La Pasqua delle tre Encicliche

B79-A2

( Continuazione )

V. - I rimedi

È ora di avvisare ai rimedi per liberare l'umanità dal cancro sociale del Comunismo.

Il sommo rimedio consiste in una crociata di preghiere, congiunta a un infervoramento di vita morale in tutti i cattolici.

Il secondo rimedio si avrà in una vita più austera da parte degli abbienti.

Devono cessare gli sperperi del lusso e dei divertimenti, che provocano le amarezze, le gelosie e le indignazioni dei bisognosi a cui manca il pane.

Terzo, massimo rimedio è la carità.

« Quella carità cristiana, paziente e benigna, la quale evita ogni aria di avvilente protezione e ogni ostentazione … e ringraziarne tutti coloro che nelle opere di beneficenza, dalle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli fino alle grandi recenti organizzazioni d'assistenza sociale, hanno esercitato ed esercitano le opere della misericordia corporale e spirituale ».

Il Comunismo moscovita ha adottato come suo stemma, la falce e il martello.

Ebbene anche noi cristiani diamo di mano alla falce e al martello.

Qual'è la falce? la nostra falce è lo spirito di apostolato che trova già pronta la messe.

Le masse operaie, dove hanno veduto i Sacerdoti e i membri dell'Azione Cattolica venir loro incontro, hanno corrisposto con grande fervore, come attesta il Papa nell'Enciclica sul Messico, dove rammenta quanto si è fatto a Roma e in molte metropoli per assistere con nuove chiese e opere sociali gli operai delle periferie.

Oh se gli stessi operai cristiani, se le stesse buone nostre lavoratrici, dicessero negli opifici la parola della cristiana speranza!

Il Pontefice dirige loro un paterno appello perché essi stessi « riconducano a Dio quelle immense moltitudini dei loro fratelli di lavoro, i quali esacerbati per non essere stati compresi e trattati con la dignità alla quale avevano diritto, si sono allontanati da Dio ».

Oltre la falce, lo stemma sovietico, inalbera il martello e con esso pretende di spezzare le catene della servitù che opprimono il proletariato di tutto il globo.

C'è un solo martello che può servire questa speranza.

Il martello che piantò e ribadì i chiodi nelle mani e nei piedi di Cristo.

Quel martello si chiama l'Amore, perché solo l'amore suo implacabile ha confitto Gesù sull'altare della Croce.

Lo spirito di sacrificio salverà il mondo dal flagello del Comunismo e libererà il proletariato dalle ritorte, con cui l'odio, la calunnia, la violenza l'hanno imbarbarito.

Le lacrime e il sangue di tanti martiri della Russia, del Messico, della Spagna feconderanno una nuova primavera di redenzione.

Vedete con quale carità il Vicario di Cristo, sul terminare della sua Enciclica, si rivolge agli stessi operai comunisti e li chiama ancora suoi figli.

Egli li esorta vivamente ad ascoltare la voce del Padre che li ama, a pregare il Signore che li illumini, affinché abbandonino la via sdrucciolevole che li travolge tutti in un'immensa catastrofica rovina e riconoscano anch'essi che l'unico Salvatore è Gesù Cristo, Signor nostro.

La Chiesa piange pei suoi figli trucidati, per le sue chiese abbandonate alle fiamme, per le crudeltà inaudite di cui è stata vittima, ma non medita le severe rappresaglie, non invoca le folgori del cielo, ma esclama, come il suo Fondatore morente: « Padre, perdona loro - non sanno quello che fanno! ».

La Chiesa non dispera mai nelle più terribili prove.

Essa è abituata ad agonizzare il Venerdì Santo ed a risorgere più bella e gloriosa nella Domenica di Pasqua.

Già il grande Pontefice, nel chiudere la sua lettera e nei porre la sua causa sotto il manto del più grande Operaio, del Giusto per eccellenza, S. Giuseppe, scorge avvicinarsi l'alba d'una nuova giornata, vede trionfare il Segno del Figlio dell'Uomo come nella visione costantiniana: « Pax Christi in regno Christi ».

« Con gli occhi rivolti in alto, la nostra fede vede i nuovi cieli e la nuova terra, di cui parla il nostro primo Antecessore, San Pietro ».

Mentre le promesse dei falsi profeti in questa terra si spengono nel sangue e nelle lacrime, risplende di celeste bellezza la grande apocalittica profezia del Redentore del mondo: « Ecco Io faccio nuove tutte le cose ».

O Gran do, Uno e Trino, concedi al vegliardo, magnanimo Padre della cristianità, di poter ancora vedere, non di lontano, come Mosè sul Monte Nebo contemplò la Terra Promessa, ma da vicino, i giorni migliori da Lui auspicati.

Che Egli stesso abbia ad introdurci in un'era nuova di giustizia e di carità, di fraterno amore e di durevole pace fra tutti gli uomini.

( Dal 2° Discorso del Rev.do Canonico Attilio Vaudagnotti tenuto nella Chiesa della SS. Trinità, la Domenica 18 Aprile ).