Il lavoro dell'uomo
Attraverso di esso l'uomo non solo soddisfa i propri bisogni, ma ricerca la propria realizzazione sia a livello personale che sociale.
Le profonde mutazioni che si sono verificate nella società con l'avvento dell'industrializzazione, hanno ampiamente modificato la struttura e l'organizzazione dell'attività lavorativa.
L'introduzione sempre più massiccia della macchina e la nascita della grande fabbrica hanno finito per sottrarre al singolo l'autonomia di decisione di cui in passato godeva e hanno trasformato il lavoro in un complesso ingranaggio, che produce gravi forme di alienazione umana.
Il lavora è cosi diventato, grazie soprattutto all'azione del sindacato, il terreno di forti conflitti, volti alla difesa dei diritti dei mondo operaio e, più radicalmente, alla elaborazione di un nuovo modello di società.
Gli anni '70 hanno segnato il momento culminante di questo processo.
La centralità assunta dal lavoro e le attese di cambio sociale, alimentate dall'ideologia allora dominante, favorivano lo sviluppo della contestazione e l'impegno per la promozione di una nuova qualità della vita.
La fase attuale è, sotto questo profilo, una fase di ripiegamento.
La caduta del mito del progresso indefinito e l'affievolirsi della tensione politica, nonché l'affermarsi della complessità sociale e l'introduzione delle nuove tecnologie informatiche, hanno dato vita a una situazione nuova, caratterizzata dalla passività e dall'individualismo.
Il lavoro rischia di essere sempre più considerato come semplice strumento per far fronte alle necessità della vita quotidiana e sempre meno come luogo di liberazione umana integrale.
A proposito del lavoro, la tradizione cristiana è contrassegnata, fin dall'inizio, dalla presenza di posizioni diverse , e persino contrastanti.
All'esaltazione del lavoro, in quanto prolungamento dell'opera creazionale di Dio ( Gen 1 ), si oppone infatti la visione piuttosto negativa e pessimistica di Gen 2-3, in cui sono messi soprattutto in evidenza gli aspetti di fatica e di sofferenza, che lo caratterizzano.
Il peccato di origine, infrangendo l'armonia del rapporto dell'uomo con Dio, ha rotto lo stesso equilibrio con la natura e con le cose.
la terra, pur conservando la bontà originaria, deve essere conquistata " con il sudore della fronte ".
La letteratura biblica successiva - e in modo particolare il profetismo - ripropone questa ambivalenza.
Il lavoro è, nello stesso tempo, benedizione e maledizione.
È il luogo dell'esercizio della signoria dell'uomo sul mondo, ma è anche l'ambito all'interno del quale si manifesta con violenza l'egoismo umano e si consumano i più terribili conflitti.
La tentazione prometeica, che non abbandona l'uomo, lo porta - come è ben dimostrato dall'episodio della torre di Babele - a rivendicare attraverso il lavoro la propria autosufficienza con il risultato di un'ulteriore perdita di identità e di possibilità di comunicazione.
Il messaggio di Gesù sembra quasi ignorare il lavoro.
L'annuncio del Regno spinge il discepolo che lo accoglie a incentrare tutta la sua esistenza attorno alla ricerca della giustizia di Dio, rimettendosi per il resto con fiducia all'azione provvidenziale del Padre.
Esaltando gli uccelli del cielo e i giglio del campo, i quali non mietono né tessono.
Gesù appare persino un demitizzatore del lavoro e della sua importanza ( Mt 6,25-33 ).
In realtà ciò che egli intende condannare è l'affanno per le cose materiali, che impedisce all'uomo di preoccuparsi delle cose di Dio.
Il lavoro non è dunque rifiutato o bandito, ma soltanto relativizzato.
Esso non perde il suo significato e il suo valore, ma viene inserito nel contesto di una più ampia ricerca di senso, che trova risposta solo nella piena comunione di vita con il Signore.
Del resto, Gesù trascorre i trent'anni della sua vita nascosto nella bottega di Giuseppe, mentre Paolo - pur riconoscendo il diritto dell'apostolo a ricevere il sostentamento per la sua missione - si vanta di non pesare sulle comunità cristiane, mantenendosi con le proprie mani.
Il lavoro conserva, dunque, intatta la sua importanza, anzi, la sua necessità per la realizzazione dell'uomo, ma esso va, nello stesso tempo, subordinato ad un impegno più grande:
quello dell'accoglienza del Regno e del servizio incondizionato alla sua crescita nel mondo.
La vita e la spiritualità dei monaci benedettini sintetizza la concezione del lavoro donataci dal NT.
L'" ora et labora ", che è al centro della regola di vita dei monaci, rimette nel giusto equilibrio contemplazione e azione, le due fondamentali dimensioni dell'esistenza cristiana.
Si deve tuttavia riconoscere che nella storia della Chiesa e nella stessa riflessione teologica non sempre tale equilibrio stato mantenuto.
Per molti secoli il lavoro è stato prevalentemente concepito come conseguenza del peccato, e perciò considerato nei suoi aspetti negativi di pena e di sofferenza.
Di qui la tendenza a riscattarlo solo dall'esterno, a ridurlo cioè a mezzo di espiazione o a santificarlo mediante la preghiera.
Gli sviluppi assunti dalla scienza e dalla tecnica e l'aprirsi di una stagione di confronto della Chiesa con il mondo - soprattutto a partire dagli anni '50 - hanno stimolato la riflessione cristiana a ripensare il tema del lavoro.
La riscoperta del valore della creazione e della responsabilità dell'uomo nei confronti di essa contribuisce, in modo determinante a restituire un significato all'attività umana.
Testo tratto da: G. Piana - G. Brambilla,
"La morale. Spiegazione e documenti dell'agire dei cristiani", LDC 1992