei più salutari principi razionali, delle più utili norme di morale e così pure della vita eterna, come se si nutrissero d'erbe portanti il seme d'alberi fruttiferi e di piante verdeggianti.

L'uomo inoltre vive felice e tranquillo quando tutti i suoi sentimenti vanno d'accordo con la ragione e con la verità, e allora si chiamano gioie, affetti santi, casti e buoni.

Se al contrario non vanno d'accordo e non sono regolati accuratamente, lacerano l'anima, ne provocano l'intimo dissidio e rendono infelice la vita, e allora si chiamano turbamenti, capricci dei sensi e passioni funeste.

Orbene, a proposito di tali sentimenti sregolati ci viene comandato di mortificarli in noi con ogni sforzo possibile fin a quando la morte non sarà inghiottita per la vittoria. ( 1 Cor 15,54 )

L'Apostolo infatti afferma: Ora, quelli che appartengono a Cristo, hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. ( Gal 5,24 )

Ecco dunque che anche solo da questo fatto a ognuno dev'essere rammentato che le suddette cose non bisogna intenderle in senso materiale, dal fatto cioè che nel libro della Genesi le verzure dei campi e gli alberi fruttiferi sono dati per nutrimento a ogni specie di bestie, a tutti gli uccelli e a tutti gli animali striscianti, mentre vediamo che i leoni, gli avvoltoi, gli sparvieri e le aquile si nutrono solo di carni e di cadaveri di altri animali uccisi da essi.

La stessa cosa penso di alcuni animali che strisciano sulla terra, viventi in luoghi coperti di sabbia e deserti, dove non nascono né alberi né erbe.

21.32 - Perché in Gen 1,31 si dice: molto buone

Non si deve però tralasciare con indifferenza di considerare attentamente la frase della Scrittura che dice: E Dio vide che tutte quante le cose che aveva fatte sono una cosa molto buona. ( Gen 1,31 )

Poiché la Scrittura, trattando d'ogni singola opera, diceva soltanto: E Dio vide ch'è una cosa buona, mentre parlando di tutte le opere, non le bastò dire buone, ma aggiunte altresì molto.

Se infatti si riscontra che ciascuna delle opere di Dio, quando vengono considerate dai saggi nella specie propria di ognuna di esse, ha delle misure, delle proporzioni e un ordine eccellenti, quanto più eccellenti avranno queste proprietà tutte le opere insieme, vale a dire tutto l'universo che, nel suo complesso, è costituito da ciascuna di esse riunite in unità?

Infatti ogni cosa bella, che risulta composta di parti, è molto più eccellente nella sua interezza che non nelle sue parti.

Così, se nel corpo umano lodiamo solo gli occhi, solo il naso, solo le guance o solo il capo, o solo le mani o solo i piedi ( e così dicasi di tutte le altre membra se sono belle e lodiamo ciascun membro in particolare ), quanto più è da lodare l'intero corpo, al quale tutte le membra che, prese singolarmente sono tutte belle, conferiscono la propria bellezza?

Per conseguenza una bella mano che veniva lodata anche separatamente non solo perderebbe anch'essa la sua bellezza, ma senza di essa sarebbero brutte tutte le altre membra.

Tanto grande è la forza e la potenza dell'integrità e dell'unità che anche molte cose, che sono buone, piacciono solo quando si riuniscono insieme e si compongono armoniosamente a formare un qualcosa di unitario.

Il termine "universo" infatti deriva da quello di "unità".

Se i manichei riflettessero a ciò, esalterebbero Dio quale autore e creatore dell'universo, e ciò che in una parte li urta per la condizione naturale della nostra mortalità, lo ricondurrebbero alla bellezza di tutto l'insieme della creazione e vedrebbero che Dio ha fatto tutte le cose non solo buone, ma anche molto buone.

Poiché anche un discorso ornato e ben ordinato, se consideriamo ognuna delle sillabe o delle lettere, che passano subito appena pronunciate, non vi troviamo che cosa piaccia o sia da lodare.

Un discorso in effetti è bello non a causa di ciascuna sillaba ma di tutte quante le sillabe.

22.33 - Il riposo di Dio al settimo giorno spiegato allegoricamente ( Gen 2,2 )

Vediamo ormai anche il passo della Scrittura che i manichei di solito scherniscono con un'impudenza maggiore della loro ignoranza, che cioè Dio, dopo aver terminato la creazione del cielo e della terra e di tutte le altre cose che aveva fatte, nel settimo giorno cessò da ogni sua opera e benedisse il settimo giorno e lo consacrò, poiché in esso aveva cessato da tutte le sue opere. ( Gen 2,3 )

Essi infatti dicono: "Che bisogno aveva Dio di riposarsi?

Si era forse affaticato e stancato nel far le opere compiute nei sei giorni?".

Aggiungono anche la testimonianza del Signore che dice: Il Padre mio opera fino al presente. ( Gv 5,17 )

Con ciò ingannano molti ignoranti ch'essi si sforzano di convincere che il Nuovo Testamento è contrario all'Antico.

Coloro però ai quali il Signore dice: Il Padre mio opera fino al presente, immaginavano il riposo di Dio in modo carnale, e, osservando il sabato in modo carnale, non capivano cosa volesse simboleggiare la realtà indicata da quel giorno; allo stesso modo anche costoro, sebbene con disposizioni d'animo diversa, tuttavia ugualmente come quelli non capiscono il significato simbolico del sabato.

Il sabato infatti non l'hanno compreso non solo quelli osservandolo materialmente ma altresì costoro detestandolo grossolanamente.

Ciascuno dunque deve accostarsi a Cristo perché gli venga rimosso il velo [ dagli occhi ], come dice l'Apostolo. ( 2 Cor 3,16 )

Il velo in effetti viene rimosso allorché, tolto via il velame della similitudine e dell'allegoria, si manifesta la verità nella sua schiettezza, perché possa essere vista.

22.34 - Che cosa vuol dire: Dio riposò

Innanzitutto dunque riguardo a molti passi delle Sacre Scritture bisogna osservare e riconoscere la regola di detto modo di esprimersi.

Che cos'altro infatti vuol simboleggiare la Sacra Scrittura, allorché dice che Dio si riposò da tutte le sue opere molto buone che aveva fatte, se non il nostro riposo ch'egli ci darà da tutte le opere buone, se anche noi avremo fatte delle opere buone?

Conforme al medesimo modo di parlare anche l'Apostolo dice: Poiché noi non sappiamo che cosa è conveniente chiedere nella preghiera, ma lo stesso Spirito intercede per noi con gemiti ineffabili. ( Rm 8,26 )

In realtà non è che lo Spirito Santo gema come se avesse bisogno o si trovasse in qualche difficoltà, lui che presso Dio intercede per i fedeli servi di Dio, ma è lui che ci eccita a pregare quando gemiamo, e perciò diciamo ch'è lui a fare ciò che facciamo noi per suo impulso.

Così la Scrittura dice anche: Il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se lo amate. ( Dt 13,3 )

Ora, egli permette che noi siamo messi alla prova non affinché sappia lui, al quale non è nascosto nulla, ma per fare in modo che sappiamo noi quali progressi abbiamo fatti nell'amarlo.

Conforme a questo stesso modo di esprimerci anche nostro Signore dice d'ignorare il giorno e l'ora della fine del mondo. ( Mt 24,36 )

Ora, che cosa può esserci ch'egli ignori? Ma poiché egli nascondeva ai suoi discepoli quel particolare per la loro utilità, disse d'ignorarlo poiché, nascondendolo, faceva in modo che lo ignorassero essi.

Seguendo questa figura retorica il Signore disse anche che quel giorno era noto solo al Padre poiché lo faceva conoscere al medesimo Figlio.

Tenendo presente questa figura retorica molte questioni riguardanti le Sacre Scritture vengono risolte senz'alcuna difficoltà da coloro i quali conoscono già il genere di questo modo di parlare.

Di tali modi di parlare abbonda anche il nostro linguaggio ordinario quando diciamo "lieto" il giorno per il fatto che ci rende lieti, e "pigro" il freddo1 perché ci rende pigri, e "cieca" una fossa perché non la vediamo, e "forbita" la lingua che produce parole forbite; infine diciamo "tranquillo e senza alcuna molestia" il tempo in cui noi siamo tranquilli senza alcuna molestia.

La Scrittura dunque dice che Dio si riposò da tutte le opere che aveva fatte molto buone, perché in lui riposeremo noi da tutte le nostre opere se ne avremo fatte di buone, poiché le stesse nostre opere buone sono da attribuire a lui che chiama, comanda e mostra la via della verità, a lui che c'invita anche affinché abbiamo la volontà e ci somministra le forze per compiere ciò che ci comanda.

23.35 - L'infanzia del mondo, la prima delle sei età corrispondenti ai giorni genesiaci: da Adamo a Noè

1a ETÀ. Ma per qual ragione questo riposo è assegnato al settimo giorno?

Io penso che questo fatto debba considerarsi più attentamente.

Infatti percorrendo tutto il testo delle Sacre Scritture io vi scorgo in certo qual modo sei età destinate alle opere, età distinte tra loro, per così dire, da limiti determinati, di modo che nella settimana si spera il riposo.

Io vedo inoltre che queste medesime sei età assomigliano a questi sei giorni in cui furono compiute le opere che la Scrittura ricorda essere state fatte da Dio.

Orbene, i primordi del genere umano, nei quali esso cominciò a godere questa luce, sono con ragione paragonati al primo giorno, in cui Dio creò la luce.

Quest'età può essere considerata come l'infanzia di tutto lo stesso mondo che, in proporzione della sua grandezza, dobbiamo immaginare come un sol uomo, poiché anche ciascun uomo, appena nasce ed esce alla luce, trascorre come sua prima età l'infanzia.

Questa si estende da Adamo a Noè per dieci generazioni.

Alla sera - diciamo così - di questo giorno avviene il diluvio, poiché anche la nostra infanzia viene cancellata dal diluvio della dimenticanza.

23.36 - La seconda età del mondo, simile alla fanciullezza: da Noè ad Abramo

2a ETÀ. E al mattino comincia la seconda età, paragonabile alla fanciullezza, e si estende dai tempi di Noè fino ad Abramo per altre dieci generazioni.

Essa inoltre a ragione si paragona al secondo giorno, in cui fu creato il firmamento in mezzo alle acque superiori e a quelle inferiori, poiché anche l'arca in cui era Noè con i suoi familiari, era come un firmamento tra le acque sottostanti sulle quali stava a galla e quelle sovrastanti dalle quali veniva bagnata.

Quest'età non viene cancellata dal diluvio poiché neppure la nostra fanciullezza viene eliminata dalla memoria per via della dimenticanza.

Noi infatti ci ricordiamo d'essere stati ragazzi, ma non ci ricordiamo d'essere stati bambini.

La sera di questa età è la confusione delle lingue avveratasi in coloro che costruivano la torre, la mattina seguente invece comincia da Adamo.

Ma neppure questa seconda età generò il popolo di Dio, perché nemmeno la fanciullezza è adatta a generare.

23.37 - La terza età dei mondo, simile all'adolescenza: da Abramo a Davide

3a ETÀ. Il mattino dunque comincia da Abramo e succede la terza epoca, paragonabile all'adolescenza.

Essa può inoltre esser paragonata al terzo giorno, in cui la terra fu separata dalle acque.

Il popolo di Dio infatti fu separato da tutti i Gentili, i cui errori variabili e sballottati dalle vane dottrine dell'idolatria come da ogni sorta di venti sono bene denotati con il nome di "mare"; da questi errori dei Gentili, e da questi flutti del mondo fu dunque separato il popolo di Dio per opera di Abramo, come la terra apparve arida, assetata cioè della pioggia dei comandamenti divini.

Quel popolo, adorando l'unico Dio, come una terra irrigata, perché potesse produrre utili frutti, ricevette le Sacre Scritture e le profezie.

Orbene quest'epoca era ormai in grado di generare il popolo di Dio, poiché anche la terza età dell'uomo, cioè l'adolescenza, può aver già dei figli.

Ecco perché ad Abramo fu detto: Ti ho costituito padre di molti popoli e ti moltiplicherò in modo straordinario e ti renderò padre di una moltitudine di nazioni e da te usciranno dei re.

Io stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come un'alleanza eterna per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.

A te alla tua discendenza dopo di te io darò in possesso perenne il paese in cui abiti, tutto il paese di Canaan, e sarò il loro Dio. ( Gen 17,5-8 )

Questa età si estende da Abramo fino a Davide per quattordici generazioni.

La sera di essa è rappresentata dai peccati del popolo con cui trasgredivano i comandamenti di Dio fino alla malvagità del pessimo re Saul.

23.38 - Quarta età, simile alla giovinezza: da Davide alla deportazione babilonese

4a ETÀ. Nel mattino seguente sorge il regno di Davide.

Questa età è simile alla giovinezza.

In realtà fra tutte le età regna sovrana la giovinezza ed è il sicuro ornamento di tutte le età.

Ecco perché è giustamente paragonata al quarto giorno in cui furono creati gli astri nel firmamento del cielo.

Ora, che cosa può simboleggiare in modo più evidente lo splendore d'un regno che la superiorità del sole?

Lo splendore della luna invece rappresenta il popolo che ubbidisce al regno come la stessa sinagoga, e le stelle sono come i maggiorenti di essa e tutte queste realtà hanno il loro fondamento nella stabilità del regno come nel firmamento.

La sera, per così dire, di questa età è rappresentata dai peccati dei re, per causa dei quali quel popolo meritò di vivere in cattività ed essere ridotto in servitù.

23.39 - Quinta età simile all'età matura: dalla cattività babilonese a Gesù Cristo

5a ETÀ. La mattina seguente raffigura la deportazione a Babilonia, quando il popolo [ giudaico ] fu messo nella condizione di vivere agiatamente nel riposo della cattività straniera.

Quest'età si estende fino alla venuta di nostro Signore Gesù Cristo: questa è la quinta età, che è il declinare della giovinezza, verso la vecchiaia; non ancora vecchiaia, ma non più giovinezza; è l'età dell'anziano chiamato dai greci πρεσβύτην, poiché da questi il "vecchio" non è chiamato πρεσβύτης, ma γέρων.

In realtà quest'epoca andò calando e spezzandosi per quanto riguarda il popolo giudaico dopo la solidità del regno, allo stesso modo che l'uomo dopo la giovinezza diventa vecchio.

Quest'epoca poi viene giustamente paragonata al quinto giorno, in cui furono creati gli esseri viventi nelle acque e gli uccelli del cielo, dopo che quegli uomini cominciarono a vivere tra i pagani come in un mare e ad avere una sede insicura e instabile come gli uccelli che volano.

Senza dubbio però c'erano lì anche grandi cetacei, vale a dire quei grandi uomini che furono più capaci di dominare le tempeste del mondo anziché essere servi in quella cattività, poiché nessuna paura poté farli uscire dalla via retta per seguire il culto idolatrico.

A questo proposito si deve tenere presente che Dio benedisse quegli animali dicendo: Crescete e moltiplicatevi e riempite le acque del mare e gli uccelli si moltiplichino sopra la terra ( Gen 1,22 ) poiché in realtà il popolo giudaico, da quando fu disperso tra i popoli pagani, si moltiplicò grandemente.

Quella che possiamo chiamare la sera di questo giorno, cioè di questa età, è la moltiplicazione dei peccati tra il popolo dei Giudei, poiché questi diventarono tanto ciechi da non esser capaci nemmeno di riconoscere il Signore Gesù Cristo.

23.40 - La sesta età, in cui nasce l'uomo nuovo, è simile alla vecchiaia

6a ETÀ. Il mattino seguente comincia dalla predicazione del Vangelo per opera di nostro Signore Gesù Cristo e così ha termine il quinto giorno; comincia il sesto, nel quale appare la senilità dell'uomo vecchio.

In quest'età infatti s'indebolì assai quel regno carnale allorché non solo fu abbattuto il tempio ma cessarono finanche gli stessi sacrifici, e adesso quel popolo, per quanto riguarda la potenza del proprio regno, trascina - per così dire - lo stremo della propria vita.

Tuttavia in questa età, come nella vecchiaia dell'uomo vecchio, nasce l'uomo nuovo che vive ormai in modo spirituale.

Difatti nel sesto giorno Dio disse: Produca la terra esseri viventi; ( Gen 1,24 ) nel quinto invece aveva detto: Le acque producano, non già esseri viventi, ma rettili dì anime viventi; ( Gen 1,20 ) poiché i rettili sono corpi, e quel popolo, come se si trovasse nel mare dei pagani, era ancora soggetto alla Legge a causa della circoncisione corporale e dei sacrifici.

Dio, al contrario, chiama "viventi" queste anime in virtù della vita per cui si comincia a desiderare le realtà eterne.

I serpenti dunque e il bestiame minuto prodotti dalla terra sono simbolo dei popoli che avrebbero creduto nel Vangelo.

Di tali popoli Dio, a proposito di quel vassoio mostrato a Pietro negli Atti degli Apostoli, dice: Uccidi e mangia. ( At 10,13 )

Ma siccome Pietro aveva detto ch'erano cose immonde, gli fu risposto: Ciò che è stato purificato da Dio, tu non devi chiamarlo impuro. ( At 10,15 )

È allora che viene creato l'uomo a immagine e somiglianza di Dio, allo stesso modo che in questa sesta età nasce nella carne nostro Signore, di cui il Profeta dice: Egli è anche uomo ma chi lo riconoscerà? ( Eb 2,6 )

Inoltre, come quel giorno furono creati il maschio e la femmina, così in questa età lo furono Cristo e la Chiesa.

Oltre a ciò in quel giorno l'uomo viene messo a dominare le bestie, i serpenti e gli uccelli del cielo allo stesso modo che in questa età Cristo governa le anime che gli ubbidiscono, perché da lui fossero resi domestici e mansueti gli uomini dediti alle passioni carnali come le bestie o accecati dalla tenebrosa cecità come i serpenti o altezzosi per la superbia come gli uccelli.

Inoltre, allo stesso modo che da quel giorno l'uomo e gli animali, che sono con lui, si nutrono di erbe aventi il seme, di alberi fruttiferi e d'erbe verdeggianti, così in questa età l'uomo spirituale, chiunque è buon servo di Cristo e lo imita meglio che può, si nutre spiritualmente assieme allo stesso popolo con l'alimento delle Sacre Scritture e della legge di Dio, non solo per concepire la fecondità delle ragioni e degli insegnamenti, come se si cibasse d'erbe aventi il seme, ma anche per apprendere l'utilità dei costumi propri della vita umana, come se si cibasse di alberi fruttiferi, e anche per irrobustire la fede, la speranza e la carità, come se si cibasse d'erbe verdeggianti, vale a dire talmente rigogliose da non poter seccarsi a causa di alcuna cocente tribolazione.

Ma l'uomo spirituale si nutre di questi alimenti per capire molte cose; l'uomo carnale invece, quello cioè che è ancora piccolo in Cristo, come un piccolo animale di Dio, se ne alimenta per credere molte cose che non è ancora capace di capire; tutti però hanno i medesimi cibi.

23.41 - La sera della sesta età coincide col ritorno del Figlio dell'uomo sulla terra

7a ETÀ. Quella che potrebbe chiamarsi la sera di questa età - che Dio non voglia ci colga - se pur non è già cominciata, è quella di cui il Signore dice: Quando verrà il Figlio dell'uomo, troverà forse la fede sulla terra? ( Lc 18,8 )

A questa sera succederà il mattino, in cui verrà il Signore nello splendore della sua eterna gloria.

Allora con Cristo riposeranno da tutte le opere coloro ai quali è stato detto: Siate perfetti come il Padre vostro celeste. ( Mt 5,48 )

Siffatte persone infatti compiono opere molto buone.

Ebbene, dopo tali opere deve sperarsi il riposo nel settimo giorno, il quale non ha sera.

Non si può dunque affatto spiegare a parole in qual modo Dio fece e creò il cielo e la terra e tutte le creature da lui create.

Ma questa esposizione che segue la successione dei giorni ci fa capire, per così dire, la storia delle realtà create in modo da tenere presente allo sguardo soprattutto la predicazione di quelle future.

24.42 - Perché le sei età del mondo sono disuguali

Qualcuno però potrebbe stupirsi che tra queste età del mondo noi notiamo che le prime due si estendono per dieci generazioni, mentre le tre seguenti risultano di quattordici generazioni ciascuna, la sesta al contrario non ha alcun determinato numero di generazioni. ( Mt 1,1 )

Però facile vedere che anche in ciascun uomo le prime due età: l'infanzia e la fanciullezza, sono legate ai sensi del corpo i quali sono cinque: vista, udito, odorato, gusto e tatto.

Il numero cinque poi può venire raddoppiato, poiché i sessi umani, da cui derivano quelle generazioni, sono due: il maschile e il femminile; se quindi - come ho detto - il numero cinque viene raddoppiato, forma il numero dieci.

Orbene, a partire dall'adolescenza in poi, quando ormai la ragione comincia a dominare nell'uomo, si aggiunge ai cinque sensi la conoscenza e l'attività con cui si governa e si dirige la vita e così si arriva al numero sette.

Questo numero, raddoppiato ugualmente a causa dei due sessi, risalta e si mostra evidente nelle quattordici generazioni delle tre età seguenti, quali sono quelle dell'adolescenza, della giovinezza e dell'età matura.

L'età della vecchiaia, al contrario, allo stesso modo che in noi non è circoscritta da nessun numero determinato di anni, ma tutto il tempo che ciascuno vivrà dopo le precedenti cinque età viene attribuito alla vecchiaia, così in quest'età del mondo non appaiono le generazioni perché rimanga occulto l'ultimo giorno, che il Signore mostrò essere utile dovesse restare nascosto. ( Mt 24,36 )

25.43 - Interpretazione anagogica dei sei giorni

Anche ciascuno di noi ha, per così dire - rispetto alle opere buone e alla vita - questi sei giorni distinti, dopo i quali deve sperare il riposo.

Nel primo giorno la luce della fede, allorché crede prima alle realtà visibili, fede per la quale il Signore degnò di mostrarsi materialmente.

Nel secondo giorno egli ha, per così dire, il solido fondamento della dottrina, per cui distingue le realtà carnali da quelle spirituali come tra le acque inferiori e quelle superiori.

Nel terzo, per poter produrre i frutti delle opere buone, separa il proprio spirito dai flutti funesti delle tentazioni carnali come la terraferma dal mare agitato affinché possa ormai dire: Con lo spirito mi assoggetto alla legge di Dio, ma con la carne mi assoggetto alla legge del peccato. ( Rm 7,25 )

Nel quarto giorno, in cui grazie al detto, saldo fondamento della dottrina produce e distingue le conoscenze spirituali, vede qual è la verità immutabile che brilla nell'anima come il sole, e in qual modo l'anima diventa partecipe della medesima verità e comunica ordine e bellezza al corpo allo stesso modo della luna che illumina la notte, e con tutti gli astri, vale a dire le conoscenze spirituali, sfavillano e risplendono nelle tenebre di questa vita come nella notte.

Al quinto giorno l'uomo, divenuto più forte grazie alla conoscenza di queste realtà deve cominciare ad operare a vantaggio della comunità fraterna mediante le attività di questo mondo oltremodo agitato, come nelle acque del mare; inoltre, con azioni pertinenti allo stesso mare, ossia alla vita terrena, deve produrre rettili di esseri viventi, vale a dire opere utili agli esseri viventi, e grandi cetacei, vale a dire azioni assai valide con cui si riesce a infrangere e a non temere i marosi del mondo, e deve produrre gli uccelli del cielo, vale a dire parole che proclamino le verità celesti.

Nel sesto giorno poi deve produrre dalla terra animali viventi, deve cioè con la stabilità del proprio spirito, in cui possiede i frutti spirituali, ossia i buoni pensieri, dirigere tutti i moti del proprio spirito affinché l'anima sia viva, cioè soggetta alla ragione e alla giustizia e non alla temerità e al peccato.

In tal modo deve diventare a immagine e a somiglianza di Dio anche l'uomo, maschio e femmina, cioè intelligenza e azione, mediante l'unione dei quali riempia la terra di frutti spirituali, assoggetti cioè la carne e tutto il resto ch'è stato già detto più sopra a proposito della perfezione morale dell'uomo.

A proposito poi di questi, diciamoli così, "giorni" la sera consiste nello stesso compimento di ciascun'opera, e la mattina nell'inizio di quelle seguenti.

Dopo le opere molto buone di questi così detti sei "giorni" l'uomo deve sperare il riposo eterno e comprendere che cosa vuol dire: Dio si riposò da tutte le sue opere al settimo giorno, ( Gen 2,2 ) poiché non solo a compiere in noi queste opere buone è proprio lui che ci comanda di compierle, ma anche la Scrittura dice giustamente ch'egli si riposò perché sarà proprio lui a darci il riposo dopo tutte queste opere. in realtà, allo stesso modo che a ragione si dice ch'è il padre di famiglia a costruire la casa, benché non lo faccia con il proprio lavoro ma con quello dei servi, così a ragione si dice che si riposa dai lavori quando, dopo aver ultimata la costruzione, a coloro, cui dava ordini, permette di starsene in ozio a godere d'un gradito riposo.

Indice

1 Tibullo, Eleg. 1, 2, 28