Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se l'unione del Verbo Incarnato sia avvenuta in una sola natura

In 3 Sent., d. 5, q. 1, a. 2; C. G., IV, cc. 35, 41; De unione, a. 1;De Verit., q. 20, a. 1; Comp. Theol., c. 206; In Ioan., c. 1, lect. 7; In Rom., c. 1, lect. 2; In Philipp., c. 2, lect. 2

Pare che l'unione del Verbo Incarnato sia avvenuta in una sola natura.

Infatti:

1. S. Cirillo [ Epist. 45 ], citato negli atti del Concilio di Calcedonia, dice: « Non dobbiamo pensare a due nature, ma a una sola natura incarnata del Verbo di Dio ».

Ora, ciò non sarebbe possibile se non ci fosse unità di natura.

Quindi l'unione del Verbo Incarnato è avvenuta nella natura.

2. S. Atanasio [ Symb. ] afferma: « Come l'anima razionale e la carne si uniscono per costituire la natura umana, così Dio e l'uomo si uniscono per costituire un'unica natura ».

Quindi l'unione si è avuta nella natura.

3. Non possiamo denominare una natura in base a un'altra se in qualche modo ambedue non subiscono una trasformazione reciproca.

Ora, ciò avviene per le nature divina e umana in Cristo: infatti S. Cirillo [ l. cit. ] dice che la natura divina si è « incarnata », e S. Gregorio Nazianzeno [ Orat. 45 ], riportato da S. Giovanni Damasceno [ De fide orth. 3,6 ], dice che la natura umana è stata « deificata ».

Pare quindi che dalle due nature ne sia stata fatta una sola.

In contrario:

Il Concilio di Calcedonia [ 2,5 ] ha definito: « Professiamo che l'unigenito Figlio di Dio, [ incarnato ] negli ultimi tempi, è da riconoscersi in due nature senza mescolanza, senza mutazione, senza divisione o separazione, senza che l'unione abbia tolto la diversità delle nature ».

Perciò l'unione non si è avuta nella natura.

Dimostrazione:

Per chiarire l'argomento è necessario considerare il concetto di natura.

Bisogna dunque sapere che il termine natura deriva da nascere [ cf. Arist., Met. 5,4 ].

Perciò prima esso venne usato per indicare la generazione, cioè la nascita o la propagazione dei viventi: natura equivarrebbe così a « nascitura ».

- Poi il termine fu usato per indicare il principio di questa generazione.

- Successivamente passò a indicare qualunque principio intrinseco di mutazione, essendo il principio della generazione intrinseco ai viventi: e in questo senso il Filosofo [ Phys. 2,1 ] dice che la natura è « il principio del moto immanente al soggetto essenzialmente, e non in modo accidentale ».

Ora, tale principio è o la forma o la materia.

Per cui talvolta viene detta natura la forma, talvolta invece la materia.

- Inoltre, poiché il termine della generazione naturale è costituito nella cosa generata dalla sua « essenza specifica, indicata dalla sua definizione » [ ib. ], si chiama natura anche la stessa essenza specifica.

E sotto questo aspetto Boezio [ De duab. nat. 1 ] la definisce così: « La natura è la differenza specifica che informa ciascuna cosa », che cioè completa la definizione della sua specie.

Noi ora dunque parliamo della natura in quanto significa l'essenza o la quiddità della specie.

Ora, intendendo in questo modo la natura, è impossibile che l'unione del Verbo incarnato si sia realizzata nella natura.

In tre modi infatti da due o più cose può risultarne una sola.

Primo, come da due cose perfette che rimangono immutate.

E ciò può avvenire solo per quelle cose la cui forma consiste nella disposizione, o nell'ordine, o nella figura: come da molte pietre accumulate a caso nasce un mucchio, mentre disponendo le pietre e le assi con un determinato ordine e secondo una certa figura nasce una casa.

E in questo modo alcuni hanno inteso l'incarnazione: o come semplice addizione, o come coordinazione delle due nature.

Ma ciò è inammissibile.

Primo, perché la disposizione, l'ordine e la figura sono forme accidentali, non sostanziali.

Di conseguenza l'incarnazione sarebbe un'unione non sostanziale, ma accidentale: conclusione che confuteremo più avanti [ a. 6 ].

Secondo, poiché da tale combinazione non risulta un'unità in senso assoluto, ma sotto un certo aspetto: rimangono infatti più enti in atto.

- Terzo, poiché tale forma non deriva dalla natura, ma piuttosto dall'arte: come la forma di una casa.

E così non verrebbe costituita in Cristo una sola natura, come essi vorrebbero.

Secondo, [ un'unica natura può risultare ] da cose perfette, ma trasmutate: come un composto dai suoi elementi.

E così per alcuni sarebbe avvenuta l'incarnazione: al modo cioè di una combinazione.

Ma ciò è inammissibile.

Primo, poiché la natura divina esclude qualsiasi mutamento, come si è detto nella Prima Parte [ q. 9, aa. 1,2 ].

Perciò né essa può cambiarsi in un'altra cosa, essendo incorruttibile, né altre cose in essa, essendo essa ingenerabile.

- Secondo, poiché un corpo composto non ha la specie di nessuno dei componenti: la carne infatti differisce specificamente da ciascuno dei suoi elementi.

E così Cristo non avrebbe né la natura del Padre né quella della madre.

Terzo, poiché è impossibile la combinazione fra cose troppo distanti: infatti la più debole si sperde nell'altra, come una goccia d'acqua in un'anfora di vino.

Per cui nel nostro caso, unendosi la natura umana alla natura divina che la supera all'infinito, non si avrà una composizione, ma rimarrà soltanto la natura divina.

Terzo, [ un'unica natura potrebbe risultare ] da cose non trasmutate, ma imperfette: cioè come l'uomo dall'anima e dal corpo, oppure dal complesso delle sue membra.

Ma questo non si può dire del mistero dell'incarnazione.

Primo, perché tanto l'una quanto l'altra natura, cioè la divina e l'umana, è perfetta nel suo ordine.

- Secondo, perché la natura divina e quella umana non possono comporsi insieme quali parti quantitative di un tutto, come le membra costituiscono un corpo, essendo la natura divina immateriale.

E neppure come la forma e la materia, poiché la natura divina non può essere la forma di alcuna cosa, tanto più se materiale.

Oltretutto poi ne seguirebbe che la specie costituita da tale unione sarebbe comunicabile a più individui, per cui ci potrebbero essere molti Cristi.

- Terzo, perché Cristo non sarebbe né di natura umana né di natura divina: come nota infatti Aristotele [ Met. 8,3 ], la differenza aggiunta cambia la specie, come l'unità nei numeri.

Analisi delle obiezioni:

1. Il testo di S. Cirillo viene spiegato nel Quinto Concilio [ Constant. II, 8,8 ] in questo modo: «S e qualcuno, affermando nel Verbo di Dio incarnato una sola natura, non la intende come hanno insegnato i Padri, cioè nel senso che dalla natura divina e dalla natura umana, unite insieme secondo la sussistenza, [ è stato fatto un solo Cristo ], ma vuole con tali parole introdurre in Cristo una natura o sostanza mista di divinità e di carne, costui sia scomunicato ».

Il senso non è dunque che nell'incarnazione di due nature se ne sia fatta una sola, ma che dall'unione della carne umana con la natura del Verbo di Dio è risultata una sola persona.

2. Dall'unione dell'anima con il corpo nasce in noi una duplice unità: di natura e di persona.

Nasce l'unità di natura in quanto l'anima si unisce al corpo come sua forma e perfezione, così che ne risulta una sola natura, come dall'atto e dalla potenza o dalla materia e dalla forma.

Ora, questo aspetto del paragone non è applicabile all'incarnazione, poiché la natura divina non può essere la forma di un corpo, come si è dimostrato nella Prima Parte [ q. 3, a. 8 ].

L'unità di persona invece risulta dal fatto che è uno solo a sussistere in carne e anima.

Ed è questo l'aspetto applicabile del paragone: l'unico Cristo infatti sussiste nella natura divina e in quella umana.

3. Come spiega il Damasceno [ op. cit. 3,17 ], la natura divina viene detta incarnata perché si è unita personalmente alla carne, non perché si sia cambiata in carne.

E così pure la carne viene detta deificata non per una mutazione, ma per l'unione con il Verbo, rimanendo intatte le sue proprietà: che la carne sia stata deificata significa dunque che è divenuta la carne del Verbo divino, non che è divenuta Dio.

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