Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se l'essenza di Dio possa essere vista con gli occhi corporei

Infra, a. 4, ad 3; II-II, q. 175, a. 4; In 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 2; In Matth., c. 5

Pare che l'essenza di Dio possa essere vista con gli occhi corporei.

Infatti:

1. Si dice nella Scrittura [ Gb 19,26 ]: « Nella mia carne vedrò Dio »; e ancora [ Gb 42,5 ]: « Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono ».

2. S. Agostino scrive [ De civ. Dei 22,29 ]: « La potenza dei loro occhi », cioè dei glorificati, « sarà più potente non perché vedranno più acutamente degli stessi serpenti o delle aquile, come alcuni pensano ( per quanto acuta infatti sia la vista di questi animali, essi non possono vedere altro che corpi ), ma perché vedranno anche le realtà incorporee ».

Ora, chi può vedere le realtà incorporee può essere elevato alla visione di Dio.

Quindi l'occhio glorificato può vedere Dio.

3. Dio può essere visto dall'immaginazione dell'uomo: dice infatti Isaia [ Is 6,1 ]: « Vidi il Signore seduto su un trono ».

Ma questa visione che è dovuta all'immaginazione trae origine dal senso: infatti, come dice Aristotele [ De anima 3,3 ], la fantasia è « un movimento causato dal senso in atto ».

Quindi Dio può essere percepito con visione sensibile.

In contrario:

S. Agostino scrive [ Epist. 147,11.24 ]: « Nessuno ha mai visto Dio in questa vita così come egli è; e neppure nella vita angelica nessuno lo ha mai visto come con la visione corporale si vedono le realtà sensibili ».

Dimostrazione:

È impossibile che si possa percepire Dio con il senso della vista, o con qualche altro senso o potenza della parte sensitiva.

Infatti ogni facoltà di questo genere è l'atto di un organo corporeo, come si dirà in seguito [ a. seg.; q. 78, a. 1 ].

Ma l'atto è proporzionato al soggetto che deve attuare.

Quindi nessuna potenza di questo genere può sorpassare la sfera delle realtà corporee.

Ora, Dio è incorporeo, come si è già dimostrato [ q. 3, a. 1 ].

Quindi non può essere visto né dal senso né dall'immaginazione, ma solo dall'intelletto.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando [ Giobbe ] dice: « Nella mia carne vedrò Dio, mio Salvatore », non si deve intendere che lo vedrà con il suo occhio di carne, ma che rivivendo nella sua carne, dopo la risurrezione, egli vedrà Dio.

- E similmente quando afferma: « I miei occhi ti vedono », intende parlare degli occhi della mente; come quando l'Apostolo [ Ef 1,17s ] dice: « Vi dia uno spirito di sapienza per una più profonda conoscenza di lui, e illumini gli occhi della vostra mente ».

2. S. Agostino qui parla come uno che indaga e fa delle ipotesi.

Il che appare chiaramente da ciò che dice prima: « Saranno pertanto di ben altra potenza [ gli occhi glorificati ], se con essi si vedrà quella [ divina ] natura incorporea ».

E subito dopo [ fine cap. ] espone il suo pensiero dicendo: « È assai credibile che noi allora vedremo i corpi del nuovo cielo e della nuova terra in modo da percepire chiarissimamente Dio dovunque presente e governante tutte le cose, anche quelle corporee; non già come al presente si arriva a percepire, mediante l'intelligenza delle realtà create, le realtà invisibili di Dio, ma come, appena li guardiamo, vediamo e non solo crediamo che sono vivi e che esercitano funzioni vitali gli uomini tra cui viviamo ».

Da cui appare chiaro che egli intende dire che gli occhi glorificati vedranno Dio al modo stesso in cui ora i nostri occhi vedono la vita di un uomo.

Ora, la vita non è percepita con l'occhio corporeo come un oggetto visibile per se stesso, ma come un dato sensibile di riflesso, il quale non è conosciuto dal senso, ma da un'altra facoltà conoscitiva nell'istante stesso in cui avviene la sensazione.

Che poi, non appena si vedono oggetti corporei, subito da essi si conosca mediante l'intelletto la divina presenza dipende da due motivi, cioè dalla perspicacia dell'intelletto e dal riverbero della divina chiarezza nei corpi rinnovati.

3. Nella visione immaginaria non si vede l'essenza di Dio, ma si forma nell'immaginazione una certa immagine rappresentativa di Dio secondo qualche modo figurato, come nelle sante Scritture sono rappresentate metaforicamente le realtà divine attraverso le realtà sensibili.

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