Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se i nomi essenziali concreti possano designare le persone

In 1 Sent., d. 4, q. 1, a. 2; d. 5, q. 1, a. 2

Pare che i nomi essenziali concreti non possano designare le persone, così da giustificare questa proposizione: Dio generò Dio.

Infatti:

1. Come la logica insegna, per i sostantivi singolari è identico ciò che significano e ciò che designano.

Ora, Dio è un nome singolare poiché, come si è detto [ a. prec. ], non può essere usato al plurale.

E siccome significa l'essenza, pare che designi l'essenza e non la persona.

2. Il predicato non restringe il soggetto mediante il proprio significato, ma solo mediante la propria forma verbale.

Ora, nell'espressione Dio crea, Dio sta per l'essenza [ divina ].

Quindi anche nell'espressione Dio ha generato il termine Dio non può, a motivo del predicato nozionale [ ha generato ], designare la persona.

3. Se la proposizione Dio genera è vera perché il Padre genera, per l'identico motivo è vera anche quest'altra: Dio non genera, perché il Figlio non genera.

E allora ci sarebbero due dèi, il Dio che genera e quello che non genera.

4. Se è vero che Dio genera Dio, o genera il Dio che è lui stesso o genera un altro Dio.

Ma non genera se stesso: poiché, come dice S. Agostino [ De Trin. 1,1 ], « nessuna cosa genera se stessa ».

E neppure genera un altro Dio: perché non c'è che un Dio solo.

Quindi è falso dire che Dio genera Dio.

5. Se [ è vero che ] Dio genera Dio, genera o quel Dio che è Dio Padre, o un Dio che non è Dio Padre.

Se genera quel Dio che è Dio Padre, allora Dio Padre è generato.

Se genera un Dio che non è Dio Padre, allora vi sarà un Dio che non è Dio Padre, il che è falso.

Quindi non si può dire: Dio genera Dio.

In contrario:

Nel Simbolo Niceno si afferma: « Dio da Dio ».

Dimostrazione:

Alcuni ritengono che le voci Dio, e altre simili, di per sé stanno a designare l'essenza; se però ricevono l'aggiunta di una nozione possono anche designare le persone.

E pare che questa opinione sia nata dall'aver considerato soltanto la semplicità divina, la quale richiede che in Dio sia la stessa cosa il soggetto che possiede e ciò che esso possiede: tanto è vero che il soggetto che possiede la divinità, indicato dal nome Dio, è la stessa cosa che la divinità.

Ma per cogliere la proprietà delle espressioni bisogna considerare non solo ciò che esse significano, ma anche il loro modo di significarlo.

Ora, il termine Dio significa l'essenza divina come posseduta da un soggetto, allo stesso modo in cui uomo significa l'umanità posta in un soggetto: quindi altri, più giustamente, dissero che il termine Dio, appunto per il modo concreto di significare, serve propriamente a designare la persona, come anche il termine uomo.

Concludendo: il nome Dio alcune volte sta per l'essenza, come nell'espressione Dio crea: perché allora il soggetto può ricevere tale predicato in forza del proprio significato specifico, che è la divinità.

Altre volte invece designa le persone: o una sola, p. es. nell'espressione Dio genera; o due, come quando si dice che Dio spira; o tutte e tre, come in quel passo della Scrittura [ 1 Tm 1,17 ]: « Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio [ onore e gloria ] ».

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene il termine Dio significhi come tutti i singolari un'unica forma non moltiplicata, tuttavia assomiglia ai nomi comuni in quanto la forma da esso significata si trova in più soggetti.

Quindi non è necessario che stia sempre a designare l'essenza.

2. La obiezioni ha valore soltanto contro chi ritiene che il nome Dio non possa di per sé indicare la persona.

3. Nel designare la persona i due termini Dio e uomo si comportano in modo diverso.

Infatti [ la forma o ] il concetto di umanità espresso dal termine uomo è realmente multiplo nei suoi diversi suppositi, per cui il termine [ uomo ] di per sé designa la persona anche senza altre determinazioni che servano a designare il suo supposito distinto.

Però l'unità o comunità della natura umana non esiste nella realtà delle cose, ma solo nel pensiero: per cui il termine uomo non designa la natura umana in generale a meno che ciò non risulti da qualche aggiunta, come nell'espressione: l'uomo è una specie.

- Invece la divinità, che è la forma significata dal termine Dio, è insieme unica e comune nella realtà.

Quindi questo termine di per sé designa esclusivamente la natura in generale, ma il contesto può far sì che esso stia a indicare le persone.

Quindi nell'espressione Dio genera, in forza dell'atto nozionale [ generare ] il termine Dio sta per la persona del Padre.

Invece nell'espressione Dio non genera nulla si aggiunge che determini il nome della persona del Figlio: quindi la frase può essere intesa nel senso che la generazione ripugna alla natura divina.

Se però si aggiunge qualcosa che sia proprio della persona del Figlio, allora l'affermazione può essere vera: p. es. in questa frase: il Dio generato non genera.

Conseguentemente non si può neppure dire che c'è un Dio che genera e un Dio che non genera, a meno che non si aggiunga qualcosa che sia proprio delle due persone: come se, p. es., si dicesse: il Padre è il Dio che genera e il Figlio è il Dio che non genera.

E così non segue che vi siano più dèi: poiché, come si è detto [ a. prec. ], il Padre e il Figlio sono un solo Dio.

4. La proposizione il Padre genera se [ stesso ] è falsa, poiché il pronome sé, come riflessivo, fa ricadere l'azione sul soggetto medesimo.

Né può valere contro di ciò quel passo di S. Agostino [ Ep. 170 ad Maxim. ]: « Dio Padre genera un altro se stesso [ alterum se ] ».

Infatti quel se o è un ablativo, e allora significa: genera un altro [ distinto ] da sé, oppure esprime un semplice riferimento, e allora sta a indicare l'identità di natura [ tra Padre e Figlio ]: per cui è una locuzione impropria ed enfatica per dire che genera un altro somigliantissimo a sé.

- E anche quest'altra proposizione è falsa: genera un altro Dio.

Poiché sebbene il Figlio sia un altro rispetto al Padre, come si è già spiegato [ q. 31, a. 2 ], non si può tuttavia dire che sia un altro Dio: perché si lascerebbe intendere che l'aggettivo altro va riferito al sostantivo Dio: e allora si indicherebbe una diversità nella natura divina.

- Alcuni però ammettono la proposizione genera un altro Dio, ma danno ad altro valore di sostantivo, mentre di Dio fanno una semplice apposizione.

Però questo è un modo di parlare improprio e va evitato, potendo essere occasione di errore.

5. La frase Dio genera un Dio che è Dio Padre è falsa: poiché Padre, formando un'apposizione col termine Dio, limita questo nome a designare la persona del Padre: in modo che si ha questo senso: genera un Dio che è lo stesso Padre: cosicché il Padre sarebbe generato, il che è falso.

Quindi è vero il contrario: che cioè Dio genera un Dio che non è Dio Padre.

- Tuttavia se Padre fosse preso non come apposizione, ma come predicato di un'altra proposizione sottintesa, in modo da avere questo senso: genera un Dio che è quel Dio che è il Padre, allora l'affermativa sarebbe vera e la negativa falsa.

Ma questa è un'interpretazione un po' forzata.

Quindi è meglio rigettare senz'altro l'affermativa, e ammettere come vera la negativa.

Il Prevostino però sosteneva che tanto l'affermativa quanto la negativa sono false.

Poiché il pronome relativo che nell'affermativa può riferirsi semplicemente al supposito, ma nella negativa si riferisce anche alla natura, oltre che al supposito.

Quindi il senso dell'affermativa sarebbe che alla persona del Figlio conviene di essere il Padre.

E il senso della negativa che l'identità con Dio Padre va negata non soltanto alla persona del Figlio, ma anche alla sua divinità.

- Ciò però appare irragionevole: poiché, come dice il Filosofo [ Periherm. 6 ], la stessa cosa può essere oggetto di affermazione e di negazione.

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