La Scala del Paradiso

Indice

Grado XV

Della incorruttibile e bene olente castità per sudori e fatiche acquistata

Abiamo udito la insaziabile gola dicere che il suo figliuolo era la battaglia della carne, e non è meraviglia, però che questo conoscemmo nell'antico nostro padre Adamo, il quale se non fosse stato vinto dal ventre, non arebbe conosciuta la moglie per concupiscenzia disordinata; e però quelli che osservano il primo comandamento della virtuosa astinenzia, non cadono nella seconda transgressione per la concupiscenza carnale, ma permangono questi figliuoli d'Adamo, non cognoscendo che era Adamo, non partecipando il peccato della prevaricazione d'Adamo, essendo rigenerati in Cristo e per la castità assimigliati agli angeli, ma un poco minorati che gli angioli per lo stato della mortalitade, ed in questa minoranza per lo stato della mortalità gli à posti Iddio per loro bene, come dice S. Gregorio chiamato Teologo, il quale bene è questo, che per la carne mortale che portano, lo male, cioè il peccato, e 'l difetto loro non è immortale, che non possa venir meno, ma è remissibile e truova misericordia.

La castità è propietà della natura incorporea; la castità è una amabile cosa e piacevole a Gesù Cristo, ed uno scudo del cuore sopra terreno; la castità è una sopranaturale e sopra gloriosa annegazione della natura, ed è veramente uno appressamento sopra mirabile del corpo mortale e corruttibile alle sustanzie sanza corpo, come sono gli angeli.

Quegli è veramente casto, il quale coll'amore e col piacimento spirituale ripercuote e spegne l'amore della concupiscenzia carnale, e col fuoco spirituale spegne il fuoco carnale.

La continenza è nome universale di tutte le virtudi, però che ogni virtù è continenza dal vizio suo contrario.

Quegli è continente e casto, il quale eziandio negli sogni non sente movimento nè mutazione in sè medesimo dello stato che avea in prima vegghiando; quegli è continente e temperato, il quale sempre possiede perfetta insensibilità sopra la differenza delle corpora; questa è la regola della perfetta e castissima castità, igualmente essere inchinato per affetti di concupiscenzia carnale alle corpora animate, come a quelle che non sono animate, e tanto alle corpora umane, quanto alle corpora degli altri animali.

Neuno di quelli che posseggono castità, la reputi o attribuisca a sè questa possessione, perciò che vincere la sua natura non è leggier cosa nè cosa accidentale, nè virtù di quelli che la ricevono; però che dove è fatta vittoria della natura, ivi ci si riconosce la virtù di colui ch'è sopra natura, però che a questo non si può contradire, che la cosa minore riceve grazia e benedizione dalla maggiore.

Lo principio della virtù della castità è non consentire alle cogitazioni carnali; e pogniamo che per alcuno tempo riceva polluzioni dormendo, questa sia senza nulla laida fantasia; lo mezzo della virtù della castità è, che se avesse alcuna fiata li movimenti naturali della carne, questi movimenti sieno proceduti dal molto mangiare solamente sanza ogni laida imaginazione e sanza ogni polluzione; la fine e la perfezione di questa virtù è la mortificazione del corpo, essendo in prima morte le cogitazioni.

Colui è veramente beato, il quale nella veduta d'ogni sustanzia e d'ogni colore e bellezza di corpo in ogni tempo possiede perfetta insensibilità; non è casto quegli che 'l loto, cioè il corpo suo terreno, guarda dalla sozzura, ma quegli è casto, il quale le membra del corpo suo perfettamente sottomette all'anima.

Grande è quegli, che nel toccamento della carne altrui rimane impassibile, ma maggiore è colui, che nell'aspetto e nella veduta rimane non percosso, e non essendo vinto, vince l'aspetto del fuoco carnale coll'attento pensiero della bellezza delle cose celestiali.

Quegli, il quale coll'orazione discaccia da sè il cane, ossia lo spirito della fornicazione, è assimigliato a colui che combatte col leone; ma quegli che contradicendogli lo fa fuggire adietro, è assimigliato a colui che non tanto ch'egli si difenda, ma egli perseguita il suo nimico, dal quale era assalito; ma quegli che al tutto dispregia lo assalimento di questo nemico, pogniamo ch'egli viva in carne, egli è resurresito dal monumento.

Se questo è il segno della verace castità di non avere movimento contrario nella sua carne, sognando gli sogni carnali e laidi, al postutto questo è segno certo di tutta lussuria, cadere in polluzione di carne, vegghiando, per le sole cogitazioni.

Quegli che combatte con questo avversario per sudori e fatiche corporali, è assimigliato a colui, il quale colla rombola discaccia e fa fuggire il suo nimico, ma quegli che combatte con l'astinenzia e colle vigilie, questi è assimigliato a colui, che assalisce il suo inimico colla mazza; ma quegli, il quale combatte con questo nimico per l'umilità e per la inirascibilità, cioè perfetta mansuetudine, e per la sete, ovvero per lo perfetto e verace desiderio di Dio, questo è assimigliato a colui, che uccise l'avversario che combattea con esso, e nascoselo sotto l'arena.

Alcuno è il quale questo tiranno tiene legato per le fatiche, alcun altro che 'l tiene legato per l'umilità, ed alcuno che lo tiene legato per divina revelazione; ed il primo è assimigliato alla stella Diana, il secondo è assimigliato alla luna piena, il terzo è assimigliato al sole, e tutti ànno la conversazione in Cielo, e come dallo splendore dell'aurora nasce la luce, e dalla luce nasce il sole, così dalle fatiche nasce l'umilità, e dalla umilità nasce la divina revelazione, e dalla divina revelazione nasce la castità.

Siccome la volpe alcuna fiata s'infigne di dormire per prendere gli uccegli, così alcun tempo il corpo e 'l demonio simulano e s'infingono d'avere la castità per pigliare l'anima.

Non credere allo loto della carne in tutta la vita tua, quantunque dimostri castità, ed infino a tanto che tu abbia trovato Gesù Cristo, non ti confidare in essa, e non ti confidare di non potere cadere per astinenzia che tu faccia, però che quegli che già mai non mangia, fu gittate da cielo.

Alcuni savii diffiniro bene l'astinenzia, che dissero che astinenzia era tenere nimistà al corpo e combattere contra il ventre.

Li cadimenti della carne in quelli che cominciano a servire a Dio, naturalmente le più volte adivengono per lo mangiare dilicato, ma nelli proficienti adivengono per tenersi buoni, e questo adiviene ancora alli cominciatoci; ma in quelli che sono appressati alla perfezione, adivengono solamente per giudicare il prossimo.

Alcuni tengono beati quelli, che per natura son nati eunichi, come persone liberate dalla tirannia del corpo; ma io beatifico li cotidiani eunichi quegli, i quali colle cogitazioni quasi con uno coltello mozzano le membra loro.

Vidi alcuni che caddero, ma non volontariamente, e vidi alcuni che volontariamente voleano cadere e non poterono, li quali chiamai più miserabili, che quelli che cadeano cotidianamente, quasi uomini che poteano essere desiderati dalla dissuavità del fetore.

Miserabile è quegli che cade, ma più miserabile è quegli che fa cadere altrui, però che porterà giudizio di due peccati e cadimenti, e della dilettazione e del piacimento altrui.

Non volere ripercuotere e cacciare il demonio della fornicazione, contradicendogli con parole di giustizia, dicendogli: « Questo sarebbe peccato e dispiacere ne a Dio », però che in questo modo sarebbe forte di cacciarlo, però che esso molte fiate fa risposte molte ragionevoli, assegnando come questa cosa è naturale, e quello che è naturale, non dispiace a Dio, lo quale fece la natura.

Quegli che da sè medesimo vuole vincere la sua carne, corre invano, però che se Dio non dissipa la casa della carne ed edifica la casa dell'anima, invano s'affatica quegli, che per digiunare e per vegliare la vuole dissipare; ma il modo propio e perfetto è questo: rappresenta e poni dinanzi da Dio la infermità della carne e della natura tua, e cognoscendo perfettamente la propia impotenzia, riceverai insensibilmente il dono della castità.

È uno sentimento libidinoso d'una concupiscenzia carnale ( secondo che a me narrò uno che ne avea avuta la sperienza, da poi che ne fu liberato ), che è uno spirito isvergognato ed irreverente e crudele e inumano, il quale sanza reverenzia si pone al sentimento del cuore, e fa a colui ch'è impugnato, sentire un dolore di cuore corporale in simiglianza della fornace del fuoco, per lo quale perde il timore di Dio, e disprezza ed ae per niente la memoria della pena eternale, e l'orazione ae in abominazione, e pertanto ae la veduta delle reliquie delli morti quanto che la veduta delle pietre.

Ed ancora questo predetto spirito quello uomo, a cui s'è posto adesso in quella operazione del peccato, gli fa perdere la mente ed il senno umano, e fallo essere inebriato di una continua concupiscenza delle corpora razionali e non razionali, li cui dì se non fossero abbreviati, non si salverebbe l'anima vestita di questo corpo composto e complessionato di sangue e di sozzo limo.

E non è meraviglia, però che ogni cosa fatta desidera insaziabilmente la sua cognazione, il sangue lo sangue, e lo verme lo verme, e lo limo lo limo; e così la carne desidera carne, quantunque noi che siamo violentatori e sforzatori della natura, e desideratori del regno celestiale, con alcune circonvenzioni ed astuzie ci studiamo d'ingannare lo 'ngannatore.

Beati quelli che non sono esperti di questa battaglia, e noi anche oriamo d'essere liberi pienamente da tale esperienza, però che quelli che caddero in questa fossa, essendo dilungati da quelli che salirò e discenderò in quella scala che vide Iacob, cioè degli angeli, molto pericolosamente sono caduti, ed a rilevarsi di tal cadimento abbisognano di dolori e d'afflizioni e di fame e di sopra somma penuria.

Intendiamo come dalli nimici nostri spirituali, siccome nelle battaglie corporali, sono ordinate le schiere contra di noi, però che a ciascheduno è dato speciale ufficio, la qual cosa è da maravigliarsi.

Puosimi a mente alli tentati, e vidi diversi cadimenti, de' quali alcuni erano più crudeli e più pericolosi degli altri.

Chi à mente da udire, oda.

Anno usanza le demonia massimamente contra gli combattitori e quelli che tengono vita monastica, che tutto il loro empito e sollicitudine ed industria ed astuzia e circonvenzione e cospirazione maggiormente e più spesse fiate pongono ad impugnare e far cadere nelli peccati che sono fuori di natura, più che in quelli peccati che sono secondo natura.

Onde alcuni spesse fiate conversando e dimorando colle femine, al postutto non sono impugnati di concupiscenza, e non sono indutti nè in cogitazione nè in tentazione; per la qual cosa questi miserabili beatificano sè medesimi, non cognoscendo che ove è maggiore pericolo, ivi è mestieri maggior guardia; e penso io che per due cagioni questi micidiali e facinorosi nostri nimici impugnano più noi miseri per farci cadere negli peccati fuori di natura, che in quelli che sono secondo natura: l'una cagione è però che di questi cadimenti in ogni luogo si truova la materia; l'altra cagione è però che di questi peccati riceveremo maggior pena e punizione.

Questa cosa che è detta, seppela e provolla quegli, che in prima addusse e fece essere dimestici gli asini salvatici, il quale infine fue pervertito ed ingannato miserabilmente dalli salvatichi demonii; simigliantemente questa cosa provoe quell'altro monaco, che in prima era notricato del pane celestiale, ultimamente fu privato di quel bene; e questa è più mirabile cosa, che da poi che quel primo fu pentuto di suo peccato dolendosi amaramente, il nostro maestro santo Antonio disse di lui agli monaci suoi; « Una grande colonna è caduta »; e nascose il savio Antonio la maniera del cadimento, però che sapea che la fomicazione corporale era sanza corpo altrui.

È alcuna morte e perdizione di cadimento in noi, la qual sempre portiamo in noi e con noi, massimamente nella gioventù, la quale io non presumetti di scrivere, però che mi ritenne la mano mia quegli, cioè S. Paulo, che disse: Quelle cose che alcuni fanno secretamente, sono laide e vituperose a dicere e a scrivere e ad udire.

Questa mia non mia carne inimica, santo Paulo l'appellò morte; ma santo Gregorio detto Teolago appellò essa carne libidinosa serva e notturna; ma per quale ragione questi santi appellaro la carne di questi nomi, io desiderava d'imparare; e se la carne, come è detto, è chiamata morte, adunque quegli che la vince, al postutto non morrà; e come dice il profeta nel salmo: E quale uomo viveva, che non veggia la morte della contaminazione della carne sua?

Sopra questa materia è buono e convenevole di domandare e di fare questa quistione: Quale è maggiore, o quegli che muore e poi resurge, quegli il quale al postutto non muore?

Quegli che beatificò il secondo fu ingannato, però che Cristo morie e risurressie e così conviene intendere spiritualmente che migliore è quegli che muore della morte del peccato, se egli risurge e rinnovasi per verace penitenzia, che quegli che non pare che sia caduto nella morte del peccato, però che in verità non è uomo, che viva e non pecchi; e questo Cristo è quegli che non vuole, che apo gli morienti come apo i cadenti sia niuna desperazione.

Lo ismanioso nostro nimico preposto della fornicazione dice che Dio è benigno, ed ae molta indulgenzia sopra questa passione e sopra questo vizio, però che è naturale; ma se ci ponemo a mente gli ingegni suoi, troveremo che da poi che 'l peccato è fatto, dicono che Iddio sanza compassione giudica li peccatori siccome giusto giudice; quello primo diceano per inducere a peccare, questo secondo dicono per inducere a desperare.

Quando la tristizia e la desperazione n'assalisce, allora non ci poterne chiamare miseri e vituperare noi medesimi, e prendere vendetta di noi per cagione del nostro cadimento, però che la desperazione nollo lascia fare, ed essendo tolta da noi la desperazione, succedegli e riceveci il demonio della benignità, cioè il demonio, il quale ne mette a vedere che Iddio è tutto benigno, sicchè non abbisogna di fare penitenzia de' nostri cadimenti.

In quanto Iddio è incorruttibile ed incorporeo, in tanto si rallegra della castità e della incorruttibilità, e cosi per contrario il demonio si rallegra del contrario; onde dissono alcuni, che le demonia di niuna cosa tanto si rallegrano, quanto di quella puzza e di quello fetore della contaminazione del corpo.

La castità è una propietà ed una somiglianza di Dio, secondo che è possibile agli uomini; madre della dolcezza su la terra è la rugiada, e madre della castità è la quiete solitaria coll'obedienza.

La impassibilità del corpo, che è acquistata nella quiete solitaria, appressandosi al mondo fu concussa e percossa; ma quella impassibilità, la quale procedette e nacque dalla obedienzia, in ogni parte rimase provata ed immobile.

Vidi alcuna fiata essere la superbia conducitrice dell'umilità, e ricordomi del detto di santo Paolo, quando dice: Chi conobbe il senno e la profonda sapienza di Domenedio.

Quegli il quale colla gola e colla sazietà vuole vincere il demonio della fornicazione, è assimigliato a colui che vuole spegnere il fuoco ardente coll'olio; e quegli il quale colla sola astinenzia pensa di fare cessare questa battaglia, è assimigliato a quegli che nuota con una sola mano, e combatte per liberarsi del pelago; ma se vuogli scampare, all'astinenzia aggiugni l'umilità, però che sanza la seconda, cioè l'umilità, la prima, cioè l'astinenza, non ci basta.

Quegli che si vede assediato da alcuno vizio, dinanzi ad ogni altra cosa e solamente si armi contra quel vizio, e massimamente contra il nemico dimestico della carne, però che se questo non è destrutto, neente andremo innanzi per la vittoria degli altri vizii; ma se noi percoteremo questo egizio, al postutto vedremo il Signore nel rubo dell'umilità.

Io essendo tentato, sentii questo lupo, il quale facea all'anima per ingannarla un gaudio non ragionevole e consolazioni e lagrime, per la qual cosa a me che avea poco discernimento, parea che questo contenesse frutto e non corruzione.

Se ogni peccato che l'uomo fa, è fuori del corpo, colui che fa la fornicazione, nel proprio corpo pecca, secondo che santo Paolo dice, per questa cagione, perchè nella corruzione contaminiamo la sustanzia d'essa carne, la qual cosa non si può fare in neuno altro peccato.

Questa quistione muovo io, perchè gli uomini che offendono in qualunque altro peccato, chiamiamo peccatori; ma quando udiamo d'alcuno, e' abbia commessa fornicazione, dolendoci e lamentandoci diciamo: « Cotale è caduto ».

Il pesce veloce fugge l'amo, e l'anima amatrice delle dilettazioni e delle concupiscenze fugge la quiete solitaria.

Quando il demonio vuole legare insieme alcuni di laido e sozzo legame, in prima esamina l'una parte e l'altra, e da quello comincia a gittare lo fuoco, nel quale truova maggiore attitudine di riceverlo.

Spesse fiate adiviene, che quelli che sono inchinevoli all'amore delle concupiscenze, naturalmente sono compassivi e misericordiosi ed amorevoli e contriti e devoti; ma quelli che ànno cura e studio della castità, non posseggono queste cose predette.

Uno uomo pieno di conoscimento mi dimandò d'una terribile proposizione, e disse cosie: « Quale è il più grave peccato di tutti gli altri, ischiudendone il micidio e la negazione di Dio? »

E dicendo io che era cadere in resia, mi disse quegli: « E come è che la santa madre Ecclesia catolica ricevendo gli eretici dopo la integra e pura abiurazione della prima eresia, gli fa degni di ricevere gli santi misteri del Corpo e del Sangue di Cristo?

E ricevendo colui che è caduto in fornicazione dopo la confessione e lo cessamento dal peccato, lo fa cessare per tempo dalli misteri immaculati, secondo che è fermato nelle regole delli apostoli? »

Ed io dubitando e stupendo sopra questa questione, il dubbio rimase non soluto.

Cerchiamo e poniamci a cura, quale ò la delettazione della concupiscenza, la quale si fa in noi nel dire i salmi dal demonio della fornicazione, e quale è la delettazione che procede della cogitazione dello spirito, le quali sono con grazia e con virtù.

O tu che se' giovane, non ti sia celato il fatto tuo.

Io vidi alcuni, i quali ferventemente con tutta l'anima oravano per loro famigliari e diletti amici, ed essendo mossi dalla fornicazione, per questa cotal memoria si pensavano adempiere lo decreto e la legge della carità; e alcuna fiata è che per solo il tatto si contamina il corpo di lussuria, però che infra le sensora questo è quello che più gravemente contamina; però ti ricordi di colui, che si involse la mano col mantello, quando gli fu mestiere di toccare la mano della madre, così tu abbi addormentata la mano tua sopra le membra naturali, e sopra lo propio corpo e sopra l'altrui.

Penso io che neuno veracemente debbia essere detto santo apo quello ch'è santissimo, cioè Iddio, se in prima questa terra del corpo egli non la trasforma in santificazione.

Quando giacemo nel letto, allora verghiamo e siamo colla mente solliciti, però che la mente combatte allora colle demonia sanza esercizio corporale, e se l'anima è amatrice di concupiscenzia, volentieri diventa traditrice di sè medesima: però ti studia che la memoria della morte al postutto dorma teco insieme, e teco insieme si levi, e l'orazione sola di Gesù Cristo sia nella lingua tua, mentre che ti corichi e che ti levi, però che tu non troverai cose, che tanto ti giovino nel sonno, quanto queste due.

Alcuni dissero ed insegnarono, che le battaglie della carne e le polluzioni solo da' cibi procedono; ed io vidi quelli che erano infermi infino alla stremità, e quelli che digiunavano, sommamente essere contaminati di queste medesime cose.

Di queste cose dimandai una fiata un monaco perfetto discemitore e conoscitore, ed esso beato molto saviamente m'insegnò e disse così: « Alcuna fiata adiviene in sonno la polluzione per lo molto mangiare e per la molta quiete; alcuna fiata adiviene per la superbia, quando enfiamo nella mente per essere stati molti tempi sanza polluzione, ed alcuna fiata adiviene perchè giudichiamo il prossimo; delle quali polluzioni le due, la seconda e la terza, possono sopravenire all'infermi, ed ancora tutte e tre.

Ma se alcuno da tutte queste predette cogitazioni si vedrà e sentirà essere purgato, e cadrà alcuna fiata in polluzione, patirà questo solamente per la 'nvidia delle demonia, permettendolo Iddio, acciò che per questo accidente sanza peccato sia fatto posseditore dell'altissima umilità ».

Niuno le fantasie delle laide sognora si volga e rechi a memoria lo dì pensando in esse, però che la 'ntenzione del demonio è questa, che per le cose ch'egli ne fa sognare, ci contamini vegghiando.

Udiamo un'altra astuzia degli nostri nimici, che come gli cibi che nociono al corpo, non incontanente ma dopo tempo generano la infermità, così adiviene spesse fiate nelle cagioni, le quali contaminano l'anima; ch'io vidi quelli che stavano in delizie ed in conviti, e non furono contaminati incontanente; e vidi quelli che dormiano e mangiavano colle femine, e non aveano niuna mala intenzione nè cogitazione; e per questa cagione essi essendo ingannati e confidandosi, e non avendo essi cura di sè medesimi, quando si pensavano avere pace e quiete nelle celle loro e stare nel sicuro, allora ricevettoro sommo esterminio e pericoloso cadimento.

E qual sia lo sterminio e il pericoloso cadimento che adiviene a noi, essendo soli e dimorando solitariamente, quegli che n'è esperto, il sa; ma chi non è esperto, non à bisogno di saperlo.

In quel tempo a noi è buono aiutorio il ciliccio, lo giacere in terra, stare tutta notte a vegghiare, patire fame e sete, stare alle sepulture de' morti, e sopra ogni cosa l'umilità del cuore; e se è possibile, avere per nostro aiutorio uno padre spirituale ovvero uno frate sollecito e vecchio di sapienzia spirituale.

Io mi maraviglio, se uno uomo solo potrà salvare la nave del pelago.

Questo medesimo cadimento cento cotanti è più pericoloso in uno che in un'altro per lo luogo e per lo modo e per quello che ne seguita, e per molte altre cagioni e circonstanzie.

Uno narrò a me una soprasomma e sopra ogni opinione umana diffinizione e perfezione di castità, e disse che uno, il quale vedendo alcuna bellezza corporale della creatura, per quella bellezza magnificamente glorificoe il Creatore, ed essendo mosso solo da quello aspetto, spargea fonte di lagrime, e tutto era levato su nella carità di Dio, ed era uno stupore a vedere, come quello che ad alcuno è cagione di cadere, ad un'altro sopra natura era cagione di corona.

Se quegli cotale sempre e in ogni luogo ed in tutte così fatte cose possiede questa operazione e questo sentimento, innanzi che vegna la comune resurrezione, egli è resurresito, essendo nel corpo corruttibile non corrotto.

Questa medesima regola usiamo nelle melodie e negli inni e ne' cantici spirituali, e non è meraviglia, però che gli amatori di Dio ànno natura e condizione dalle cose che son di fuori, cioè dalle cose corporali, e dalle laudi e dalli cantici e dalle paroli spirituali d'esser mossi e condotti in allegrezza ed in carità ed in levamento mentale e gaudio divino ineffabile ed in lagrime; ma gli amatori delle concupiscenzie e delle delettazioni della carne patiscono il contrario.

Secondo che di sopra detto fue, alcuni dimorando negli luoghi solitarii e di quiete sono molto più impugnati, e non è maraviglia, però che in quelli luoghi diserti e negli abissi essi demonii essendo discacciati dal nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo per la nostra salute, quegli che ivi amano d'abitare, essi ministri della malignità e demonia della fornicazione gl'impugnano più crudelmente, acciò che a loro paia che non sia utile a stare nel diserto, e per questa cagione si ritornino al mondo; ma quando noi dimoriamo nel mondo, esse demonia si dipartono da noi, cioè non tanto c'impugnano, acciò che non essendo impugnati, dimoriamo più volentieri cogli mondani, e non consideriamo che ove siamo impugnati, ivi al postutto duramente e crudelmente impugnamo il nemico; ma non essendo impugnato da noi, diventa nostro amico e non impugna noi.

Ed è alcuna fiata, che dimorando noi nel mondo per alcuna necessità, siamo guardati dalla mano di Dio dalle impugnazioni della carne e per l'orazione del padre spirituale, acciò che non sia bestemmiato Iddio a nostra cagionei; ed è alcuna fiata, che non sentiamo le battaglie per la privazione del dolore, e perchè il nostro cuore è molto pieno ed occupato della esperienza delle cose, che facciamo ed udiamo e veggiamo, ovvero che le demonia volontariamente si partono da noi, acciò che lascino in noi lo luogo della superbia, la qua' compie tutti gli altri vizii, e fa tanto danno all'anima, quanto farebbono tutti gli altri vizii.

Un' altra macchinazione ed astuzia udite di questo ingannatore, e guardatevi tutti voi, che elegeste di guardare e servare castità.

Narrò a me uno, il quale avea avuta la esperienza di questo inganno, che spesse fiate questo demonio delle corpora si sottrae al tutto e perfettamente, che non dae neuna molestia, ed immette al monaco una somma religiosità e reverenzia ed onestà, e per alcun tempo gli dae fonte di lagrime; e da poi che l'ae indotto, che famigliarmente conversi e parli colle femine per ammonirle della onestà, della castità e della continenzia e della memoria della morte e del giudicio etemale, acciò che per lo suo parlamento e per la infetta religiosità corrano a esso lupo le persone miserabili, come corressero ad un pastore, da indi innanzi avendo contratta l'usanza e la famigliarità, ed essendo presa la sicurtà e la confidenzia, riceva e sostenga esso misero cadimento e ruina; e però fuggiamo, fuggiamo, e non vogliamo vedere nè udire quel frutto, del quale siamo posti e ordinati a non assaggiare mai; ed io mi maraviglio, se noi ci riputiamo d'esser più forti che David profeta, la qual cosa veramente è impossibile, però che la gloriosa laude della castità tanto è alta e grande, che alcuni delli santi Padri la chiamano impassibilità, ed alcuni dissero che era cosa impossibile, che alcuno fosse chiamato casto, da poi che avea assaggiato il peccato.

Ma' io questo loro detto fuggo e disprezzo, e ditermino che è cosa possibile e diritta e leggiere a chi vuole innestare lo oleastro nella buona oliva, e se le chiavi del regno del cielo fossero date a quello apostolo, il quale era vergine del corpo, forse che li predetti parlatori avrebbono parlate cose giuste; ma se non furon date le chiavi al vergine, confondagli quegli che ebbe suocera e fu fatto casto, ed ebbe le chiavi della castità e del regno del cielo.

Questo serpente delle corpora di molte forme si sforza a combattere, però che a quelli che non sono esperti del peccato, mette la tentazione che solamente ne prendano l'esperienza, e poi se ne cessino; ma quelli che ne sono esperti, egli misero incita e provoca per la memoria del peccato, che lo pruovino un'altra fiata.

Molti de' primi per la ignoranzia del male non sono impugnati; li secondi avendo preso odio della esperienza del peccato, sostengono più le molestie e le battaglie; ma il contrario adiviene più spesso.

Quando dal sonno noi ci leviamo buoni e soavi e pacefici, questo ricevemo secretamente dalli santi angeli per consolarci, e massimamente quando dopo molta orazione e vigilia dormiamo; ed è alcuna fiata, che ci rileviamo dal sonno buoni e soavi, e questo patiamo dalle maligne sognora e visioni.

Vidi l'empio demonio sopra esaltato e levato come li cedri del Libano, e conturbato e furioso sopra me, che parea che tanto soprastesse all'anima, che non se ne potesse difendere; e passai per l'astinenza, ed ecco che non era il suo furore come in prima, e cercalo umiliando la mia cogitazione, e non si trovò più in me il luogo nè il vestigio suo.

Qualunque ae vinto il corpo, questi ae vinto la sua natura, e quegli che vincola sua natura, al postutto è fatto sopra natura; questi così fatto poco è minore che gli angeli, non dico neente minore che gli angeli.

Non è cosa maravigliosa di combattere quegli che è immateriale, colla cosa materiale; ma veramente è cosa mirabile, che quegli che è materiale, combattendo con questo nemico insidiante, isconfigga ed abbatta i nimici non materiali.

Il buono nostro Signore per molta cura e providenzia che à della nostra salute, provedette in questo, che lo svergognamento della femina rinchiuse e reprimette col freno della vergogna, però che s'ella avesse avuta audacia d'innanzi correre ad invitare il maschio, non si sarebbe salva ogni carne.

Li santi Padri conoscitori e discernitori dello cose che sono nell'anima, determinaro e dissero, che altro è l'assalimento che si fa all'anima delle laide representazioni, ed altro è il dimoramento, ed altro il consentimento, ed altro è la imprigionazione, ed altro è il combattimento, ed altro è quello che si chiama passione nell'anima.

L'assalimento determinaro quelli beati, ch'era una picciola parola overo imagine di qualunque cosa che viene, o è portata o è presentata al cuore e novellamente ci apparisce;

la dimoranza è il parlare della mente con quella cosa che c'è apparita, o vero che sia con inchinazione viziosa o no;

lo consentimento è la piacevole inchinazione dell'anima a quella cosa che gli è apparita,

ma la imprigionazione è un forte e non volontario rivoltamento ed una carcerazione del cuore, ovvero è una perseverante congiunzione del cuore a quella cosa che gli è avvenuta, la quale perseverante congiunzione estermina la costanzia e lo virtuoso stato dell'anima.

Il combattimento è la resistenzia che fa l'anima contra 'l piacimento e la viziosa inclinazione, la quale alcuna fiata è perfetta ed alcuna fiata no;

passione dicono che è quella cosa, che per lungo tempo viziosamente s'è annidiata nell'anima e quasi convertita in abito, sicchè da indi innanzi l'anima per l'usanza corre ad essa spontaneamente e famigliarmente.

Di tutte queste cose il primo, cioè l'assalimento, è sanza peccato, il secondo non è altutto sanza peccato, il terzo è buono e rio secondo lo stato e la costanzia del combattitore, il combattimento è acquistativo o di corone o di pene; lo 'mpregionamento altrimenti è giudicato nel tempo dell'orazione, ed altrimenti nel tempo della non orazione, ed altrimenti nelle maligne cogitazioni, ed altrimenti nel mezzo; la passione ovvero ch'ella è quella che si purga per la penitenzia sufficiente e correspondente, ovvero che si sottomette alla pena; ma quegli che il primo, cioè l'assalimento, impassibilmente pensa, cioè che non ci prende pensiero vizioso, tutte l'altre cose dette insieme in una fiata si taglia.

È apo gli padri suttilissimi della sapienzia spirituale uno attento pensiero e conoscimento più sottile che 'l sopradetto delle miserie dell'anima verso di questo vizio, però che considerano uno stimolo di questo vizio, il quale da alcuno è chiamato pigliamento innanzi della mente, lo quale è sanza tempo e sanza imaginazione precedente, per lo quale più agutamente sì dà ad intendere la passibilità e la miseria nostra a quegli che 'l pate, che infra le immissioni delli spiriti non se ne truova niuna più aguta e più subita e meno appariscente, che uno ricordamento sottile sanza dimoramento e sanza tempo, il quale si manifesta e viene nell'anima, non essendo dinanzi preveduto nè conosciuto; e se è alcuno che per lo pianto abbia potuto comprendere questa suttilità, questi ne potrà insegnare come con l'occhio solo e con una sottile piccola veduta e uno toccamento di mano e con uno audito di melodia, sanza ogni pensiero ed intenzione, puote l'anima viziosamente fomicare.

Alcuni furono che dissero, che dalle cogitazioni del cuore il corpo perveniva nella passione della fornicazione, alcuni altri dissero il contrario, cioè che dalli sentimenti del corpo proveniano le maligne cogitazioni, e li primi dissero: se la mente non innanzi corre, non seguiterà il corpo; li secondi allegando la mala operazione del corpo, dissero che spesse fiate dalla veduta d'una bella e formosa faccia, e da uno toccamento di mano, e da una fragranzia d'uno soave odore, da uno audito d'una voce dilettevole le ree cogitazioni entrano nel cuore.

Di queste cose chi ne può insegnare, per Dio ne insegni, però che la scienzia di queste cose è molto utile e necessaria a quelli, che seguitano la vita attiva.

Ma a quelli operatori, i quali vivono in simplicità e dirittura di cuore, non è mestiere di queste cose fare parlamento niuno, però che ad ogni persona non è mestiere questa scienzia, ed ogni persona non a questa beata simplicità, la quale è una panziera contra gl'inganni de' maligni demonii; ed alla quistione mossa diciamo così, che alcune passioni cominciano dagli pensieri e pervengono al corpo, e sono alcune che si cominciano dalle sensora ed entrano nell'anima, e questo secondo ae più luogo in quelli che dimorano nel mondo, ma il primo ae più luogo in quelli che tengono vita monastica; e questo adiviene per la penuria e per lo partimento delle materie delle tentazioni.

Ma finalmente dico sopra queste cose, che non se ne può prendere una ferma regola, però che se cerchi appo li maligni demonii prudenzia nè intelletto nè ordine, non ce 'l truovi.

Quando noi combattendo molto contra 'l demonio della fornicazione, marito del loto, cioè della carne nostra, cruciandolo ed annullandolo colla pietra del digiuno e col coltello dell'umilitade, l'avremo cacciato fuori, allora questo miserabile demonio, ponendosi in alcuna parte del corpo come uno vermine per affliggerci, ci conduce in alcuni movimenti non lieti nè ragionevoli ed importuni e sconvenevoli per contaminazione e questa cosa massimamente sono usati di patire quelli, che danno udienza al demonio della superbia, li quali però che non pensano nel cuore loro spesse fiate le cogitazioni fornicarle, appressaronsi a quella passione ed a quella vanità; ed a provare che questo detto è sanza menzogna, quando questi ricevono alcuna quiete, disaminino e cerchino saviamente sè medesimi, ed al postutto nel profondo del cuore loro truoveranno una cogitazione come un vermine ovvero serpente, che giace nascosto nello sterco, la quale cogitazione gli mette a vedere, pensando principalmente l'opere loro, che essi per propia sollecitudine e prontezza s'abbiano acquistata la perfezione della cordiale castità, non intendendo li miseri quello che dice l'Apostolo: Che ài che non abbi ricevuto, ovvero da Dio, per grazia ovvero per aiutorio o per orazione altrui?

Intendano adunque, e con ogni sollicitudine questo serpente, mortificandolo colla molta umilità, discaccino del cuor loro, acciò che essendo dilungati da esso, si possano particolarmente spogliare le gonnelle delle pelli, cioè il vestimento d'ogni malizia, e per la vittoria possano cantare al Signore Iddio lo trionfale inno di castità, siccome fanno alcuna fiata li parvoli casti, se si truovano spogliati della malizia, ma non nudi della loro innocenzia e naturale umilità.

Questo demonio della fornicazione molto più che gli altri aspetta le vicende de' tempi, e quando non potemo orare corporalmente contro ad esso, allora massimamente si studia di impugnare questo immondo quelli, che non posseggono ancora verace orazione di cuore.

Conviensi adunque che abiamo sforzo d'orazione corporale, cioè di stendere le mani, di percuotere il petto e di risguardare il cielo, sospirare per conturbazione di cuore, fare le molte genue, le qua' cose alcuna fiata non potendole fare per la presenzia altrui, allora massimamente le demonia mettono in noi le battaglie; e non potendo ancora per fortezza di mente e divina infusione e virtù invisibile d'orazione resistere alli nostri nimici, quasi per necessità ci lasciamo vincere.

Cessati incontanente, se è possibile, incognitamente, nasconditi un poco, e se puoi, leva a Dio l'occhio della mente, e se non puoi, crocifiggi di fuori le mani immobilmente, acciò che per la figura della croce vinchi e confonda l'avversario; chiama a Dio che può salvare, non con parole ornate di sapienzia umana per dettato o per rima ma con parole di umilitade, cominciando così: Signore, misericordia, perciò ch'io sono infermo e non mi posso difendere; ed allora s'accenderà in te la virtù dell'Altissimo, ed invisibilmente per lo invisibile aiutorio perseguiterai gl'inimici invisibili.

Quegli che in questo modo è usato di combattere, avaccio e colla sola anima potrà perseguitare li nemici.

Questo secondo dono è dato da Dio alli combattitori per lo primo e giustamente; ed essendo io in uno monasterio, notai e puosimi a cura d'uno sollicito frate, il quale era molestato dalle maligne cogitazioni, il quale non trovando luogo atto, andò al luogo necessario, come intingendosi d'abbisognare di saddisfare alla necessità del venire, ed entrò a le latrine per orare, ed ivi per la fervente orazione combattei colli suoi impugnatori; e riprendendolo io della sconvenienzia ed inettezza del luogo, rispuose così: « Per la persecuzione delle immonde cogitazioni abbo orato in luogo immondo per essere della sozza cogitazione e sozzura mondato ».

Tutte le demonia combattono per ottenebrare la nostra mente intellettuale, e cosi poi sommettono le cose, le quali essi amano, però che se la mente non si chiude e accieca in prima, non le si potrà torre il tesauro; ma il demonio della fornicazione ottenebra più la mente che tutti gli altri.

Questi spesse fiate tanto ottenebra lo 'ntelletto, che l'anima dee guidare, che in presenzia degli uomini induce li miseri a far quelle cose, le quali soli quelli che ànno perduto il senno, le farebbono; onde svegliandosi poi la mente e ritornando a sobrietà, non solamente dinanzi a quelli, li quali ci videro, ma infra noi medesimi ci vergogniamo e ci confondiamo delli nostri disonesti atti e modi e parlamenti, ed isbigottendo della nostra prima cechità, dubitiamo di ricadere.

Alcuni spesse fiate per questa discrezione si cessaro dal male.

Cessati da quello inimico, il quale t'ae abbattuto, e da poi che t'à fatto fare il peccato, t' impedimentisce d'orare e di vegghiare e di laudare Iddio, ricordandoti del Signore, che dice nel Vangelio, che l'anima tirannizzata e violentata dalle sue male usanze, per le fatiche che si dà, per la molta molestia che dà ad esso Iddio, pregandolo sollicitamente, egli la vendicherà da tutti li suoi nemici demonii.

Chi è quegli che vince il corpo?

Qualunque ae il cuore contrito.

E chi è che abia il cuore contrito?

Quegli che perfettamente sè medesimo ae negato.

Come non è contrito quegli ch'è morto alla sua volontà?

È alcuno tanto vizioso, che essa confessione delle sue contaminazioni fa con viziosa delettazione e concupiscenza.

Le sozze ed immonde cogitazioni che si fanno nel cuore, alcuna fiata ànno principio dal demonio della fornicazione ingannatore del cuore, le qua' medica e sana l'umile astinenzia, e falle per niente reputare.

In che modo ed in che maniera io questo mio amico vizio carnale leghi e condanni, e domandi delle sue condizioni, come è fatto degli altri vizii, non so, però che innanzi ch'io il leghi, si scioglie, ed innanzi ch'io il condanni, mi rapacifico, ed innanzi ch'io il punisca gli mi rimetto sotto.

Come vincerò colui ch'io amo per natura?

Come sarò io libero da quegli, con cui in eterno sono colligato?

Come distruggerò colui, che insieme con meco a me resiste?

Come mi mostrerò incorruttibile, avendo ricevuta la natura corruttibile?

Qual cosa ragionevole dirò contra quegli, che possiede cose ragionevoli per natura?

Se io le legherò coll'astinenza, giudicando il prossimo, sono ancora renduto nelle sue mani, e

s'io le vincerò cessando di giudicare, levandomi in superbia di cuore, gli sono rimesso sotto, ed in questa cosa egli è mio impugnatore ed aiutatore ed avversario e ricevitore ed insidiatone;

s'egli è bene notricato e sovvenuto, combatte;

s'egli è domato ed afflitto, viene meno ed esce di sè;

s'egli è consolato, fa le cose fuor di modo;

s'egli è abbattuto ed affaticato nollo sostiene;

se 'l contristo, son pericolato;

se 'l batto e tormento con piaghe, non abbo per cui acquisti le virtù, però che s'acquistano coll'opere corporali.

Questo medesimo fuggo ed abbraccio.

Che cosa è questa, che è avversa a me?

Quale è la ragione della mia complessione?

Come son fatto amico e nimico di me medesimo?

« Dilmi tu, dilmi, o mio compagno, o mia natura, perciò ch'io non ó bisogno d'apparare d'altrui del fatto tuo, come da te possa permanere sanza fedita, come possa fuggire il pericolo naturale, però che per questo io promisi a Gesù Cristo di diventare tuo nemico.

Come potrò io vincere la tua tirannia, però ch'io elessi d'essere tuo sforzatore? »

Ed essa sensualità rispondendo alla sua anima, pare che dicesse così: « Io non ó chilo ti dica, che tu medesima nol conosca e sappi, se non quello che amendue insieme per naturale cognoscimento e per scienzia acquistata per esperienza tenemo.

Io in me medesima per padre abbo l'amore, ed abbo una madre generale che mi nutrisce nell'anima, e infiamma il corpo di fuori, e questa si è lo riposo e la quiete nelle delizie; ma le cagioni della fiamma di fuori e della commozione delle rie cogitazioni, queste nascono dalla quiete dinanzi presa e dalle male operazioni fatte.

Io quando sono conceputa, partorisco le inique ruine e li cadimenti, ed essi essendo generati per la disperazione, generano la morte eternale.

Ma dicoti questo ed insegnoti, che se tu conoscerai manifestamente la mia e la tua profonda infermità, ài legate le mie mani, e se tu tormenterai la gola, ài legati li miei piedi, che non vadino al corpo; ma se ti congiugni all'obedienzia, se' disgiunta e disciolta da me; se possederai umilità, à'mi mozzo il capo ».

Questo è il grado ed il salimento quintodecimo, ed è un palio di vittoria acquistato in carne, il quale quegli che lo riceve, è morto e resurresito, e da essa ora sente aguale premio della incorruttibilità dell'altra vita.

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