Relatio et vota

Le virtù cardinali

12. - Anche nell'esercizio di queste virtù il Servo di Dio ha lasciato un'impronta vivissima e le prove testificali abbondano al riguardo.

Soprattutto nell'esercizio della prudenza il Servo di Dio ha modo di manifestare tutta la ricchezza della sua interiorità dato che, come scrive il Patrono: « Nel corso della sua lunga vita il Servo di Dio non è stato un personaggio della vita nascosta e priva di iniziative, ma anzi ha costituito un vero e proprio polo d'attrazione nella realtà socio-didattica torinese, acquistandosi ulteriore e vasta fama per aver fondato un'opera di gran successo come l'Unione dei Catechisti.

Da tutto ciò discende che egli ha avuto occasioni per esercitarsi nella prudenza, essendo di continuo chiamato a darne prova in posizioni delicate e di responsabilità, ebbene era proprio in questi ruoli che egli dimostrava di possedete la prudenza in grado eroico, riflettendo sempre molto prima di agire e ricorrendo ai maturi consigli di persone sagge » ( Inform., p. 48 ).

Dichiara il Dott. Carlo Tessitore, teste 5°: « Notai nel Servo di Dio un ' habitus ' alla riflessione: egli non agiva mai, anche nelle cose di non grande importanza, se non dopo matura riflessione.

Si consigliava e soprattutto pregava per ottenere luce nelle difficoltà » ( Summ., p. 49, ad 38 ).

Il possesso e l'esercizio di una prudenza non comune è messa in risalto anche dal fatto che molti ricorrevano al Servo di Dio per avere consigli: « Il Servo di Dio era prudentissimo.

Molti ricorrevano a lui per consigli che seguivano con grande fiducia.

Era stimato per la sua prudenza e per i suoi consigli dai superiori, che lo invitavano ad esprimere il suo parere nelle adunanze di qualche importanza... » ( Summ., p. 18, ad 38 ).

In poche parole una prudenza « squisitamente cristiana e soprannaturale » ( Summ., p. 222, ad 38 ) che trova la sua giusta luce nel rapporto e nell'atteggiamento che il Servo di Dio teneva nei confronti degli scritti di Fra Leopoldo Musso, laico professo francescano ( 1850 - 1922 ) il cui processo ordinario fu aperto il 10 gennaio 1946.

In verità negli « aliqua annotamenta » del nostro precedente Voto avevamo richiesto una dilucidazione circa i rapporti intercorsi tra i due Servi di Dio, in merito alla impostazione della devozione a Gesù Crocifisso ( cfr. Votum, p. 24, ad 5 ) mentre il Rev.mo Relatore, partendo dalla considerazione che gli scritti di Fra Leopoldo Musso hanno bloccato la causa di beatificazione si chiedeva: « Come allora essi possono essere guida spirituale di un Istituto secolare? » ( Relatio, p. 28 ).

A queste difficoltà ci sembra che abbia risposto esaurientemente il Dott. Domenico Conti, Presidente Generale della « Unione », con una ricostruzione che finisce per esaltare maggiormente la prudenza del Servo di Dio.

Ne riportiamo interamente il passo che ci interessa: « Il Fratel Teodoreto considerò agli effetti della loro attendibilità, gli scritti dell'amico Fra Leopoldo con fede umana, mai mancando di sottoporre ogni scelta, ogni decisione che vi fosse in qualche modo connessa, alla volontà dei superiori.

Mi sembra importante subito rilevare che i messaggi trasmessi da Fra Leopoldo erano tutti indirizzati a sostenere quei propositi di bene che il Fratel Teodoreto delle Scuole Cristiane, veniva maturando nella preghiera a servizio della educazione cristiana e della ' perseveranza ' degli allievi delle Scuole lasalliane, in corrispondenza con i bisogni emergenti della comunità ecclesiale e della società.

Tra i due religiosi si venne realizzando una singolare ed esemplare amicizia, benedetta dall'obbedienza ai rispettivi superiori, fecondata dal desiderio di amare sempre più e di fare amare il Signore Gesù, nella fedeltà ai carismi delle comunità di appartenenza.

In ogni caso il Fratel Teodoreto mai si propose di prevenire il giudizio della Chiesa circa il carattere straordinario degli scritti e dei ' detti ' di Fra Leopoldo.

Ciò che lo condusse a riconoscere in Fra Leopoldo un consigliere autorevole erano gli effetti spirituali derivanti dagli incontri con il Francescano equivalenti 'a quelli di un corso di esercizi ben fatti - come lo stesso Fratel Teodoreto ebbe a scrivere - erano i ' caratteri di onestà 'del frate e il suo contegno tutto improntato ' a vera umiltà '.

A ciò il Fratello Teodoreto dovette aggiungere un ' insieme di circostanze provvidenziali ' che lo aiutarono non poco nello assolvimento delle responsabilità insite nella sua vocazione di Fratello.

Le circostanze che prima prepararono e poi accompagnarono l'amicizia tutta spirituale di Fratel Teodoreto e Fra Leopoldo furono interpretate e vissute da entrambi come occasioni provvidenziali per aiutarsi vicendevolmente nel servizio del Signore.

I due religiosi, tanto diversi per natura e formazione, s'incontrarono nella preghiera esprimendo una fecondità tra carismi diversi, ancora tutta da esplorare.

L'uno assorto a contemplare e a far contemplare ' l'Amabilissimo Signore Gesù Crocifisso ' adorato ' con Maria SS. e tutti gli Angeli e i Beati del Cielo ' nelle sue piaghe da cui sgorga la vita; l'altro, tutto dedito alla formazione integrale e all'educazione cristiana dei giovani tenendo ben fermi gli orientamenti programmatici del suo Fondatore» ( Summ. Docc., pp. 70-71 ).

13. - Per quanto concerne la virtù della giustizia, il Servo di Dio esercitò in grado non comune oltre che nei riguardi di Dio ( cfr. Inform., pp. 49-50 ), anche nei riguardi del prossimo, attraverso tutta una serie di atteggiamenti precisi ed inequivocabili.

Era attentissimo nel compiere a perfezione gli incarichi affidatigli, curava al massimo il rispetto dei diritti altrui, grato verso i benefattori, sempre pronto e sensibile nei doveri verso la sua Congregazione: « Anche nell'amministrazione il Servo di Dio era preciso e giusto.

Fino al 1925 egli tenne la cassa dell'Unione Catechisti; in seguito diede a me questa responsabilità.

All'atto della consegna potei constatare che tutto era avvenuto sempre con la massima regolarità e precisione.

Da allora quando riceveva delle offerte le trasmetteva a me: mi rendeva però conto delle spese che sopportava per l'Unione.

Potei anche constatare che tutti i debiti che dovette iniziare furono debitamente pagati.

Così pure Fratel Teodoreto non mancò mai ai doveri di giustizia verso la sua Congregazione per favorire indebitamente l'Unione » ( Sig. Giovanni Cesone, teste IV, Summ., §§ 113-114 ).

« Tutti lo chiamavano ' uomo giusto ', che dava a ciascuno il suo, colui che rifuggiva dai sotterfugi, veritiero e leale » ( Fratel Ernesto Moretti, teste IX, Summ., p. 86, ad 39 ).

Per quanto riguarda i doveri verso la sua Congregazione e verso i suoi superiori, Fratel Teodoreto ebbe sempre il massimo rispetto e la più profonda deferenza, non facendo nulla che fosse contrario ai loro comandi od ai loro desideri...

Il Servo di Dio era pure scrupoloso nella pratica della virtù della giustizia verso gli inferiori: usò sempre una grande dolcezza e, quando nel riprenderli per qualche loro difetto, temeva di aver ecceduto nella forma del rimprovero, non esitava a chiedere scusa all'interessato per quanto vi poteva essere di esagerato nella forma del rimprovero.

Non mi risulta che abbia omesso o tardato nel pagare i debiti.

Era inoltre amante della sincerità » ( Sig,. Francesco Fonti, teste XV, Summ., p. 158, ad 39 ).

14. - Con la pratica della virtù della fortezza i testi mettono in rilievo la costanza inalterabile del Servo di Dio, sia nella diuturna osservanza delle virtù cristiane, sia nel dominio che ebbe di sé, mantenendosi in ogni circostanza sereno e tranquillo, Suor Maria Eletta Sommariva, teste 2°, che ha ben conosciuto il Servo di Dio, avendo avuto con lui rapporti per lo spazio di 34 anni depone: « Nell'avvicinarlo l'impressione che lasciava era quella di un carattere forte.

La sua fortezza la potei constatare nel forte equilibrio del suo carattere, nella costanza delle sue virtù e specialmente nella sovrumana serenità dei suoi ultimi anni di vita ricchi di tanta sofferenza e di tante specie di sofferenze, in modo particolare dell'impedimento della lingua certo abbastanza umiliante e gravosa » ( Summ., p. 11, ad 41; cf. pp. 18, ad 39; 32, ad 41; 64, ad 41 ; ecc. ).

Altri testi mettono in evidenza la virtù della fortezza, che il Servo di Dio esercitò nel suo difficile apostolato: « La virtù della fortezza si dimostrò, in modo particolare, nella fondazione dell'Unione e della Casa di Carità.

Egli non manifestò mai segni di depressione o di sconforto, anche quando i confratelli gli mostravano scarsa comprensione o quando uscirono in giudizi sfavorevoli.

Senza risentimenti, egli continuò con fortezza e fiducia nella Divina Provvidenza » ( Dott. Pietro Fonti, teste XIV, Summ., p. 139, ad 39; et. pp. 159, ad 41; 179, ad 41; ecc. ).

15. - La temperanza cristiana è stata la virtù che regolava la vita del Servo di Dio e si può dire che essa sia stata in lui un abito connaturato, tanta era la facilità, la costanza e la serenità con la quale la coltivava: « Il Servo di Dio, oltre alle mortificazioni di obbligo, faceva mortificazioni volontarie.

Mangiava sempre il cibo comune, eccettuato quando gli fu prescritto un regime particolare, che prendeva cibi senza sale.

Egli non si lamentò mai» ( Fratel Anastasio Spalla, teste III, Summ., p. 18, ad 40 ).

« Fratel Teodoreto praticò sempre in grado sommo la virtù della temperanza.

Nel mangiare e nel bere prendeva ciò che c'era nella mensa comune, come io stesso ho potuto constatare.

So che durante la guerra si limitava anche nell'uso del pane per poterne dare a chi non ne aveva.

Mi consta che fuori pasto non accettasse mai nulla.

Era poi molto osservante della Regola circa le ore di riposo: spesso ci assisteva alla sera fino alle ore 23, ma al mattino alle ore 4,30 si alzava sempre puntualmente.

Oltre ai digiuni prescritti dalla Chiesa, il Servo di Dio ne praticava talvolta altri allo scopo di ottenere qualche particolare grazia » ( Sig. Stefano Massaia, teste XVI, Summ., p. 178, ad 40 ).

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