Summa Teologica - I

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Articolo 5 - Se i nomi essenziali presi in astratto possano designare le persone

In 1 Sent., d. 5, q. 1, aa. 1, 2; De unione, a. 1, ad 12: C. err. Graec., c. 4; Expos. II Decr.

Pare che i nomi essenziali presi in astratto possano designare le persone, in modo da giustificare questa proposizione: l'essenza genera l'essenza.

Infatti:

1. S. Agostino [ De Trin. 7,2.3 ] dice: « Il Padre e il Figlio sono un'unica sapienza, poiché sono un'unica essenza; e considerati come distinti sono sapienza da sapienza, allo stesso modo in cui sono essenza da essenza ».

2. All'atto della nostra generazione o del nostro disfacimento si genera o si distrugge quanto è in noi.

Ma il Figlio è generato.

Essendoci quindi in lui l'essenza divina, pare che anch'essa venga generata.

3. Dio e la sua essenza, come si è detto [ q. 3, a. 3 ], sono la stessa cosa.

Ma si è anche spiegato [ a. prec. ] che la proposizione Dio genera Dio, è vera.

Quindi è vera anche quest'altra: l'essenza genera l'essenza.

4. Qualsiasi predicato può servire a designare il soggetto a cui viene attribuito.

Ma il Padre è l'essenza divina.

Quindi l'essenza può designare la persona del Padre.

Quindi l'essenza [ divina ] genera.

5. L'essenza è qualcosa che genera: poiché essa si identifica col Padre, il quale genera.

Se dunque l'essenza divina non generasse, essa sarebbe qualcosa che nello stesso tempo genera e non genera: ma questo è inconcepibile.

6. Dice S. Agostino [ De Trin. 4,20.27 ] che « il Padre è il principio di tutta la divinità ».

Ma non è principio se non in quanto genera e spira.

Quindi il Padre genera e spira la divinità.

In contrario:

Come fa osservare S. Agostino [ De Trin. 1,1 ], « nessuna cosa genera se stessa ».

Se dunque l'essenza generasse l'essenza, genererebbe se stessa: poiché in Dio non vi è nulla che si possa distinguere dall'essenza divina.

Quindi l'essenza non genera l'essenza.

Dimostrazione:

Intorno a questo argomento cadde in errore l'abate Gioacchino [ da Fiore ] il quale, considerando che a motivo della sua semplicità Dio non è altro che l'essenza divina, sosteneva l'ortodossia di questa espressione: l'essenza genera l'essenza, messa alla pari di quest'altra: Dio genera Dio.

- Ma in ciò egli si ingannava: poiché, come si è già fatto notare [ a. prec. ], affinché un'espressione corrisponda a verità non si deve guardare solo al significato, ma anche al modo di significare.

Ora, sebbene Dio e divinità realmente indichino la stessa cosa, non è però uguale il loro modo di esprimerla.

Infatti il termine Dio indica l'essenza divina come esistente in un soggetto, e proprio per questo suo modo di esprimerla può normalmente designare la persona: quindi al termine Dio si può unire come predicato quanto è proprietà delle persone, e dire: Dio è generato, o Dio genera, come si è già spiegato [ a. prec. ].

Invece la voce essenza, per il suo modo di esprimere, non può designare la persona: poiché serve a indicare la divinità come forma astratta.

Quindi quanto è proprio delle persone e serve a distinguerle tra di loro non può essere attribuito all'essenza: poiché ricadrebbe sull'essenza la distinzione che c'è fra le persone.

Analisi delle obiezioni:

1. Per esprimere più fortemente l'unità dell'essenza e delle persone talvolta i santi Dottori accentuarono le espressioni più di quanto lo avrebbe permesso la proprietà del linguaggio [ teologico ].

Quindi queste non devono essere generalizzate, ma debitamente spiegate, riducendo cioè gli astratti ai nomi concreti rispettivi, o anche ai nomi personali: quindi le espressioni essenza da essenza, oppure sapienza da sapienza vanno intese in questo senso: il Figlio, che è la stessa essenza e sapienza, è dal Padre, che è la stessa essenza e sapienza.

- Tuttavia fra i nomi astratti si deve tener presente una certa gradazione: infatti quelli che descrivono gli atti [ nozionali ] sono più prossimi alle persone, poiché gli atti si riferiscono direttamente ai suppositi.

Quindi sono meno improprie le espressioni natura da natura, o sapienza da sapienza che non essenza da essenza.

2. Nelle creature il generato riceve una natura che è numericamente distinta da quella del generante, la quale perciò in lui comincia a esistere come cosa del tutto nuova all'atto della generazione, e cesserà di esistere con la distruzione: per cui viene generata e distrutta indirettamente.

Il Dio generato invece riceve numericamente quella stessa natura che ha il generante.

Quindi la natura divina nel Figlio non viene generata, né direttamente né indirettamente.

3. Sebbene Dio e l'essenza divina siano la stessa e identica realtà tuttavia, dato il loro diverso modo di significarla, si deve parlare diversamente dell'uno e dell'altra.

4. A causa della semplicità divina l'essenza si predica del Padre e con lui si identifica.

Ma da ciò non segue che essa possa designare il Padre, essendo diverso il modo di significare.

L'argomento varrebbe invece per quei termini che vengono predicati l'uno dell'altro, come un universale del particolare.

5. Tra i sostantivi e gli aggettivi c'è questa differenza: che i primi portano con sé il proprio soggetto, non così invece gli aggettivi, i quali si limitano ad applicare il loro significato al sostantivo.

Quindi la logica insegna che « i sostantivi designano il supposito, gli aggettivi invece non indicano un soggetto, ma vengono ad esso applicati ».

Per questo i sostantivi personali si possono predicare dell'essenza, data la loro identità reale con essa; e non segue che le proprietà personali facciano ricadere sull'essenza le loro distinzioni, ma si applicano semplicemente al soggetto indicato dal sostantivo.

Gli aggettivi nozionali e personali invece non si possono predicare dell'essenza senza l'aggiunta di un sostantivo.

Quindi non possiamo dire: l'essenza è generante.

Possiamo dire tutt'al più che l'essenza è una realtà generante, o che è Dio generante, se realtà e Dio stanno a designare la persona e non l'essenza.

Quindi non c'è alcuna contraddizione nel dire simultaneamente: l'essenza è qualcosa che genera ed è qualcosa che non genera, poiché nella prima proposizione qualcosa designa la persona, nell'altra invece l'essenza.

6. La divinità, in quanto unica per più persone, ha una certa somiglianza con la forma di un nome collettivo.

Quindi nell'espressione: il Padre è il principio di tutta la divinità, quest'ultima voce può essere presa per l'insieme delle tre Persone: in quanto cioè fra tutte le Persone divine egli è il principio.

E con ciò non è necessario ammettere che sia anche il principio di se stesso: come quando si dice che un cittadino è il capo di tutto il popolo non si vuol dire che lo sia di se stesso.

- Oppure [ il Padre ] può dirsi principio di tutta la divinità non perché generi o spiri la divinità, ma perché generando e spirando la comunica.

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