Summa Teologica - I

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Articolo 1 - Se si debbano distinguere cinque generi di potenze dell'anima

Supra, q. 18, a. 3; De Verit., q. 10, a. 1, ad 2; De anima, a. 13; In 1 De anima, lect.; 2, lect. 3, 5

Pare che non si debbano distinguere nell'anima cinque generi di potenze, e cioè la potenza vegetativa, sensitiva, appetitiva, locomotiva e intellettiva.

Infatti:

1. Le potenze dell'anima vengono dette sue parti.

Ma vengono assegnate comunemente da tutti tre parti dell'anima, che sono: l'anima vegetativa, la sensitiva e la razionale.

Sono dunque soltanto tre, non cinque, i generi delle potenze nell'anima.

2. Le potenze dell'anima sono i princìpi delle operazioni vitali.

Ma la vita si presenta soltanto sotto quattro forme.

Scrive infatti il Filosofo [ De anima 2,2 ]: « Pur ammettendo che molte sono le forme della vita, diciamo che un essere vive anche se possiede una sola di queste forme: l'intelligenza, il senso, il moto locale e la quiete, il moto di nutrizione con il deperimento e la crescita ».

Quindi sono soltanto quattro i generi delle potenze dell'anima, restando escluse le potenze appetitive.

3. Non è giusto stabilire nell'anima un genere a parte per ciò che è comune a tutte le potenze.

Ma l'appetizione è comune a tutte le potenze.

Infatti la vista appetisce l'oggetto visibile corrispettivo, come sta scritto [ Sir 40,22 ]: « L'occhio desidera grazia e bellezza, ma più ancora di esse il verde dei campi ».

E per la medesima ragione ogni altra potenza desidera il proprio oggetto.

Non si deve pertanto annoverare l'appetito tra i generi particolari delle potenze dell'anima.

4. Per Aristotele [ De anima 3,10 ] negli animali il principio del moto può essere il senso, o l'intelletto, o l'appetito.

Non è quindi necessario aggiungere alle suddette potenze dell'anima il principio del moto [ locale ] come un genere a parte.

In contrario:

Scrive il Filosofo [ De anima 2,3 ]: « Le facoltà che abbiamo indicato sono la vegetativa, la sensitiva, l'appetitiva, la facoltà di locomozione e quella intellettiva ».

Dimostrazione:

Cinque sono nell'anima i generi delle potenze, e sono quelli che abbiamo enumerato.

Si parla invece di tre anime e di quattro forme di vita.

E la ragione di questa diversità sta nel fatto che le anime si distinguono secondo il diverso modo col quale le operazioni vitali sorpassano le operazioni delle realtà corporee: i corpi infatti sono inferiori all'anima e servono ad essa come materia o come strumento.

Vi è dunque un'operazione dell'anima che trascende talmente la realtà corporea da non aver nemmeno bisogno di un organo materiale per esplicarsi.

E questa è l'operazione dell'anima razionale.

- Vi è poi un'altra operazione dell'anima, inferiore alla precedente, che si esplica mediante un organo materiale, non però mediante una qualità corporea.

E tale è l'operazione dell'anima sensitiva.

Sebbene infatti perché il senso possa operare si richiedano il caldo e il freddo, l'umido e il secco e altre simili qualità dei corpi, tuttavia queste non sono richieste affinché l'operazione dell'anima sensitiva abbia a svolgersi per mezzo delle virtù di tali qualità, ma solo per la debita disposizione dell'organo.

- La più bassa infine tra le operazioni dell'anima è quella che si svolge mediante un organo corporeo e in virtù di certe qualità fisiche.

Anch'essa però sorpassa l'operazione della realtà materiale, in quanto ché i movimenti dei corpi sono originati da un principio estrinseco, mentre le operazioni in parola provengono da un principio intrinseco: aspetto comune questo a tutte le operazioni dell'anima, dato che ogni essere animato in qualche modo muove se stesso.

E così si presenta l'operazione dell'anima vegetativa: infatti la digestione e le operazioni che ne derivano si svolgono, strumentalmente, mediante l'azione del calore, come dice Aristotele [ De anima 2,4 ] Invece i generi delle potenze dell'anima si distinguono secondo gli oggetti.

Quanto più infatti una potenza è elevata, tanto più universale ne è l'oggetto, come si è visto sopra [ q. 77, a. 3, ad 4 ].

Ora, l'oggetto dell'attività dell'anima possiamo considerarlo in un triplice ordine.

Vi è infatti una potenza dell'anima il cui oggetto non è che il corpo stesso unito all'anima.

E le potenze di questo genere sono dette facoltà vegetative: infatti le potenze vegetative non agiscono se non sul corpo a cui è unita l'anima.

Vi è poi un altro genere di facoltà, che abbraccia un oggetto più universale, cioè ogni corpo sensibile, e non solo il corpo unito all'anima.

Vi è infine un terzo genere di potenze dell'anima, che abbraccia un oggetto ancora più universale, cioè non il solo corpo sensibile, ma l'ente universalmente preso.

È perciò evidente che questi due ultimi generi di potenze hanno un operazione che non riguarda soltanto ciò che è unito all'anima, ma anche il mondo esterno.

Ora, essendo necessario che ciò che opera venga a unirsi in qualche modo all'oggetto della sua operazione, bisogna che la cosa estrinseca, oggetto dell'operazione dell'anima, abbia rapporto con l'anima sotto due aspetti.

Primo, in quanto ha l'attitudine a unirsi all'anima e a trovarsi in essa mediante una sua immagine.

E abbiamo così due generi di potenze: quelle sensitive, che si portano verso un oggetto meno universale, quale è il corpo sensibile, e quelle intellettive, che abbracciano un oggetto vastissimo, quale è l'ente nella sua universalità.

- Secondo, in quanto l'anima stessa è inclinata e tende verso la realtà esterna.

E anche sotto questo rispetto abbiamo due generi di potenze nell'anima: nel primo si trovano le facoltà appetitive, secondo le quali l'anima si volge all'oggetto esteriore come a un fine, che è il primo nell'ordine dell'intenzione; nel secondo le facoltà di locomozione, che servono all'anima per portarsi verso la cosa esteriore come verso il termine della sua operazione e del suo moto: infatti ogni animale si muove per raggiungere un oggetto desiderato e perseguito.

Le forme di vita invece si distinguono secondo i vari gradi dei viventi.

Vi sono infatti dei viventi, come le piante, che hanno la sola vegetalità.

Altri, p. es. le ostriche, hanno la sensibilità unita alla vegetalità, sebbene manchino di moto locale.

- Altri poi hanno anche la facoltà di muoversi localmente, p. es. gli animali perfetti, i quali, abbisognando di molti mezzi per vivere, hanno bisogno del moto per provvedersi le cose distanti necessarie alla vita.

Vi sono infine dei viventi, cioè gli uomini, nei quali a tutti questi gradi si aggiunge l'intelligenza.

- Invece l'essere dotato di appetizione non costituisce un grado speciale nei viventi, poiché si ha l'appetito ovunque esiste la sensibilità, come dice Aristotele [ De anima 2,3 ].

Analisi delle obiezioni:

1, 2. Due obiezioni sono così risolte.

3. L'appetito naturale non è che l'inclinazione congenita di ogni essere verso qualcosa: e in questo senso ogni potenza, per impulso di natura, desidera il proprio oggetto.

- Invece l'appetito animale dipende da una percezione.

E per tale appetito non basta la sola conoscenza dell'oggetto, ma si esige una speciale potenza dell'anima.

Infatti l'oggetto è desiderato quale è realmente nella sua natura, mentre nella facoltà conoscitiva esso non si trova con la sua realtà naturale, ma solo mediante un'immagine.

È quindi chiaro che la vista, p. es., appetisce naturalmente l'oggetto visibile soltanto in ordine al suo atto, cioè per vedere; l'animale invece appetisce con le sue facoltà appetitive la cosa veduta non solo per vederla, ma anche per altri usi.

Se al contrario l'anima abbisognasse delle cose percepite dai sensi solo per l'attività dei sensi stessi, cioè per sentirle, non ci sarebbe motivo di considerare la potenza appetitiva come un genere a parte delle potenze dell'anima, perché allora basterebbe l'appetito naturale delle potenze stesse.

4. Sebbene negli animali perfetti il senso e l'appetito siano princìpi motori, tuttavia il senso e l'appetito in quanto tali non bastano a dare il movimento senza servirsi di un'altra facoltà: infatti negli animali immobili vi è il senso e l'appetito, eppure manca la facoltà di locomozione.

Ora, questa facoltà ha sede non solo nell'appetito e nel senso, che comandano il moto, ma anche nelle varie membra del corpo, per renderle disposte a obbedire all'appetito dell'anima, quando questa vuole il movimento.

E ne abbiamo un segno nel fatto che, quando le membra perdono la loro disposizione naturale, non obbediscono più all'appetito in ordine al moto.

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