Appunti sulla figura morale di Fr. Teodoreto

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Testimonianza

Io conobbi l'Unione nel 1917.

Nella quaresima di quell'anno frequentavo il catechismo presso la parrocchia di S. Teresa.

Il catechista che ci faceva lezione, Stefano Massaia, mi invitò a partecipare alle adunanze dell'Unione Catechisti, al Sabato sera alle 21, nella scuola ROMI tenuta dai Fratelli delle Scuole Cristiane.

Accettai l'invito e al Sabato successivo mi recai all'Unione.

Vi si accedeva da una porticina in via Rosine 14 che dava direttamente in una classe.

I ragazzi incominciavano ad affluire alle 20.30 e attendevano chiacchierando allegramente che arrivasse Fr. Teodoreto quando avesse terminato le preghiere di comunità.

Erano una quarantina e l'aula era affollata.

La prima impressione che io ricevetti mi fu graditissima.

Mai nelle scuole pubbliche che io frequentavo avevo incontrato dei ragazzi così educati e gentili, pur senza nulla invidiare all'allegria dei miei compagni delle scuole pubbliche, la cui sguaiatezza era per me di tanto fastidio.

Alle 21 arrivava puntualissimo il Fr. Teodoreto e si stabiliva subito un perfetto silenzio.

Egli aveva con sé un messalino e faceva leggere l'epistola del giorno dopo da qualcuno dei ragazzi.

Molto spesso l'incarico era dato a me.

Poi commentava il brano letto.

Il suo discorso era assai semplice, parlava come se facesse lezione in classe, ma toccava argomenti vitali.

Mai, né in chiesa, né altrove (avevo frequentato poco tempo prima l'Oratorio S. Martino) io avevo sentito parlare delle cose di Dio in un modo così bello, così persuasivo, così allettante.

Me ne tornavo a casa infervorato e pieno di entusiasmo.

Quando io, parecchi anni dopo, accennai allo stesso Fr. Teodoreto le mie impressioni di quelle adunanze egli se ne stupì vivamente.

Ma io non condivisi mai quello stupore, anzi acquistavo consapevolezza di aver incontrato un santo, non solo, ma di aver trovato la guida definitiva dell'anima mia, colui che mi avrebbe fatto scoprire la mia strada, la mia vocazione, l'ideale che cercavo.

Del resto, come spiegare la presenza degli altri soci dell'Unione, se non per una grazia particolare annessa alle parole di Fr. Teodoreto?

Nell'Unione non c'era proprio alcuna altra attrattiva, né di giochi, o passeggiate, o musica, ecc.

E per di più c'era il ritiro mensile di un'intera giornata, con silenzio completo, preghiere, prediche, né più né meno come l'avrebbero fatto dei novizi o dei religiosi.

Eppure il ritiro era frequentato come le adunanze, fatto con molta serietà, e molti giovani venivano da lontano.

Io stesso impiegavo una buona mezz'ora per arrivare in via Rosine da casa mia.

Non ho mai inteso il Fr. Teodoreto esortare alla frequenza, come si faceva in generale in tutte le altre associazioni.

Quei giovani non parlavano molto fra di loro di cose spirituali, ma "bevevano" letteralmente quello che ascoltavano, e anche nella loro condotta privata erano irreprensibili, come potei dedurre in seguito da molti segni.

L'Unione Catechisti era molto stimata dal clero torinese, che orientava verso di essa i giovani più impegnati nella vita spirituale.

Alle sue riunioni e ritiri intervenivano degli studenti forestieri del Politecnico, che erano a Torino solo per gli studi, fra i quali l'indimenticabile Justin Nicoara, un rumeno che tornato in patria dopo la laurea morirà schiacciato fra due carri ferroviari nel tentativo di salvare un uomo in pericolo.

Qualche volta arrivò all'Unione anche Pier Giorgio Frassati.

Peccato che non si prendesse mai nota delle presenze.

La ruota del tempo continuava a girare, l'Unione catechisti perdeva qualche membro e ne acquistava degli altri, pur rimanendo sempre, con mia grande delusione, l'evangelico "pusillus grex".

L'Istituto dei Fratelli delle S.C. non mostrava di voler accogliere l'eredità di Fr. Teodoreto e questi ne soffriva assai, soprattutto perché era persuaso, anche per le assicurazioni dategli da Fra Leopoldo, che l'Unione Catechisti fosse opera di Dio e voluta da Dio.

Questa però, se non aumentava di numero, sviluppava le sue attività apostoliche, diventava un Istituto Secolare e realizzava un'opera che Fra Leopoldo raccomandava insistentemente ai Fratelli: la Casa di Carità Arti e Mestieri.

Tutto ciò non senza difficoltà e contraddizioni.

Quando il Card. Gamba suggerì al Fr. Teodoreto di inserire nella Regola la pratica dei voti religiosi, questi accolse il suggerimento come una indicazione della Provvidenza, ma non manifestò un eccessivo entusiasmo, almeno a me parve così, come nemmeno io ero troppo entusiasta.

Comunque, ciascuno dei catechisti consultò il proprio direttore spirituale.

Io consideravo mio direttore spirituale lo stesso Fr. Teodoreto, ma mi confessavo regolarmente da un Padre Gesuita dei SS. Martiri, il P. Cerutti, il quale si mostrò decisamente contrario all'emissione dei voti da parte dei Catechisti.

Ma l'opinione del P. Cerutti non prevalse su quella del card. Gamba, e io cambiai confessore, anche se nemmeno io fossi molto entusiasta di questa faccenda dei voti: la semplicità e l'entusiasmo dei primi tempi mi parevano così belli.

Nessuno degli altri giovani presentò delle difficoltà ( che io sappia ) e l'Unione si divise in due gruppi: quelli che intendevano sposarsi ( gli attuali catechisti associati ) e quelli che volevano professare i consigli evangelici ( i congregati ).

Nessuno fece pressioni di alcun genere, però la frequenza degli associati alle adunanze si diradò alquanto.

A questo punto anche il Fr. Teodoreto tendeva ad appartarsi e a lasciar fare ai catechisti, con mio disappunto.

Io insistevo che continuasse lui a presiedere le adunanze, a far le conferenze durante i ritiri, ma non fu mai più come prima.

Per giunta la eroica comunità dei Fratelli di S. Pelagia si spostò in corso Trapani, aprendo un Istituto di Arti e Mestieri e il Fr. Teodoreto seguì in un primo tempo quella comunità e poi fu destinato al Collegio S. Giuseppe, mentre i catechisti si riunivano nella loro Casa di Carità, da poco aperta alla periferia della città.

La presenza del Fr. Teodoreto fra i catechisti, si andò diradando, a motivo della sua salute, limitandosi alle adunanze del Consiglio e ai Ritiri mensili, ma i singoli catechisti lo andavano a trovare spesso nella sua comunità.

La sua morte, benché prevista prossima, fu un lutto grande per i suoi figli spirituali, nonostante l'alone della sua santità, perché tutti gli portavano un grande affetto.

In particolare ne soffrì il catechista Giovanni Cesone, il quale era orfano dei genitori e aveva trovato in Fr. Teodoreto la tenerezza di un padre.

A questo proposito ricordo che il Fr. Teodoreto era di temperamento forte e volitivo, ma nello stesso tempo sensibilissimo: intuiva lo stato d'animo dei suoi ragazzi, anche quando non erano più tanto ragazzi e portavano barba e baffi, e interveniva nel modo più delicato ed efficace.

Del resto non erano solo i catechisti che si appoggiavano a lui, ma pure alcuni Fratelli, affascinati dalla sua virtù, come ad esempio Fr. Anastasio e Fr. Cecilio, che lo consultavano sovente.

Tra di noi si diceva ridendo che si andava da Fr. Teodoreto a farsi fare un'iniezione spirituale.

Eppure io non ho mai conosciuto un uomo più umile di lui.

La modestia traspariva in tutto il suo atteggiamento e in tutti i suoi discorsi.

Non c'era virtù che raccomandasse più insistentemente dell'umiltà, e praticasse con più convinzione.

L'umiltà era una virtù sua caratteristica, che spiccava fra tutte e si manifestava nei suoi giudizi e più ancora nella sua vita, tutta orientata alla ricerca della volontà di Dio, fino alle cose piccole di ogni giorno.

Questa sua ricerca fedele della volontà di Dio, che lo faceva un diligente e fervoroso osservante della sua Regola, si rese ancor più evidente nella fondazione dell'Unione Catechisti.

La ricerca positiva della volontà di Dio è il filo conduttore di tutto nella vita di Fr. Teodoreto, a cominciare dalla sua consacrazione a Dio nell'Istituto dei Fratelli S.C. e poi in tutto il suo orientamento interiore e in tutti i suoi atti anche minimi.

Non vidi mai in lui quell'entusiasmo esteriore e un po' chiassoso, che è naturale in chi è folgorato da una grande idea e sedotto da un orizzonte luminoso.

L'entusiasmo c'era, eccome, e non ci voleva molto acume a scoprirlo, ma era governato nelle sue manifestazioni esteriori: voleva la certezza che tutto fosse secondo Dio.

Che prudenza, che equilibrio, che abbandono nelle mani di Dio!

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