Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se con la carità Dio debba essere amato per se stesso

In 3 Sent., d. 29, q. 1, a. 4

Pare che con la carità Dio non debba essere amato per se stesso, ma per altre cose.

Infatti:

1. S. Gregorio [ In Evang. hom. 11 ] afferma: « Dalle cose che conosce, l'anima impara ad amare quelle sconosciute ».

E chiama sconosciute le realtà intelligibili e divine, conosciute invece quelle sensibili.

Quindi Dio è da amarsi per altre cose.

2. L'amore segue la conoscenza.

Ora, Dio viene conosciuto per mezzo di altre cose, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 1,20 ]: « Le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».

Quindi viene anche amato per altre cose, e non per se stesso.

3. « La speranza genera la carità », come dice la Glossa [ interlin. su Mt 1,2 ].

E S. Agostino [ In I ep. Ioh. tract. 9 ] insegna che « il timore introduce la carità ».

Ma la speranza aspetta di ricevere qualcosa da Dio, e il timore tende a scansare eventuali castighi di Dio.

Pare quindi che Dio vada amato per il bene sperato, o per il male temuto.

Perciò non va amato per se stesso.

In contrario:

Come insegna S. Agostino [ De doctr. christ. 1,4 ], « fruire è aderire a un bene per se stesso ».

Ma di Dio si deve fruire, come egli afferma [ De doctr. christ. 1,5 ].

Quindi Dio va amato per se stesso.

Dimostrazione:

La preposizione « per » [ propter ] sta a indicare un rapporto causale.

Ora, ci sono quattro generi di cause, cioè: finale, formale, efficiente e materiale, a cui si riduce anche la disposizione della materia, che è causa non in senso assoluto, ma sotto un certo aspetto.

E si può dire che una cosa è amata per un'altra secondo ciascuna di queste quattro causalità.

Secondo la causa finale, come quando amiamo la medicina per la guarigione.

Secondo la causa formale, come quando amiamo un uomo per la sua virtù: cioè perché con la virtù egli è formalmente buono, e quindi amabile.

Secondo la causa efficiente, come quando amiamo certuni perché figli di un dato padre.

E finalmente secondo la disposizione, che si riduce alla causalità materiale, come quando amiamo una persona per i beni che ci dispongono al suo amore, ad es. per i benefici ricevuti: sebbene in seguito, dopo aver cominciato ad amare, si ami l'amico non per quei benefici, ma per la sua virtù.

Ora, noi non possiamo amare Dio per altre cose secondo i primi tre modi indicati.

Infatti egli non è ordinabile ad altro, essendo il fine ultimo di tutte le cose.

E non riceve da altri una forma per essere buono, poiché la sua essenza è la bontà stessa, secondo la quale esemplarmente tutte le cose sono buone.

E così pure nessuno può conferirgli una qualche bontà, ma è lui che la distribuisce a tutte le altre cose.

Invece nel quarto modo Dio può essere amato per altre cose: poiché da altre cose veniamo predisposti a crescere nell'amore di Dio, p. es. dai benefici ricevuti da lui, o dai premi che speriamo, oppure dai castighi che col suo aiuto vogliamo evitare.

Analisi delle obiezioni:

1. « L'anima impara ad amare le cose sconosciute da quelle che conosce » non nel senso che le cose conosciute siano il motivo dell'amore per quelle sconosciute quali cause formali, finali o efficienti, ma solo perché così l'uomo viene predisposto ad amare altre cose sconosciute.

2. La conoscenza di Dio viene acquisita mediante altre cose; ma dopo che lo si è conosciuto non lo si conosce [ formalmente ] per altre cose, bensì per se stesso, secondo le parole evangeliche [ Gv 4,42 ]: « Non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo ».

3. La speranza e il timore portano alla carità come altrettante disposizioni, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

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