Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se le colpe rimesse ritornino specialmente per l'ingratitudine che si riscontra in quattro generi di peccati

In 4 Sent., d. 22, q. 1, aa. 1, 3; In Matth., c. 18, in fine

Pare che le colpe rimesse non ritornino in modo speciale per l'ingratitudine che si riscontra in quattro generi di peccati, cioè nell'odio tra fratelli, nell'apostasia dalla fede, nel disprezzo della confessione e nel dolersi della penitenza fatta, il che fu espresso nei due versi seguenti: « Odia i fratelli, diventa apostata, disprezza la confessione, si duole di essa: ecco che torna la colpa di prima ».

Infatti:

1. L'ingratitudine è tanto più grave quanto più grave è il peccato che uno commette contro Dio dopo il beneficio della remissione delle colpe.

Ora, ci sono dei peccati più gravi di quelli indicati: come la bestemmia contro Dio e il peccato contro lo Spirito Santo.

Perciò le colpe rimesse non ritornano per l'ingratitudine che si verifica secondo i peccati suddetti più che per quella che si verifica secondo altri peccati.

2. Rabano Mauro [ P. Lomb., Sent. 4,22,1 ] afferma: « Dio consegnò il servo iniquo agli aguzzini fino a che non avesse soddisfatto tutto il debito perché non solo vengono imputati all'uomo i peccati commessi dopo il battesimo, ma anche quello originale, rimesso nel battesimo ».

Ma tra i debiti vengono annoverati anche i peccati veniali, compresi in quelle parole: « Rimetti a noi i nostri debiti ».

Perciò anche i peccati veniali ritornano con l'ingratitudine.

Quindi per lo stesso motivo pare che i peccati rimessi in precedenza possano tornare anche per i peccati veniali, e non solo per i peccati suddetti.

3. L'ingratitudine è tanto maggiore quanto più grande è il beneficio a cui segue il peccato.

Ma è un beneficio di Dio anche la stessa innocenza per cui evitiamo il peccato.

Scrive infatti S. Agostino [ Conf. 2,7 ]: « Attribuisco alla tua grazia tutti i peccati che non ho commesso ».

Ma l'innocenza è un dono più grande della remissione di tutti i peccati.

Perciò chi pecca per la prima volta dopo aver conservato l'innocenza non è meno ingrato verso Dio di chi pecca dopo la penitenza.

Quindi i peccati perdonati non ritornano in modo speciale per l'ingratitudine implicita nei peccati suddetti.

In contrario:

S. Gregorio [ Dial. 4,60 ] scrive: « Risulta dalle parole evangeliche che ci verrà richiesto di nuovo quanto gioivamo di aver cancellato con la penitenza, se noi non perdoneremo di cuore le offese ricevute ».

Quindi i peccati rimessi ritornano per l'ingratitudine specialmente a motivo dell'odio fraterno.

E lo stesso va detto degli altri peccati ricordati.

Dimostrazione:

Come si è visto sopra [ a. 1 ], si dice che i peccati rimessi con la penitenza ritornano in quanto il loro reato [ o debito di pena ] è contenuto virtualmente nel peccato successivo a motivo dell'ingratitudine.

Ora, si può avere l'ingratitudine in due modi.

Primo, per il fatto che si fa qualcosa contro il beneficio ricevuto.

E in questo senso con qualsiasi colpa mortale, con cui si offende Dio, l'uomo si rende ingrato verso colui che gli aveva rimesso i peccati.

E così con qualsiasi peccato successivo ritornano i peccati già rimessi, a motivo dell'ingratitudine.

Secondo, l'ingratitudine può essere commessa non solo agendo contro lo stesso beneficio, ma anche agendo contro la formalità stessa del beneficio concesso.

Ora, dalla parte del benefattore quest'ultima è la condonazione del debito.

Perciò agisce contro questa formalità colui che non perdona al fratello che chiede scusa, ma gli conserva odio.

- Dalla parte invece del penitente, il quale riceve questo beneficio, si riscontrano due moti del libero arbitrio.

Il primo è il moto del libero arbitrio verso Dio, che consiste nell'atto della fede formata: e contro di esso agisce colui che apostata dalla fede; il secondo è il moto del libero arbitrio contro il peccato, che è l'atto della penitenza.

Ora, sopra [ q. 85, aa. 2,3 ] abbiamo visto che questa porta a detestare prima di tutto i peccati passati: e contro questa disposizione agisce colui che si duole del pentimento avuto.

In secondo luogo la penitenza porta il penitente a sottomettersi alle chiavi della Chiesa con la confessione, secondo le parole del Salmo [ Sal 32,5 ]: « Ho detto: Confesserò al Signore la mia colpa, e tu hai rimesso la malizia del mio peccato ».

E contro questo atteggiamento agisce colui che trascura di confessarsi come si era proposto.

Per questo dunque si dice che è specialmente l'ingratitudine di questi peccati che fa tornare le colpe perdonate in precedenza.

Analisi delle obiezioni:

1. L'effetto di cui si parla viene attribuito in modo speciale a tali colpe non perché siano più gravi delle altre, ma perché più direttamente si oppongono al beneficio della remissione dei peccati.

2. Anche i peccati veniali e il peccato originale si può dire che ritornano nel modo indicato sopra [ nel corpo ], come anche i peccati mortali: in quanto viene disprezzato il beneficio di Dio che consiste nella loro remissione.

Tuttavia col peccato veniale non si incorre nell'ingratitudine: poiché peccando venialmente l'uomo non agisce contro Dio, ma [ solo ] prescinde da lui.

Perciò in nessun modo i peccati rimessi possono tornare in seguito ai peccati veniali.

3. Un beneficio può essere misurato in due modi.

Primo, in base alla grandezza del beneficio stesso.

E da questo lato l'innocenza è un beneficio di Dio superiore alla penitenza, che viene denominata « la seconda tavola dopo il naufragio ».

- Secondo, il beneficio può essere misurato in rapporto a chi lo riceve, e a questo titolo la grazia fatta a chi è meno degno è più grande.

Per cui anche chi la disprezza è più ingrato.

E in questo senso è superiore il beneficio della remissione della colpa, in quanto viene offerto a chi ne è del tutto indegno.

Da ciò deriva quindi una maggiore ingratitudine.

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