Giovanni Cesone

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Testimonianze

Padre Agnello Giobergia frequentò Giovanni Cesone assiduamente tra il 1947 ed il 1964: « Ricordo che fu lui stesso a confidarmi che, fin dai suoi anni giovanili, poté godere della formazione di Protei Teodoreto, che l'aveva preso in particolare considerazione e lo ammaestrava paternamente e lui mi ha sempre dimostrato l'orgoglio per questa prerogativa … perché mi diceva: "Fr. Teodoreto faceva così e così, mi esortava, mi voleva molto bene mi prendeva sotto le sue ali …"e credo che questo fatto abbia inciso su tutta la sua vita e gli abbia conferito … uno stile, un modo di agire e di esprimersi da catechista completo e fedele alla sua vocazione ».

Invece a livello di apostolato, la qualità speciale che molti riconoscono a Cesone consisteva, come accennato, nella capacità di mettere in relazione tutti gli elementi dell'Unione, di coltivare preziosi rapporti personali, di far sentire l'Istituto come una cosa viva, positiva, vicina alla gente di tutte le condizioni sociali: « Cesone era il collegamento tra tutti gli zelatori, i devoti che ruotavano attorno all'Unione …

Era adatto a quel compito, per il suo savoir-faire bonario, semplice e specialmente per l'abilità nel curare la clientela dei benefattori » ( Padre Giobergia ).

Alle capacità, se così possiamo dire, diplomatiche si assommava un'indiscutibile vocazione per le attività di promozione e propaganda, sia per quanto concerneva l'immagine dell'Istituto presso la pubblica opinione, sia per quanto riguardava la diffusione mondiale della Devozione a Gesù Crocifisso: « Lui veniva di frequente a S. Tommaso come longa manus dell'Unione Catechisti, come propagandista ha sempre esercitato la funzione di tramite tra l'UC e la pubblica opinione … teneva i rapporti con un folto gruppo di zelatori dell'Unione che coltivava con assiduità e col quale, ogni anno, celebrava l'anniversario della morte di fra Leopoldo, scomparso il 27 gennaio 1922 » ( Padre Giobergia ).

« Possedeva un grande spirito di pietà, di preghiera, e lasciò la sua prima attività professionale per dedicare interamente la sua vita all'Unione Catechisti, specialmente nella diffusione dell'Adorazione a Gesù Crocifisso … era lui che dirigeva gli zelatori e le zelatrici della Devozione.

Nei primi anni dell'UC, si lavorava alla diffusione di questa preghiera, e questo era un compito fondamentale.

Si trovavano ovunque moltissimi foglietti con la devozione, perfino per terra…» ( ing. Pintonello ).

Quest'opera generalizzata di promozione sfruttava diversi espedienti, quali gite e pellegrinaggi presso importanti santuari, il tutto, però, veniva sempre svolto all'insegna del dialogo diretto e personale con Catechisti e Zelatori, che riconoscevano in Cesone uno di loro, non certo un'autorità altezzosa e lontana dalla vita di gruppo: « Lui si avvaleva di frequenti contatti personali con tutti … dava una certa importanza non solo ricreativa, ma anche formativa, ad iniziative turistiche, sempre con mete religiose…» ( Padre Giobergia ).

Pochi Catechisti avevano conosciuto altrettanto bene Fra Leopoldo ed era stata proprio questa lunga frequentazione a trasmettergli la "febbre" per la Devozione alle Cinque Piaghe.

Il fatto è testimoniato anche da un articolo del 1961, in cui Cesone ricorda il primo incontro col Servo di Dio avvenuto il 16 agosto 1917, quando Padre Osenga ofm, degente presso l'Ospedale Militare, lo aveva pregato di portare il suo saluto al frate di Terruggia.

L'articolo di Cesone ci rammenta, tra l'altro, che le prime esperienze mistiche di Fra Leopoldo precedettero e quindi forse motivarono il suo ingresso in convento, in quanto si manifestarono già al tempo della permanenza in casa del Barone Ricci de Ferres, dove il Servo di Dio lavorava come cuoco alle dipendenze dei conti Caissotti di Chiusano.

A questa precisazione segue un paragrafo dedicato, per l'appunto, alla "Devozione" che, a giudizio del Catechista, era stata "veramente dettata dal Signore".

Questa affermazione la dice lunga sul giudizio che il primo Presidente dell'Unione si era fatto a proposito di Fra Leopoldo.

Non stupisce, quindi, che Cesone sia stato il più convinto e attivo propagandista dell'Adorazione: anzi, durante le commemorazioni mensili del frate, teneva molto a che la Devozione fosse recitata a gran voce da tutto il gruppo degli associati.

Quella preghiera era realmente "il suo cavallo di battaglia" ( Padre Giobergia ).

Essendo molto affezionato ai luoghi della memoria di Fra Leopoldo, ogni pretesto era buono per recarsi nel convento di San Tommaso: passava ore nella cappella dove il francescano aveva ricevuto le sue rivelazioni e più volte aveva chiesto ai frati il permesso di apporre una targhetta commemorativa, nel coro, presso la decima stazione della Via Crucis, dove il Servo di Dio soleva inginocchiarsi.

Avrebbe voluto scrivervi "qui pregava Fra Leopoldo".

La sua proposta però era stata accolta dai religiosi di San Tommaso con poco entusiasmo ( Padre Giobergia ).

Lo spirito leopoldino aveva profondamente pervaso tutto il suo repertorio catechistico: conosceva praticamente a memoria tutto il Diario e non perdeva occasione per citare i detti, introducendo i suoi interventi con queste parole: "nel diario di Fra Leopoldo in questo stesso giorno è riportato un certo avvenimento ecc." ( Catechista Albino Baiano ).

Prendeva spunto da date e ricorrenze per esporre in maniera viva e diretta quelle pagine, descrivendo con minuzia fatti e situazioni, quasi volesse evocare il fervore irradiato dal frate e riallacciare ogni volta la "catena" di eventi provvidenziali che aveva portato un umile ragazzine come lui ai vertici dell'Unione Catechisti.

« Deve averli letti e riletti più volte, e meditati, fino a interiorizzarli profondamente » ( Catechista Albino Baiano )

Questo atteggiamento ricorda da vicino un metodo di studio molto diffuso presso gli antichi monaci, i quali, ad esempio, leggevano e meditavano i Salmi in continuazione, fino ad impararli a memoria, per poterli "ruminare" giorno e notte, come una sorta di cibo spirituale di difficile assimilazione, ma anche di grandissimo frutto.

San Francesco di Sales non aveva agito diversamente a proposito del "Combattimento spirituale", un libricino di poche pagine che era divenuto per lui un "vademecum", un "libro carissimo" che portava sempre con sé, ben prima che quel testo fosse onorato dalla Chiesa come uno dei capolavori dell'ascetica italiana.

Alla luce di questi precedenti, "l'interiorizzazione" del Diario appare dunque come una pratica affatto stravagante, ma in linea con modalità e metodi di apprendimento presenti nella tradizione cristiana.

Sicuramente l'assimilazione dei Detti aveva fortificato due qualità essenziali del carattere di Cesone: l'umanità e l'imperturbabilità.

La prima si manifestava soprattutto nei rapporti con i ragazzi che riusciva a mettere sempre a loro agio e che amabilmente, senza forzature, invitava a confidarsi, dimostrando un sincero interesse per le loro aspirazioni e ambizioni.

« Cesone coi giovani era alla mano spontaneo, umano una persona semplice e alla buona senza sofisticazioni, non si dava arie, non saliva in cattedra » ( Catechista. Albino Baiano ).

Per rompere il grigiore di incontri troppo formali e l'imbarazzo che metteva a disagio gli ultimi arrivati non esitava a spandere il buon umore con arguzie e battute di spirito che prendevano di mira i modi stravaganti di qualche zelatrice un po' sempliciotta: il tutto senza malizia, ma sempre nell'intento di creare un'atmosfera positiva e costruttiva, un clima psicologico favorevole alla collaborazione tra i vari gruppi dell'Unione.

La facilità al riso e alla battuta era una qualità posseduta fin da piccolo che si era rivelata molto utile per aprire una breccia nei cuori dei giovani.

La sua umanità traspariva anche da altri fattori: curava molto l'accompagnamento della preghiera, preoccupandosi di non appesantire troppo gli orari dei ritiri spirituali, onde evitare inopportune disaffezioni o sforzi di meditazione prematuri per ragazzi appena adolescenti.

« Nel pomeriggio si adorava il Santissimo, durante i ritiri.

I catechisti più anziani stavano per parecchie ore in ginocchio a pregare, mentre quelli adolescenti venivano dolcemente richiamati da un colpetto alle spalle e una raccomandazione sussurrata: "Ora alzatevi un poco, uscite in terrazzo… andate a prendere una boccata d'aria… distraetevi. Voi siete giovani… " » ( Sig. Vacchetta ).

L'imperturbabilità era, invece, il frutto della lunga pratica con Fr. Teodoreto che, come è noto, aveva fatto dell'umiltà la virtù principale del proprio percorso di santificazione: Cesone, con l'interiorizzazione del Diario e i preziosi colloqui col Fratello, acquisì dunque la capacità di non scomporsi neanche nelle situazioni più sgradevoli e umilianti.

Due cose in particolare lo facevano soffrire: il poco credito di cui godevano i Detti presso alcuni autorevoli Fratelli e Catechisti, e l'indolenza nel conformarsi allo spirito dell'Unione che spesso si assommava a sterili contestazioni sui vari progetti da attuare.

Mai nulla di facile e piano, sembrava tutto in salita: eppure Cesone evitava di trascendere anche perché l'infinita venerazione che nutriva per l'umilissimo Fratel Teodoreto gli impediva di adoperare quel piglio autoritario, quel "carattere" che taluni pretendevano da lui.

« Ricordo che nelle contrarietà … era sempre molto calmo e imperturbabile … non si sbilanciava per entusiasmo nelle cose positive, non si deprimeva per quelle negative » ( Padre Giobergia ).

In tutto questo dispendio di "amore umile e mortificato" - come diceva Fr. Teodoreto - Cesone era sostenuto da convinzioni granitiche: l'Unione, cui avrebbe dedicato tutta la vita, essendo diventata un'occupazione a tempo pieno che lo assorbiva totalmente, doveva essere considerata da tutti gli associati, in primis da quelli che ricoprivano ruoli di responsabilità, un'impresa più che umana, ovvero una missione divina, una "cosa sacra", come aveva scritto Fra Leopoldo, estremamente seria, per la quale valeva la pena vivere e morire e che era in grado di cambiare realmente il mondo in meglio.

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