La Scala del Paradiso

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Grado XIV

Della famosissima regina gola

Dovendo e volendo dire della gola e del ventre, proponemo quasi in tutte le cose parlare saviamente contra noi medesimi, però ch'io mi maraviglio, se alcuno sia liberato da essa gola, se non quelli che abitano nella sepoltura.

La gola si è ipocrisia cioè falsa mostra del ventre, però che quando è satollato, dimostra che ancora abisogni; e quando è pieno e soprapieno, si richiama e dimostra avere fame.

La gola è quella che fa apparecchiare i cibi dilicati e dilettevoli, ed essa è fonte e principio delle dilettazioni della libidine, però che se ài vota la vena della lussuria per l'osservanzia della castità, dall'altra parte, ovvero per la gola, è rientrata, e se ài otturata quella vena, dall'altra parte è riaperta, e se ài spenta la fiamma della libidine, dall'altra parte è risuscitata, ed avendo distratta l'una dall'altra parte, se' vinto.

La gola è uno inganno degli occhi affabile e compiacevole, ed è una compassione ed una temperanza ed una umiliazione piacevole, la quale mette a vedere che tutte le cose insieme uno uomo debia divorare.

La gola è sazietà de' cibi e padre dello fornicazione, e la tribulazione del ventre è operatrice della castità.

Alcuna fiata lo leone per le lusinghe diventa mansueto, ma quegli che 'l corpo suo lusinga e tiene in grande cura, sempre lo tiene e lo fa diventare più selvatico all'opere spirituali.

Lo giudeo si rallegra e fa festa il dì del sabato, ma il monaco goloso fa la festa e rallegrasi il sabato e la domenica; innanzi il tempo numera la Pasqua, e molti dì innanzi procura li cibi per la Pasqua.

Pensa lo monaco che è servo del ventre, con qua' cibi faccia il dì della festa; ma quegli che è servo di Cristo, pensa quali grazie debbia acquistare in essa festa.

Quando il monaco peregrino viene, il monaco goloso per essa gola tutto si commuove a fare con lui carità, e lo discioglimento della sua astinenzia estima consolazione del frate.

Nello avvenimento d'alcuno, rompendo il suo costume, dinanzi pensa di trovare del vino, e pensando nascondere la virtù dell'astinenzia sua, diventa servo della passione della gola.

Spesse volte la vanagloria è inimica della gola, e combattono insieme sopra il misero monaco, quasi sopra uno servo comperato; la gola combatte che interrompa e dissolva la sua astinenzia, la vanagloria combatte che dimostri la sua virtude per suo onore; ma il monaco savio fuggirà l'una e l'altra, cacciando l'una con l'altra nel propio tempo.

Quando il fuoco della carne è vigoroso e cresce, affliggiamo e cruciamo essa carne, ed in ogni luogo e tempo serviamo la nostra astinenzia, ma quando esso fuoco è riposato, la qual cosa non credo che sia innanzi la sepoltura e la morte, allora nascondiamo la nostra operazione dell'astinenzia.

Vidi monaci antichi in questa cosa ingannati dalle demonia, e vidi giovani che non s'erano ingannati, li quali nel bere del vino e nell'usare l'altre cose colla benedizione relassavano alcuna fiata la loro astinenza.

Se essi monaci peregrini ànno nome e testimonio di singulare santità, per lo loro comandamento relassiamo la nostra astinenzia, ma temperatamente; ma se ellino sono negligenti, non curiamo di loro comandamento, specialmente se noi siamo nella battaglia del fuoco della carne.

Uno degli antichi, il quale ebbe nome Evagrio, mandato da Dio, attento per sua prontezza e per suo senno di volere essere più savio de' savii, fu ingannato e mentie a sè medesimo il misero, e palesemente fu più stolto degli stolti in molte altre cose, e spezialmente in questo, però che disse così: « Quando l'anima desidera vani cibi, sia messa alla strettezza del pane e dell'acqua », la qual parola fu simile al comandamento, che fece uno al suo discepolo, quando disse che voleva che salisse tutta la scala a un passo; imperò noi abbattendo il suo detto, diciamo così, che quando l'anima desidera diversi cibi, ella desidera e cerca alcuna cosa propia della natura, e però ci conviene usare industria per sostenere la natura e resistere alla gola, la quale in molti modi è ingegnosa; e se non faremo così, gravissima battaglia farà contra di noi la natura, ovvero ci farà essere obbligati ai cadimenti corporali e spirituali.

Adunque togliamo in prima al corpo li cibi che ingrassano, e poi li cibi che ardono, e poi li cibi che dilettano; e se è possibile, dà al ventre cibo che l'empia, che sia leggieri e vile e sottile, acciò che per lo riempimento saziamo la sua insaziabile dilettazione, e per lo sottile e vile e leggiere possiamo tosto respirare, ed essere liberati dal calore e dalla infiammazione, quasi dal flagello.

Pogniamo mente e troveremo che molti cibi fatti delle cose che respirano, cioè degli animali, muovono e incitano in noi calori ovvero infiammazione di carne.

Ridi e fatti beffe di quel demonio, che t'ammonisce che tu tardi la refezione del corpo, passata l'ora della cena, però che quegli che tarda la refezione dopo l'ora ordinata della nona, disconcia l'ordinazione comune, come colui che prende la refezione innanzi l'ora.

Altra astinenzia è convenevole a quelli che sono innocenti, ed altra a quelli che sono nocenti, però che quegli che sono innocenti, ànno per segno il movimento del corpo, cioè lo riscaldamento della carne; ma quelli che sono nocenti, infino alla fine stanno fermi nell'astinenzia sanza consolazione e sanza cordoglio; li primi debbono e vogliono guardare la contemperanza e la complessione della mente sempre mai; li secondi per la spirituale tristizia e per la mortificazione placano Iddio.

A quegli che è perfetto, il tempo della sua consolazione e letizia si è essere privato al tutto d'ogni sollicitudine, ed allo combattitore lo tempo buono è lo tempo della battaglia, ma il buono tempo del vizioso è la festa delle feste e la frequenzia delle frequenzie.

Nel cuore de' golosi sempre ci vengono sogni di cibi e di mangiari, ma nelli coraggi de' piagnitori ovvero de' piagnenti vengono sogni di giudicii e di pene.

Tieni e vinci il ventre, innanzi ch'egli tenghi e vinchi te, però che poi ti converrae fare astinenza con tua confusione.

Questa cosa che è detta, ben la conoscono i caduti in quella fossa, che non è convenevole a nominare.

Quelli uomini che sono eunichi, non ebboro sperienza di questa cosa; la intenta meditazione del fuoco circoncide il ventre, ma alcuni che obedirono al ventre, si mozzarono le membra loro e moriron di doppia morte.

Cerchiamo e troverremo certamente, che questa gola per sè sola opera appo noi religiosi pericoli spirituali.

La mente dell'astinente digiunatore ora vigilantemente e sobriamente, ma la mente di colui che non è astinente, si riempie d'immonde fantasie.

La sazietà del ventre secca le fonti delle lagrime, ma seccato egli generò acque.

Quegli che nutrica e sazia bene il ventre suo, e combatte per vincere lo spirito della fornicazione, è simigliante a colui che vuole spegnere il fuoco ardente coll'olio.

Quando il ventre per fame è tribulato, lo cuore s'aumilia; ma quando il ventre è pieno e consolato, la cogitazione si leva in superbia, ed a provare questa cosa, palpa e cerca te medesimo nella prima ora del dì e nel mezzodì, e nella ultima ora innanzi che mangi; e per questo cercare da te medesimo potrai cognoscere l'utilitade del digiuno, imperò che la mattina s'appressa e levasi la cogitazione della carne, cioè li sentimenti e gli riscaldamenti, e quando viene l'ora della sesta, si abbassa un poco, ma

appresso al tramontar del sole perfettamente è umiliata la cogitazione della carne.

Affliggi il ventre per la fame, e al postutto chiuderai la bocca, tenendo silenzio, ma dalli molti cibi la lingua prende vigore e forza; però ti sforza di combattere contra esso ventre colla fame ed ancora col vegghiare; e se in questo digiunare e vegghiare riceverai un poco di pena e di fatica, il Signore incontanente ti farà grazia, aiutandoti a portare questa fatica.

Gli otri mollificati tengono molto sopra misura, ma gli otri secchi non mollificati non tengono tanto; così quegli che sforza il ventre mangiando molto, sciampia ed allarga le 'nteriora; ma chi combatte contra il ventre, ristrigne le 'nteriora, le quali essendo ristrette, non abisogna l'uomo di tanto mangiare, e da indi innanzi diventa l'uomo naturalmente digiunatore.

La sete spesse fiate fece cessare la sete ma volendo cacciare la fame colla fame patendola, questa è cosa crudele ed impossibile per natura; ma quando ti vince la fame, e ti conviene saziare la carne, e tu la doma colle fatiche; e se questo non si può fare per la infermità della carne, e tu combatti contra essa col vegghiare; e quando gli occhi sono aggravati dal sonno, prendi l'opere delle mani, ma quando non c'è il sonno, nel tempo dell'orazione non toccare l'opera delle mani.

Non è possibile di dare la mente a Dio e all'opera delle mani insieme; imperò nel tempo dell'orazione non è convenevole di toccare nè di vedere l'opera delle mani.

Pensa ed attendi a questo, che il demonio alcuna fiata siede sopra lo stomaco, e disponlo a non potersi saziare, s'egli mangiasse tutto l'Egitto, e bevesse il Nilo grande fiume, e perciò non si conviene saziare e seguitare quello appetito.

Questo immondo demonio dopo il cibo si parte, da poi che ci ha fatto molto mangiare, e mandaci lo spirito della fomicazione, ed annunciali quello che ci à fatto, e dicagli: « Prendilo, prendilo e conturbalo, però che da poi che 'l ventre è pieno e gravato, con non molta fatica l'abbatterai », ed il demonio veggendo se ne rise, e schernillo, vedendo uno uomo così concio; e legandogli col sonno le mani ed i piedi, fece poi ogni cosa che volle, ed il corpo e l'anima sozzoe di fantasie e contaminazioni e polluzioni.

Ed è gran maraviglia vedere la mente, che è cosa spirituale, essere sozzata ed ottenebrata dal corpo, ed anche poi essere fatta immateriale e purgata ed assottigliata per lo pianto.

Se tu promettessi a Gesù Cristo d'andare per la via stretta ed angosciosa, ristrigni ed angustia il ventre, però che se il ventre è sciampiato, tu ài rotta la promissione che facesti.

Pensa ed attendi ed odi il Signore che dice: Ampia e spaziosa è la via del ventre, la quale conduce alla perdizione della fornicazione, e molti ne vanno per essa, ed istretta ed angosciosa è la porta e la via del digiuno e dell'astinenzia, la qual mena alla letizia della castità e pochi entrano per essa.

Lo Lucifero che cadde di cielo, principe delle demonia e principe di tutti li vizii, si è la gola e la ingluvie del ventre.

Quando siedi a mensa a prender la refezione, reca alla mente tua la memoria della morte e del giudizio, ed appena potrai un poco impedimentire il vizio della gola, e quando prendi il bere, non cessare di ricordarti del fiele e dell'aceto, che fu dato al nostro Signore Gesù Cristo, e al postutto o tu t'asterrai, o tu sospirerai o tu ti terrai più vile.

Non t'ingannare, che tu non potrai essere liberato da Faraone, e non vedrai la Pasqua spirituale, se non mangerai sempre le lattughe agreste col pane azimo.

L'agreste lattughe sono la violenza del digiuno, la fatica e 'l dolore e la sofferenza de' mali; lo pane azimo è il sapere non superbo e non enfiato, cioè non tenersi buono.

Alla tua memoria sempre sia congiunta la parola del profeta che dice: Mentre che le demonia mi faceano molestia, mi vestiva del cilicio ed umiliava l'anima mia col digiuno, e l'orazione non si partiva dal seno dell'anima mia.

Lo digiuno è violenza della natura, e mozzamento della delettazione del gusto, e cessamento del calore della concupiscenza e mozzamento delle male cogitazioni ed intenzioni, e liberazione de' sogni e mondizia dell'orazione, lume dell'anima e custodia della mente e discioglimento della ciechità, porta della compunzione ed umile sospiro ed allegra contrizione ed istringimento del troppo parlare, e cagione di tranquillità e guardiano della ubidienzia, e votamento ed alleviazione del sonno e sanità del corpo, operatore e conducitore della impassibilità e remissione de' peccati, e porta e delizie del paradiso.

Questo tiranno, cioè la ingluvia del ventre o vero gola, il quale è comandatore di tutti i nostri mali che c'impugnano, esso è porta de' vizi e cadimento d'Adamo e perdizione d'Esaù, morte del popolo d'Israel, disonestà di Noè, tradimento de' Gomorrei, vituperio dì Loth, esterminazione de' figli d' Eli sacerdote, conducitore delle contaminazioni e delle ree cogitazioni.

Domandiamola primamente onde nasce, e quali sono i figliuoli che nascono da essa gola, e chi è quegli che l'abbatte, e chi è quegli che l'uccide al tutto: « Di' a noi, o mortale tiranno d'ogni uomo, che coll'oro della tua insaziabilità tutti noi ài comperati, onde intrasti in noi, e da poi che se' intrato, che parturisti e generi in noi, in qual modo ti parti e siamo da te liberati? »

Ed ella dolendosi delle ingiurie, come una fiera rispuose a noi furiosamente e tirannicamente: « Perchè m'abbattete cogli improperii, voi che siete legati a me per debito, e come vi sollicitate di partir da me?

Io son legata colla natura; la porta ondio entro, è la natura de' cibi, della mia insaziabilità l'usanza n'è cagione; l'uso dinanzi pigliato e lo non avere dolore dell'anima e lo dimenticamento della morte sono cagione della mia passione, quando assalisco l'anima.

Ma però che addomandate di sapere le nomorà de' miei figli, se io gli vi vorrò annumerare, saranno più che l'arena del mare.

Ma udite quali sono li miei diletti e primogeniti appellati: il mio figliuolo primogenito è lo ministro della fornicazione, ed il secondo dopo lui è la durizia del cuore, il terzo è il sonno; dopo questi è il mare delle cogitazioni sozze e l'onda delle tempestadi, le contaminazioni e lo profondo delle indicibili immondizie, che da me procedono.

Le mie figliuole sono queste: l'oziosità, il molto parlare, la confidenza, lo riso, la scurrilità o parole da fare ridere, la contradizione, la cervicosa durizia, il non dare udienzia, l'insensibilità, la prigionia ovvero lo legamento del cuore, lo magnificarsi, la gloriazione, l'audacia, la presunzione, l'amore del mondo, il quale seguita l'orazione sozza, li rivolgimenti delle cogitazioni, e spezialmente spesse fiate cadimenti non aspettati, dopo li quali seguita alcuna fiata la disperazione, la quale è crudele sopra tutti li mali.

Me impugna ma non vince la memoria dell'offensioni e de' peccati, ma lo attento pensiero della morte e del partimento dell'anima, questo è mio inimico al tutto; ma cosa che perfettamento mi cacci e distrugga, non si truova infra li uomini.

Quegli che possiede lo Spirito Santo, lo 'nterpella contra me, e quello Spirito Santo essendo pregato, non mi lascia operare viziosamente, ma quelli che sono sanza il gusto d'esso Paradito, cioè Spirito Santo, al postutto cercano di consolarsi per me.

Forte cosa è ad avere di questa gola vittoria; ma colui che l'abbatte e vince, manifestamente va e sale alla impassibilità ed alla soprasomma castità.

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