Ogni cristiano è responsabile della parola di Dio
19-10-2002
Ben ritrovati. Siamo pronti, energici, per andare avanti questa mattinata?
Non vi chiedo, se avete preso il caffè, spero di si.
Se avete i vostri fogli ci troviamo alla scheda n°2.
In questo paragrafo ci dice: il cristiano è un catechista.
1) Il cristiano è un discepolo di Gesù
2) Dimensione spirituale del catechista
3) Il Regno di Dio
4) Emozione e sentimento
5) Il cristiano è responsabile della parola di Dio
6) Ogni cristiano ha una chiamata diversa
7) Come si concretizza la fedeltà alla chiamata alla parola di Dio
8) L'importanza dell'umiltà
9) L'apertura al mondo
10) Identificazione del cristiano con Cristo
11) La consapevolezza di essere figli di Dio
Coloro che sono stati a Messa ieri, si ricorderanno sicuramente che è stato letto un brano del Vangelo, in cui si diceva che Gesù aveva radunato altri settantadue dei suoi discepoli e li aveva mandati per annunziare il Regno di Dio, dicendo alcune caratteristiche, alcuni impegni che dovevano avere.
È interessante sottolineare questo fatto, che Gesù non chiamò altri apostoli per l'estensione del suo Regno, per l'annuncio evangelico, ma chiamò i discepoli.
I discepoli erano quelli che lo seguivano, dunque è molto importante per noi capire chi è il discepolo.
Sono cose di cui abbiamo parlato in altre occasioni, probabilmente vale la pena di soffermarsi ancora qualche minuto, per avere dentro di noi una consapevolezza più chiara di quello che siamo.
Nell'essere diventati figli di Dio noi abbiamo accettato di essere tra coloro che seguono il Signore, quindi si tratta di dire che noi siamo veramente i discepoli di Gesù Cristo.
Se questo è vero, significa, che uno dei nostri compiti, forse quello primario, quello che il Signore si aspetta con più impazienza, con più chiarezza da ciascuno di noi è proprio quello di essere tra quelle persone che vanno e annunciano che il Regno di Dio è vicino, che il Regno di Dio è giunto.
Detta così sembrerebbe che di colpo noi tutti dovremmo smettere di fare le cose che stiamo facendo quotidianamente, dovremmo fare come i Testimoni di Geova: andare in giro a fermare le persone e dire questo o quell'altro.
Non si tratta proprio di questo.
Il discepolo che annuncia il Regno di Dio, lo annuncia in modi diversi.
Il discepolo è prima di tutto una persona che cammina con il Signore.
Su questo aspetto, mi sembra che l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo sottolineato fortemente la necessità di un impegno spirituale; un catechista degno di questo nome non può essere una persona che non prega.
La dimensione spirituale deve essere una dimensione in ogni modo privilegiata, per un cammino di cristianità autentico; per questo motivo il catechista è una persona di ascolto, una persona di preghiera.
Il discepolo è colui che sta portando un annuncio bello, lieto alle persone che incontra e lo fa in modi diversi.
Parlando di discepolo, non stiamo parlando direttamente di catechista, ma noi essendo catechisti non possiamo pensare di non essere discepoli.
L'essere catechisti si inserisce sopra il discepolato, e il discepolato si inserisce sopra la nostra umanità.
C'è una costruzione che la grazia di Dio opera nella nostra vita si basa su questi fondamenti.
Il primo è la persona umana, quindi è molto importante che noi umanamente cerchiamo di essere persone equilibrate.
Tutto ciò che è dote umana è dono di Dio e noi abbiamo il dovere di mantenerlo brillante, lucido, vivido, perché sulle nostre potenzialità umane si appoggerà la grazia di Dio.
La grazia di Dio ci userà, ci trasformerà, ci metterà a suo servizio, ma deve trovare un materiale a sua disposizione, non credete ?
Dunque è importante che noi si faccia di tutto per approfondire la nostra coscienza cristiana, il nostro modo di essere cristiani.
Questo fa parte dell'ambito umano su questo ambito umano, su questo ambito umano si inserisce l'azione della grazia che ci apre l'intelligenza e la comprensione delle Scritture e alla Teologia, dopo di che diventa concretizzazione il nostro essere catechisti.
Come vi è stato detto in molteplici occasioni, essere catechisti non significa necessariamente avere una classe davanti.
Uno è catechista sempre, continuamente, in ogni occasione direbbe Paolo, quando scrive a Timoteo: "In tutte le occasioni opportune ed inopportune".
Adesso anche qui si tratta di usare la virtù della prudenza e della opportunità, ma in ogni caso sappiate che il catechista è un discepolo e il discepolo è stato inviato da Gesù ad annunziare che il Regno di Dio è vicino.
Pensate, questo accadeva più di duemila anni fa, quindi se sono passati duemila anni, significa che il Regno di Dio è più vicino di duemila anni.
Ma che cosa significa Regno di Dio?
Quando diciamo Regno di Dio pensiamo, giustamente, al Paradiso.
È vero, ma il Regno di Dio non è solo questo.
Il Regno di Dio non è neanche solo la vita della Chiesa su questa terra.
Perché semplicemente noi possiamo identificare il Regno di Dio con la Chiesa militante, le parrocchie, le attività, tutte le cose che sono da fare; significa estendere e consolidare il Regno di Dio.
Ma il Regno di Dio non è un territorio, il Regno di Dio non è una potenza, il Regno di Dio è un'altra cosa per semplificare al massimo direi Regno di Dio uguale Regola di Dio.
Anche di questo vi ho già accennato, ma soprattutto negli anni passati.
Quindi penso che valga la penna di riprendere questo argomento, soprattutto per le persone che sono nuove quest'anno.
Vedo anche dei visi nuovi, che non avevo visto l'altra volta, sono ben contento.
Dunque Regno di Dio uguale Regola di Dio, che non è la stessa cosa della Legge di Dio.
La Regola di Dio, per dire semplicemente, è il sogno che Dio ha di come dovrebbero vivere gli uomini, secondo i suoi desideri.
Detto in parole povere, Dio dice: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza".
Perché l'uomo sia veramente uomo allora vivrà così: sarà generoso, sarà gioioso, ricco di pace, di misericordia, ecc.… tanto per intenderci la Lettera ai Galati, capitolo cinque, dal versetto ventidue in poi: "Il frutto dello Spirito".
Allora la Regola di Dio è questa, il Regno di Dio è un Regno di pace e di giustizia, sempre intendendo questi termini, non nel lessico italiano, ma nel lessico teologico.
Perché pace in italiano vuol dire una cosa, ma in italiano teologico vuol dire tutta una altra cosa; pace significa realizzazione delle promesse di Dio.
Toccheremo questi argomenti quando ci troveremo nei periodi più adatti, per esempio nel periodo di Natale, però vi annuncio semplicemente, vi ricordo l'inno angelico "Gloria in excélsis Deo et in terra pax homìnibus", pace in terra, ma la pace non è la mancanza di guerra, la pace è un'altra cosa, è la pienezza delle realizzazioni delle promesse di Dio.
Bene toccheremo anche questo argomento, ma noi dobbiamo andare avanti per capire che cosa si intende Regno di Dio, Regola Dio vivere come Dio sogna.
Nella Lettera ai Fillippesi, ( Fil 2,5 ) è scritto: "abbiate in voi i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù".
Dire Regno di Dio equivale a dire avere dentro di noi gli stessi sentimenti di Gesù.
Allora, Gesù che sentimenti aveva nei confronti di Dio Padre? Pensateci.
Che sentimenti aveva per le persone che erano intorno a lui, per il prossimo?
Che sentimenti aveva per il mondo, quindi le realtà del mondo, la natura, tutto quanto?
Gesù che sentimenti aveva nei confronti di se stesso?
Vorrei farvi un'altra specificazione, non vorrei apparire meticoloso, ma semplicemente per illustrarvi come sia molto importante che noi si abbia una concezione abbastanza chiara dei termini che usiamo.
Quando dico sentimenti non ho detto emozioni.
Le emozioni fanno parte della emotività e sono volubili.
Con il termine "sentimento", in senso biblico, si intende dire proprio che tipo dire che tipo di relazione c'è tra me e Dio, tra me e gli altri, tra me e il mondo, tra me e me stesso.
È un tipo di relazione.
Abbiate ben presente, se potete, di quando mi capita di specificare il significato di qualche termine, perché lo so che nel linguaggio comune diamo per scontato il significato di certe parole.
Ma nel linguaggio biblico, nel linguaggio teologico, nel linguaggio catechistico, nel linguaggio spirituale queste parole hanno una profondità che è maggiore, che ci aiuta a intuire molte più cose; forse dopo leggendo un brano di Vangelo, ricordando il significato spirituale che ha una parola, lo comprendiamo più profondamente.
Questo dovrebbe essere, specialmente per voi che desiderate fare catechismo, un motivo in più per scoprire quante gemme preziose il Signore ha disseminato nella sua Parola, quando vi toccherà parlare della Parola di Dio, leggere qualche brano di Vangelo riuscirete a cogliere qualche significato spirituale in più e riuscirete a comunicare qualche cosa che, state sicuri, è sicuramente ciò che le persone hanno bisogno di sentire.
Qui in questo paragrafo si dice: "Ogni cristiano è responsabile della parola di Dio secondo la sua vocazione e le situazioni di vita nel clima fraterno della comunità ecclesiale".
Ora, ogni parola di questa frase andrebbe spiegata, si potrebbe parlare lungamente su ogni cosa.
Io cercherò semplicemente di tradurla in modo più semplice, perché sappiate che orizzonte c'è d'innanzi a noi attraverso queste esplicitazioni.
Ogni cristiano è responsabile della parola di Dio.
La parola di Dio, però, sappiamo che è stata consegnata alla Chiesa.
La prima riflessione che ci viene spontanea è dunque questa: l'interpretazione sulla parola di Dio appartiene alla Chiesa, concretamente a nessuno di noi è dato il potere di prendere una parola di Dio e dire: "Significa questo".
La parola di Dio ha un certo tipo di significato che ci è illustrato dalla sapienza della Chiesa.
Pensate duemila anni di meditazione sulla stessa parola, ci saranno state della luci spirituali notevoli.
Ecco tutto ciò che fa parte di questo tesoro prezioso sulla meditazione della parola di Dio è a disposizione di tutti i cristiani.
Allora, come mai qui dice che ogni cristiano è responsabile della parola di Dio?
Perché a ogni cristiano si può applicare molto bene quella frase di Gesù quando dice: "… ogni buon scriba è paragonabile ad un amministratore che trae cose antiche e cose nuove".
Ecco voi abbiate in mente di essere questi scribi saggi e avveduti, che dalla parola di Dio sanno trarre fuori gli insegnamenti adatti alle persone che state incontrando.
Da tutto questo si evince, non credete, che è forse il caso di avere ogni tanto con sé il Vangelo, la Parola di Dio e magari scoprirsi a rileggere delle frasi o dei brani che abbiamo già riletto altre volte.
È evidente che il catechista che non legge la parola di Dio, non so bene cosa vada a fare; forse non si può chiamare catechista, si può chiamare ripetitori di lezioni già precostituite su di un testo, ma il catechista è un po' più di questo, andiamo avanti.
Secondo la sua vocazione, è evidente che ciascuno di noi ha una chiamata diversa nel seguire il Signore.
Ossia: tutti noi siamo chiamati a seguire il Signore, però abbiamo delle situazioni di vita, concretamente diverse.
Questo non vuol dire che tutti dobbiamo fare la medesima cosa, nel medesimo modo, ma significa che tutti dobbiamo avere il medesimo fine, il medesimo scopo.
Il medesimo fine, il medesimo scopo è far conoscere e amare Gesù.
Far diventare una persona che conosce e ama Gesù vero Figlio di Dio Padre.
Sappiamo che lo scopo da raggiungere è questo, bene.
Fa' tutto quello che vuoi, con tutte le capacità che hai, con tutta la fantasia che hai per raggiungere questo scopo, restando all'interno dei binari dell'insegnamento della Chiesa: questo è l'itinerario da compiere.
È evidente che un papà farà sicuramente questo compito, nel suo modo tipico di esprimersi, nel suo campo, una mamma idem, tutti cercheranno di portare avanti questo itinerario, ma ognuno con la sua sfaccettatura, con la sua caratteristica specifica.
In questo modo non si sta frammentando un discorso, lo si sta arricchendo, di espressioni e di sfumature diverse.
L'importante è che, sotto un certo aspetto, si abbia un minimo una idea chiara di qual è il nostro compito.
Talvolta mi è capitato di incontrare certi laici che facevano la parte dei sacerdoti e d'altra parte non è raro trovare dei sacerdoti che facciano la parte dei laici.
Dunque bisogna che sia un po' chiara quale sia la nostra collocazione all'interno del corpo di Cristo.
Il Signore si servirà di te, nella tua vocazione specifica, non in quella di un altro.
Altrimenti ti avrebbe fatto essere una suora o ti avrebbe fatto essere un sacerdote o ti avrebbe fatto essere un coniuge; quindi scopri dentro la tua vita come si concretizza questa chiamata di fedeltà alla parola di Dio, che non è per tutti uguale, mentre la fedeltà è per tutti tassativa.
Si esplica e si concretizza in modi diversi, mentre la fedeltà è unica.
Clima fraterno della comunità ecclesiale: significa uno stile di condivisione, di edificazione vicendevole, non di competizione.
Che tristezza, quando in certi gruppi anche parrocchiali si nota che c'è qualcuno che vuole emergere, che vuole primeggiare, che vuole gareggiare e gli altri, che non sono da meno, restano umiliati, restano chiusi in se stessi.
Chi sono peggiori, quelli che restano chiusi in se stessi o quelli che vogliono primeggiare?
Non lo so, certe volte non bisogna fare così perché c'è tanto fumo di code bruciate, che bisogna aprire le finestre.
È molto importate valutare l'importanza dell'umiltà, senza l'umiltà è impossibile mettere in pratica questa espressione "nel clima fraterno della comunità ecclesiale".
Una persona umile è una persona che non è mai gelosa e che non si sente umiliata, una persona umile è una persona sveglia e molto intelligente, talmente intelligente che riesce a vedere le cose buone che fanno gli altri e non dice "ah io, no!", ma dice "voglio provarci anch'io, voglio farlo, voglio imparare".
Allora vedete, l'umiltà, non è una emozione, non è un sentimento, è un esercizio della volontà.
Nessuno può dire "ah, è contro di me io non c'è la faccio".
L'umiltà è quella caratteristica che distrugge ogni forma di rivalità, di confronto, di senso di inferiorità, di invidia, di gelosia.
Voi sapete per esperienza, come tutti noi sappiamo di esperienza, che dovunque c'è un consesso umano, cioè un gruppo di persone che si trovano insieme, è facile che emergano i confronti, dai confronti nascono i paragoni, dai paragoni nascono i giudizi e quindi le gelosie, le rivalità e quindi il gruppo resta realmente frammentato.
Non è così la Chiesa.
La Chiesa è il corpo di Cristo.
Cosa ne dite se il dito indice si mettesse a bisticciare con il pollice, non ha senso, è la stessa mano, mica l'indice può fare la parte del pollice!
E così è la stessa cosa nella Chiesa, nelle parrocchie, nei gruppi di catechismo.
Questo è il clima fraterno, il clima che San Paolo definisce in questo modo "gareggiate nello stimarvi a vicenda".
Io non dico che questo sia una cosa spontanea; può darsi che il Signore ti dia una grazia speciale, che per te, per un certo periodo di tempo, questo sia facilissimo e tu lo faccia, diciamo, quasi spontaneamente, ma non è sempre così.
Il più delle volte una persona deve sforzarsi di superare, non solo le apparenze, ma, diciamolo pure, anche i lati negativi del tuo fratello e della tua sorella; se quella persona è arrogante è arrogante, non puoi dire che non sia arrogante, ma se tu sei una persona umile dici: va bene, mettiamo da parte l'arroganza e prendiamo quello che di buono ha.
San Paolo diceva: "Omnia probate quod bonum est tenete" : misurate ogni cosa e tenete per voi ciò che è utile, il resto lasciatelo perdere, questa deve essere la nostra forza.
Tenete presente che su questa linea si è mosso il Concilio Vaticano II quando ha parlato della apertura al mondo.
In certi casi l'apertura al mondo è stata interpretata un po' come si voleva: apertura al mondo non significa lasciare perdere le cose della Chiesa per accettare acriticamente tutte le cose del mondo.
Apertura al mondo significa, un grande discernimento e dire: "Proviamo tutto, tutto ciò che è conforme agli insegnamenti di Gesù, lo teniamo, tutto quello che non è conforme a gli insegnamenti di Gesù, lo segnaliamo, dicendo che non è secondo l'insegnamento di Dio".
Questo dovrebbe essere l'impegno della Chiesa, quindi dei singoli cristiani, quindi di tutti i discepoli nel mondo: vedere cosa c'è nel modo e dire: "Questo lo salvo questo lo getto".
Ma per fare questo tipo di discernimento bisogna avere la luce di Gesù.
Vi ricordo che se ci sono degli argomenti, delle curiosità, delle domande da fare preparatemi dei bigliettini e dateli ad Leandro, così io mi rendo conto se ci sono delle cose che vale la pena di sottolineare.
Se avete delle domande, voi sapete che non abbiamo mai molto tempo, se io so che ci sono degli argomenti particolari posso tornarci sopra, sottolineare certi aspetti.
Siamo d'accordo ?
C'è una responsabilità radicata nella vocazione cristiana.
Ciò che ho già accennato prima, lo dico proprio in parole semplici: poiché tu sei un cristiano tu sei Cristo. Tu sei Gesù Cristo.
Cosa farebbe Gesù Cristo lì dove lavori tu, lì dove operi tu, lì dove vivi tu?
Gesù Cristo che è assiso alla destra di Dio Padre nella gloria dei cieli, qui sulla terra sta assicurando la sua presenza in spirito e verità, la sua presenza fisica operativa e eucaristica; ma nella eucaristia ci sei anche tu dentro.
Che senso ha l'Eucarestia domenicale o quotidiana che sia, se non quella di confermare una piena, totale, indiscutibile comunione con il Signore, cioè a dire: Tu sei me e io sono Te.
Quando fai la Comunione, praticamente dici: tu sei in me e io vivo in te.
Quindi chi vede me vede Cristo.
Qui c'è un aspetto d'affrontare, le cose che io sto facendo Gesù le farebbe nello stesso modo?
Se invece di essere io fossi Gesù, come mi comporterei nel mio posto di lavoro, con i miei colleghi, con le persone che incontro e che conosco; vedete la spiritualità diventa una cosa molto concreta non appena si ricorda a noi stessi chi siamo.
Noi siamo, non solo il tabernacolo di Gesù nel mondo, siamo molto di più, siamo le mani di Gesù, i piedi di Gesù, gli occhi di Gesù, le orecchie di Gesù, il cuore di Gesù.
Noi siamo tutto questo, perché noi siamo il corpo di Gesù Cristo e lui è il capo.
Quindi è una responsabilità radicata nella vocazione cristiana, poiché tu sei cristiano, tu sei il figlio di Dio.
Dio Padre apre la finestra del paradiso guarda giù e dice: "Oh, guarda mio figlio cosa sta facendo oggi" oppure "Ah ,cosa sta facendo oggi mio figlio?", Capite?
Il Padre non dice la mia creatura, a te dice mio figlio e tu potresti di tanto un tanto guardare su e dire: "Ciao, papà".
Deve nascere, crescere, svilupparsi e consolidarsi questa consapevolezza di essere figlio di Dio.
Non solo sentirlo, ma volerlo coltivare, questa che è la tua realtà più profonda e più autentica.
Tu sei insegnante, tu sei imprenditore, tu sei commerciante, tu sei catechista, tu sei sacerdote, tu sei suora, tu sei consacrato, tu sei un coniuge, tu sei un papà, una mamma, no prima di tutto questo, tu sei suo figlio, tutto il resto si inserisce sopra, sopra questo.
E questo scaturisce dal Battesimo.
Come una spugna: metti una spugna dentro l'acqua e vedrai che contiene molta più acqua di quella che fisicamente potrebbe contenere.
Allora, il Battesimo significa immersione in Dio.
All'inizio della Chiesa, voi lo avrete osservato sicuramente, visto che in Italia ci sono tantissime di Basiliche che conservano ancora l'antico battistero con gli scalini, il Battesimo ( per i primi quattro cinque secoli) il Battesimo era solo per immersione, poi, dopo l'editto di Costantino, i battesimi erano tantissimi, allora hanno cercato di adattarsi alle necessità pastorali del tempo.
Per immersione significa che il candidato entrava nell'acqua e il diacono vicino a lui lo immergeva tre volte nell'acqua, per dire: ecco tu muori al mondo perché ti immergi, ma ti immergi in Dio.
Esci fuori dall'altra parte rivestito di una tunica bianca, eh quella tunichella che viene appoggiata sul bambino per dire sei il candidato, adesso sei bianco, sei candido.
Per tutta la Settimana Santa di Pasqua i nuovi battezzati, stavano con il Vescovo in presbiterio, insieme con i presbiteri.
Erano altri tempi, altri ritmi, altre possibilità, ora ci dobbiamo adattare alle situazioni che abbiamo adesso, senza entrare in discussioni che non competono a noi e che lasciamo ai nostri responsabili che hanno ricevuto il compito da Dio di decidere di cose importanti.
Dunque nel Battesimo noi siamo immersi in Dio, noi diventiamo parte di Dio senza smettere di essere persone umane, vedete il Battesimo è la risposta dell'Incarnazione.
Dio si fa uomo senza smettere di essere Dio, e questo avviene nella pienezza con il Battesimo di San Giovanni il Battista; l'uomo diventa, i Padri dicono, divinizzato senza smettere di essere uomo.
Vedete la risposta dell'incarnazione è il Battesimo.
Il segreto è uno solo: Dio vuole far parte della nostra vita.
Questo è il segreto.
Dio non vuole che noi ci sentiamo creature, Dio vuole che noi ci sentiamo di famiglia, che noi siamo una sola famiglia.
Ognuno nella sua situazione di vita concreta.
Tu devi esprimere Gesù nella tua situazione concreta, nel tuo modo di esprimerti, però attenzione, questo è il punto difficile, non devi esprimere te stesso, ma devi esprimere Lui.
La spontaneità e lo spontaneismo sono dei rischi.
Perché nella spontaneità e nello spontaneismo, che è una "infiammazione" della spontaneità, emerge quello che sei tu, allora se tu hai una forte vita di comunione con il Signore, mi sta tanto bene, ma se questa vita di comunione ogni tanto vacilla e traballa allora capisci bene che quello che tu comunichi non è tanto il Signore, quanto delle tue emozioni, dei tuoi sentimenti.
Sia Lodato Gesù Cristo.