Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se nella lode di Dio si debba fare uso del canto

In Psalm., 33; In Ephes., c. 5, lect. 7

Pare che nella lode di Dio non si debba fare uso del canto.

Infatti:

1. Così l'Apostolo scriveva ai Colossesi [ Col 3,16 ]: « Ammaestratevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e cantici spirituali ».

Ora, nel culto divino non dobbiamo servirci se non di quanto viene a noi raccomandato dalla Scrittura.

Quindi non dobbiamo ricorrere nelle lodi di Dio a cantici materiali, ma accontentarci di quelli spirituali.

2. S. Girolamo [ In Eph. 3 ] così commenta quel detto di S. Paolo [ Ef 5,19 ]: « Cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore »: « Ascoltino queste parole gli adolescenti che in chiesa hanno l'incarico della salmodia, e ricordino che a Dio non si canta con la voce, ma col cuore; e che la gola e le labbra non vanno addolcite con droghe come si usa nelle tragedie, così da far sentire in chiesa modulazioni teatrali ».

Perciò nelle lodi di Dio non si deve fare uso del canto.

3. La lode di Dio spetta ai grandi e ai piccoli, secondo le parole dell'Apocalisse [ Ap 19,5 ]: « Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi ».

Eppure ai ministri maggiori della Chiesa non è permesso cantare: così infatti si esprime S. Gregorio [ Registr., app. fragm. 5 ] in un testo inserito nei Canoni [ Decr. di Graz. 1,92,1 ]: « Col presente decreto viene stabilito che in questa Sede [ della Chiesa Romana ] ai ministri dell'altare è proibito cantare ».

Quindi il canto non si addice alle lodi di Dio.

4. Nell'antica legge Dio veniva lodato con gli strumenti musicali e con il canto, secondo le parole del Salmo [ Sal 33,2s ]: « Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate.

Cantate al Signore un canto nuovo ».

Ora la Chiesa, per non parere favorevole a pratiche giudaiche, non ha assunto, nelle lodi divine, strumenti musicali come le cetre e le arpe.

Quindi per lo stesso motivo nelle lodi divine vanno esclusi anche i canti.

5. La lode della mente è superiore a quella delle labbra.

Ma la lode della mente viene impedita dai canti: sia perché l'attenzione di chi canta, mentre si preoccupa della melodia, viene distratta dalla considerazione di ciò che canta, sia perché le cose che si cantano sono comprese dagli altri meno che se fossero enunciate senza il canto.

Perciò il canto non deve essere usato nelle lodi di Dio.

In contrario:

S. Ambrogio, come narra S. Agostino [ Conf. 9,7.15 ], introdusse il canto nella chiesa di Milano.

Dimostrazione:

Come si è visto nell'articolo precedente, la lode vocale ha il compito di eccitare l'affetto dell'uomo verso Dio.

Perciò tutte le cose che possono servire a tale scopo possono convenientemente essere usate nelle lodi divine.

Ora, è risaputo che l'animo umano viene disposto diversamente secondo le varie modulazioni dei suoni, come hanno fatto notare Aristotele [ Polit. 8,5 ] e Boezio [ Musica 1,1 ].

Perciò fu opportunamente stabilito che nelle lodi divine si facesse uso del canto, per eccitare in modo più efficace alla devozione le anime meno progredite.

Da cui le parole di S. Agostino [ Conf. 10,33.49 ]: « Inclino ad approvare la consuetudine di cantare in chiesa, affinché grazie al diletto delle orecchie l'anima inferma si sollevi al sentimento della pietà ».

E di se stesso il Santo dice [ Conf 9,6.14 ]: « Piansi per gli inni e i cantici soavemente echeggianti della tua Chiesa, toccato da commozione profonda ».

Analisi delle obiezioni:

1. Si possono chiamare cantici spirituali non soltanto quelli che vengono cantati interiormente nello spirito, ma anche quelli che vengono cantati esternamente con la bocca, in quanto da essi viene eccitata una devozione spirituale.

2. S. Girolamo non riprova il canto in modo assoluto, ma rimprovera coloro che in chiesa cantano come si è soliti fare in teatro, non per eccitare la devozione, ma per ostentazione, o per il solo godimento.

Per cui S. Agostino [ Conf. 10,33.49 ] scrive: « Quando mi accade di sentirmi impressionato più dal canto che da ciò che viene cantato, confesso di commettere un peccato degno di castigo; e allora preferirei non sentir cantare ».

3. Eccitare gli uomini alla devozione con l'insegnamento e con la predicazione è una cosa più eccellente che eccitarli con il canto.

Perciò i diaconi e i prelati, che hanno il compito di portare le anime a Dio con la predicazione e con l'insegnamento, non devono dedicarsi al canto, per non essere distolti da cose più importanti.

Da cui le parole di S. Gregorio [ l. cit. nell'ob. ]: « È un'usanza molto condannabile che i diaconi attendano alle melodie della voce, mentre incombe su di essi il dovere di predicare e di distribuire le elemosine ».

4. Secondo il Filosofo [ Polit. 8,6 ] « si devono abolire dall'insegnamento il flauto, la cetra e qualsiasi altro strumento del genere, e ammettere soltanto quelle cose che sono capaci di rendere onesti gli uditori ».

Infatti tali strumenti musicali provocano l'animo più al piacere che alle buone disposizioni interiori.

Ora, nell'antico Testamento l'uso di tali strumenti era ammesso sia perché il popolo era più duro e carnale, per cui bisognava smuoverlo con simili strumenti, come anche con promesse terrene, sia anche perché tali strumenti materiali avevano un significato simbolico.

5. Il canto di chi cerca il godimento estetico distrae l'animo dalla considerazione del testo che viene cantato.

Ma se uno canta per devozione, allora considera più attentamente le parole che dice, sia perché vi si ferma più a lungo, sia perché, come dice S. Agostino [ Conf. 10,33.49 ], « tutti i diversi sentimenti del nostro spirito trovano nel canto le loro proprie modulazioni, che li fanno vibrare con un'occulta armonia ».

E lo stesso si dica per coloro che ascoltano: i quali, sebbene talora non comprendano ciò che viene cantato, tuttavia comprendono il motivo per cui si canta, cioè per dar lode a Dio; e ciò basta per eccitare [ in essi ] la devozione.

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