Gloria a Dio Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo

B51-A1

Dagli scritti di Fra Leopoldo Maria Musso dei Minori

Per concessione speciale del Rev. Padre Provinciale di Torino.

A maggior gloria di Dio e alla Sua SS. Madre, Maria Vergine

A noi poveri mortali, solo di passaggio su questa terra, per guadagnare eterni .gaudi nei cielo, non può esserci cosa più utile, ne più consolante che cominciare quaggiù quell'unione felice, la quale dovrà poi compierei perfettamente in Paradiso, con una vita veramente cristiana, col rendere tutti i momenti della nostra giornata fecondi di frutti per l'eternità, invocando a tal fine continuamente la bontà, la misericordia di Dio che ci conceda giorni, pieni di meriti e di virtù, vivendo così per Dio e con Dio Gesù Crocifisso.

Spinto dal vivissimo desiderio del Molto Reverendo Signor Teologo, poi Canonico, Ermando Bracco, di Fra Giovanni Caneparo dei Sacramentini, e consigliato dai medesimi a voler scrivere qualche memoria intorno a ciò che si leggerà più avanti, per dare sempre maggior gloria a Dio Gesù Crocifisso, mi fu di pena ascoltare i loro consigli, perché troppo meschino è il mio sapere, ma poi mi arresi e diedi, ascolto ai loro saggi suggerimenti.

E prima di pormi a scrivere, sapendo che ben miseramente riesco a farmi intendere, mi prostrai ginocchioni per terra recitando il "Veni Sancte Spiritus", affinché la divina bontà dello Spirito Santo mi venisse in aiuto.

Ebbi fin da giovanissimo una divozione tutta, speciale alla Gran Madre di, Dio Maria SS. e dalla Vergine Santa, ero, favorito di grazie, ma per la mia imperfezione non a tutte corrispondevo.

Nel 1887 mi trovavo come cuoco presso la nobile famiglia del Conte Arborio Mella in Vercelli.

Sbrigati i miei lavori di cucina, mi dedicavo al ricamo o alla lettura, ma la mia lettura favorita, era la "Buona Settimana" che in quell'anno pubblicava vite di Santi e precisamente la vita del servo fedele di Dio, il Ven. Tommaso Moro, la quale m'infervorava vieppiù nella fede e nella pratica della virtù.

In quell'anno, 1887, nel mese di novembre ebbi la prima visione di Maria. SS. Addolorata: vidi la Vergine Santa in atteggiamento mestissimo, vestita a lutto, tutta velata, con in testa una corona pure tutta nera ed il capo nobilmente chino.

Dolcemente mi disse: "Ricordati di ciò che ha sofferto Mio Figlio".

Sebbene non intendessi tutto il significato di queste parole, tuttavia mi rimasero impresse nella mente.

Disparve la visione, e nel mio povero cuore, andavo meditando la bontà, la pietà, la misericordia, di Maria. SS. verso i poveri peccatori.

Dopo due anni ( 1889 ) venni a Torino e fui ricevuto in servizio dalla nobilissima famiglia del Sig. Conte Emiilio Caisottì di Chiusano, per raccomandazione della benemerita Signora Contessa Teresa di Gropello d'Alessandria.

Mi fermai otto anni in quella cristianissima famiglia, facendo quanto m'era possibile per imitarne le virtù ,e il buon esempio.

Dopo qualche anno presi per mio padre spirituale il Rev. P. Cozzi, ora Provinciale dei Barnabiti; la chiesa officiata da questi, San Dalmàzzo, divenne la mia prediletta, e non tralasciai di frequentare ogni giorno quella casa di Dio, fino a quando il Signore, nella sua misericordia, mi chiamò religioso, Figlio di S. Francesco.

La squisita bontà e pietà, con la quale il mio benemerito Padre spirituale aveva cura dell'anima mia, l'indusse a consiglarmi di fare la S. Comunione ogni giorno; io gli dissi: - È il mio pio desiderio ma sono tanto peccatore che non avrei osato.

La bontà di Dio venne in mio soccorso, cosicché .non lasciai più passare giorno senza cibarmi del Pane degli Angioli, fuorché se ero impedito da malattia.

Non per i miei meriti, ma per la bontà del suo cuore il detto Padre spirituale mi prese a così benvolere che mi vedevo considerato come un fratello del suo Ordine.

Mi deliziavo nel servire la S. Messa alle ore cinque e mezzo: una volta il Fratello Giuseppe, sagrestano, mi disse: - Vorresti fare il favore di portare l'ombrello per accompagnare il SS. Viatico da una Signora?

- Per un minuto secondo restai lì muto, quasi che il rispetto umano mi volesse sorprendere, ma subito faccio l'obbedienza.

Strada facendo, trovandomi vicino al mio Gesù, mentre il pio corteo, recitava il salmo "Miserere", dissi in cuor mio: " Gesù dolcissimo, per la tua infinita misericordia fa' che dopo la mia morte io mi trovi vicino a tè, lassù nel bel Paradiso, così come mi trovo presentemente ".

Ogni anno si andava a passare quattro mesi da. villeggiatura nel Castello di viale, e là ogni giorno facevo il possibile per avvicinarmi sempre a Dio colla preghiera, colla grazia del Signore imploravo la divina benedizione sopra di me e su tutte le mie azioni.

Castello di Viale d'Asti

Ebbi per mio direttore, durante il tempo della campagna il Rev. Don Antonio Gambino, Arciprete locale, anima cara e pia, il quale sempre m'incoraggiò al bene, alla virtù.

Ma non dimenticavo i consigli del Padre Cozzi, cioè di avere divozione non solo alla Vergin'e SS. ma anche al suo Divin Figlio Gesù.

Nel 1893 ebbi una visione, in sogno, nel Castello già detto: vidi, in alto, Gesù Crocifisso; stava abbracciata ai suoi piedi un'anima bellissima, dal volto nobilissimo, teneva gli occhi modestamente, un po' chino il capo; e la veste era come luminosa: il tutto mi imparadisava.

Fissai lo sguardo su quella soavissima visione: dopo pochi minuti sparì, lasciandomi una dolcezza inenarrabile, che non dimenticherò per tutto il tempo della mia vita.

Col cuore e l'anima allietata dall'amor santo di Dio, bontà infinita, trascorsi un anno, e colla grazia divina, continuavo le mie pratiche religiose.

Una mattina nella chiesa dì San Dalmazzo, ero ansioso di ricevere la S. Comunione, e appena l'ebbi ricevuta, sento il mio buon Gesù dirmi: "Tra Me e te, in avvenire, ci sarà una grande intimità ".

A questo tratto della misericordia di Dio andavo meditando, nella mia semplicità, dentro di me: "Come è possibile che un Dio voglia abbassarsi con me poveretto peccatore? "; eppure si vedrà in appresso quanto sia grande la bontà e la misericordia di Dio verso di noi poveri mortali.

Col trascorrere dei giorni la grazia del Signore operava sempre maggiormente in me, indegno di così gran favore, e infondeva nel mio povero cuore tanta dolcezza da farmi dimenticare le amarezze della vita.

Per quanto mi deliziassi nel servire la messa, che suscitava pure in me le sante memorie delle cose eterne, un giorno tratto dolcemente ai pie di un gran Crocifisso, scolpito in legno, nel coro della accennata chiesa di S. Dalmazzo, là solo col mio Gesù e inebriata la mente nei gaudi del paradiso, mi scioglievo tutto in lacrime ne sapevo come allontanarmi dalla Croce.

In quel momento il buon Gesù Crocifisso mi disse: "Va' a servire la S.ta Messa, non ti far aspettare".

Non era ancora passato un minuto che si presenta P. Cozzi, dicendomi di andare subito a servire la S. Messa, e mi fece come un dolce rimprovero del mio ritardo.

Questo mi bastò per essere sempre persuaso che la premura nel servire li Signore, nel sacrificare in ciò un po' di tempo è dolce e santa cosa: il buon Gesù non tarda anche su queste terra a dar grazie e dolcezze infallibili ai suoi figli che lo amano, lo servono e lo temono.

Nel vedermi da Dio favorito, mi risolvetti di rimettermi interamente anima e corpo in Gesù Crocifisso, perché solo in Dio si trova la sorgente di ogni virtù.

Il demonio però non stava inoperoso e si pose a farmi guerra spietata.

Io tutto acceso di amore santo di Dio, risolsi, come già dissi, di darmi interamente a Lui, mettendo risolutamente sotto i piedi il rispetto umano, le derisioni, le beffe degli uomini, pensando che non sono essi che mi devono giudicare in punto di morte, ma Dio solo.

Venne il tempo di far ritorno al Castello di Viale per la villeggiatura, e qui il demonio mi aspettava per darmi la prima battaglia.

Ebbi il bene di rivedere il mio buon Signor Arciprete; col suo permesso, la domenica alle ore due, finite le mie faccende di cucina, mi portavo in una chiesuola dedicata a San Rocco, e là, in mezzo alla campagna, poco lontano dal paese, davo il cenno colla campanella: in breve la chiesina era piena di fedeli, e vi si recitava il santo Rosario, in onore della Gran Madre del Salvatore.

E così si continuò ogni festa, finché ebbi il bene di rimanere in quella cristianissima famiglia.

Anime di buona volontà, Dio ne suscita in tutti i paesi, e là, nella fortunata regione di Viale, ebbi il bene di conoscere certo Pietro Conti, anima semplice, tutta del Signore; e quando avevamo occasione di vederci, la nostra conversazione cadeva sempre sulle cose che riguardano la nostra Santa Religione Cattolica.

Pietro era persona benestante, molto caritatevole, che nulla risparmiava, quando si trattava di concorrere ad abbellire la casa dei Signore: la chiesuola di San Rocco era poverissima, e io gli suggerii di procurare di renderla più decente.

Pietro, anima generosa, come già s'è detto, mi disse di andare dal mercante Andrea Fausone e: - Prendi quanta stoffa bisogna, senza lesinare, che per il Signore si deve esser larghi, tanto più che quello che posseggo me l'ha dato Iddio. - Così feci, pigliai quanta tela era necessaria e.me la portai a casa.

Finiti i miei lavori dì cucina, mi mettevo a lavorare intorno a questa tela per prepararla il meglio che potevo: a questo punto il demonio cominciò a tormentarmi.

Mi posi a lavorare in una stanza, quasi nascosta, dove non fossi veduto da nessuno; così impiegavo tre ore il giorno di mia libertà; non tardai ad essere sorpreso dalla Signora Contessa, che, senza sapere cosa facevo, mi disse subito chiaramente che non voleva vedere su quella tavola cosa alcuna.

Non sapevo come fare per continuare, a ogni minimo allarme gettavo in qualche nascondiglio il mio lavoro.

Nel vedermi costante il Signor Conte mi dichiarò che se io avessi continuato così, mi avrebbe messo alla porta; soggiungeva che, occupandomi di altri lavori, non avrei fatto bene la cucina.

Continuai ad essere molestato tutto il tempo della campagna: questa era tutta opera del demonio, perché i miei buoni Signori, il Conte e la Contessa, mi volevano un mondo di bene e non differivano dagli altri di famiglia, che usarono sempre verso di me bontà e carità.

Come Dio volle, a poco a poco l'opera fu finita; cioè prima di lasciare la campagna, la Chiesa di San Rocco era addobbata nel miglior modo che s'era potuto.

Mi fermai ancora tre anni in quella cristianissima famiglia e il demonio mi perseguito sempre.

L'anno seguente, secondo il solito, si fece ritorno alla villeggiatura; appena arrivato, mi porto dall'amico Pietro, ansioso di rivederlo, e ringrazio il Signore di trovarlo pieno di salute.

Dopo esserci dette tante cose, ci nasce in cuore il pio desiderio d'acquistare per la chiesetta di San Rocco un bel simulacro della Vergine, venerata sotto il titolo della Madonna di Lourdes.

L'anno 1895 col permesso del sindaco locale, nel mese di luglio, si fece un'apposita nicchia e per il giorno 5 agosto, dedicato alla Madonna della Neve, il Rev. Signor Arciprete invitò i suoi buoni parrocchiani a correre tutti a S. Rocco per festeggiare Maria SS. Madre delle celesti grazie, affinché proteggesse, benedicesse le nostre famiglie e le nostre campagne.

Tutta la popolazione .rispose all'invito di quel pio sacerdote: si benedisse al simulacro della Vergine secondo il rito e si cantò Messa solenne: come sono belle le feste religiose l'anima esultava di santa gioia, di soavità, d'allegrezza nel vedere la Gran Madre di Dio venerata da molte centinaia dei suoi servi fedeli; certamente quanti amavano la nostra cara Mamma celeste piangevano di consolazione nel vedere tanti devoti piegarsi a onorarla e benedirla.

Ma la Vergine gloriosissima non tardò a premiare la fede dei suoi figli che l'invocavano.

In quell'anno, giugno e luglio, non avevano visto goccia d'acqua: un sole cocente, un caldo soffocainte quei cari popolani avrebbero ritenuto una grazia meravigliosa se la Madonna avesse loro mandato un po' di pioggia: l'avrebbero ricevuta come gli Ebrei la manna nel deserto.

Ma: - Per ora è impossibile, andavano dicendo, si muore dal caldo! e ripetevano: - Ah! se questa Madonna facesse un miracolo e ci mandasse un po' di pioggia! - Si diceva loro: - Abbiate fiducia nella Gran Madre del Salvatore, Ella è Madre pietosa e non tarda a venire fai aiuto a chi confida in Lei e l'invoca.

Ed ecco il medesimo giorno della gran festa, alle ore cinque di sera, si vide in lontananza come una nuvoletta, e a poco a poco s'alza un gran temporale, che pareva il finimondo, e ecco si vide cadete beneficamente tant'acqua da riempire ogni cosa.

È un fatto molto notevole che la pioggia cadde solo nel territorio di Viale ( * ).

Quei buoni parrocchiani, nel vedersi così favoriti accrebbero la divozione a Maria SS., che nella calamità sempre invocano come loro Patrona.

Ah, sì! ricorriamo sempre a Maria, serbiamo, o cari divoti, alla Gran Madre di Dio la più profonda riconoscenza del prezioso e soave conforto dataci, dalle grazie ricevute!

( Continua ).


( * ) Il Fratel Teodoreto, delle Scuole Cristiane, recatesi a Viale d'Asti il 12 settembre 1917, udì dal M. Rev.do Arciprete Don Antonio Gambino, dichiarare autentico il fatto.

Aggiunse anzi il detto Arciprete che alcuni parroci dei paesi limitrofi, essendo andati, alquanto dopo, a Viale per una festa, trovarono, con loro meraviglia, una vegetazione fresca e rigogliosa, mentre nelle loro parrocchie vi era grande siccità.