Questioni sulla lettera ai Romani |
Esporremo i vari sensi di alcune frasi desunte dalla Lettera dell'apostolo Paolo ai Romani.
Al riguardo, come presupposto base per la comprensione della Lettera, va sottolineato che il suo tema di fondo sono i rapporti fra le opere della legge e la grazia.
1 - [ 1 ] L'espressione: Secondo lo Spirito di santificazione dalla resurrezione dei morti indica che i discepoli ricevettero il dono dello Spirito dopo la resurrezione di Cristo; e, se ricorda la resurrezione dei morti, è perché in lui tutti siamo stati crocifissi e siamo risorti.
2 - [ 2 ] Per parteciparvi la grazia dello Spirito, cioè l'amore di Dio e del prossimo.
Animati dalla carità di Cristo, non avrebbero certo nutrito gelosie verso i pagani chiamati al Vangelo.
3 - [ 3 ] Si manifesta l'ira di Dio dal cielo contro ogni empietà, ecc.
Anche Salomone dice parlando dei sapienti del mondo: Se ebbero tanta scienza da vagliare esattamente il mondo, come mai non riuscirono a scoprire il Padrone e Creatore del mondo stesso, cosa certamente assai facile? ( Sap 13,9 )
Ma coloro che Salomone riprende non riuscirono a conoscere il Creatore attraverso le creature; coloro invece che riprende l'Apostolo lo conobbero ma non gli furono riconoscenti e così, pur dandosi il nome di sapienti, divennero stolti e caddero nell'idolatria. ( Rm 1,21-23 )
Che infatti i filosofi pagani abbiano con la mente raggiunto il Creatore lo mostra chiaramente lo stesso Apostolo nel discorso agli ateniesi, quando, dopo aver affermato che in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, aggiunge: Come hanno asserito anche alcuni dei vostri. ( At 17,28 )
Egli comincia col disapprovare l'empietà dei pagani con l'intenzione di dimostrare, in base a ciò, che essi, se si fossero convertiti, avrebbero potuto raggiungere la grazia.
Sarebbe stato infatti un'ingiustizia punirli per l'empietà e non concedere loro il premio della fede.
4 - [ 4 ] Avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono come Dio né gli resero grazie.
È questo il peccato capitale, di cui è detto: Inizio di ogni peccato è la superbia. ( Sir 10,13 )
Ed effettivamente se avessero ringraziato Dio, che aveva loro dato tale sapienza, non avrebbero attribuito nulla a se stessi nei loro ragionamenti.
Per il loro errore invece furono dal Signore consegnati in balia delle passioni del loro cuore, per cui commisero azioni sconvenienti.
5 - [ 5 ] L'espressione Consegnati in balia vuol dire "abbandonati" alle passioni del loro cuore.
E questo essere abbandonati alle passioni del loro cuore dice che fu un compenso adeguato che ricevettero da Dio.
6 - [ 6 ] Dio li ha abbandonati al loro istinto perverso, ecc., pieni di ogni iniquità.
Non è difficile intendere che le cose di cui parla rientrano nell'ambito del danneggiare: sono quindi delitti.
Precedentemente parlava delle depravazioni, che chiamiamo sconcezze.
Da queste si giunge al delitto, poiché quando uno si lascia prendere dalla malnata dolcezza insita nelle turpitudini, se trova delle persone che lo ostacolano, nel tentativo di eliminare l'ostacolo giunge al delitto.
Così prende risalto anche quel testo nella Sapienza di Salomone dove, dopo l'elenco delle depravazioni descritte in antecedenza, si dice: Tendiamo insidie al giusto povero, poiché è inutile a noi, ( Sap 2,12 ) ecc.
7 - [ 7 - 8 ] Non solo coloro che fanno tali cose ma anche coloro che li approvano.
Tali parole si riferiscono a coloro che liberamente commettono quelle sregolatezze, non solo ma vi si comprendono anche coloro che, consentendo alle stesse malefatte, le approvano pur senza compierle.
Per questo, come trattandosi di peccati effettivamente commessi, dice: Ne segue che sei inescusabile tu che giudichi, chiunque tu sia.
Dicendo: Chiunque tu sia puntualizza il discorso e mostra come esso valga non soltanto per i pagani ma anche per i giudei, che in base alla legge si ergevano a giudici dei pagani.
8 - [ 9 ] Accumuli per te ira per il giorno dell'ira.
Per ira di Dio, dovunque ne parli l'Apostolo, si intende la sua giustizia vendicativa; e in tal senso si menziona il giusto giudizio di Dio.
È qui da notarsi che di ira di Dio si trovano cenni anche nel Vecchio Testamento.
Non debbono quindi condannarla, se la leggono nel Vecchio Testamento, quegli uomini che dell'antica legge sono avversari.
È vero infatti che Dio non è, come noi, soggetto a turbamenti, conforme asserisce Salomone: Ma tu, Signore delle schiere, giudichi con tutta pace: ( Sap 12,18 ) ma come è stato già notato, quando si parla di ira, si intende la giustizia che punisce.
9 - [ 10 ] Come testimonia la loro coscienza.
Scrive queste parole in accordo con quanto dice l'apostolo Giovanni: Carissimi, se il nostro cuore ci rimprovera, Dio è più grande della nostra coscienza, ( 1 Gv 3,20-21 ) ecc.
10 - [ 11 ] Secondo lo spirito, non secondo la lettera.
Vuol dire che la legge dev'essere interpretata secondo lo spirito e non nell'ambito della lettera: cosa che si era verificata in coloro che prendevano la circoncisione in senso carnale e non spirituale.
11 - [ 12 ] La sua approvazione è da Dio, non dagli uomini.
Corrisponde all'altra frase: Colui che è giudeo nel segreto.
12 - [ 13 - 18 ] Mediante la legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui; infatti per la legge si ha la conoscenza del peccato.
Aggiunge qui le altre affermazioni simili a questa, che alcuni ritengono contrarie alla legge e proferite per denigrarla.
Occorre però leggerle con molta accuratezza per togliere anche la parvenza che l'Apostolo biasimi la legge e affermi essere stato tolto all'uomo il libero arbitrio.
Distinguiamo pertanto quattro stadi in cui può trovarsi l'uomo: prima della legge, sotto la legge, sotto la grazia, nella pace.
Prima della legge seguiamo la concupiscenza carnale; sotto la legge siamo da lei trascinati; sotto la grazia non la seguiamo né ci facciamo trascinare; nella pace non ci sarà più alcuna concupiscenza della carne. In altre parole prima della legge non combattiamo perché non solo nutriamo cattivi desideri e pecchiamo ma anche approviamo i peccati; sotto la legge lottiamo ma siamo vinti: riconosciamo che le azioni da noi compiute sono cattive e, confessando che sono cattive, certo non vorremmo compierle, ma, non essendo ancora in noi la grazia, siamo sconfitti.
In questo stadio ci si fa vedere la miseria dove siamo prostrati e da cui vorremmo sollevarci; ma siccome ogni volta ricadiamo, l'afflizione aumenta.
Per questo è detto che la legge arrivò, in un secondo momento, perché la colpevolezza raggiungesse il culmine. ( Rm 5,20 )
Per questo si sottolinea nel nostro testo che attraverso la legge è venuta la conoscenza del peccato.
Non l'abolizione del peccato, poiché è soltanto ad opera della grazia che esso viene eliminato.
Buona cosa è dunque la legge, in quanto proibisce ciò che dev'essere proibito e comanda ciò che dev'essere comandato; ma, se uno ritiene di poterla osservare con le sue sole forze senza la grazia del Salvatore, cade nella presunzione, la quale non solo non gli giova in nessun modo ma addirittura gli nuoce.
Diventando più forte il desiderio di peccare, si viene come afferrati dal peccato e peccando si diventa anche trasgressori, poiché dove non c'è la legge non c'è nemmeno la trasgressione. ( Rm 4,15 )
Si è dunque prostrati fino a terra; ma è allora che, prendendo coscienza di non potersi rialzare da solo, l'uomo implora l'aiuto di colui che lo può liberare.
Viene quindi la grazia, che rimette i peccati passati, aiuta l'uomo nei suoi sforzi, gli dona l'amore per la giustizia e scaccia il timore.
Mentre avviene questo processo, finché siamo nella vita presente rimangono, è vero, i desideri della carne che lottano contro il nostro spirito cercando d'indurlo a peccare; lo spirito tuttavia non consente a tali desideri in quanto è radicato nella grazia e nell'amore di Dio, e così cessa di peccare.
Il peccato infatti non sta nel desiderio cattivo in se stesso ma nel consenso che noi gli prestiamo.
Lo confermano le parole dello stesso Apostolo: Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale sì che obbediate ai suoi desideri. ( Rm 6,12 )
Con ciò mostra chiaramente che possono essere in noi dei desideri cattivi, ai quali però se non obbediamo non permettiamo al peccato di regnare in noi.
Sono desideri che traggono origine dalla mortalità della carne, che si contrae a seguito del primo peccato del primo uomo, per la quale nasciamo con la nostra carnalità.
Avranno fine quando, con la resurrezione del corpo, meriteremo di raggiungere quell'immortalità che ci è promessa e avremo la pace perfetta, che è il quarto stadio in cui l'uomo si può trovare.
Tale pace sarà veramente perfetta perché nessuna resistenza albergherà in noi e noi non opporremo alcuna resistenza a Dio.
Lo dice l'Apostolo: Il corpo sì è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia.
Se dunque abita in voi lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dal morti, colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali in virtù del suo Spirito che abita in voi. ( Rm 8,10-11 )
Il libero arbitrio fu dunque in maniera perfetta nel primo uomo; in noi invece prima della grazia non c'è quel libero arbitrio per cui non si pecca ma solo quello per cui non si vorrebbe peccare.
Quando giunge la grazia fa sì che non solo ci proponiamo di fare il bene ma ci dà anche la possibilità di compierlo: non con le nostre forze ma con l'aiuto del Salvatore, il quale nella resurrezione ci concederà anche la perfetta pace, che è una conseguenza della buona volontà.
Infatti, gloria a Dio nell'alto dei cieli e, in terra, pace agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 )
13 - [ 19 ] Mediante la fede annulliamo dunque la legge? Non sia mai!
Anzi confermiamo la legge, cioè la rafforziamo.
Ma come si sarebbe potuta rafforzare la legge se non mediante la giustizia?
Certo quella giustizia che si ottiene per la fede.
Infatti tutte le norme che non si riusciva a praticare mediante la legge vengono praticate mediante la fede.
14 - [ 20 ] Se infatti Abramo fu giustificato per le opere, ne ha certo gloria, ma non dinanzi a Dio.
Si riferisce ad Abramo quando era senza la legge: se si fosse ripromesso la gloria dalle opere legali come uno che pratichi la legge con le sue sole forze, siccome una tal legge non era stata ancora data, quella gloria sarebbe stata di Dio, non sua.
Non fu giustificato infatti per suo merito, come uno che avesse posto delle opere, ma attraverso la fede per la grazia di Dio.
15 - [ 21 ] A uno che compie un'opera la ricompensa non viene computata come una grazia ma come un debito.
Lo dice guardando a come gli uomini diano il compenso ad altri uomini.
Quanto a Dio, infatti, siccome ha elargito i suoi doni a dei peccatori, è sua grazia se mediante la fede ha dato loro di poter vivere da giusti, cioè di ben operare.
Se dunque operiamo il bene dopo che abbiamo ricevuto la grazia, non lo possiamo attribuire a noi ma a colui che con la grazia ci ha giustificati.
Che se egli avesse voluto darci la ricompensa che ci era dovuta, avrebbe dovuto infliggere la pena che si deve ai peccatori.
16 - [ 22 ] Egli giustifica l'empio.
Vuol dire che, quando di un empio fa un timorato di Dio, lo fa perché rimanga per sempre nella fedeltà e giustizia, essendo stato reso giusto perché sia sempre giusto e non perché si metta in testa che gli è lecito peccare.
17 - [ 23 ] La legge produce l'ira, cioè attira la punizione.
È detto per l'uomo che si trova nello stadio che chiamavamo sotto la legge.
18 - [ 24 ] Davanti a Dio, nel quale credette.
Significa che la fede risiede nell'uomo interiore, là dove Dio penetra con lo sguardo, e non può farsene mostra dinanzi agli uomini, com'è invece della circoncisione corporale.
19 - [ 25 ] Se parlando di Abramo scrive che egli diede gloria a Dio, l'affermazione è contro coloro che in base alle opere della legge cercavano la loro gloria dinanzi agli uomini.