Leopoldo Maria dei Minori

B17-A2

È ancora fra Leopoldo Maria dei Minori, come nel numero precedente del Bollettino, e quale esce dal discorso dello studente Lelio Neri, di cui nel primo articolo di questo numero stesso.

Più d'uno dei miei benevoli uditori e di quelli che ammirano il crescente sviluppo della Pia Unione nostra non saprà forse quali siano state le origini di questa fioritura di devozione e per mano di Chi il Signore ne abbia gettato la semenza.

Appunto del Seminatore di tanto bene voglio io oggi tenervi parola.

Chi fondò la Pia Unione del Santissimo Crocifisso?

Un umilissimo tra i servi del Signore; uno di quegli uomini che la divina magnificenza della Virtù celano e custodiscono sotto le spoglie della più sprezzata povertà e vorrebbero ( se non fosse la misericordia di Dio che altrimenti dispone ) comprimere tra le mura del convento la loro fragranza.

Ma non v'è muro, per quanto massiccio, impermeabile a tanto profumo: esso si diffonde nel mondo a suscitare frutti di vita eterna.

Tale mistica fragranza esalava appunto dalla dolcissima anima di Fra Leopoldo Maria dei Minori, morto nel convento di S. Tommaso il 27 Gennaio scorso.

Quando Luigi Musso, umile operaio di un'umilissima arte, volle ricoprire della tonaca rude il calore palpitante delle sue virtù e incanalare sull'orme indelebili del Poverello d'Assisi la sua vita ormai eternamente di Dio, era uno di quei fiori che non sono cresciuti nella serra sotto le cure del mondo; era uno di quei fiorellini ai quali il Padre che è nei Cieli rivelò cose ignorate dai potenti.

Dalla zolla umile e feconda del suo Monferrato buono e incorrotto aveva succhiato la linfa della purezza semplice: era cresciuto sotto il sole e tra il verde dei lunghi filari osannanti a Dio insieme, con la bronzea, vespertina voce dei mistici campanili; e le cure d'una famiglia dolcissimamente buona avevano corrisposto alle cure di Dio per gettare germi fecondi nel suo cuore.

Ve l'immaginate fanciullo ancora già piangere sul suo Gesù Crocifisso e indegnarsi coi crocifissori impressi in una piccola immagine?

Preludio soave degli infocati ardori d'un giorno non lontano.

Il suo mestiere, che lo condusse attraverso alle città e alle famiglie, lo confinava nella cucina: così il Signore si compiace di custodire nel più remoto angolo della casa il tesoro a Lui più caro.

E nell'esercizio quotidiano della sua fatica irrorava del suo sudore la feconda preghiera; e le labbra quando non sorridevano benigne a chi fortunato l'avvicinava fremevano nella prece; e le mani quando non s'agitavano sulla tavola tra l'ammasso delle suppellettili si giungevano supplici.

Ma un giorno il Signore lo volle più suo.

Divenne Fra Leopoldo dei Minori.

E la sua preghiera divampò, e non ebbe più requie, e la sua vita si fece una conversazione col Cielo; e i suoi occhi non cercarono più che di rapire al Cielo qualche sprazzo di luce per rifletterlo in terra sull'anime che a lui chiedevano conforto.

E quante anime chiedevano conforto a Lui!

Il giovane inesperto, la buona signora incerta del domani, il sacerdote, il dotto, il ricco, tutti accorrevano e si rinfrancavano e assistiti dalla sua preghiera ritrovavano il sorriso perduto.

Un giorno un piccolo foglietto manoscritto uscì dal convento stretto sul cuore d'un devoto: e portò per primo nel mondo il palpito d'una Div.ma Preghiera: la preghiera alle cinque SS. Piaghe.

Poi la stampa lo moltiplicò e lo trasformò in migliaia e in milioni: e le migliaia e i milioni si distribuivano come mazzi di fiori; e cominciarono le anime a riceverne il profumo: e in breve come chicchi di grano lanciati dal pieno ventilabro si sparpagliarono per il mondo recando sotto la molteplicità degli idiomi l'unità dell'amore.

Gesù Crocifisso aveva compiuto il miracolo per mezzo del suo Servo.

Ai piedi del Dio morente, che ogni foglietto ritraeva, c'era un'anima aggrappata alla Croce: immagine certo d'ogni Cristiano: ogni Cristiano deve aggrapparsi alla Croce vivificante.

Ma non voleva forse il Signore che molti cuori s'aggrappassero a Lui Crocifisso con maggior tenerezza d'affetto e saldezza di propositi, e che quell'anima che si solleva da terra e lascia le bassezze e la schiavitù del mondo diventasse il particolare monito e lo speciale simbolo d'un nuovo esercito?

Sì: a Fra Leopoldo l'incarico di raggrupparlo.

Un esercito giovane che inalberasse la Croce come vessillo e la portasse nel mondo: un esercito che attingesse alla Croce la forza per una speciale missione.

« I fanciulli hanno domandato il pane ( Lam 4,4 ) « Sfamateli » disse il Signore ai nuovi Soldati.

« Spiegate loro quelle parole mie che mai non passeranno.

Rivelate loro le dolcezze del Regno di Dio ».

Imperocché, ammonisce il libro santo: « Il giovanotto, presa che ha la sua strada, non se ne allontanerà nemmeno quando sarà invecchiato » ( Pr 22,6 ).

« Preparate dunque gli uomini di domani ».

Nacque l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, esercito di giovani Catechisti.

L'unione era la sua figlia prediletta: i giovani accorrevano a Lui, lo attorniavano; si nutrivano delle sue parole, dei suoi sorrisi.

Oh, fortunati noi che varcammo quella soglia quand'Egli c'era ancora, posammo le labbra indegne su quella mano benefica, ci aggrappammo al suo cordone come ad un'ancora di salute!

Io ricordo: si usciva dalla porta del Convento; ci si voltava ancora una volta verso la sorridente bontà di quel volto di Santo, mentr'Egli s'attardava a benedirci con l'ultimo saluto: e ci si sentiva cambiati.

Fuori si ritrovava il mondo: la garrula scipitaggine degli uomini ci attorniava ancora come sempre: ma gli occhi si chiudevano volentieri al mondo per lasciar campo all'anima di vedere e di spaziare.

Sì, c'era qualcosa di nuovo in quest'anima: era come se essa tornasse da una festa: si sentiva ringagliardita da una nuova fierezza di propositi, illuminata da un nuovo bagliore di speranza, riscaldata da un nuovo palpito d'amore.

E come mai tutto ciò? Le parole sgorgate dal suo cuore erano state le briciole di una santa semenza che era scesa nel profondo del nostro.

Semenza materiata d'un sapere profondo: quell'unico e vero sapere che nasce dalla preghiera, che s'irradia dal Tabernacolo, che s'incastra nell'anima quand'e imporporata del Sangue di Gesù.

Quale differenza dal vano sapere del mondo!

Quale monito per noi giovani catechisti, giovani che dobbiamo essere apostoli, propagatori del sapere eterno!

Oh, corriamo alla fonte unica del sapere: Gesù!

Incateniamo, per carità, l'acque spumeggianti dell'entusiasmo negli argini della preghiera: manteniamole pure col contatto Divino!

Corriamo, corriamo, si, alla lotta: ma Cristo ci trovi prima al Convito, ma il primo bacio sia per Lui quando la diana è suonata, nell'albo operoso!

Solo cosi si acquista il sapere che aveva Lui, il maestro.

Sapere profumato d'amore quello di Fra Leopoldo.

Amore per tutti: per il santo e per il peccatore.

Amore Francescano, sublime, semplice, eroico.

Per ogni persona una parola buona, per ogni miseria una lacrima, per ogni debolezza l'indulgenza.

E odiava la colpa ( ne inorridiva! ), ma il peccatore no.

Quest'è l'amore di Cristo, retaggio suo nei secoli: questo ci comandò per Lui l'Apostolo: « Amatevi … sopportandovi gli uni gli altri, e perdonandovi scambievolmente, ove alcuno abbia da dolersi d'un altro: conforme anche il Signore a voi perdonò, così anche voi ».

Amore questo che vince tutti gli odi; che avviluppa gli animi e li ghermisce: che scuote il mondo e ne dissipa le fole e i vizi.

Amore: l'arma che tutti dobbiamo impugnare, giovani amici che mi ascoltate: tagliente come una spada, balenante sotto gli occhi di Dio come quella del Crociato sotto il sole.

È certo che con questa Davide vincerà ancora e sempre Golia …

Un ricordo ancora di quelle visite indimenticabili.

Chi ha udito Fra Leopoldo parlare della sua « Mammina »?

Non sentite nel nome la poesia del fanciullo e dell'asceta? non vi scorgete un candore di neve e il bagliore d'un fuoco avvampante?

Oh! quando parlava della Madonna Egli si trasfigurava: quanto La amava: e quante grazie la mammina gli aveva fatto!

E talune anche meravigliose e sublimi, come la vittoria di un morbo creduto dagli uomini inesorabile e che la mano della Vergine dissipò.

Ed anche qui, in questo dolcissimo amore quale insegnamento!

Noi la « Mamma » non l'amiamo abbastanza mai.

Incoroneremo la sua fronte coll'oro più prezioso, sbocceranno rosari profumati dagli animi, saliremo scalzi litaniando per l'erta faticosa bagnata dal nostro sudore: sarà poco, sempre poco per Colei che ci ha dato Gesù.

Vedete: non mi sono scaturiti dall'anima che pochi ricordi di quelle dolcissime conversazioni.

Ma c'è già in essi tutta una dottrina: Sacramenti e preghiera; Gesù fonte d'ogni nostro operare; Maria l'alleata, la consolatrice, la Mamma; « Amore » la nostra divisa, immortale contrassegno dei soldati di Cristo.

Non erano che poche scintille scoppiettanti nell'animo: ed ecco che si sono raggruppate in un sole magnifico, sintesi d'ogni ideale, scaturigine d'ogni virtù.

A noi raccoglierne i raggi, affinché ne brucino i nostri cuori.

Sentite l'ultima visita …

Nella penombra, un tremolare di ceri singhiozzanti, un profumo di santità e di morte, di dolore e di speranza, una visione del Paradiso attraverso a squarci di nubi tempestose: un bisbigliare di preci; un singhiozzare represso.

In mezzo Lui dormiente: ha nel volto una pace angelica, sulle labbra le tracce della preghiera morta in terra per rimanere in Cielo; nelle mani: grani del Rosario tante, tante volte ( oh, la quotidiana, non mai esausta fatica! ) numerati; corona regale sul candore del capo il cappuccio, abito solenne il saio.

Gli mormorammo il Rosario, oh eravamo in molti!: e ognuno rappresentava una casta, un'arte, una battaglia umana: io studente vidi vicino a me un mio professore, accanto a una signora una povera suora, accanto a un giovane un cappuccino: tutti suoi protetti.

Gli abiti del mondo circondavano il saio Francescano: esso in mezzo era come un monito.

Non dobbiamo forse essere tutti Francescani?

Non v'è forse per tutti un cingolo di penitenza che ci incateni e ci delizi?

Non siamo tutti figli del Poverello se esser suoi figli vuol dire piantarsi la Croce nel cuore e affondare gli occhi nelle Piaghe sacrosante del Dio Crocifisso?

Dal suo letto di morte Fra Leopoldo ci aveva ancora migliorati e purificati.

Quando uscii gli occhi non si volsero più a cercare il sorriso benedicente dietro allo spiraglio ma passando da quelle luci fioche alle false luci del mondo abbagliati si chiusero; poi per salvarsi si levarono verso il cielo.

Dal Cielo Egli ci guarda: a noi tocca ora l'esser degni di Lui: a noi il far fruttare quei talenti per mezzo di Lui ricevuti: a noi l'invocarlo e l'imitarlo nell'inesauribile, ardente, infocato amore per Gesù Crocifisso.