Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se in Cristo ci siano due volontà, una divina e l'altra umana

In 3 Sent., d. 17, q. 1, a. 1, sol. 1; C. G., IV, c. 36; Comp. Theol., c. 212; In Matth., c. 26; In Ioan., c. 6, lect. 4

Pare che in Cristo non ci siano due volontà, una divina e l'altra umana.

Infatti:

1. La volontà è il principio che muove e comanda in ogni soggetto volente.

Ma in Cristo il principio movente e imperante era la volontà divina, poiché tutte le operazioni umane venivano compiute in lui secondo la volontà divina.

Quindi in Cristo c'era una sola volontà, quella divina.

2. Lo strumento non è mosso da una volontà propria, ma da quella dell'agente principale.

Ora, la natura umana era in Cristo « uno strumento della sua divinità » [ Damasc., De fide orth. 3,15 ].

Quindi la natura umana in Cristo non era mossa dalla volontà propria, ma dalla volontà divina.

3. È molteplice in Cristo solo ciò che si riferisce alla natura.

Ma la volontà non si riferisce alla natura.

Infatti le realtà naturali sono necessarie, mentre quelle volontarie non lo sono.

Quindi la volontà in Cristo è una sola.

4. Il Damasceno [ ib., c. 14 ] dice che « volere in un certo modo non dipende dalla natura, bensì dalla nostra intelligenza », che è personale.

Ma il volere è sempre un volere in un certo modo, poiché « non appartiene al genere ciò che non appartiene a qualcuna delle sue specie » [ Arist., Topic. 4,1 ].

Quindi ogni volere è personale.

Ma in Cristo c'era e c'è una sola persona.

Quindi in Cristo c'è un'unica volontà.

In contrario:

Il Signore [ Lc 22,42 ] ha pregato così: « Padre, se vuoi, allontana da me questo calice.

Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà ».

E S. Ambrogio [ De fide ad Grat. 2,7 ] commenta: « Come aveva assunto la mia volontà, così assunse la mia tristezza ».

E altrove [ In Lc 10, su 22,42 ] dice: « Egli riferisce la sua volontà all'umanità, quella del Padre alla divinità.

Infatti la volontà umana è temporale, la volontà divina eterna ».

Dimostrazione:

Alcuni posero in Cristo una sola volontà, ma mossi da ragioni diverse.

Apollinare infatti riteneva che Cristo non avesse l'anima intellettiva, ma che il Verbo facesse le veci dell'anima, o anche dell'intelletto.

Ne seguiva perciò che in Cristo non ci sarebbe stata la volontà umana, poiché « la volontà è una facoltà razionale », come dice il Filosofo [ De anima 3,9 ]: e così in lui non ci sarebbe stata che una sola volontà.

- E similmente Eutiche, e tutti coloro che posero in Cristo una sola natura composta, furono costretti a porre in lui una sola volontà.

- Così pure Nestorio, insegnando che l'unione tra Dio e l'uomo si era attuata solo secondo l'amore e la volontà, poneva una sola volontà in Cristo.

In seguito i patriarchi Macario di Antiochia, Ciro di Alessandria, Sergio di Costantinopoli e alcuni loro seguaci sostennero l'esistenza in Cristo di una sola volontà, sebbene ammettessero in lui due nature unite ipostaticamente: poiché pensavano che la natura umana in Cristo non si muovesse mai di sua iniziativa, ma solo in quanto mossa dalla divinità, come risulta dall'Epistola Sinodale del Papa Agatone [ Conc. Costant. III, 4 ].

- Perciò nel Sesto Concilio Ecumenico, celebrato a Costantinopoli [ ib. 18 ], fu definito che si devono ammettere in Cristo due volontà con queste parole: « In conformità con quanto hanno insegnato riguardo a Cristo i profeti e Cristo stesso, e in conformità col Simbolo dei santi Padri, noi professiamo due volontà naturali in lui e due operazioni naturali ».

E questa dichiarazione era necessaria.

Infatti sappiamo che il Figlio di Dio ha preso una natura umana perfetta, come si è spiegato [ q. 4, a. 2, ob. 4; q. 5; q. 9, a. 1 ].

Ma alla perfezione della natura umana appartiene la volontà, che è una sua facoltà naturale, al pari dell'intelligenza, come si è visto nella Prima Parte [ q. 79, a. 1; ad 2; q. 80, a. 2 ].

Per cui è necessario affermare che il Figlio di Dio nella natura umana ha assunto la volontà umana.

Ma assumendo la natura umana il Figlio di Dio non subì alcuna minorazione negli attributi della natura divina, alla quale compete di avere la volontà, come si è visto nella Prima Parte [ q. 19, a. 1 ].

Quindi si deve dire che ci sono in Cristo due volontà, una divina e l'altra umana.

Analisi delle obiezioni:

1. Tutto ciò che era umano in Cristo si svolgeva secondo la volontà divina, ma ciò non significa che in lui la volontà umana non abbia avuto le sue operazioni naturali.

Dato che anche la pia volontà degli altri santi si muove secondo la volontà di Dio, « la quale suscita in essi il volere e l'operare », come afferma l'Apostolo [ Fil 2,13 ].

Sebbene infatti la volontà non possa essere mossa interiormente da alcuna creatura, viene tuttavia mossa interiormente da Dio, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 105, a. 4; q. 106, a. 2; q. 111, a. 2 ].

E così anche Cristo con la sua volontà umana seguiva la volontà divina, come si legge di lui nei Salmi [ Sal 40,9 ]: « Mio Dio, ho voluto compiere la tua volontà ».

Per cui S. Agostino argomenta così [ Contra Maxim. 2,20 ]: « n che cosa favoriscono la tua opinione le parole che il Figlio rivolse al Padre: "Non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu?".

Tu dirai: dimostrano che la sua volontà è veramente sottomessa al Padre.

Ma forse noi neghiamo che la volontà umana debba essere soggetta alla volontà di Dio? ».

2. È proprio dello strumento di essere mosso dall'agente principale, ma in maniera diversa secondo le caratteristiche della sua natura.

Infatti uno strumento inanimato, come una scure o una sega, viene mosso da chi lavora con un movimento soltanto meccanico.

Invece uno strumento animato da un'anima sensitiva viene mosso dall'appetito sensitivo come un cavallo dal cavaliere.

Uno strumento poi animato da un'anima razionale viene mosso dalla sua propria volontà come un servo viene mosso a fare qualcosa dagli ordini del suo padrone: il servo infatti, dice il Filosofo [ Polit. 1,2 ], è come « uno strumento animato ».

La natura umana in Cristo fu dunque uno strumento della divinità tale da essere mosso dalla sua propria volontà.

3. La facoltà della volontà in se stessa è naturale e deriva necessariamente dalla natura.

Ma il moto o l'atto di tale facoltà, che pure viene detto volontà, a volte è necessario e naturale, p. es. rispetto alla felicità, a volte invece nasce dal libero arbitrio della ragione, che non è necessario né naturale, come si è dimostrato nella Seconda Parte [ I-II, q. 10, aa. 1,2 ].

E tuttavia la ragione, che è il principio di tale movimento, è in se stessa naturale.

Perciò, oltre alla volontà divina, si deve ammettere in Cristo la volontà umana non solo come facoltà naturale o come operazione naturale, ma anche come moto razionale.

4. « Volere in un certo modo » è volere in un modo determinato.

Ma il modo qualifica la realtà a cui esso appartiene.

Poiché dunque la volontà appartiene alla natura, lo stesso volere in un certo modo appartiene alla natura: considerata non già in se stessa, ma nell'ipostasi in cui si trova.

Perciò anche la volontà umana di Cristo aveva un certo determinato modo di volere per il fatto di essere nell'ipostasi divina: si muoveva cioè sempre in accordo con la volontà divina.

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