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Lettera 31

Scritta tra il 395 e il 396.

A. dimostra a Paolino la gratitudine del suo devoto animo per aver ricevuto una seconda lettera inaspettata ( n. 1 ), per la visita di Romano ed Agile ( n. 2 ), partiti però troppo presto ( n. 3 ); gli annuncia d'essere stato consacrato vescovo coadiutore d'Ippona ( n. 4 ) e gli esprime il gran desiderio che si rechi in Africa per il sollievo suo proprio e per quello degli altri Cristiani ( n. 5 ), cui sarà d'esempio per la sua umiltà e povertà ( n. 6 ): gli raccomanda un certo Vetustino rassicurandolo che gl'invierà i tre libri De libero arbitrio ( n. 7 ); gli chiede l'opera da lui composta contro i pagani ( n. 8 ) e infine invia i saluti del vescovo Severo, oltre ai suoi e dei suoi confratelli ( n. 9 ).

Agostino invia cristiani saluti ai Signori Paolino e Terasia, suoi amatissimi e sincerissimi fratelli veramente santi ed eccellenti per la straordinaria grazia del Signore.

1 - Gioia per un'altra lettera inaspettata

Ero ansioso, o carissimi, di far giungere al più presto nelle vostre mani la mia lettera in risposta alla vostra precedente ( pur ammesso ch'io possa dare una qualche risposta degna della vostra ) perché in qualche modo potessi, pur da lontano, essere con voi; il mio ritardo invece mi ha arrecato il vantaggio di un'altra vostra lettera.

Quant'è buono il Signore! Spesso non ci dà un bene desiderato, per accordarcene uno ancor più gradito!

Altra cosa è infatti che mi scriverete appena ricevuta la mia lettera, altra cosa che mi avete scritto senz'averla ricevuta.

Avrei provato certamente una gran gioia nel leggere la vostra risposta, ma sarei stato privato del gran piacere che ho adesso di leggervi, se la mia lettera fosse giunta alla vostra Santità con la rapidità che desideravo, anzi volevo.

Ora invece il fatto di avere tra le mani il vostro presente scritto e di sperare ancora un'altra risposta è per me il colmo della felicità.

In tal modo da una parte la mia negligenza può avere una scusa e dall'altra la bontà più generosa del Signore mi ha concesso quanto ha ritenuto più utile di quel che avrei potuto desiderare.

2 - Gioia per la visita di Romano e Agile

Abbiamo accolto con grande gioia nel Signore i nostri santi fratelli Romano ed Agile, che sono stati come un'altra vostra lettera la quale ascolti le mie parole e risponda, e come una parte amabilissima della vostra presenza, che ha eccitato in me un desiderio ancor più vivo di vedervi.

Quando mai o in qual modo avreste potuto voi procurarci o avremmo noi potuto pretendere che voi ci diceste di voi stessi in una lettera tante vostre notizie quante ne ho apprese dalla loro viva voce?

Ma c'era in più - cosa che non può essere in nessuna lettera - il fatto che, mentre essi parlavano, tanta era la gioia che traspariva nel loro volto e dai loro occhi, che potevo scorgere con ineffabile mio piacere la vostra immagine quasi fosse stampata nel loro cuore.

Un altro vantaggio ancor più grande era nel fatto che qualsiasi pagina, per quanto buoni pensieri possa contenere, non ne trae per sé alcun profitto, per quanto grande possa essere il profitto per quelli che la dispiegano per leggerla; al contrario nella loro conversazione leggevamo, per così dire, una specie di vostra lettera vivente, che ci appariva tanto più santa quanto più era copia fedele di voi stessi.

Per questo motivo l'ho copiata nel mio cuore informandomi con la massima sollecitudine d'ogni minimo particolare che vi riguardasse, per riprodurre in me la vostra buona e cara immagine.

3 - Dispiacere per la partenza dei due fratelli

Ecco perché non senza dispiacere li abbiamo lasciati ripartire così presto da noi, anche se tornavano presso di voi.

Considerate, vi scongiuro, da quali sentimenti noi eravamo agitati.

Da una parte bisognava lasciarli partire tanto più presto, quanto maggiore era la loro premura di ubbidirvi; dall'altra però, quanto più vivamente lo desideravamo, tanto più presenti ci facevano apparire le vostre persone, poiché proprio con la loro premura mi mostravano quanto loro fosse amabile il vostro cuore; per questo tanto meno acconsentivamo a congedarli, quanto più giusta era la loro insistenza per essere congedati.

La nostra pena sarebbe davvero intollerabile, se non fosse vero che con quel distacco noi non ci saremmo separati gli uni dagli altri, se non "fossimo membra di un sol corpo, non avessimo un sol capo, non ci fosse infusa la stessa grazia, non vivessimo del medesimo pane, non camminassimo per la medesima via, non abitassimo nella medesima casa".

E perché non dovremmo usare le vostre stesse parole?

Riconoscerete - io penso - che le ho prese dalla vostra lettera.

Ma perché dovrebbero essere parole piuttosto vostre che mie, dal momento che in quanto certamente esprimono la verità, per ciò stesso provengono da Colui ch'è il nostro Capo comune?

Se poi esse hanno un significato speciale per un particolare dono a voi concesso, tanto più mi sono care; a tal punto che impediscono il libero corso del mio pensiero e non lasciano arrivare fino alle labbra nulla di ciò che sgorga dal profondo dell'anima prima d'aver preso nel mio pensiero il primo posto che vi occupa tutto ciò che viene da voi.

Miei cari fratelli, santi e diletti da Dio, membra con noi dello stesso Corpo, chi potrebbe dubitare che siamo vivificati dallo stesso unico Spirito?

Lo potrebbe solo chi non comprende con quale vincolo di amore siamo uniti tra noi.

4 - Agostino consacrato Vescovo Coadiutore

Vorrei tuttavia sapere se voi sopportate con più forza d'animo e con più facilità di noi questa lontananza fisica.

Se così fosse, vi confesso che tale vostra forza d'animo non mi piacerebbe affatto, a meno che io sia meno desiderabile, la mia lontananza cioè sia meno sentita di quanto io senta la mancanza della vostra presenza.

Quanto a me, se riscontrassi in me la forza d'animo di sopportare la vostra assenza, ne proverei dispiacere, perché sarebbe indizio che il mio desiderio di vedervi è debole.

Che vi potrebbe essere di più assurdo che la forza d'animo con cui si diventa più deboli?

Ma perché sappiate quali sono le incombenze ecclesiastiche da cui sono tenuto legato, la vostra Carità consideri ciò che mi è accaduto.

Il venerando padre Valerio, il quale, come sentirete dai due nostri fratelli, con me vi saluta e con ardore desidera vedervi, non ha voluto che restassi semplice suo presbitero e mi ha caricato sulle spalle il fardello più pesante di suo coadiutore nell'episcopato.

Per il grande affetto di lui verso di me e il pressante desiderio del popolo che accettassi, ho creduto che questa fosse la volontà di Dio, e ho avuto anche forte paura d'accampare delle scuse per esimermi, anche a motivo di esempi precedenti che mi impedivano d'addurre pretesti di qualsiasi natura.

Ma sebbene il giogo di Cristo sia per sé lieve e leggero il suo fardello, ( Mt 11,30 ) tuttavia, se a causa del mio carattere poco malleabile e debole sentissi un po' il tormento di questa catena e la gravezza di questo peso, mi diverrebbero un po' più tollerabili, qualora m'arrecaste l'ineffabile sollievo della vostra presenza, voi che vivete, a quanto sento dire, più liberi dagli impedimenti di simili occupazioni.

Vi prego quindi col dovuto rispetto, anzi vi scongiuro ardentemente, di usarci la cortesia di venire in Africa, travagliata più dal desiderio di avere persone come voi che dalla sua nota siccità.

5 - Quanto salutare sarebbe la permanenza di Paolino in Africa

Iddio sa che desideriamo la vostra presenza pure fisica nelle nostre contrade non solo per una mia soddisfazione personale, né solo per quanti hanno appreso, da me o dalla fama sparsasi ovunque, l'ideale religioso da voi abbracciato, ma anche per tutti gli altri, ai quali tale notizia non è giunta o che, pur avendola sentita, non ci credono ma saprebbero apprezzare la vostra risoluzione una volta che potessero osservarla personalmente.

Sebbene viviate il vostro ideale con impegno e con sentimenti di carità, occorre tuttavia che le nostre opere risplendano pure davanti alla gente delle nostre regioni, perché vedano le vostre buone azioni e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli. ( Mt 5,16 )

Dei pescatori, che all'invito del Signore avevano abbandonato una barca e delle reti, provavano gioia anche solo ricordando di aver abbandonato tutto e d'aver seguito il Signore. ( Mt 19,27; Lc 18,23 )

In effetti disprezza tutto chi disprezza non solo quel che ha in suo potere, ma anche quel che potrebbe avere.

Ma dei beni bramati è testimonio solo lo sguardo di Dio, dei beni posseduti è testimonio pure quello degli uomini.

Non so d'altronde come succeda che, quando si amano i beni superflui della terra, c'incatenano più fortemente quelli posseduti che quelli solo bramati.

In realtà, perché mai quel tale che domandava al Signore che cosa gli consigliasse per acquistare la vita eterna, si allontanò triste appena sentì dire dal Signore che, se voleva esser perfetto, doveva vender tutto e distribuirlo ai poveri, se non perché - come dice il Vangelo - aveva molte ricchezze? ( Lc 18,22s; Mt 19,21 )

Un conto è non voler incorporare nel nostro organismo sostanze mancanti, un altro è staccare da noi stessi quelle già incorporate.

Le une sono come i cibi che si rigettano, le altre sono come membra che si recidono.

Con quale straordinaria gioia vede il popolo cristiano che il Vangelo ai nostri tempi fa compiere con allegrezza ciò che il ricco udì con tristezza dalla bocca del Signore!

6 - Paolino esempio di umiltà e povertà

Io non saprei spiegare a parole il concetto e il pensiero della mia mente a tal proposito; voi stessi però comprendete col vostro senno e col vostro sentimento religioso che l'edificazione che date non è vostra gloria, cioè propria dell'uomo, ma di Dio, che opera in voi.

Voi infatti vi guardate con gran circospezione dal nemico, cioè dal demonio, agite con spirito di gran pietà, per essere, come discepoli di Cristo, umili e miti di cuore. ( Mt 11,29 )

È più utile infatti mantenere le ricchezze terrene con lo spirito d'umiltà, che abbandonarle con spirito di superbia.

Poiché dunque ben comprendete che la gloria della vostra condotta non appartiene a voi ma a Dio, comprendete pure quanto povere e inadeguate al soggetto sono le mie parole.

In realtà ho cantato le lodi di Cristo, che neppure le lingue degli Angeli saprebbero esprimere.

Orbene, desideriamo che codesta gloria di Cristo sia messa sotto gli occhi della nostra gente, proponendo la vostra unione maritale alle persone dell'uno e dell'altro sesso come esempio per far calpestare la superbia e per non disperare della perfezione.

Non saprei quale opera più grande di carità potreste compiere che desistere dal nascondere che siete realmente quali avete voluto essere.

7 - I tre libri Sul libero arbitrio

Raccomando alla vostra benevola Carità il povero giovane Vetustino, che farebbe pietà perfino agli empi.

Sentirai da lui le cause delle sue sventure e del suo viaggio.

Quanto poi all'intenzione che ha di consacrarsi al servizio di Dio, potrà rivelarsi più sicura in un tempo più lontano quando sarà giunto a un'età più robusta e non sarà più in preda ai timori che lo angustiano al presente.

T'ho inviato, carissimo e santo fratello, tre libri: Dio volesse che fossero tanto chiari quanto è importante la questione in essi trattata, cioè quella del libero arbitrio!

Tanto meno temo che ti sia faticosa la lettura, quanto più ardente è verso di me la tua amorosa premura.

So poi che Romaniano, fratello nostro, non ha tali libri o per lo meno non li ha tutti.

Non gli ho date da portarti ( come tu desideri per l'amore che nutri per me ) quasi tutte le opere che ho potuto scrivere alla portata di tutti, ma gli dissi di fartele leggere; poiché egli ce le aveva già tutte e le portava con sé: fu per mezzo suo che t'inviai la mia prima risposta.

Penso che la perspicacia dello spirito concessoti da Dio t'ha fatto capire per esperienza le buone qualità del suo carattere e le debolezze che lo fanno un po' zoppicare.

Spero quindi che la mia lettera ti abbia mostrato con quanta premurosa attenzione ho raccomandato alla tua benevolenza e carità tanto lui che suo figlio e da quale stretta relazione di amicizia sono a me legati.

Il Signore si possa servire di te per farli progredire nel bene: questa è una grazia da chiedere piuttosto a Lui, poiché so bene quanto tu lo vuoi.

8 - Chiede i libri di Paolino contro i pagani

Dai nostri fratelli sono venuto a sapere che tu stai componendo uno scritto contro i pagani; se merito un po' del tuo affetto, mandamelo senz'altro perché lo possa leggere.

La tua intelligenza è infatti un oracolo talmente ispirato da Dio, che sono sicuro mi procurerà delle risposte non solo gradite ma anche esaurienti per questioni verbosissime.

Credo, santo mio fratello, che tu abbia - e desidero vivamente di averli pur io - i libri del santissimo vescovo Ambrogio scritti con grande cura e con facondia contro certi scrittori assai ignoranti e superbi, i quali sostengono che il Signore trasse profitto dai libri di Platone.

9 - Invia i saluti di Severo, Vescovo di Milevi, oltre ai suoi e dei fratelli

Il beatissimo nostro fratello e già mio condiscepolo Severo, ora vescovo della Chiesa di Milevi, ben noto ai nostri fratelli di quella città, si unisce a me nell'inviarti i suoi saluti col dovuto rispetto.

Anche tutti i nostri fratelli consacrati con noi al servizio del Signore fanno altrettanto con l'affetto con cui vi desiderano: il desiderio che hanno di voi è grande come il loro amore e questo è grande come la vostra bontà.

Il pane che vi abbiamo inviato diventi, per l'affetto con cui la vostra benignità lo riceve, feconda benedizione.

Il Signore vi custodisca in eterno da questo secolo, ( Sal 12,8 ) o miei dilettissimi e sincerissimi signori, veramente benevoli e, per la sovrabbondante grazia del Signore, nobilissimi fratelli.

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