Alla scuola di Maria « Donna eucaristica »

N° 27 - Maggio 2003

Carissimi amici,

in questo mese di maggio le nostre riflessioni prendono spunto dall'ultima enciclica del Papa sulla Santa Messa.

Il nostro intento è di far crescere in noi il desiderio di ricevere sempre Gesù Sacramentato e di riceverlo con sempre maggior raccoglimento.

L'Adorazione a Gesù Crocifisso, preghiera che scrisse il frate francescano Fra Leopoldo Musso ispirato da Gesù stesso, ci può essere di grande aiuto.

Infatti, gli scopi che all'inizio del 1900 venivano indicati per questa preghiera erano i seguenti: riparare i propri peccati e quelli di tutto il mondo, risvegliare in noi il desiderio di ricevere Gesù nella Santa Comunione e con fervore, ottenere la vita cristiana nelle famiglie.

Sono cose "dell'altro secolo", ma sempre valide.

E non è questione di cambiare linguaggio, perché "i tempi sono cambiati".

Fin dall'inizio, quando Gesù fece il primo discorso sul Pane Vivo disceso dal cielo, i discepoli se ne andarono tutti via.

Per credere alla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia occorre molta fede e molta umiltà

 Uniamo perciò alla preghiera del Santo Rosario, possibilmente tutti i giorni, l'Adorazione a Gesù Crocifisso

Alla scuola di Maria "Donna eucaristica"

È questo il titolo del sesto capitolo dell'enciclica " Ecclesia de Eucharistia", pubblicata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, il 17 aprile 2003 giovedì santo.

Gli apostoli, dopo l'ascensione di Gesù, si raccolsero in preghiera "con Maria, Madre di Gesù" ( At 1,14 ), nel cenacolo, in attesa del dono dello Spirito Santo - la Pentecoste - quando nasce la Chiesa.

I discepoli di Gesù "ogni giorno spezzavano il Pane …. lodando Dio" ( At 2,46-47 ), cioè sotto la guida degli Apostoli, Sacerdoti e Vescovi della Nuova Alleanza, celebravano l'Eucaristia.

Sicuramente era presente Maria, rimasta su questa terra a rinsaldare la Chiesa nascente.

Il Papa, al n. 56 dell'enciclica, si domanda: "Come immaginare i sentimenti di Maria, nell'ascoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri Apostoli, le parole di Gesù nell'ultima Cena: Questo è il mio Corpo che è dato per voi ( Lc 22,19 ).

Quel Corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso Corpo concepito nel suo grembo.

Ricevere l'Eucaristia doveva significare per Maria quasi un ri-accogliere in grembo quel Cuore che aveva battuto all'unisono con il suo e rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce".

Qui occorre fermarsi e contemplare: lo faremo in questo mese di maggio, debitamente dedicato a Maria, proprio nel tempo pasquale in cui ci viene dato alla meditazione e alla preghiera il tempo vissuto da Maria dopo la risurrezione-ascensione del Figlio suo.

Al seguito delle parole del Santo Padre or ora citate, ci domandiamo: "Che cosa occupò l'anima e la vita di Maria SS.ma in questo periodo?".

L'Eucaristia, il Calvario e la Chiesa, occuparono questo tempo della vita di Maria.

" L'Eucaristia - ove Ella ritrovava il suo Gesù e lo possedeva come noi lo possediamo, lo amava, lo adorava, lo serviva e lo offriva per le mani degli Apostoli, sacerdoti del Figlio suo, come purtroppo noi non sappiamo o non vogliano amarlo, servirlo e offrirlo.

Il Calvario - i cui sanguinosi ricordi riempivano la sua anima, dove, dopo aver visto soffrire e morire Gesù, straziante dolore sempre vivo nel suo cuore di Madre, andava ancora a raccogliere il Sangue e i meriti del suo divin Figlio, per offrirli, nella sua partecipazione singolare al Sacrificio eucaristico, al Padre Celeste.

Il Calvario, dove la sua anima santa si era offerta sacrificata con Gesù, come ora si offriva con Lui sull'altare, il "Calvario eucaristico".

La Chiesa. La Chiesa e gli apostoli che Ella aiutava, sosteneva, formava con le sue incessanti preghiere e una prodigiosa nascosta immolazione, e questo con un amore e uno zelo attinti al Cuore di Nostro Signore, palpitante ancora nell'Eucaristia, sull'altare del Sacrificio" ( B. Maria di Gesù. Deluil-Martiny ).

Dedicando il capitolo conclusivo dell'enciclica, "alla scuola di Maria donna eucaristica", il Santo Padre ci richiama: "Ecco il modello - Maria - guardatelo, meditatelo, di continuo, e imitatelo".

Con lo stile e l'ardore di Maria, diamo onore, amore, rispetto profondo e servizio fervente a Gesù-Ostia, esposto alla nostra adorazione.

Sia continua la nostra unione al Sacrificio dell'altare; ininterrotta l'offerta da noi fatta con il cuore, del Calice che solo le mani del Sacerdote possono innalzare, per essere sacrificio con Gesù e con Maria.

La nostra esistenza, alla scuola di Maria, donna eucaristica, presso la Croce di Gesù e il suo altare, diventa "Eucaristia": adorazione a Dio nel modo più alto e più degno di Lui, espiazione del peccati nostri e altrui, trasfigurazione in Gesù, dono di luce e di salvezza per i fratelli, attesa vigilante dell'incontro definitivo con Lui.

Paolo

Il dovere di testimoniare la verità

L'enciclica "Ecclesia de Eucharistia" ha ribadito con una fermezza sconosciuta alla "tiepidezza" dei nostri tempi e con una chiarezza che non lascia spazio alle ambiguità delle sfumature letterarie, i fondamenti del Sacramento che più di ogni altro ci unisce intimamente a Nostro Signore.

Il Papa innanzitutto vi individua il fulcro vitale di Santa Romana Chiesa: ""Che cos'è infatti il pane? Corpo di Cristo.

Cosa diventano quelli che lo ricevono? Corpo di Cristo".

L'argomentazione ( di S. Giovanni Crisostomo ) è stringente: la nostra unione con Cristo … fa sì che in Lui siamo associati all'unità del suo corpo che è la Chiesa" ( n. 23 ); "l'Eucaristia è centro e vertice della vita della Chiesa" ( n. 31 ).

Siamo in presenza della "radice" profonda che ci lega al Redentore, unico mediatore di salvezza.

Se estirpiamo questa radice, la "vita" ( n. 1 e n. 18 ) e la "forza" ( cfr. n. 22 ) promesse da Gesù vengono meno, per la gioia maligna di chi vuole demolire la Chiesa.

I nemici della Cristianità ne sono consapevoli - più di tanti fedeli - e sanno dove colpire quando intendono usare l'arma affilata della cultura ( modernista ); non a caso il Pontefice ha solennemente riaffermato la dottrina della transustanziazione insegnata dal Concilio di Trento ( n. 15 ), in base alla quale, con la consacrazione, si compie la conversione del pane e del vino nella carne e nel sangue di Cristo risorto ( n. 18 ).

Vengono quindi eliminate le ambiguità sul presunto carattere simbolico della comunione.

I simboli lasciamoli alla letteratura, verrebbe da dire.

Il Papa, al riguardo, è lapidario: "Non si tratta di un alimento metaforico … ( Gv 6,55 )" ( n. 16 ).

Di fronte al "buonismo" dilagante, l'enciclica non teme di ricordare, inoltre, le condizioni essenziali alla validità e all'efficacia della santa comunione: il sacerdozio in unione con Roma, l'episcopato in successione apostolica, la fede integrale nel Mistero eucaristico, la confessione e l'assoluzione dei peccati gravi.

Viene poi rivalutata l'Adorazione al Santissimo Sacramento come momento essenziale alla vita della Chiesa.

"Spetta ai Pastori incoraggiare … la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie eucaristiche. …

Quante volte ho fatto questa esperienza e ne ho tratto forza, consolazione e sostegno" ( n. 25 ).

A costo di ripetersi il documento rivaluta il tema della "forza" spirituale che ora la Chiesa in quanto Corpo Mistico, ora il fedele in quanto creatura imperfetta, traggono da Gesù Cristo presente in mezzo a noi sotto le specie eucaristiche.

Il Papa evoca addirittura la propria personale esperienza di vita, quasi a convincere gli indecisi sulla reale efficacia di tale devozione e non esita a condannare apertamente il suo abbandono ( n. 10 ).

A sostegno dell'Adorazione al Santissimo viene citato Alfonso Maria de Liguori ( "fra tutte le devozioni questa è la più cara a Dio", n. 25 ), santo e dottore della Chiesa.

Un intero capitolo ( il quinto ) è infine dedicato al "decoro della celebrazione eucaristica".

Per i Don Chisciotte dell'arte medievale, che da anni, a dispetto della generale derisione, si battono contro la banalizzazione della liturgia, degli arredi sacri e dell'architettura religiosa, è motivo di grande conforto questo energico richiamo del Pontefice che, prendendo spunto dall'unzione di Betania ( Mt. 26,8 ) - l'episodio nel quale Gesù, contro la falsa carità di un discepolo, elogia l'uso dell'olio profumato - difende a spada tratta la bellezza delle antiche cattedrali, la forza espressiva dell'arte sacra applicata al Mistero eucaristico, l'ispirata melodia del canto gregoriano, affermando a chiare lettere come occorra: "lamentare che soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica post-conciliare non sono mancati abusi che sono stati motivo di sofferenza per molti" ( n. 52 ).

L'enciclica ha un'impostazione molto tradizionale: non teme di rifarsi al Concilio tridentino ( ! ), ai più antichi campioni della lotta all'eresia, ai grandi eredi della Controriforma ( S. Alfonso Maria de Liguori ).

Quando è necessaria la condanna dell'errore, evita le formule allusive e va dritta allo scopo: "Purtroppo … si aggiungono abusi che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica" ( n. 10 ).

Questi moniti ed i grandi sforzi compiuti a sostegno della Tradizione meriterebbero un'attenta riflessione.

Abbiamo passato in rassegna alcuni passaggi essenziali del documento, anche se, in verità, ci sono affermazioni, solo in apparenza secondarie, che hanno colpito maggiormente la nostra attenzione.

Innanzitutto, va rilevata una visione dell'Eucaristia che supera i limiti dello spazio e del tempo: "Questo scenario … me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico.

Sì cosmico! … L'Eucaristia è sempre celebrata in un certo senso sull'altare del mondo.

Essa unisce il Cielo alla Terra" ( n. 8 ).

Il Papa parla anche il linguaggio del cuore: "Proprio per questo è opportuno coltivare nell'animo il costante desiderio del Sacramento eucaristico" ( n. 34 ).

Animare questo ardore mistico è compito dei sacerdoti, affinché il rito non diventi forzatura, ma slancio d'amore.

Questo invito richiama molto da vicino Fra Leopoldo ed il suo modo squisitamente "amorevole" di rapportarsi con l'Ostia consacrata.

Anche il legame con la Croce è opportunamente sottolineato: "In forza del suo intimo rapporto con il sacrificio del Golgota, l'Eucaristia è sacrificio in senso proprio" ( n. 13 ).

Il sangue di Cristo estingue il peccato perché discende dalla Croce.

Senza di essa l'Ostia non avrebbe alcun effetto salvifico: "La natura sacrificale del Mistero eucaristico non può essere, pertanto, intesa come qualcosa a sé stante, indipendentemente dalla Croce" ( n. 12 ).

Finiamo con una magnifica espressione della Chiesa primitiva, ideale suggello di ogni discorso sull'Eucaristia, corollario perfetto della celebre frase di Gesù "non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati" ( Mc 2,17 ).

Ne è autore San Ignazio, vescovo di Antiochia e martire in Roma, che commentando la natura del pane consacrato, non esitò a definirlo: "farmaco d'immortalità, antidoto contro la morte".

L'enciclica non poteva rinunciare ad una perla così antica e così bella ( n. 18 ).

Contro la disperazione e la desolazione di chi si sente abbandonato all'indifferenza del mondo, ecco una certezza che vince tutte le amarezze.

Stefano