Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se il timore abbia per oggetto il male della colpa

II-II, q. 144, a. 2

Pare che si possa avere il timore del male della colpa.

Infatti:

1. S. Agostino [ In I ep. Ioh. tract. 9 ] scrive che « per il timore casto l'uomo teme di essere separato da Dio ».

Ma da Dio non ci separa che la colpa, come si legge in Isaia [ Is 59,2 ]: « Le vostre iniquità hanno scavato un abisso tra voi e il vostro Dio ».

Quindi il timore può avere per oggetto la colpa.

2. Cicerone [ Tusc disp. 4,6 ] ha scritto che « noi abbiamo timore di quelle cose future che ci rattristano quando sono presenti ».

Ora, uno può dolersi e rattristarsi del male della colpa.

Quindi può anche temerlo.

3. La speranza si contrappone al timore.

Ma la speranza può rivolgersi al bene della virtù, come dimostra Aristotele [ Ethic. 9,4 ].

E l'Apostolo scriveva ai Galati [ Gal 5,10 ]: « Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente ».

Quindi il timore può avere per oggetto il male della colpa.

4. La vergogna, come si è detto [ q. 41, a. 4 ], è una specie del timore.

Ma la vergogna ha per oggetto una cattiva azione, che è un male di colpa.

Quindi anche il timore.

In contrario:

Il Filosofo [ Reth. 2,5 ] insegna che « non si temono tutti i mali: nessuno teme, p. es., di essere ingiusto, o stupido ».

Dimostrazione:

Si è già detto [ q. 40, a. 1; q. 41, a. 2 ] che come l'oggetto della speranza è il bene futuro arduo e raggiungibile, così l'oggetto del timore è il male futuro arduo e difficile a evitarsi.

Dal che risulta che non può considerarsi temibile quanto ricade completamente in nostro potere e sottostà al nostro volere, ma è temibile solo ciò che dipende da una causa esterna.

Ora, il male della colpa ha come causa propria la volontà umana.

Quindi non si presenta come oggetto di timore.

Siccome però la volontà umana può essere inclinata a peccare da qualche causa esterna, se questa causa ha una grande efficacia ci potrà essere il timore della colpa in quanto questa dipende da una causa esterna: come nel caso di chi teme di trattenersi in compagnia di malvagi per paura di essere indotto a peccare.

Tuttavia, propriamente parlando, in tale disposizione un uomo teme più la seduzione che la colpa in quanto tale, cioè in quanto è volontaria: infatti da questo lato essa non è oggetto di timore.

Analisi delle obiezioni:

1. La separazione da Dio è una pena che segue il peccato, e la pena dipende sempre in qualche modo da una causa esterna.

2. La tristezza e il timore in un punto convengono, cioè nell'avere per oggetto il male, e in due differiscono.

Primo, perché la tristezza riguarda il male presente, mentre il timore riguarda il male futuro.

Secondo, perché la tristezza, appartenendo al concupiscibile, riguarda il male in genere, e così ci può essere tristezza per qualsiasi male, sia piccolo che grande.

Invece il timore, appartenendo all'irascibile, riguarda il male specificato dall'arduità o obiezioni: la quale scompare se una cosa è sottoposta al nostro volere.

Quindi non è vero che temiamo tutte le cose future che ci rattristano quando sono presenti, ma alcune soltanto, cioè quelle ardue.

3. La speranza ha per oggetto il bene che uno può raggiungere.

Ora, uno può raggiungere il bene o da se stesso o per mezzo di altri: quindi la speranza può riguardare anche l'atto virtuoso che è in nostro potere.

Il timore invece ha per oggetto il male che non è in nostro potere: quindi il male che si teme dipende sempre da una causa estrinseca.

Invece il bene che si spera può dipendere sia da una causa intrinseca che da una causa estrinseca.

4. Come si è già notato [ q. 41, a. 4, ad 2,3 ], la vergogna non è il timore dello stesso atto peccaminoso, ma dell'infamia che ne deriva: e questa ha una causa estrinseca.

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