Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la cecità della mente sia un peccato

Infra, q. 153, a. 5

Pare che la cecità della mente non sia un peccato.

Infatti:

1. Ciò che scusa dal peccato non è un peccato.

Ma la cecità scusa dal peccato, poiché sta scritto [ Gv 9,41 ]: « Se foste ciechi, non avreste alcun peccato ».

Quindi la cecità di mente non è un peccato.

2. La pena differisce dalla colpa.

Ma la cecità di mente è una pena, come è evidente da quelle parole di Isaia [ Is 6,10 ]: « Acceca il cuore di questo popolo ».

Essendo infatti un male, non potrebbe essere da Dio se non fosse una pena.

Quindi la cecità di mente non è un peccato.

3. Ogni peccato è volontario, come nota S. Agostino [ De vera relig. 14.27 ].

Ma la cecità di mente non è volontaria: poiché stando al medesimo Santo [ Conf. 10,23.33 ] « tutti amano conoscere lo splendore della verità »; e nella Scrittura [ Qo 11,7 ] si legge: « Dolce è la luce, e agli occhi piace vedere il sole ».

Quindi la cecità di mente non è un peccato.

In contrario:

S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] mette la cecità di mente tra i vizi causati dalla lussuria.

Dimostrazione:

Come la cecità del corpo è la privazione del principio visivo, così la cecità della mente è la privazione del principio intellettivo, ossia della visione intellettuale.

Ora, nella visione intellettuale abbiamo tre distinti princìpi.

Il primo è la luce naturale della ragione.

E questa, appartenendo all'essenza dell'anima razionale, non viene mai eliminata dall'anima.

Tuttavia talora viene impedita nei suoi atti dalle disfunzioni delle potenze inferiori, necessarie all'intelletto umano per intendere, come avviene nei dementi e nei pazzi furiosi, secondo le spiegazioni date nella Prima Parte [ q. 84, aa. 7,8 ].

Il secondo principio della visione intellettiva è invece una certa luce derivante da un abito aggiunto alla luce naturale della ragione.

E di questa luce talora l'anima può essere privata.

E tale privazione o cecità è un castigo, come si dice che è un castigo o pena la privazione della luce della grazia: per cui di alcuni nella Scrittura [ Sap 2,21 ] si legge: « La loro malizia li ha accecati ».

Il terzo principio della visione intellettiva consiste infine in certi dati conoscitivi mediante i quali la mente umana può conoscere altre cose.

Ora, a questi ultimi princìpi di ordine intellettivo la mente umana può attendere o non attendere.

E questa mancanza di considerazione può dipendere da due motivi.

Talora dipende dal fatto che uno spontaneamente vuole distogliersi dalla considerazione di tali princìpi, secondo le parole del Salmo [ Sal 36,4 ]: « Rifiuta di capire, per non compiere il bene ».

Altre volte invece dipende dall'occupazione della mente in altre cose più amate, e dalle quali essa viene distolta in modo da perdere di vista i princìpi suddetti.

Si attua allora quel detto della Scrittura [ Sal 58,9 Vg ]: « È caduto il fuoco », vale a dire l'ardore della concupiscenza, « e non vedono più il sole ».

E nell'uno e nell'altro di questi due casi la cecità della mente è un peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. La cecità che scusa dal peccato è quella che deriva dall'incapacità naturale di chi non può vedere.

2. L'argomento vale per la cecità che è un castigo.

3. Intendere la verità di per sé è piacevole per tutti.

Tuttavia per qualcuno può risultare odioso, poiché egli viene così distolto dalle cose che più ama.

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