Breve Storia del Monte dei Cappuccini

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Il Monte dei Cappuccini, alto m. 282 sul livello del mare, deve il suo nome al convento dei Frati ivi esistente.

In antico su quell'altura i pagani avevano forse innalzato un tempio a Giove.

Nel 1233 Tommaso I, Conte di Savoia, fece edificare sul monte una piccola fortezza detta la Bastita o Bastia del monte con una torre, donde poteva spiare la città di Torino che voleva rendersi indipendente e molestarla con le balestre.

Ma quando, nel 1403, Amedeo I, duca di Savoia, fece costruire una migliore fortezza ossia castello con quattro torri, ora detto Palazzo Madama, vicino alla porta chiamata del Po e circondò la città di mura, di fossi e di palizzate, la Bastia perdette la sua importanza e passò successivamente in dominio di alcune famiglie patrizie torinesi.

Nel 1583 il duca, di Savoia Carlo Emanuele I, figlio di Emanuele Filiberto, comperò la torre che ancora esisteva e il terreno circostante per far edificare un convento di frati.

In tale anno l'Arcivescovo di Torino, Mons. Girolamo della Rovere, il Duca, la Corte ducale, il Clero, attraverso una fiumana di popolo, accompagnarono alcuni frati Cappuccini a prendere possesso del poggio.

Qui la cronaca ( tolta dall'archivio dei P.P. Cappuccini di Genova ) dice che quando si piantò la Croce « nell'atto della processione apparve un gran splendore celeste in modo d'arco che circondava la sommità del Monte, e nell'erigere la S. Croce se gli fece intorno in modo di corona, e durò tanto quanto durò la processione e tutta la solennità, il che diede grande e meraviglioso gusto ad ognuno …

Ben presto si iniziarono i lavori: per la costruzione del convento il disegno venne fornito dai Cappuccini che si attennero alle consuetudini del proprio Ordine; per l'erezione della Chiesa il Duca volle che il disegno fosse preparato dall'Ing. Ascanio Vittozzi.

Nel 1590, sulle fondamenta robustissime, sorgeva il primo claustro attiguo alla chiesa, con porticato in giro e un discreto numero di celle.

Si pensò pure alla dotazione di acqua perché il sito era privo di sorgenti; si scavò un pozzo profondissimo: i vecchi torinesi ricorderanno che i buoni frati non si rifiutavano mai di porgere acqua limpida e freschissima a quanti ne richiedevano.

Il Monte ebbe, nei secoli passati, grande importanza strategica: con l'avvento dei Cappuccini si tramutava in asilo di preghiera.

Durante le terribili pestilenze del 1598 e del 1630 scesero dal Monte alla città e si sparsero per le campagne i Figli di San Francesco a soccorrere gli appestati nelle case e nei lazzaretti; colpiti a loro volta dal male, molti caddero, vittime della loro carità.

Fra gli altri, modello di eroismo, in fama di santità, il P. Ilario da Ceva, primo guardiano del convento, stato sepolto appiè della Croce sul piazzale.

Nei vari assedi che strinsero Torino fu sempre coinvolto il Monte dei Cappuccini.

Per noi torinesi ha parte importante il fatto guerresco del 1640 per il miracolo Eucaristico del Monte avvenuto il 12 maggio e che ogni anno si commemora con solenni funzioni.

Durante l'assedio del 1706, celebre per il sacrificio di Pietro Micca, 40 battaglioni francesi occuparono il Monte, ma furono costretti ad allentarsene per la vittoria del Duca Vittorio Amedeo II.

Nel muro esterno del convento e nell'interno della chiesa si vedono conficcate alcune palle con la data: 26 maggio 1799.

Furono scagliate dai francesi durante il dominio di Napoleone Bonaparte contro soldati austriaci che erano saliti al Monte per difendere il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I.

Amati dal popolo torinese i Cappuccini se ne vivevano in pace, quando nel settembre 1802 dal governo francese vennero espulsi.

Il convento e la chiesa furono messi in vendita, ma l'acquisitore invitò il M.R.P. Gioan Benedetto da Torino a venirci ad abitare e ad ufficiare la chiesa.

Nel 1814 Vittorio Emanuele I, per la caduta di Napoleone, tornò dall'esilio nei suoi stati, riscattò il Monte e vi richiamò i frati che vi ripresero stanza nel 1818 seguendo le loro sante consuetudini di vita.

Nel 1831 accorsero ad assistere gli appestati e nel 1865 i colerosi.

Entriamo ora un istante nella chiesa compiuta nel 1612: maestosa nella sua semplicità, di proporzioni adatte al luogo ove sorge, è a croce greca.

L'altare maggiore è tutto di marmi: il tabernacolo è finissimo lavoro, ricco di agate e lapislazzuli; la porticina conserva tracce della violenza sofferta il 12 maggio 1640.

Dietro la grande icone s'apre la nicchia nella quale venne collocata una antica statua della Madonna col Bambino esistente da tempo immemorabile in una devota cappella sul vertice del Monte, alla quale pellegrinavano i torinesi per venerarvi Maria Assunta in Cielo.

Non si sa bene dove fosse: un antico mano scritto la dice attigua al coro ove attualmente è la sacristia.

Attorno alla nicchia è una corona o gloria di angioletti scolpiti in legno, portanti dei cornucopia, che inghirlandano, frammezzò a nubi la Santa Maria del Monte piccola statua dorata.

Ritorniamo sul piazzale del Monte: addossato alla parete del chiostro primitivo spicca il busto del Card. Guglielmo Massaia da Piovà d'Asti che proprio un secolo fa, nel 1845, trovavasi nel Convento del Monte quando fu chiamato a Roma e destinato alle Missioni africane.

Sublime figura di francescano, di dotto, di santo detto « l'apostolo dei Galla ».

E ora, avviciniamoci alla Croce.

La prima stata eretta sul piazzale del Monte, deteriorata dalle intemperie, era stata surrogata da una seconda recanti simboli della Passione.

Venne abbattuta, non si sa bene da chi e in che modo.

Il 9 ottobre del 1930, in occasione del 3° centenario della morte di Carlo Emanuele I, la Croce di legno riapparve sulla vetta del monte alla presenza delle massime autorità cittadine religiose, civili, e militari e di numerosi torinesi accorsi a salutarla.

Mentre il compianto rev. Padre Cesare da Collepardo la bene diceva, ecco apparire improvvisamente nel cielo sereno, verso il colle di Superga, un magnifico arcobaleno.

P. Cesare lo fece notare agli astanti, ricordando il raggio di sole che aveva avvolto in un'aureola la prima croce.

Domenica 23 Settembre 1945, una nuova una grande Croce di legno, in sostituzione di quella distrutta dai bombardamenti, è stata benedetta sul Monte a proteggere la nostra città e a ripetere a ciascuno di noi le parole udite dal grande Costantino: « In hoc signo vinces. »

Un trionfo di luce e di riflessi cristallini richiamò alla mente lo splendore celeste del 1583, mentre il sole, squarciate le nubi, investiva di un manto dorato le braccia severe della croce pronostico di immancabile vittoria.

Maria Quattrino