La musica

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I piedi nel ritmo

3.5 - Ritmo di pirrichi

M. - Dunque, se sei d'accordo, discutiamo prima di tutto, come ne siamo capaci, del ritmo, in cui non si ha il metro, quindi del metro, in cui non si ha il verso e infine dello stesso verso.

D. - Va bene.

M. - Prendi dunque fin dal principio dei piedi pirrichi e formane un ritmo.

D. - Anche se lo potessi fare, quale ne sarà la misura?

M. - Giacché lo facciamo solo per esempio, basta che lo estendi fino a dieci piedi poiché il verso non può andare oltre a questo numero di piedi.

È un tema che sarà trattato diligentemente a suo tempo.

D. - Molto giustamente non mi hai proposto di riunire molti piedi.

Mi sembra però che non ricordi di aver distinto con esattezza fra grammatico e musico, quando ti risposi che delle sillabe lunghe e brevi non possedevo la disciplina trasmessa dai grammatici, a meno che non mi permetti di mostrarti il ritmo non con le parole, ma con una determinata percussione.

Non nego che posso avere la capacità dell'udito per misurare la successione del tempo, ma non so proprio, giacché è stabilito dalla tradizione, quale sillaba si deve considerare breve e quale lunga.

M. - Riconosco che, come dici, abbiamo distinto tra grammatico e musico e che tu hai ammesso la tua ignoranza in materia.

Ascolta dunque un esempio di questa forma:

Ago/ cele/riter / agi/le quod/ ago/ tibi/ quod a/nima/ velit.

D. - Lo tengo presente.

3.6 - Il pirrichio prevale sul proceleusmatico

M. - Ripetendo questo metro molte volte a tuo piacere, otterrai un ritmo tanto lungo quanto vorrai, sebbene i dieci piedi siano sufficienti come saggio.

Ma se qualcuno ti dicesse che il ritmo è formato non di pirrichi ma di proceleusmatici, cosa risponderesti?

D. - Non lo so proprio, perché dove si hanno dieci pirrichi, posso scandire cinque proceleusmatici, e il dubbio è tanto più forte perché ci si chiede di un ritmo che si svolge senza interruzione.

Infatti undici, tredici o qualsiasi altro numero dispari di pirrichi non possono formare un numero intero di proceleusmatici.

Se dunque vi fosse un limite determinato nel ritmo in questione, si potrebbe dire che si svolge con pirrichi, anziché con proceleusmatici giacché non si avrebbero proceleusmatici tutti interi.

Ora invece la illimitatezza stessa rende indeciso il nostro giudizio, come pure se ci si propongono piedi determinati in numero, ma pari, come sono appunto questi dieci.

M. - Ma anche ciò che a te è sembrato evidente di un numero dispari di pirrichi, non è affatto evidente.

Perché infatti non si potrebbe dire, se si dispongono undici pirrichi, che il ritmo ha cinque proceleusmatici e un semipiede?

Che cosa si potrebbe obiettare, dato che si hanno molti versi catalettici di un semipiede?

D. - Ti ho detto già che non so cosa si può dire sull'argomento.

M. - Non sai nemmeno che il pirrichio procede il proceleusmatico?

Con due pirrichi si forma un proceleusmatico e siccome uno viene prima di due e due prima di quattro, così il pirrichio viene prima del proceleusmatico.

D. - È verissimo.

M. - Quando dunque ci imbattiamo nell'alternativa che nel ritmo si possano scandire il pirrichio e il proceleusmatico, a quale daremo la precedenza?

Al primo, dal quale questo è formato, oppure al secondo, da cui il primo non è formato?

D. - Non v'è dubbio che va data al primo.

M. - Perché dunque, quando ti si richiede sull'argomento, dubiti di rispondere che questo ritmo deve essere considerato pirrichio, anziché proceleusmatico?

D. - Ora non ho più dubbi e mi vergogno di non aver subito compreso un ragionamento tanto evidente.

4.7 - La percussione decide

M. - E capisci che da questo ragionamento si deduce che si hanno piedi che non possono formare una sequenza ritmica?

Ciò che è stato accertato per il proceleusmatico, al quale il pirrichio toglie la precedenza, credo, sia accertato anche per il digiambo, il dicoreo e il dispondeo.

O sei d'altra opinione?

D. - Come posso essere d'altra opinione?

Avendo accettato la premessa, non posso respingere la conclusione.

M. - Esamina anche i concetti che seguono, confronta e giudica.

Sembra infatti, quando si verifica questa indecisione, che dalla percussione si deve distinguere con quale piede si scandisce.

Quindi se vuoi scandire con un pirrichio, si deve porre un tempo in arsi e un tempo in tesi, se col proceleusmatico due e due tempi.

Così il piede sarà evidenziato e nessun piede sarà escluso dall'avere una sequenza ritmica.

D. - Sto per questa opinione, la quale non permette che alcun piede sia escluso dalla sequenza ritmica.

M. - Fai bene e affinché tu ne sia più certo, considera che cosa possiamo rispondere sul tribraco, se ci si viene a sostenere che questo ritmo si scandisce non con pirrichi o proceleusmatici, ma con tribraci.

D. - Intendo che bisogna richiamarsi alla percussione.

Se si ha un tempo in arsi e due in tesi, cioè una e due sillabe, o anche due in arsi e una in tesi, si può dire che è un ritmo tribaco.

4.8 - Non si dà ritmo proceleusmatico

M. - Hai ben compreso.

Dimmi ora se lo spondeo può unirsi al ritmo pirrichio.

D. - No, assolutamente.

La percussione non avrebbe una sequenza eguale, poiché nel pirrichio l'arsi e la tesi occupano un tempo ciascuno, mentre nello spondeo due tempi.

M. - Dunque al proceleusmatico si può unire.

D. - Sì.

M. - Che cosa avviene quando gli si aggiunge?

Interrogati se il ritmo è proceleusmatico o spondaico, che cosa risponderemo?

D. - Che cosa dire, se non dare la precedenza allo spondeo?

La controversia infatti non si compone con la percussione giacché nell'uno e nell'altro si danno due tempi all'arsi e due alla tesi.

Non resta che dare la precedenza a quello che viene prima nell'ordine dei piedi.

M. - Noto che hai compreso il ragionamento e intendi, come credo, ciò che se ne conclude.

D. - Che cosa infine?

M. - Che nessun altro piede si può unire al ritmo proceleusmatico.

Infatti qualsiasi altro ritmo della stessa durata gli fosse unito, altrimenti non potrebbe essergli unito, necessariamente denominerà il ritmo che si ottiene, appunto perché tutti i piedi, che sono formati dai medesimi tempi, hanno la precedenza sul proceleusmatico.

E poiché gli altri sono stati scoperti prima, la logica ci obbliga a denominare il ritmo da quel piede, cui essa, come hai visto, dà la precedenza.

Non sarà dunque più un ritmo proceleusmatico, quando gli sarà unito qualche altro piede di quattro tempi, ma uno spondeo o un dattilo o un anapesto.

Si è d'accordo infatti che l'anfibraco resti escluso dall'unione di questi piedi.

D. - Ammetto che è così.

4.9 - Favore per i ritmi giambici, trocaici e spondaici

M. - Or dunque seguendo la disposizione esamina il ritmo giambico giacché abbiamo discusso abbastanza del pirrichio e del proceleusmatico, che è generato da due pirrichi.

Pertanto vorrei che tu mi dicessi quale piede pensi debba essere unito al giambo perché il ritmo giambico conservi il proprio nome.

D. - Quale altro se non il tribraco che ha il medesimo tempo e la medesima percussione e poiché viene dopo non può arrogarsi la precedenza?

Anche il coreo viene dopo ed ha i medesimi tempi, ma non la medesima percussione.

M. - Passa ora al trocheo ed anche su di esso esponi i medesimi temi.

D. - Rispondo allo stesso modo.

Il tribraco può armonizzarsi col trocheo non solo per il tempo ma anche per la percussione.

Ma chi non vedrebbe che si deve evitare il giambo?

Se ad esso appunto si desse eguale percussione, una volta unito al trocheo, gli toglierebbe la precedenza.

M. - E infine quale piede uniremo al ritmo spondaico?

D. - Ve n'è abbondanza.

Vedo che gli possono essere uniti il dattilo, l'anapesto e il proceleusmatico perché non lo impediscono né inegualità di tempi, né difetto di percussione, né perdita della precedenza.

4.10 - Ritmi commischiati e non commischiati

M. - Veggo ormai che puoi facilmente elencare nella disposizione tutti gli altri ritmi.

Perciò senza mia interrogazione o piuttosto come se tu fossi interrogato su tutto, dimmi con tutta la brevità e chiarezza possibili come i piedi che restano, se mescolati normalmente ad altri, conservino il proprio nome nel ritmo.

D. - Lo farò e non sarà una fatica, tanta è la chiarezza delle precedenti dimostrazioni.

Nessun piede potrà essere unito al tribraco perché tutti quelli che hanno tempi eguali ai suoi hanno la precedenza.

Al dattilo può essere unito l'anapesto perché viene dopo e scorre con egual tempo e eguale percussione.

Ad ambedue, per la medesima ragione, può essere unito il proceleusmatico.

Al bacchio possono essere uniti il cretico e i peoni I, II e IV.

Al cretico possono unirsi tutti i piedi di cinque tempi che vengono dopo di lui, ma non tutti con la medesima divisione.

Gli uni infatti si dividono in due e tre tempi, gli altri in tre e due tempi.

Ma il cretico stesso può esser diviso in due maniere, dato che la breve di mezzo può essere attribuita alla prima o alla seconda parte.

Il palimbacchio invece, per il fatto che la sua divisione inizia con due tempi e termina con tre, ha come adatti alla unione tutti i peoni, escluso il secondo.

Dei trisillabi rimane il molosso, dal quale iniziano i piedi di sei tempi, che possono tutti essergli uniti, in parte perché ne condividono il rapporto dell'uno al due ed in parte per quella divisione, rilevata dalla percussione, della sillaba lunga di mezzo che cede un tempo a ciascuno degli estremi.

Nel sei appunto il medio è eguale agli estremi.

Per questo motivo il molosso e i due ionici sono battuti non solo nel rapporto di uno a due, ma anche in due parti eguali di tre tempi ciascuna.

Avviene così che successivamente a tutti i piedi di sei tempi possono essere uniti gli altri di sei tempi.

Rimane soltanto l'antispasto, il quale non ammette unione con alcun altro.

Seguono i quattro epitriti.

Il primo di essi ammette l'unione col secondo, il secondo rifiuta l'unione con ogni altro, il terzo si unisce col quarto e il quarto con nessuno.

Resta il dispondeo che farà, anche esso, il ritmo da solo poiché non trova un ritmo dopo di sé, né ad esso eguale.

Così sono otto in tutti i piedi che fanno un ritmo senza mescolanza: il pirrichio, il tribraco, il proceleusmatico, il peone IV, l'antispasto, l'epitrito II e IV e il dispondeo.

Gli altri ammettono l'unione con quelli che li seguono in maniera da ottenere il nome di ritmo, anche se se ne possono contare pochi in questa serie.

Questo è, credo, sufficiente per l'argomento che hai voluto da me esposto nei particolari.

È tuo compito ora esaminare ciò che resta.

5.11 - Si danno piedi con più di quattro sillabe?

M. - Piuttosto anche tuo assieme a me perché tutti e due stiamo conducendo una indagine.

Ma infine che cosa resta, secondo te, che possa riguardare il ritmo?

Non c'è da esaminare qualche altra misura di piede che, benché non superi gli otto tempi, compresi nel dispondeo, vada tuttavia al di là del numero di quattro sillabe?

D. - Perché?, scusa.

M. - Perché interroghi me piuttosto che te stesso?

Non ritieni che senza inganno o offesa dell'udito, si possono sostituire due sillabe brevi a una lunga, in attinenza tanto alla percussione e alla divisione dei piedi quanto alla durata?

D. - E chi lo negherebbe?

M. - Ecco perché dunque si pone il tribraco al posto del giambo e del coreo, il dattilo, l'anapesto e il proceleusmatico al posto dello spondeo, quando si pongono due brevi al posto della loro seconda o prima, oppure quattro brevi al posto di entrambe.

D. - D'accordo.

M. - Fai quindi altrettanto con uno ionico qualsiasi e con qualche altro piede quadrisillabo di sei tempi e sostituisci una loro lunga qualsiasi con due brevi.

Forse che qualche cosa della misura si perde o qualche cosa impedisce la percussione?

D. - Niente, assolutamente.

M. - Considera dunque quante sillabe si danno.

D. - Se ne formano cinque, evidente.

M. - Vedi pertanto che può essere superato il numero di quattro sillabe.

D. - Lo vedo bene.

M. - E se sostituisci quattro brevi alle due lunghe dello ionico, non devi necessariamente calcolare sei sillabe in un solo piede?

D. - Sì.

M. - E se scomponi in brevi tutte le sillabe dell'epitrito, c'è forse da dubitare che si avrebbero sette sillabe?

D. - No, certo.

M.- E il dispondeo? Non fa otto sillabe se si pongono due brevi al posto di tutte le lunghe?

D. - È proprio vero.

5.12 - Il piede con più di quattro sillabe non ha figura

M. - Qual è dunque la ragione per cui si è costretti a scandire dei piedi con un sì gran numero di sillabe e nello stesso tempo si deve ammettere, in base alle dimostrazioni già esposte, che il piede usato per i ritmi non deve superare le quattro sillabe?

Non ti sembra che i due concetti si oppongono?

D. - Sì certamente e non so come si possano accordare.

M. - Anche questo è facile.

Basta che ricordi di nuovo se dianzi è logicamente emerso dal nostro dialogo che il pirrichio e il proceleusmatico debbono essere riconosciuti nel loro schema dalla percussione.

Così soltanto il piede a divisione normale creerà il ritmo, quanto dire che da esso il ritmo prenderà il nome.

D. - Ricordo e non vedo perché mi debba pentire di aver accettato tali concetti.

Ma a che scopo le tue parole?

M. - Perché tutti i piedi di quattro sillabe, tranne l'anfibraco, formano un ritmo, vale a dire, hanno la precedenza nel ritmo e lo costituiscono nell'uso e nel nome.

Al contrario molti dei piedi, che hanno più di quattro sillabe, possono sostituirli, ma da soli non formano un ritmo e non possono avere il nome di ritmo.

Per questo penserei di non chiamarli piedi.

Pertanto la opposizione che ci turbava, come penso, è risolta ed eliminata, giacché in luogo di un piede possiamo porre più di quattro sillabe e tuttavia non considerare piede se non quello con cui il ritmo si forma.

Bisognava infatti che fosse stabilito al piede un certo limite dello sviluppo in sillabe.

Ora il limite, che si è potuto nel miglior modo stabilire, perché derivato dalla stessa legge dei numeri, si è arrestato al quattro.

Quindi si è potuto avere un piede di quattro sillabe lunghe.

Quando poi a suo posto stabiliamo otto brevi, dato che occupano la medesima durata, si possono sostituire all'altro piede.

Ma poiché superano la normale estensione cioè il quattro, si vieta che siano posti di per se stessi e formino un proprio ritmo, e non tanto per esigenza estetica dell'udito, ma per norma d'arte.

Hai qualche cosa da obiettare?

5.13 - Il piede più lungo è di quattro lunghe

D. - Sì, e lo dico. Che cosa impediva che il piede potesse giungere fino ad otto sillabe, quando vediamo che si può accettare questo numero per ciò che riguarda il ritmo?

E non mi turba il tuo assunto che il piede è messo al posto di un altro, che anzi proprio questo mi suggerisce di chiedere, anzi di lamentare, che non sia consentito anche col proprio nome un piede che lo può a posto di un altro.

M. - Non c'è da meravigliarsi che ti sbagli, ma è facile la dimostrazione del vero.

Tralascio i molti argomenti esposti a favore del quattro e la ragione, per cui lo sviluppo delle sillabe deve arrivare fino a questo numero.

Supponi che io mi sia arreso a te e ti abbia concesso che la lunghezza di un piede possa essere estesa fino a otto sillabe.

Potresti negare che già sarebbe possibile un piede di otto sillabe lunghe?

Certamente se il piede giunge a un certo numero di sillabe, vi giunge non solo quello che è formato di sillabe brevi, ma anche quello che è formato di lunghe.

Ne consegue che applicando quella legge, la quale non può essere abrogata, per cui si possono sostituire due brevi a una lunga, si arriva a sedici sillabe.

E qui, se tu volessi di nuovo ottenere l'allungamento del piede, si arriva a trentadue brevi.

Il tuo modo di ragionare ti costringe a estendere fin là il piede e a sua volta quella legge a porre un numero doppio di brevi a posto delle lunghe.

Così non si avrà alcun limite.

D. - Accetto la dimostrazione, per cui il piede si estende fino a quattro sillabe.

Ma non ho obiezioni a che si possa porre, in luogo di questi piedi normali, piedi di un maggior numero di sillabe, purché due brevi occupino il posto di una lunga.

6.14 - Il piede con più di quattro sillabe non ha un proprio ritmo

M. - Ti è facile ora capire con evidenza che si hanno alcuni piedi posti in luogo di quelli che hanno la precedenza nel ritmo, ed altri che sono posti assieme ad essi.

Infatti nei ritmi, in cui si pongono due brevi in luogo di una lunga, a posto del piede che dà il nome al ritmo, se ne pone un altro, come un tribraco in luogo del giambo o del trocheo, oppure un dattilo, un anapesto o un proceleusmatico in luogo di uno spondeo.

Invece nei ritmi, in cui ciò non avviene, non in suo luogo, ma insieme ad esso si pone un qualsiasi piede che viene dopo e gli si può unire, come l'anapesto assieme al dattilo, il digiambo e il dicoreo assieme ai due ionici e similmente i rimanenti secondo la propria legge con gli altri.

Ti sembra poco chiaro o sbagliato?

D. - Ora capisco.

M. - Dimmi dunque se i piedi posti in luogo di altri possono anche essi di per sé formare il ritmo.

D. - Sì.

M. - Tutti?

D. - Sì.

M. - Dunque un piede di cinque sillabe può col proprio nome formare un ritmo poiché può esser posto in luogo del bacchio, del cretico o qualunque peone?

D. - Certamente no.

Ma esso non si considera più un piede se ben ricordo la sua progressione fino al quattro.

Quando ho risposto che tutti lo possono, intendevo dire che i veri piedi lo possono.

M. - Lodo la tua diligenza e attenzione nel ritenere perfino il nome.

Ma sappi che molti hanno ritenuto di dover denominare piedi anche quelli di sei sillabe, ma di più nessuno, che io sappia.

Ma anche quelli che lo hanno insegnato, hanno affermato che non si devono impiegare piedi tanto lunghi per formare un ritmo o metro.

E così non hanno dato ad essi neppure il nome.

Pertanto è veramente esatto il limite dello sviluppo che giunge fino a quattro sillabe, poiché tutti questi piedi, congiungendosi, hanno potuto formare un piede, sebbene divisi non ne hanno potuto formare due.

Così i dotti, che sono arrivati fino a sei sillabe, hanno osato attribuire soltanto il nome di piede a quelli che sorpassano le quattro sillabe, ma non hanno permesso che essi aspirassero alla precedenza nel ritmo e nel metro.

Ma quando in luogo di una lunga si pongono due brevi, si arriva, come dimostra, la logica, fino a sette e otto sillabe, ma nessuno ha esteso il piede fino a tal numero.

Veggo dunque risultare dal nostro dialogo che qualsiasi piede con più di quattro sillabe, quando si pongono due brevi in luogo di una lunga, non può essere utilizzato assieme a quelli normali, ma a loro posto e che non creano di per sé il ritmo.

Quindi perché non vada oltre il limite ciò che logicamente deve averlo e poiché penso che nel nostro dialogo si è sufficientemente trattato del ritmo, passiamo, se vuoi, al metro.

D. - D'accordo.

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