I nostri modelli

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Alberto Zancani

"Aspirante dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS Immacolata"

Era il migliore dell'Unione Catechisti di S. Pelagia.

Era assiduo, osservante scrupoloso del Regolamento dell'Unione, instancabile nella diffusione della « Divozione alle Cinque Piaghe di Gesù ».

Prometteva un apostolato ricchissimo nell'Unione nostra.

Ma il Signore, nei suoi imperscrutabili disegni, l'ha preso con sé …

Il giovane lasciò però in tutti i Catechisti un rimpianto e un desiderio immenso, d'imitare le sue grandi virtù.

Egli era veramente un Modello, sentiamo infatti la testimonianza del suo Professore di classe, Fr. Emanuele delle S. C.: « Ricordo: era il primo venerdì del mese di febbraio; mi s'accostò e mi disse: Mi sento male.

Lo accompagnai fuori di chiesa e amorevolmente lo rimproverai d'esser rimasto digiuno fino a quell'ora.

Non ho potuto alzarmi prima, perché m'ero già sentito male questa notte e … non volevo lasciare la santa Comunione, oggi, primo venerdì del mese.

Caro Alberto, con uno sguardo timido, come se tu fossi stato colto in fallo, mi fissasti!

Ne rimasi profondamente commosso.

Il male tracciava la sua linea mesta sul suo volto stanco e patito, ma i suoi occhioni neri scintillavano per la gioia che il sacrificio compiuto per Gesù diffondeva nel suo animo buono.

Era un babbo per le sue sorelline che ha lasciate sole a condividere il loro dolore con l'adorata zia; era un angelo di carità e di buon esempio per i compagni che sentono il vuoto della sua dipartita.

Ordinariamente silenzioso e appartato, quasi sentisse tutta l'enorme responsabilità che i suoi genitori, precedendolo lassù, gli lasciarono, predicava con la sua presenza.

Si era stimolati ad una maggiore applicazione, vedendolo sempre così attento in classe - scrivono i suoi compagni.

Lui presente non si poteva che parlare e operar bene.

Nessuno avrebbe osato offendere la sua delicatezza di coscienza.

Lo vidi nella nostra cappella: un angelo non avrebbe saputo pregare meglio.

Il suo corpo delicato, immobile e composto, lo sguardo modesto, le labbra atteggiate alla preghiera rivelavano un'anima in intima comunicazione con Dio.

Ne ero commosso. Più volte osservai i suoi compagni posare il distratto sguardo su lui e raccogliersi in fervente preghiera.

La sua pietà non lo rendeva triste.

Brevi erano gli svaghi che si concedeva, sembrava risentire dello sforzo fisico a cui sottoponeva il suo essere quasi diafano.

Il buon umore che irradiava, condiviso dai suoi compagni, era la gioia vera di cui l'anima sua buona era ricolma, era il sorriso divino dell'animo che si diffondeva all'esterno,

Ho sott'occhi una fotografia, che lo riproduce alla Colonia P. G. Frassati.

Porta un casco triangolare di carta in capo e tiene in mano un piatto; un gruppetto di coloni, che condividono, la gaia spensieratezza di quell'istante, lo circondano.

Bello e ammirevole anche in questa simpatica cornice di allegria.

Che dire dell'ultimo e lungo suo martirio? Due lunghi mesi di sofferenza sopportata col sorriso sul labbro.

Non l'ha sentito mai lagnarsi - dice di Lui la Suora.

La preghiera fioriva del continuo sul suo labbro e nell'unione col suo Dio trovava dolce il dolore che meglio lo rendeva simile a quel Gesù Crocifisso di cui era tanto devoto e apostolo fervente e convinto.

« Venga più tardi, se può, perché intendo far meglio il mio esame di coscienza e porti con sé anche l'olio santo; sento che vado in Paradiso », diceva al Cappellano dell'Ospedale, che, come di consueto, gli aveva portato la S. Comunione.

Il giglio aveva profumato a sufficienza la terra con le sue virtù; esso era pronto a sbocciare in cielo.

Stringeva ancora al seno il suo dolce Gesù con l'affetto e l'intimità propria delle anime che hanno acquistato il sensus Christi, quando la Suora, vistolo declinare, gli domandò: Alberto, vai volentieri in Cielo? Oh, sì, molto!!

E Gesù accolse il suo ardente desiderio, staccando dal flebile stelo il flore che reclinava il capo stanco, per introdurlo nei giardini eterni.

Non era per te questa terra di pianto: passasti sfiorandola lieve con il tuo piede; nel nostro spirito lasciasti impresso come vivono gli angeli quaggiù.

Con il singulto in gola e gli occhi rossi di pianto noi t'abbiamo accompagnato alla tua ultima dimora.

La zolla t'ha rapito al nostro sguardo ma con te hai portato i nostri spiriti per vivere con e come te.

L'ultimo saluto che il tuo compagno t'ha letto a nome di tutti non è stato un addio, ma un'invocazione, perché tu di lassù continuerai a vegliare e confortare le tue sorelline, la buona zia, i tuoi compagni, i tuoi Superiori, e pregherai per quella Scuola che ti accolse bimbo e ti guidò ai sorrisi eterni affinché vi germoglino altri fiori simili a Te.