XIV stazione |
V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all'entrata del sepolcro, se ne andò.
Lì, sedute di fronte alla tomba, c'erano Maria di Màgdala e l'altra Maria. ( Mt 27,59-61 )
Ormai siamo qui.
Siamo morti al nostro passato.
Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito.
È difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertà.
Tra i desideri e la sopravvivenza.
Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle.
Siamo qui, sopravvissuti.
Percepiti come un peso.
Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni.
Eppure siamo molto di più che immigrati.
Siamo persone.
Siamo venuti qui per i nostri figli.
Moriamo ogni giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni.
Siamo cattolici, ma anche questo a volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti.
Se non ci rassegniamo è perché sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrà rotolata via.
Signore Gesù, tolto dal legno della croce da mani amiche.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che fosti sepolto nella tomba nuova di Giuseppe d'Arimatea.
R/. Dona nobis pacem.
Tu che non hai conosciuto la corruzione del sepolcro.
R/. Dona nobis pacem.
Signore Gesù, che sei disceso agli inferi per liberare Adamo ed Eva con i loro figli dall'antica prigionia, ascolta le nostre suppliche per le famiglie dei migranti: strappale dall'isolamento che uccide e concedi a tutti noi di riconoscerti in ogni persona come nostro amato fratello e sorella.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
R/. Amen.
Quando corpus morietur,
fac ut animati donetur
Paradisi gloria. Amen.