Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se facendo astrazione dalle relazioni le persone possano ancora essere concepite come ipostasi

In 1 Sent., d. 26, q. 1, a. 2; De Pot., q. 8, a. 4; Comp. Theol., c. 61

Pare che facendo astrazione dalle relazioni le persone possano ancora essere concepite come ipostasi.

Infatti:

1. L'idea inclusa in un'altra idea che le aggiunge [ una differenza specifica ] può essere concepita anche eliminando questa aggiunta: come uomo aggiunge una differenza ad animale, e si può concepire l'animale anche se si elimina l'aggiunta razionale.

Ora, la persona è un'aggiunta fatta al concetto di ipostasi: essa infatti è « un'ipostasi distinta da una proprietà che esprime dignità ».

Togliendo quindi dalla persona questa proprietà personale, resta ancora l'ipostasi.

2. Ciò che dà al Padre di essere Padre è diverso da ciò che gli dà di essere qualcuno.

Infatti egli è Padre in forza della paternità: se dunque questa gli desse anche di essere qualcuno, il Figlio che non ha la paternità non sarebbe qualcuno.

Tolta quindi mentalmente dal Padre la paternità, egli rimane ancora qualcuno: cioè rimane l'ipostasi.

Quindi, pur eliminando le proprietà dalle persone, rimangono tuttavia le ipostasi.

3. S. Agostino [ De Trin. 5,6.7 ] insegna: « Dire ingenito non è lo stesso che dire Padre: perché anche se egli non avesse generato il Figlio, nulla vieterebbe di dirlo ancora ingenito ».

Ma se non avesse generato il Figlio non avrebbe la paternità.

Quindi, anche se togliamo questa, rimane tuttavia l'ipostasi del Padre come non generata.

In contrario:

S. Ilario [ De Trin. 4,10 ] afferma: « Il Figlio non ha in proprio altra cosa che l'essere nato ».

Ma egli è Figlio in forza della nascita.

Tolta quindi la filiazione, non rimane l'ipostasi del Figlio.

E lo stesso si dica delle altre persone.

Dimostrazione:

Esiste una duplice astrazione [ o separazione ] mentale.

Una è quella con cui si astrae l'universale dal particolare, p. es. animale da uomo.

L'altra invece è quella con cui si astrae la forma dalla materia: come p. es. si astrae la figura del cerchio dalla materia sensibile.

Tra queste due astrazioni c'è però questa differenza, che nella prima, in cui si astrae l'universale dal particolare, non rimane [ nella mente ] ciò da cui fu astratto l'universale: tolta infatti dall'uomo la razionalità non resta più nella mente il concetto di uomo, ma soltanto quello di animale.

Invece nell'astrazione [ formale ], che separa la forma dalla materia, l'una e l'altra rimangono [ separatamente ] nell'intelletto: astraendo infatti la forma del cerchio dal bronzo, restano nel nostro intelletto separatamente il concetto di cerchio e quello di bronzo.

Ora, in Dio non c'è realmente né l'universale né il particolare, né la forma né il soggetto; tuttavia, se si bada al nostro modo di esprimere la realtà divina, vi si trova qualcosa di simile: e in questo senso il Damasceno [ De fide orth. 3,6 ] afferma che « la sostanza è universale, l'ipostasi invece particolare ».

Se dunque parliamo dell'astrazione [ totale ], con cui si astrae l'universale dal particolare, tolte le proprietà [ o relazioni ] resta l'essenza comune [ alle tre persone divine ], non però l'ipostasi del Padre, che figura come particolare.

Se invece parliamo dell'astrazione [ formale ], che astrae la forma dalla materia, allora togliendo le proprietà non personali rimane il concetto delle ipostasi e delle persone: togliendo p. es. dal Padre l'idea di non generato e di spiratore, rimane il concetto di ipostasi o di persona del Padre.

Se però eliminiamo mentalmente le proprietà personali non si salva il concetto di ipostasi.

Infatti le proprietà personali non sono da concepirsi come qualcosa di sopraggiunto alle ipostasi, alla maniera di una forma che si aggiunge a un soggetto preesistente, ma implicano esse stesse il proprio soggetto [ o ipostasi ], in quanto sono tutt'uno con le persone sussistenti: come la paternità è lo stesso Padre.

Le ipostasi infatti stanno a indicare qualcosa di distinto in Dio, poiché l'ipostasi è una sostanza individuale.

Ora, siccome proprio la relazione costituisce e distingue le ipostasi, come si è detto [ a. prec. ], ne segue che tolte mentalmente le proprietà personali non rimangono più le ipostasi.

Però, come si è visto [ a. prec. ], alcuni pensano che le ipotesi in Dio non vengano distinte dalle relazioni, ma solo dalle origini: così il Padre sarebbe un'ipostasi per il fatto che non è da altri, e il Figlio perché è da altri per generazione.

Le relazioni poi, che verrebbero ad aggiungersi come proprietà apportatrici di dignità, costituirebbero la ragione di persona, e appunto per questo sarebbero chiamate personalità.

Tolte quindi mentalmente queste relazioni resterebbero le ipostasi, ma non le persone.

Ma ciò non può essere, per due motivi.

Primo perché, come si è spiegato [ a. prec. ], sono le relazioni che distinguono e costituiscono le ipostasi.

- Secondo, perché ogni ipostasi di natura razionale è persona, come si vede dalla definizione che Boezio [ De duab. nat. 3 ] dà della persona: « una sostanza individuale di natura razionale ».

Perché quindi si possa dare un'ipostasi che non sia persona bisognerebbe togliere la razionalità dalla natura, non già la proprietà dalla persona.

Analisi delle obiezioni:

1. La persona non aggiunge all'ipostasi una proprietà che distingue assolutamente, ma che « distingue esprimendo dignità »: poiché tutta l'espressione non indica che un'unica differenza.

Ora, la proprietà che distingue riveste dignità in quanto sta a designare un sussistente di natura razionale.

Togliendo quindi dalla persona la proprietà atta a distinguere non rimane neppure l'ipostasi; questa invece rimane se si toglie la razionalità dalla natura.

Infatti tanto la persona quanto l'ipostasi sono la sostanza individuale: per cui in Dio la relazione distintiva rientra nel concetto dell'una e dell'altra.

2. Il Padre in forza della paternità non solo è Padre, ma è anche persona ed è qualcuno, ossia ipostasi.

Non ne segue tuttavia che il Figlio non sia qualcuno, ossia un'ipostasi, come non segue che non sia una persona.

3. S. Agostino non intende dire che tolta la paternità rimanga l'ipostasi del Padre come non generata, quasi che l'innascibilità costituisca e distingua l'ipostasi del Padre: infatti ciò non può essere poiché, come egli stesso fa osservare [ De Trin. 5,6.7 ], ingenito non afferma nulla, ma nega soltanto.

La sua è invece un'espressione generica, poiché non ogni ingenito è necessariamente Padre.

Eliminata dunque la paternità non rimane in Dio l'ipostasi del Padre come distinta dalle altre persone, ma solo come distinta dalle creature nel senso inteso dai Giudei.

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