Oltre la scuola

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Nessuno è che pensi di aver esaurito, nei pochi anni in cui ha studiato, tutti quegli argomenti che lo interessano come tecnico; il cibo è continuamente necessario alla vita del corpo e la verità lo è alla vita della mente e dello Spirito; verità nella sua grande varietà e nella sua unitaria origine in Dio.

Non è più oggi il tempo dell'empirismo, né ci si può accontentare di poche e superficiali nozioni, ma si richiede, in tutti i campi della attività umana, molta scienza.

Né si può avere molta scienza senza molto studio.

Qui però è bene fare una osservazione, che ritengo essenziale, specialmente per chi fa parte del grande esercito dei tecnici: non è da credere che si debba studiare esclusivamente sui libri, anzi bisogna studiare anche, e molto, sul lavoro e sugli strumenti del lavoro.

L'officina, il laboratorio sono i grandi libri sempre aperti, nei quali si deve saper leggere attentamente, ogni giorno, ogni minuto.

I grandi scienziati, da Galileo a Newton, da Leonardo da Vinci a Marconi, a Fermi, hanno saputo essere osservatori attenti, indagatori pazienti; perciò hanno trovato quanto altri - di loro meno attenti e meno pazienti, anche se egualmente intelligenti - non avevano saputo vedere.

Di questo fatto si hanno continui esempi: la recente e benefica scoperta della penicillina è altra prova appunto di questa stessa affermazione.

Ma, mi si dirà, non abbiamo né l'aspirazione né i mezzi per divenire degli scienziati; al che rispondo che il compito dei tecnici è egualmente importante, poiché essi sono il braccio destro degli scienziati.

Gli scienziati segnano una via, i tecnici la percorrono; gli scienziati propongono, i tecnici realizzano.

Nel grande mare della vita si naviga come sugli oceani, dove accanto all'ufficiale di rotta sono i marinai, tutti concordi e tutti necessari nell'unico comune scopo di raggiungere il porto prefissato.

Naturalmente, per non fallire la meta, è necessario che i tecnici abbiano profonda ed ampia conoscenza del proprio ramo; la specializzazione è una necessità dell'odierno progresso, pur senza essere obbligati a rinchiudersi in un guscio, perché è pure conveniente conoscere le relazioni che il proprio lavoro ha con quello degli altri: reciproca conoscenza vale reciproca stima.

Osservo però che l'impulso a perfezionare la conoscenza del proprio ramo risiede nell'amore del proprio lavoro.

Bisogna dunque amare il lavoro, perché ci fa vivere; amarlo perché fa vivere i nostri prossimi; amarlo perché è il mezzo offertoci da Dio per espiare ed levarci fino a Lui; amarlo, ma non idolatrarlo, mai perdendo di vista il monito divino « Io sono il Signore Dio tuo né avrai altro Dio fuori che me ».

No! Le officine non potranno sostituire e rendere inutili le chiese, dove la mente si stacca dalla materia per elevarsi in Dio!

Guai a chi, dimentico della propria natura, umana e Cristiana, si confonde con la macchina e con la materia, e se ne fa assorbire: bisogna saper vedere oltre il metallo, oltre il soddisfacimento dei bisogni materiali: « di solo pane non vive l'uomo ».

Indispensabile al tecnico lo spirito di riflessione e di osservazione.

Il tecnico deve saper osservare e riflettere.

Riconoscerà allora i difetti e riuscirà ad eliminarli, suggerendo e sperimentando anche perfezionamenti, che andranno a vantaggio di tutti; il che risponde alle funzioni eminentemente sociali del lavoro, espressione particolare del più ampio e grande precetto divino dell'amore del prossimo.

Nello sforzo generoso e costante del proprio lavoro sappia così il tecnico imitare il poverello di Assisi, che nelle creature di Dio, l'acqua, il fuoco e il vento, sapeva vedere le manifestazioni della divina bontà alla quale scioglieva il mirabile cantico di lode e riconoscenza.

La tecnica come la scienza « a Dio quasi è nepote », e l'uomo che può chiamare Dio con il nome di padre, sappia del Creato essere veramente il re, dominando la materia e le proprie passioni, non schiavo rassegnato di ciò che gli è inferiore, ma libero della vera libertà di cui godono i figli di Dio.

Ing. Mario Gerini