Lettere circolari

Indice

Quarta lettera circolare

Lettera sulla Santa Vergine in risposta a qualche obbiezione fattami da un mio caro confratello

« Nella vostra lettera c'è un brano importante che riguarda la devozione alla S. Vergine.

Voi avete perfettamente ragione di sostenere che io penso e mi esprimo a questo proposito in modo del tutto diverso da Baillet.

Lo ammetto anch'io e me ne compiaccio.

Ma voi aggiungete che le mie espressioni vi paiono troppo forti, e in conseguenza sono false sotto certi aspetti, quindi, non potendo la falsità far altro che offendere Dio, non potrebbe perciò tornare a lode di Maria.

Voi trovate pure che io parlo con troppa sicurezza della resurrezione della S. Vergine, il terzo giorno dopo la sua morte; della scelta che Le fu offerta di morire o di non morire; credete che tutto ciò non sia fondato che su rivelazioni particolari, e quindi vi sembra che ogni affermazione in questo campo esiga una spiegazione per non indurre le persone di poca cultura a prendere come dottrina della Chiesa le rivelazioni particolari.

Così pressapoco vi esprimete nella vostra lettera.

La vostra franchezza mi piace, specialmente perché è condita con molto garbo e parte dalla sincerità del cuore; poi mi dà occasione di approfondire con voi alcuni punti che, come spero, colla grazia del Signore non vi torneranno inutili.

In quanto voi dite c'è del vero e c'è del falso; io cercherò di distinguere l'uno dall'altro.

I vostri rimproveri di esagerazione e di eccessiva forza nelle espressioni toccano la gravità di materia, perché riguardano la dottrina.

Devo quindi giustificarmi per amore alla verità, non solo, ma anche perché so di dovere a voi questa verità che mi avete domandato e che a parecchi titoli avete diritto di esigere da me.

Vi dirò dapprima quello che io trovo di inesatto nei sentimenti che sembrate avere riguardo alla devozione a Maria.

Vi mostrerò che per questo tema, come per ogni altro tema religioso, il mio sistema, come pure il vostro, è quello di fondarmi sulla pura verità, prendendo le cose come sono, senza la minima esagerazione, essendo convinto che la vera devozione non può avere altro nutrimento che la pura verità, e deve conformarsi in tutto allo spirito della Chiesa, mentre quanto è esagerato viene dalla menzogna, la quale non porta a Dio ma al suo nemico.

I - Pericolosi i libri del Baillet

Prima di entrare in materia ritorno a Baillet.

Non devo tacervi la ragione per cui la lettura del suo libro mi sembra pericolosa ed io mi compiaccio di non pensare come lui riguardo a la S. Vergine.

Ecco quanto dice un dotto gesuita, il teologo Padre Planchet:

1 - La vita dei Santi del signor Adriano Baillet fu messa all'Indice con decreto della Sacra Congregazione del Concilio di Trento; fu condannata da mons. Vescovo di Gap che ne proibì la lettura sotto pena di immediata scomunica, nel suo « Mandement » del 4 marzo 1711.

Quivi il Prelato dice che «questo libro, oltre il punto di vista giansenista, contiene pure lo spirito della così detta « Riforma » riguardo a parecchi articoli tanto di dogma quanto di disciplina ».

2 - Baillet è inoltre autore sospetto e noto per la condanna che la Santa Sede fece di un suo libro: La devozione alla Santa Vergine.

3 - Questa Vita dei Santi, non è dunque un libro da consigliare ai fedeli.

Adulatore perpetuo degli autori protestanti, Baillet attinge alle loro opere con poco discernimento, senza distinguere tra il vero ed il falso, mancando a lui la scienza teologica, la precisione e la rettitudine di spirito.

Cammina sicuro fin tanto che usa come guida i Bollandisti, nelle cui opere egli ha attinto quasi tutto ciò che ha potuto dire di buono.

Ma negli altri casi è incerto, spesso sbaglia, si contraddice e si avviluppa in un pirronismo pericoloso.

Ecco quanto dice questo autore sulla « Vita dei Santi » di Baillet.

Ci dà maggiori particolari riguardo all'altro libro « Sulla devozione alla S. Vergine » citandone brani veramente ripugnanti ed ingiuriosi per Maria, ma anche offensivi per la Chiesa dalla quale questo libro fu condannato a Roma il 17 settembre 1696.

Questo basta perché voi possiate rendervi ragione della varietà di impressioni ricevute dalla lettura di questo autore, ed anche per farvi comprendere come mai io non pensi e non parli come lui della Madre di Dio.

Temo quasi che il gusto provato leggendo tale autore ed altri suoi simili, v'abbia troppo avvicinato ai suoi sentimenti allontanandovi nella stessa proporzione da quelli della Chiesa riguardo al soggetto in discussione.

Io non vi faccio di ciò una colpa: in questo vi trovo piuttosto degno di compianto che di rimprovero.

Voi non sapevate e forse nemmeno dubitavate come fosse corrotta la sorgente a cui andavate ad attingere: cercavate la verità e trovavate la menzogna; i principi di cui alimentava il vostro spirito tendevano a distruggere in voi sotto pretesti speciosi ogni vera pietà verso la Madre di Dio.

II - Ciò che vi è di vero e di falso nelle asserzioni contro la devozione alla B. Vergine

Giusta la lode a Maria

Voi sostenete che non si deve esagerare nel lodare la Madre di Dio; che tali lodi sarebbero indegne di Lei e non potrebbero piacerle.

Niente di più giusto di questo concetto.

Ma trovo falso il vostro apprezzamento quando supponete che, restando nei giusti limiti prescritti dalla fede, cioè considerando Maria come pura creatura e per conseguenza infinitamente al di sotto di Dio e di Gesù Cristo suo Figlio, si possa eccedere nelle lodi che Le si tributano, e che si possa pensare e credere di Lei un bene maggiore di quello che si merita.

Questo è veramente farsi un'idea ben poco conforme alla verità riguardo a Maria.

È conoscere ben poco la grandezza e l'eccellenza della maternità divina.

Significa non essere concordi coi sentimenti della S. Chiesa che ha sempre ritenuto Maria la più santa e completa creatura dopo l'Umanità di Suo Figlio.

Maria è Madre di Dio e degna Madre di Dio.

In Essa tutto è adeguato alla sublimità di questa dignità.

Pensare diversamente equivarrebbe oltraggiare la sapienza infinita di Dio, che di sua natura è portata a dotare ogni essere di quanto conviene all'ordine in cui essa l'ha posto.

Ora, la posizione in cui il Signore ha voluto mettere Maria, la dignità di Madre di Dio a cui la Sua elezione l'ha elevata, secondo S. Tommaso e tutti Dottori cattolici e secondo la ragione stessa, illuminata dalla fede, è qualche cosa d'incomprensibile ad ogni spirito creato; ne segue che le perfezioni, i doni, le virtù che l'accompagnano devono pur essere tali, per poter avere una giusta proporzione con questa dignità.

In che modo si potrebbe allora esagerare nel pensare grandemente di Maria e nel parlare di Lei in modo il più sublime possibile, dal momento che si riconosce in Maria una pura creatura, la quale non ha nulla di suo, ma, tutto quanto possiede, riceve da Dio e tende interamente alla gloria di Dio?

Non bisognerebbe invece convincersi che nelle lodi ad Essa tributate si rimane sempre al di sotto di quanto merita?

Resurrezione a assunzione di Maria

Voi dite che io parlo con eccessiva sicurezza della resurrezione della S. Vergine il terzo giorno dopo la sua morte.

Ma avevo aggiunto: «per i meriti del Suo Figlio Divino ».

La certezza che Voi mi rimproverate non è quella della Chiesa stessa?

Essa credette sempre all'Assunzione della S. Vergine quale noi la crediamo; sebbene non ne abbia fatto dogma di fede, ne fece però l'oggetto di una festa che porta il suo nome, ne diffuse la notizia per tutta la terra, ed i suoi veri figli vi credono universalmente.

Non è certo un articolo di fede, dice un pio e dotto teologo; ma è dottrina cattolica difesa da tutti i Santi Padri, che non ha per avversari altro che eretici ed empi; è una pia certezza tanto penetrata in tutta la Chiesa, che colui il quale osasse rigettarla o metterla in dubbio solamente, non conterebbe per buon cattolico.

A voi pare che questa fede non sia fondata se non su rivelazioni particolari.

Ciò è falso. Essa è troppo antica ed universale.

È certo da ritenere che gli Apostoli, come lo riporta S. Giovanni Damasceno, essendo stati testimoni di questa meraviglia, la diffondessero per tutto l'universo.

Infatti, come dice S. Agostino, se qualche cosa vi è nella Chiesa che sia creduto da tempo immemorabile senza che se ne conosca l'origine, questa va riportata all'insegnamento degli Apostoli.

Mai si è parlato di rivelazione particolare che desse origine alla fede nell'Assunzione di Maria.

Verità e dogmi di fede

Voi dichiarate di volervi attenere in tutto alla pura verità.

Ottimamente; io faccio la stessa affermazione; ma non pare che i nostri concetti di verità siano identici.

Io per pura verità intendo ciò che è vero in sé, sia dogma di fede o non sia, poiché, se fosse mescolato alla menzogna, non sarebbe più verità.

Quindi ogni verità deve essere pura.

Voi al contrario sembrate intendere come verità pura ciò che è dogma di fede.

Questa opinione è erronea, poiché ne deriverebbe che quanto la Chiesa crede ed insegna non come dogma, ossia la Concezione, l'Assunzione e qualche altro mistero riguardante Maria, non sarebbe pura verità.

Perciò essa insegnerebbe qualche cosa che non è vero.

Vedete a quale punto si può arrivare seguendo un autore sospetto e condannato dalla Chiesa.

Tutto ciò che deriva con qualche certezza da una verità e da un dogma, è verità; poiché la verità non può produrre altro che sé stessa, sebbene essa non appaia sempre tale agli occhi di coloro che non sono in grado di coglierne l'evidenza, né vedono la connessione fra l'articolo di fede e ciò che se ne deduce come conseguenza già contenuta nel dogma come in germe.

Questa seconda proposizione non è sempre un dogma di fede, ma è una verità che, come dicono i teologi, porta alla fede, ne è un corollario, serve a illustrarla meglio, ed eccita la pietà nei fedeli.

Se la Chiesa l'approva e riceve universalmente, sarebbe presunzione temeraria e pericolosa il volerla negare, il contestarla, oppure il rifiutarle l'assenso dello spirito e del cuore.

III - Maria madre di Dio - conseguenze

Applichiamo quanto ho detto a questo dogma: Maria è Madre di Dio.

Aggiungiamo quest'altra verità evidente per chiunque abbia la minima idea della sapienza di Dio e della perfezione relativa che caratterizza ogni opera che esce immediatamente dalle Sue mani.

Con S. Anselmo e tutti i dottori cattolici riconosciamo essere perfettamente conveniente che una Vergine scelta per essere Madre di Dio fosse dotata di una perfezione tale, da non potersene concepire, al di sopra di Dio, altra più grande.

« Decens erat ut ea puritate qua major sub Deo nequit … intelligi, Virgo illa niteret ».

Quali conseguenze non potremmo noi dedurre per la lode di Marla?

Maria è Madre di Dio, dunque è elevata al di sopra di ogni creatura non solo in dignità, grandezza, potenza, ma assai più in purezza, santità ed in ogni sorta di perfezioni.

Perciò, tutte le grazie che, nell'ordine naturale, la bontà del Signore volle comunicare alle sue creature, si trovano in modo eminente in Lei, ed in un grado che Le è tutto particolare.

Sebbene come pura creatura sia compresa nell'ordine delle cose create, Essa è tuttavia elevata al di sopra delle altre tanto quanto la dignità di Madre di Dio si eleva sopra ogni altra dignità.

A ragione dunque la Chiesa Le applica quelle parole sacre, che fra le pure creature convengono perfettamente solo a Lei: « Tota pulchra es et macula non est in le », ( Cant. IV-7 ), come pure molti altri elogi magnifici tolti dai Libri santi e soprattutto dai Sapienziali.

Concludendo, Essa si trova nei rapporti più intimi, ha la più perfetta somiglianza di cui una creatura sia capace, col Suo divin Figlio, è stretta nell'alleanza più sublime colle Tre Persone adorabili della S. Trinità: col Padre di cui è Figlia amatissima, col Figlio di cui è vera Madre, collo Spirito Santo di cui è Sposa unica e singolare.

Queste conseguenze, come parecchie altre simili, sebbene non siano tutte dogmi di fede, sono verità che è bene illustrare ai fedeli secondo la loro capacità e che non potrebbero esser rifiutate, senza opposizione al modo di sentire della Chiesa e per ciò stesso senza allontanamento dalla verità e dalla pietà.

S. Agostino ci dà una regola eccellente di cui ci possiamo servire per provare la verità di molte cose dette in onore di Maria: « Non appena abbiamo ragione di ammettere che qualche cosa è quanto v'ha di meglio, bisogna credere che ciò appunto Dio l'ha fatto.

« Quidquid tibi vera ratione melius occurrit, id scias Deum fecisse ».

Questo corrisponde a quanto disse lo stesso Salvatore: « Se, cattivi come siete, voi date buoni doni a chi ve li comanda, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà i veri beni a chi glie li chiede ».

Con un ragionamento simile il dottor Sottile rispose a suo tempo a tutte le obbiezioni che gli venivano mosse contro l'Immacolata Concezione della Santa Vergine Maria, ed indusse l'università di Parigi a formulare il famoso decreto che esigeva da tutto il Corpo universitario un giuramento di difendere questo privilegio di Maria: « Decuit, potuit: ergo fecit ».

« Ciò conveniva; Egli lo poteva fare, dunque l'ha fatto ».

Non insisterò maggiormente su questo punto; credo di aver detto abbastanza per aiutarvi a distinguere quanto c'era di vero e di falso nelle vostre asserzioni.

Tutto questo può servire a giustificarmi, o piuttosto a giustificare le ragioni di una vera devozione a Maria.

IV - Risposte ai rimproveri particolari mossi al P. de Cloriviere

Non voglio tuttavia tralasciare d'entrare in qualche particolare a proposito dei rimproveri speciali che voi mi fate.

Esaminiamo se le espressioni di cui mi sono servito sono giuste o se, come a voi pare, non siano troppo forti ed esagerale, e se le mie affermazioni siano vere.

Il titolo di « Madre divina » pare a voi eccessivo.

Voi avete potuto constatare che io mi servo raramente di tale espressione; se ne ho fatto uso nella Supplica, ciò si deve al fatto che essa è in gran parte presa da un'altra Supplica dello stesso genere, composta da persona degnissima che mi ha suggerito questo titolo insieme a molte altre cose.

Ciò non significa che io non l'approvi, o lo creda esagerato; ma l'ho fatto per riguardo ad alcuni che, per una delicatezza poco fondata, potrebbero scandalizzarsi.

Infatti il significato della parola « divino » è equivoco, e viene determinato dall'oggetto a cui si riferisce.

Esso significa comunicazione dell'Essere di Dio solo quando è riferito a ciò che è proprio di questo Essere, come quando si dice : la giustizia divina, la misericordia divina …

Quando si riferisce ad una creatura, significa soltanto qualche cosa in cui Dio fa risaltare le sue perfezioni.

Così si può parlare del carattere divino del Sacerdote, del Cristiano, oppure si può dire di quest'ultimo che è veramente « un uomo divino » : « dlvinae consortes naturae ».

Sarebbe empio affermare che questa espressione dell'Apostolo sia esagerata.

Nel modo comune di parlare si potrebbe dire che S. Paolo era un predicatore divino, che era ripieno dell'ardore divino.

A maggior ragione possiamo applicare questa parola « divino » a Maria, poiché fra le pure creature non ve n'è alcuna nella quale Dio faccia splendere in modo maggiore le sue perfezioni, la sua santità, grandezza, bontà…

Sarebbe, al contrario, parlare in modo sconveniente di Gesù Cristo e potrebbe generare sospetto di Socinianesimo il chiamarlo, invece che Uomo Dio, Uomo divino.

Allora si potrebbe, dopo aver esposto quanto la fede ci insegna riguardo a Maria, darle senza inconveniente alcuno l'epiteto di divina, chiamandola la divina Maria, la Vergine divina, e non vi sarebbe scandalo fra i cattolici neppure se, parlando di Maria, la si chiamasse « la divina Madre ».

Gli stessi protestanti, se fossero conseguenti, non vi troverebbero a ridire, poiché essi credono che Maria è Madre di Dio e che il nome di divina Madre non ha altro significato che questo sulle labbra di un cattolico.

La maternità di Maria è veramente divina, perché essa ci ha dato l'Uomo Dio; non pare si possa contestare questo titolo senza cadere negli errori di Nestorio.

Ho detto che il cuore di Gesù si trova tutto intero in quello di Maria.

Mi meraviglio che voi vi siate scandalizzato per un'espressione così semplice e fondata sulle Scritture.

Voi non ignorate che spesso si usa il termine « cuore » per il termine « anima », ossia s'intende la persona in quanto capace di atti di volontà.

Nulla di più ammesso nel linguaggio ordinario; nulla di più comune in quello sacro.

Se prendiamo, sia pure a caso, qualunque testo ove si parli del cuore, vediamo che quasi tutti danno lo stesso significato: « tactus dolore cordis intrinsecus »: tocco dal dolore sino in fondo al cuore ( Gen 6,6 ).

E questo è stato detto di Dio.

« Diliges Dominuin Deum tuum ex toto cordo tuo » « Diffusa est charitas in cordibus vestris »: Amate il Signore vostro Dio con tutto il vostro cuore ( Mt 22,37 ); La carità è diffusa nei vostri cuori. ( Rm 5,5 ).

In tutti questi testi non si paria del cuore fisico, materiale, ma di Dio, di noi stessi.

Così pure sarebbe contrario alla nostra asserzione l'intendere i Cuori di Gesù e di Maria come parti fisiche dei loro corpi sacrosanti.

Trovereste qualche cosa da opporre alla nostra proposizione riferita al cuore spirituale di Gesù stesso e di Maria?

Non è forse del tutto conforme a ciò che disse N. S. di chi Lo riceve: « Manet in me et ego in eo ». Egli dimora in me ed io in lui? ( Gv 15,5 ).

Ed a ciò che il discepolo prediletto dice di chiunque vive nella carità: « Qui manet in charitate in Dea manet et Deus in eo »: Chi vive nella carità vive in Dio, e Dio è in lui? ( 1 Gv 4,16 ).

Ed a queste parole dell'Apostolo agli Efesini: « Christum habitarc per fidem in cordibus vestris » ( Ef 3,17 ): Che Cristo abiti nei vostri cuori per mezzo della fede?

L'Apostolo augura qui a tutti i fedeli ciò che Gesù chiedeva insistentemente a Suo Padre per essi: una alleanza così intima, che in qualche modo li identificasse a Lui: « Sicut Tu Pater in me, et ego in Te, et ipsi in nobis unum sint »: Come Tu Padre, in me, ed io in Te, così fa che essi siano uno in noi ( Gv 12,21 ).

È quanto noi affermiamo di Maria, e che deve essere inteso in una maniera unica, singolare e così perfetta da non poter convenire che a Lei, come tutto quanto s'intende della Madre di Dio.

Se ciò che noi potremmo dire semplicemente di Gesù e di Maria lo applichiamo ai loro sacri Cuori, voi non troverete che questo sia ingiusto.

Noi ci eravamo prefissi di parlare di questi Sacri Cuori; l'unione di cui si trattava è l'effetto dell'amore, e ci parve bene convincere le Figlio del Cuor di Maria che esse non hanno nulla da invidiare a coloro che portano il nome del Cuore di Gesù, che non piacciono per questo meno a N. S., che non devono sentirsi meno onorate e che i beni che ne ricavano non sono minori.1

Ho detto che il Cuore di Maria possiede per dono tutto quanto il Cuore di Gesù ha di sua natura.

Certo voi mi rimproverate questa proposizione e la trovate eccessiva, perché l'avete esaminata solo superficialmente.

La parola « per dono » esprime tutti i correttivi che si potevano desiderare.

Essa significa che Maria non ha nulla di suo, che in sé è un nulla, che è pura creatura, che vi è una distanza infinita tra Dio e Lei, tra suo Figlio e Lei, che Ella non possiede nulla di quanto ha ricevuto e che alla Sapienza infinita parve conveniente darle nell'ordine attuale della Provvidenza.

Ora, dopo aver visto Maria nella giusta luce, cosa si può dire di troppo grande di colei che Dio ha scelto come Madre?

Non era conveniente che Ella ricevesse tutti i doni comunicabili ad una pura creatura?

È una cosa grande, ma che torna sempre alla gloria del Figlio non meno che a quella della Madre.

È una verità che deriva necessariamente da quest'altra: Maria è la Madre di Dio.

Ho detto anche che il Cuore di Maria riproduce in tutti i suoi tratti il Cuore di Gesù, e che gli assomiglia tanto, quanto il cuore della più perfetta creatura può assomigliare al cuore di un Uomo-Dio.

Non bisogna separare il correttivo dall'affermazione, poiché essi non formano assieme che una stessa frase; tanto che, se il correttivo non fosse stato così chiaramente espresso, sarebbe stato necessario sottintenderlo.

Potrei portare molte ragioni per giustificare la mia asserzione così intesa:

a) L'uomo deve somigliare a Dio stesso : « Faciamus hominem ad immaginem et similitudinem nostram »; Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza ( Gen 1,26 ).

b) La somiglianza del cristiano con Gesù Cristo dev'essere ancora più grande: « Christianus alter Christus ». Il cristiano è un altro Cristo.

Questa somiglianza dev'essere portata in Maria al più alto grado di perfezione.

Io non insisterò su questo, ma vi prego di ricordare le seguenti parole pronunciate da Dio stesso: Faciamus ei adjutorium simile sibi. Facciamogli una compagna simile a lui ( Gen 4,18 ).

Ciò si riferiva direttamente ad Adamo ed Eva; ma, essendo Gesù il secondo Adamo, Maria è la seconda Eva, e secondo la comune interpretazione dei Padri e della Chiesa stessa, queste parole si sono avverate in modo molto più perfetto nell'Uomo Dio e nella sua Santa Madre che nei progenitori del genere umano.

Eva, nel corpo e nell'anima, somigliava in tutto ad Adamo, per quanto lo permetteva la diversità del sesso.

Lo stesso si deve intendere in senso spirituale, e ben più perfettamente, di Gesù e di Maria.

Va notato pure che l'aver usato il nome « cuore » significa che il paragone con Gesù Cristo è stato fatto in rapporto alla sua Umanità.

Maria SS. e la sua scelta di morire

Ho già accennato al rimprovero che voi mi muovete di parlare con troppa sicurezza della resurrezione della S. Vergine; ma non ho ancor detto nulla della scelta che dicevo esser stata offerta a Maria di morire o di non morire; fra le due cose vi è una grande differenza.

Io le considero come due verità, ma la certezza della prima è incomparabilmente più grande.

È, come dicevo, fondata sulla fede universale e ininterrotta della Chiesa.

La seconda verità invece trae la sua origine da qualche rivelazione particolare; ma una semplice rivelazione non sarebbe bastante per fondare una solida fede, a meno che non fosse approvata in modo speciale dalla Chiesa, oppure poggiasse su motivi incontestabili.

È il caso dell'argomento che stiamo trattando.

È certo che Maria non aveva avuto parte alcuna al peccato che aveva causato la sentenza di morte pronunciata per la specie di Adamo; quindi Ella non doveva, come colpevole, subire la morte.

Sarebbe stato più glorioso per Lei e per Suo Figlio che la morte, come quella del suo Figliolo, fosse stato l'effetto di una sua scelta libera e volontaria.

Perciò noi dobbiamo credere che tale scelta Le fosse offerta, seguendo la regola citata da S. Agostino, e ci dovrebbe sembrare credibile una rivelazione che ce la affermasse.

Ma voi dite che, quando ciò che si sostiene ha il solo appoggio di rivelazioni particolari, è necessario spiegarsi meglio.

Ho già dimostrato come quanto dicevo non si fonda solo su rivelazioni private; ma soggiungo che una spiegazione è necessaria, quando si vuol parlare dogmaticamente, o si disputa contro eretici, o si teme qualche male per non essersi spiegati.

Questo però non è il nostro caso.

La frase di cui parliamo si trova in una meditazione, e voi non ignorate che nelle meditazioni non ci si accontenta di enunciare il puro dogma, ma vi si possono intrecciare cose vere sebbene meno certe, utili tuttavia ad eccitare sentimenti di pietà.2

Ancora, voi dovete riflettere che questi misteri sono proposti in forma analitica a persone capaci di istruire i semplici fedeli; e che, per conseguenza, spetta ai maestri incaricati di istruire l'entrare nei particolari che credono opportuni.

V - Conclusione della propria difesa - ammonimenti

A questo punto credo d'essermi abbastanza giustificato dei rimproveri massimi di esagerazione in quanto ho detto intorno alla S. Vergine.

Tutte le mie affermazioni sono vere, essendo fondate da un lato su verità di fede, e dall'altro su un principio evidente di ragione.

Sebbene siano vere, non le vorrei tuttavia usare in ogni occasione né con ogni sorta di persone, perché non tutti sono capaci di comprenderle.

In questo stesso senso parlava N. S. ai Suoi Apostoli ancora imperfetti : « Multa habeo vobis dicere, sed non potestis portare modo ». Ho molto da dirvi : ma ancora non potete capire. ( Gv 16,12 ).

Voi potete quindi benissimo non usare tali espressioni per prudenza, ed in ciò non vi sarebbe nulla di riprensibile.

Ciò che a mio parere è invece degno di biasimo davanti a tutti coloro che conoscono la vera pietà ed i sentimenti della Chiesa riguardo a Maria, è il vostro pensare che queste affermazioni contengano menzogne, che sappiano di adulazione, che Maria non le meriti affatto e per questa ragione non Le possano piacere.

Respingete, mio caro Confratello, simili pensieri.

Sono poco conformi alla verità e all'idea che i Santi Padri, la Santa Chiesa, la ragione stessa illuminata dalla fede ci danno riguardo alla suprema dignità della Madre di Dio, dignità a cui devono esser proporzionati tutti i doni e le prerogative di Maria.

Ciò sarebbe entrare assai male nello spirito e nei sentimenti della Chiesa, che non vuole ammettere paragone fra gli altri Santi e la Madre di Dio, e che nel culto reso a quest'ultima non mette limiti ai suoi omaggi, alle prove della sua devozione, fatta eccezione per il culto di latria dovuto a Dio solo.

Se le mie affermazioni vi paiono eccedere i meriti di Maria, non dovreste pensare ugualmente di una infinità di elogi che Le si fanno e che non sono meno chiaramente espressi nella Scrittura?

Voi potreste sempre trovarvi dell'esagerazione, della falsità, e nulla potrebbe fermarvi più su questa via, non meno di quanto avvenne all'audace Baillet ed ai suoi seguaci che, sviati dietro agli autori protestanti, riuscirono a rapire a Maria i suoi più incontestabili privilegi.

Ma il peggio è che, seguendo questo autore, voi seminate dubbi riguardo alla resurrezione dell'augusta Vergine, mostrando in ciò ben scarso rispetto per l'autorità della Chiesa, che l'ha sempre creduta e che, senza farne un dogma di fede, la considera verità incontestabile, poiché:

1) In questo senso appunto essa intende festeggiare l'Assunzione della S. Vergine;

2) Non si può dubitare che in materia così importante essa non sia diretta in modo speciale dallo Spirito Santo.

Alla stessa guisa e seguendo lo stesso autore, non potreste voi negare la Concezione Immacolata di Maria e la maggior parte dei suoi augusti privilegi?

E fin dove potrebbe condurvi tutto questo?

Perdonate, caro Confratello, se io vi muovo questi rimproveri; se poteste leggere nel mio cuore, voi vedreste che in essi non v'è nulla di umano, e che derivano solo dalla carità che io devo a voi, dallo zelo che mi muove per la verità, e dal desiderio che provo del vostro bene spirituale.

Pure muovendovi rimproveri, io sento di scusarvi con tutta la mia anima, perché ne attribuisco la causa ad un errore involontario, a letture imprudenti, a pregiudizi, forse, che risalgono all'infanzia o sono dovuti all'educazione e sono difficili da superare; sono persuaso che conservate in voi stesso scintille di vera devozione, e che basti, come dite, mostrarvi, il vostro torto per indurvi ad ammettere nel cuore sentimenti più conformi all'onore della Regina degli Angeli e dei Santi.

Quali sentimenti sono questi? Pur credendo di averlo dichiarato abbastanza, per non trascurare nulla di quanto potrebbe avere interesse per voi, cercheremo di mostrarvi Maria nella luce in cui ci deve essere abituale vederLa.

Mi lascerò guidare dai pensieri di un Santo, che a suo tempo fu un luminare della Chiesa.

VI - Come dobbiamo considerare Maria

Per mostrare quale posto occupi Maria nell'ordine degli esseri creati, li divide tutti in tre gerarchie perfettamente distinte ma strettamente legate fra loro.

Alla prima gerarchia appartiene solo l'Umanità santa del Figlio di Dio.

Poiché questa Santa Umanità sussiste nel Verbo divino mediante un'unione personale, indivisibile, formando in Lui colla Persona divina un solo tutto, che è l'Uomo Dio, N.S.G.C.

Capo di tutto il corpo perciò essa possiede in virtù dì questa unione, la più sublime dignità creata possibile, e non vi è alcuna creatura che le sia uguale o paragonabile a lei per eccellenza.

Alla seconda gerarchia appartiene solo Maria, poiché l'unione che Essa ha come Madre coll'Uomo Dio, sebbene sia infinitamente inferiore in eccellenza all'unione ipostatica, è tuttavia unica, ineffabile, e di gran lunga superiore a tutte le unioni create.

La terza gerarchia comprende la moltitudine di tutti gli altri esseri creati i quali, sebbene distinti e consacrati in vari ordini, tuttavia formano un ordine solo, quando si considerano in rapporto a N. S. ed alla Sua santa Madre.

Ora, come la prima gerarchia è unita immediatamente all'essenza divina, sorgente essenziale, infinita, di ogni bene, così che, come dice l'Apostolo, « la pienezza della divinità abita in lei corporalmente », ed « essa riunisce in sé tutti i tesori della scienza e della sapienza divina », allo stesso modo, fatte le debite proporzioni, la seconda gerarchia è unita più intimamente di tutte con la prima, e perciò si deve riconoscere in Maria la somiglianza più intima coll'Uomo Dio.

Inoltre: come Gesù Cristo, considerato in quanto Uomo, possiede tutti i doni e le eccellenze di cui era dotata Maria e molti altri di cui Essa non era capace perché pura creatura, e li possiede formalmente ossia eminentemente e in modo più perfetto, essendone la sorgente; così la seconda gerarchia, Maria, possiede o formalmente o eminentemente e in modo più perfetto, non però come loro sorgente, tutti i doni che sono distribuiti nella terza, e parecchi altri che questa non doveva ricevere, seguendo la regola gerarchica data da S. Dionigi nel suo trattato sulle gerarchie celesti, regola adottata generalmente dai teologi.

Così appunto S. Bernardino da Siena spiega il posto elevato che occupa Maria fra gli esseri creati.

La stessa cosa ci fanno intendere i santi Dottori e gli Interpreti sacri, ed è ciò che la Chiesa, organo dello spirito di verità, ci vuol ricordare in modo concreto nelle preghiere che Le indirizza ogni giorno, anzi, quasi in ogni momento del giorno, e mediante il culto che Le rende in tutti i luoghi a cui si estende il regno di Gesù Cristo.

Voi non direte certo che queste preghiere, questo culto siano nuovi.

Se ne trovano le tracce perfino in quelle antiche liturgie che risalgono agli Apostoli.

Le numerose Basiliche dedicate a Maria, dimostrano che la pietà dei cristiani verso questa Vergine augusta non è una novità.

I Bernardi, gli Anselmi, i Bonaventura, sebbene fosse tenera la loro pietà, nei magnifici elogi che Le tributarono non dissero mai nulla che non fosse già contenuto nella dottrina dei primi Padri della Chiesa, come si può vedere dall'eccellente libro del P. Gallifet, che tratta della devozione alla S. Vergine con teologica precisione, e dal terzo volume delle conferenze spirituali del P. D'Argentan francescano, che ha per titolo: « Le grandezze di Maria » ; come pure da una quantità di eccellenti opere così latine come francesi.

Se tuttavia non troviamo nei Padri antichi espressioni o idee così grandiose sulla devozione a Maria, come se ne trovano nei Dottori dei secoli posteriori, questo non ci deve sorprendere.

Non già che essi sentissero e pensassero meno sublimemente della S. Vergine Madre di Dio; ma bisognava adattarsi ai tempi.

Il mondo usciva appena dalle tenebre del paganesimo, gli uomini avevano ancora vive nella mente le immagini delle divinità leggendarie, e ci sarebbe stato da temere che essi non attribuissero a Maria qualche carattere divino.

Prima di ogni altra cosa era la divinità di Gesù Cristo che bisognava mettere in luce.

Da quando tutto il mondo crede in Lui e non ha che disprezzo per gli dei del paganesimo; da quando anche dalle persone più rozze è stata riconosciuta la distanza infinita tra la creatura ed il Creatore, ci si è potuto diffondere meglio sulle lodi a Maria, senza temere per questo che alcuno, fosse pure il più ignorante, potesse dimenticare un istante che Essa è pura creatura.

Sarebbe ugualmente assurdo il negare che, come la maggior parte delle verità cristiane si sono sviluppate di età in età senza bisogno di nuove rivelazioni, ma piuttosto sotto la spinta delle eresie sorte per combattere, così il culto a Maria si sia sviluppato sempre più quanto erano maggiori gli sforzi dell'inferno per soffocarlo nel cuore dei fedeli.

È un fatto del quale la vostra conoscenza della storia ecclesiastica mi dispensa dal dare prove.

Origine della devozione a Maria

Vogliamo sapere quando ebbe principio la devozione a Maria? Su quale fondamento essa poggia?

Ricordiamo il grande mistero dell'Incarnazione del Verbo.

Senza il consenso libero di Maria alle parole dell'angelo indirizzatele da parte di Dio che lo inviava, non si sarebbe mai operato questo mistero, la più grande opera divina « ad extra », questo mistero da cui Dio volle che tutto dovesse dipendere: tanto la gloria che l'uomo poteva rendergli, quanto la soddisfazione della sua giustizia, tanto la salute del genere umano, quanto la restaurazione dell'universo.

Si legga a questo proposito S. Bernardo; si meditino le parole dell'angelo; in esse sono racchiusi gli elogi più grandi di quanto noi potremmo dire a gloria di Maria.

Rappresentiamoci il Divino Bambino nello stato in cui desiderava vederlo la Sposa: « Quis mihi del te fratrem meurn sugentem ubera matris meae, ut inveniam tè foris et deosculer te ».

Chi ti darà a me, fratello mio? - ( Cant. VIII-I ).

Consideriamo che quanto gli altri bimbi fanno per istinto naturale, il Bimbo divino lo faceva con sentimenti e pensieri della sua infinita sapienza.

Riflettiamo che su trent'anni di vita mortale Egli ne consacrò trenta a Maria; che si dovette alla preghiera di Maria il Suo primo miracolo dell'acqua cambiata in vino, cambiamento che ne simboleggiava molti altri i quali dovevano essere l'effetto beatificante della sua alleanza colla natura umana; che Gesù volle che Maria Lo accompagnasse al Calvario; che là, nella persona del suo discepolo amato e sostituendoci in qualche modo a sé.

Egli ce la diede per Madre; ed infine, che tutto quanto si è detto ci mostra la devozione a Maria come essenziale al Cristianesimo, di modo che, senza di essa, si deve dire di possedere solo imperfettamente lo spirito ed i sentimenti di Gesù Cristo.

« Si quis spiritum Christi non habet, hic non est eius ». Se alcuno non ha lo spirito di Cristo, non gli appartiene ( Rm 8,9 ).

Dove attingere la devozione a Maria

Ma ove attingere la vera devozione a Maria?

Gli Apostoli la trovarono nella dottrina e nel cuore del Maestro divino, e la diffusero in seguito per tutto l'universo.

Quanto a noi, cerchiamola nello spirito e nell'esempio della Chiesa, nei sublimi elogi, nelle preghiere che essa Le rivolge, nelle feste che celebra in suo onore, negli omaggi che Le rende: omaggi così grandi, che si potrebbero credere uguali a quelli rivolti a Gesù Cristo stesso, se non si sapesse che esiste una differenza infinita tra il culto di latria che si rende a Dio solo, ed ogni altro culto reso alla creatura in vista di Dio.

Cerchiamola nella tradizione della Chiesa, negli scritti dei Padri e dei Dottori, nell'esempio dei Santi.

Cerchiamola nello studio e nella conoscenza delle Scritture, nelle figure che in esse abbondano.

Quali grandi verità ci propongono in onore di Maria i parecchi oracoli dei Profeti, il Cantico dei Cantici e i Libri Sapienziali, da cui la Chiesa stessa ed i Santi Dottori sono stati ispirati in quanto hanno potuto dire di più grande nelle lodi di Maria!

È facile capire che, sviluppando tale argomento, si riempirebbero volumi; ma con tutto questo non si avrebbe che una pallida idea delle grandezze di Maria, le quali saranno conosciute bene solo nel cielo.

Il titolo di « Trono di Dio » conviene perfettamente a Maria; e nel libro misterioso dell'Apocalisse è detto che i Santi gettavano le loro corone ai piedi di questo trono: « Mittebant coronas suas ante thronum » ( Ap 4,10 ).

Ci sarebbero ben altre cose da dire sopra un tema così nobile e vasto.

Anziché di aver esagerato, come voi mostrate di credere, sono intimamente persuaso che tutti i miei elogi restano al di sotto della verità, poiché gli uomini, anche i più illuminati, non fanno che balbettare come bambini quando parlano delle grandezze e delle eccellenze di Maria.

La Chiesa ce lo lascia capire dalla seguente preghiera che Le indirizza: Dignare me laudare Te, Virgo sacrata. Degnatevi o Vergine santa, di ricevere le mie lodi.

Tuttavia quel poco che ho detto mi pare sufficiente a rettificare le idee non abbastanza sublimi e perciò non abbastanza degne di Maria, che voi dimostrate di aver adottato.

Quanto mi sentirei felice se con questa lettera avessi potuto contribuire a tale rettificazione!

Il candore della vostra anima, le vostre disposizioni e preghiere, mi danno gran confidenza e speranza che, una volta caduti alcuni pregiudizi, voi stesso vi meraviglierete di aver potuto concepire pensieri cosi poco confacenti a Colei che, dopo Suo Figlio, è il capolavoro più incomprensibile uscito dalle mani di Dio, il Trono del vero Salomone, di cui è detto che nell'intero regno non v'era nulla di paragonabile a questa opera: Non est factum tale opus in uniuersis regnis. ( 1 Re 10,20 ).

Sì, io spero, caro Confratello mio, che, unito a tutti i veri figli di questa Augusta Vergine, voi sarete fra i primi a proclamare la grandezza della Sua gloria.

« Surrexerunt filli eius et beatissimam praedicauerunt » I suoi figli si sono levati e l'hanno dichiarata gloriosissima, la più gloriosa.

Qual copia di beni e favori inestimabili non riceverete allora per mezzo di questa solida e vera devozione!

Allora non tarderete ad ammettere per via di esperienza con quanta ragione si applichino a Maria queste parole: « Qui me invenerit inveniet vitam et hauriet salutem a Domino ». Chi trova me, trova la vita, ed otterrà la salute dal Signore. ( Pr 8,35 ); e di queste altre: « Omnia bona venerunt mini pariter cum illa ». Con Lei mi sono venuti tutti i beni.

VII - Una tenera e sincera devozione a Maria deve essere patrimonio della società

Quanto mi sta a cuore, e quanto insistentemente io chiedo a Dio che questa Società possieda sempre una tenera e sincera devozione alla Santissima Madre, come è avvenuto in ogni tempo per la Compagnia di Gesù e per tutte le altre Congregazioni religiose al momento del loro primo fervore!3

Senza tale devozione, che parte potremmo aver noi ai più teneri ed intimi sentimenti del Cuore di Gesù?

Come troveremmo accesso a questo Cuore divino? Se dunque noi desideriamo appartenergli in modo speciale, se vogliamo essere mèmbri della sua Società, siamo segnalati nella devozione a Maria.

Dopo l'amore e l'imitazione di Gesù Cristo, nostro Capo adorabile, è il primo dovere prescritto a coloro che si dedicano al servizio del Signore in questa Società, che appena comincia a nascere.

Non trascuriamo nulla per adempierlo con tutta la perfezione di cui ciascuno è capace; è il mezzo più sicuro per attirare in ogni momento su di noi e su tutta la Società, le benedizioni più abbondanti.

« Che tutti fin dal loro ingresso nella Società, prendano la ferma risoluzione di seguire il più vicino possibile e secondo la misura della grazia che loro sarà data, il loro Sovrano Capo, Gesù Cristo N. S., il Figlio unico di Dio, che è la Via, la Verità, la Vita, come pure di onorare la gloriosa Madre di N.S.G.C. col più profondo rispetto ed una devozione tutta speciale, riguardandoLa come loro Madre tenera e buona ». Così sia. ( v. S. C. Jesu Specimen; Prima pars. ).

18 gennaio 1800

A questa « Risposta ad alcune obbiezion ecc. » il P. de Clorivière univa la seguente lettera:

M. L. B.

L.S.N.J.G.

« Io vi mando, mio caro confratello, la lunga lettera di cui vi ho parlato; essa fu terminata più presto di quanto vi avevo detto.

Il solo favore ch'io vi chiedo per questo tenue lavoro, che la mia tenera amicizia per voi mi ha fatto intraprendere mentre ero sovraccarico da altre occupazioni, è che voi la leggiate con lo stesso spirito di semplicità con cui fu composta.

Da parte mia non ho mai preso la penna senza implorare dal più intimo della mia anima i lumi dello Spirito di verità.

Prego istantemente la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, di esaudire le preghiere che voi Le fate, e di ottenervi che la lettura di questa lettera vi sia giovevole e che voi diveniate un giorno uno dei suoi più zelanti panegiristi.

Questo augurio è più grande di quanto forse voi immaginate, e io lo formulo assai di buon cuore ».

Il 20 gennaio 1800

Indice

Noia dell'editore.
Ci manca il testo autentico della IV Lettera circolare del P. de Clorivière: smarrita o perduta? Finora non lo sappiamo.
Essa riguardava certamente la devozione alla Vergine SS. : infatti nella IX Lettera circolare, facendo l'elenco di quelle inviate alle due Società, dice che la sua IV Lettera era stata « sulla devozione alla S. Vergine Madre di Dio ».
Rimane invece un altro scritto del Ven. Padre sul medesimo soggetto: tale scritto però è una lettera ad un confratello ( della Società del S. Cuore? ) in risposta ad alcune obbiezioni da lui sollevate contro la dottrina del P. de Clorivière circa la devozione a Maria SS.
Si può a buon diritto pensare che tali obbiezioni siano state sollevate a proposito della IV Lettera circolare: in tal caso noi avremmo in questa risposta del Ven. Padre almeno la sostanza dei punti trattati in quella preziosa circolare.
E questa fondatissima opinione ci induce a pubblicare qui la « Risposta alle obbiezoni, come un supplemento della Lettera mancante.
Gli argomenti della connessione di questa « Risposta » con la IV Lettera circolare già spedita alle due Società sono riassunti dall'editore francese nel modo seguente:
1. In se questa lettera è una risposta ad un Confratello, come lo provano le righe che l'accompagnano, poste alla fine.
2. Essa è una confutazione critica ad obbiezioni fatte, e riguarda un caso particolare.
3. Il Padre, nel suo elenco delle lettere Circolari, ci dà egli stesso l'intenzione precisa ed il tono della sua IV Lettera « sulla Devozione alla S. Vergine Maria Madre di Dio »: « Mi sono sforzalo di darvi, come m'è stato possibile, una giusta idea delle grandezze e delle perfezioni della Beata Vergine, per avvicinarvi a Lei sempre più.
Questo era lo scopo di una delle mie lettere ».
Il fine così nettamente determinalo … sembra scartare ogni possibilità di confusione.
4. Si dirà forse che il Padre abbia voluto farne in seguito una Lettera Circolare?
Non sembra ragionevole il credere che egli abbia giudicato utile affidare queste riflessioni ad una Lettera destinata specialmente a tutta la Società delle F.C.M; designandola coi termini che usa nella IX.
Questa è una Lettera molto didattica, in cui si parla per esteso di un autore sospetto e che sarebbe stato inutile, se non addirittura pericoloso, il far conoscere.
In questo caso egli ne avrebbe, ci pare, modificata la forma. 5. Argomento che sembra più decisivo: Il P. de Clorivière spiega ( a Pag. 103 e 117 di questa Lettera ) la ragione per cui la resurrezione della S. Vergine il 3° giorno della Sua morte gli sembra verità « certa » rispondendo alla principale obbiezione rilassagli dal suo Confratello.
Ora, nei suoi scritti, non si trova questo testo o questo concetto, ( mentre sono ritrovabili tutti gli altri testi di cui lo si rimprovera ).
Non sarebbe ciò una prova che un documento di quell'epoca, dove il Padre parla della S. Vergine, veramente manca?
E questo documento parrebbe logicamente essere la IV Lettera, scritta circa la stessa epoca: 1799 - 1800.
1 Qui è un accenno manifesto ad una lettera diretta alle due Società.
2 Anche questo brano ci sembra un accenno a un precedente scritto diretto alle due Società.
3 Si vede da questo periodo e dai seguenti come la lettera è diretta ad un Sacerdote della Società del S. Cuore.