Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se siano bene enumerate le specie del timore

Supra, q. 27, a. 4, ad 3; infra, q. 62, a. 4, ad 3; II-II, q. 17, a. 8; De Virt., q. 4, a. 3

Pare che il Damasceno [ De fide orth. 2,15 ] non abbia enumerato convenientemente sei specie di timore, e cioè: « la pigrizia, il pudore, la vergogna, la meraviglia, lo stupore, l'agonia ».

Infatti:

1. Il Filosofo [ Reth. 2,5 ] scrive che « il timore ha per oggetto un male che rattrista ».

Quindi le specie del timore devono corrispondere a quelle della tristezza.

Ora le specie della tristezza, come si è visto [ q. 35, a. 8 ], sono quattro.

Quindi devono essere quattro soltanto le specie corrispondenti del timore.

2. Ciò che si riduce al nostro atto è in nostro potere.

Invece il timore ha per oggetto il male che supera il nostro potere, come si è detto [ a. 2 ].

Quindi la pigrizia, il pudore e la vergogna, che riguardano le nostre operazioni, non sono da considerarsi come specie del timore.

3. Si è detto [ aa. 1,2 ] che il timore ha per oggetto il futuro.

Ora, « la vergogna è di un atto turpe già commesso », come scrive S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 20 ].

Quindi la vergogna non è una specie del timore.

4. Non si ha timore che del male.

Ora, la meraviglia e lo stupore hanno per oggetto il grandioso e lo straordinario, sia esso buono o cattivo.

Quindi la meraviglia e lo stupore non sono specie del timore.

5. I Filosofi sono mossi a cercare la verità dalla meraviglia, come nota Aristotele [ Met. 1,2 ].

Ma il timore non spinge a cercare, bensì a fuggire.

Quindi la meraviglia non è una specie del timore.

In contrario:

Bastano i testi del Damasceno e di S. Gregorio Nisseno [ ll. cit. nelle ob. 1 e 3 ].

Dimostrazione:

Come si è visto [ a. 2 ], il timore ha per oggetto il male futuro, che supera le forze di chi teme, per cui egli non può resistere.

Ora, il bene e il male di un uomo si può trovare o nelle sue operazioni o nelle cose esterne.

Nelle operazioni poi dell'uomo stesso si possono temere due specie di mali.

Primo, il lavoro che affatica la natura.

E allora si produce la pigrizia: quando cioè uno si rifiuta di lavorare per timore di una fatica eccessiva.

- Secondo, l'infamia che compromette la reputazione.

E allora, se si teme l'infamia per un atto da compiere, si ha il pudore; se invece la si teme per un atto già commesso si ha la vergogna.

Il male poi che si riscontra nelle cose esterne può eccedere per tre motivi la capacità di un uomo a resistere.

Primo, a motivo della sua grandezza, cioè nel caso in cui uno considera un male così grande da non poterne vedere la fine.

E allora abbiamo la meraviglia.

- Secondo, a motivo del suo carattere insolito: cioè nel caso che venga offerto alla nostra considerazione un male inconsueto, e quindi grande, a nostro modo di vedere.

E in questo caso abbiamo lo stupore, che è prodotto da una percezione insolita.

- Terzo, a motivo del suo carattere improvviso, cioè perché non è possibile prevederlo: come si temono le future disgrazie.

E questo timore è detto agonia.

Analisi delle obiezioni:

1. Le specie della tristezza indicate non sono desunte dalla diversità degli oggetti, ma da quella degli effetti, e da particolari punti di vista.

Quindi non è necessario che esse corrispondano alle specie del timore, che sono invece desunte dalla divisione propria dell'oggetto del timore medesimo.

2. L'operazione è in potere di chi la compie in quanto costui già la esegue.

Ma in essa ci può essere qualcosa che supera la facoltà di chi dovrebbe compierla, e fa sì che egli si rifiuti di agire.

E sotto tale aspetto la pigrizia, il pudore e la vergogna sono elencati tra le specie del timore.

3. Da un atto commesso si può temere un rimprovero o un'infamia nel futuro.

E in questo modo la vergogna è una specie del timore.

4. Non qualsiasi meraviglia e stupore sono tra le specie del timore, ma la meraviglia di un male grande e lo stupore di un male insolito.

- Oppure possiamo rispondere che, come la pigrizia tende a scansare la fatica di un'operazione esterna, così la meraviglia e lo stupore tendono a scansare la obiezioni di investigare una cosa grande e straordinaria, buona o cattiva che sia: cosicché la meraviglia e lo stupore stanno all'attività intellettiva come la pigrizia sta all'atto esterno.

5. Chi è meravigliato rifugge al presente dal dare un giudizio di quanto lo meraviglia, temendo di sbagliare, ma in seguito ricerca.

Invece chi è stupefatto teme di giudicare al presente e di ricercare in futuro.

Quindi la meraviglia è il principio della ricerca scientifica, mentre lo stupore ne è un ostacolo.

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