Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se chiunque commette un'ingiustizia pecchi mortalmente

In 2 Sent., d. 42, q. 1, a. 4

Pare che non sempre chi commette un'ingiustizia pecchi mortalmente.

Infatti:

1. Il peccato veniale si contrappone al mortale.

Ora, nel commettere un'ingiustizia talvolta si fa un peccato veniale, poiché il Filosofo [ Ethic. 5,8 ], parlando di coloro che commettono ingiustizie, afferma: « Sono perdonabili, o veniali, quegli errori che si commettono non solo inconsapevolmente, ma anche a causa della nostra ignoranza ».

Perciò non sempre chi commette un'ingiustizia pecca mortalmente.

2. Chi commette un'ingiustizia in piccole cose si allontana di poco dal giusto mezzo.

Ma questa è una cosa tollerabile, e da considerarsi tra i mali più piccoli, come fa notare il Filosofo [ Ethic. 2,9 ].

Quindi chi commette un'ingiustizia non sempre pecca mortalmente.

3. La carità è « la madre di tutte le virtù » [ cf. P. Lomb., Sent. 3,23 ], e un peccato è considerato mortale in quanto ad essa contrario.

Ma non tutti i peccati contrari alle altre virtù sono mortali.

Quindi anche il commettere ingiustizie non è sempre peccato mortale.

In contrario:

Tutto ciò che è contro la legge di Dio è peccato mortale.

Ma chiunque commette una cosa ingiusta agisce contro un precetto della legge di Dio: poiché questa azione, come vedremo [ qq. 64 ss. ], si riduce o al furto, o all'adulterio, o all'omicidio, o ad altre cose del genere.

Quindi chi commette un'ingiustizia commette sempre un peccato mortale.

Dimostrazione:

Come si è visto sopra [ I-II, q. 72, a. 5 ], a proposito delle differenze dei peccati, è mortale quel peccato che è incompatibile con la carità, da cui dipende la vita dell'anima.

Ora, infliggere un danno qualsiasi a un altro è di per sé inconciliabile con la carità, che muove a volere il bene altrui.

Siccome quindi l'ingiustizia consiste sempre nel danno di altri, è evidente che commettere un'ingiustizia è nel suo genere un peccato mortale.

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole del Filosofo vanno riferite all'ignoranza facti, che egli chiama [ Ethic. 3,1 ] « ignoranza delle circostanze particolari », che merita perdono, non già all'ignoranza iuris, che non scusa.

Ora, chi compie inconsapevolmente un'ingiustizia la commette solo per accidens, come si è visto sopra [ a. 2 ].

2. Chi compie un'ingiustizia in piccole cose non raggiunge la consistenza di una vera ingiustizia, potendosi considerare la cosa non del tutto contraria alla volontà di chi la subisce: come quando uno ruba un frutto o altre cose del genere, per la cui perdita probabilmente il proprietario non riceve un danno o un dispiacere.

3. I peccati contrari alle altre virtù non sempre danneggiano gli altri, ma implicano un certo disordine nelle passioni umane.

Perciò il paragone non regge.

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