La Chiesa e la scuola

B143-A5

Società insegnante

« Euntes ergo, ducete omnes gentes » ( Mt 28,19 ).

Su queste parole di N. S. agli Apostoli sono fondate principalmente l'apostolicità e la cattolicità della Chiesa; ma non è chi non veda com'esse indichino del pari il magistero ecclesiastico, il quale è ordinato innanzitutto alla regola della fede, che si esprime nelle definizioni dommatiche, e poi alla « evangelizzazione del regno », sia con il ministero, sia con la scuola, cui spettano le forme comuni e quotidiane della propagazione e dell'educazione cristiana.

Di fatto, la Chiesa s'afferma, sin dagli inizi, come società insegnante; basti ricordare il discorso di S. Pietro ai Giudei, alla Pentecoste e le parole che, negli Atti, indicano il formarsi delle prime cristianità: « Erant autem perseverantes in doctrina Apostolorum » ( At 11,22 ).

Solo la Chiesa, infatti, ha in se stessa il potere di comunicare agli uomini la sua dottrina come conoscenza e come vita, secondo la preghiera del suo Fondatore: « … sanctifica eos in variiate » ( Gv 17,17 ), sì che credendo si salvino ( Gv 20,26 ).

I secoli pagani, - ed ogni paganesimo, - esprimono la loro civiltà con l'inversione del valore religioso e gli aspetti contingenti d'una realtà alienata da Dio, seppure non ancora dall'uomo.

Dopo il messaggio cristiano, gli elementi delle civiltà riprendono il loro grado subordinato ed inferiore all'« inverarsi » delle realtà divine contenute in quello, e di cui l'uomo è oggetto e strumento, mentre la comunicazione della « parola » ha per tramite e mezzo naturale l'insegnamento.

Alla Chiesa quindi, compete un diritto educativo e per ragione del mandato apostolico: « Come il Padre mio ha mandato me, così io mando voi » ( Mt 28,19 ) e per la natura della verità posseduta, che è la rivelazione cristiana, la quale non può essere identificata né con la storia, pur essendo un fatto storico, né con la filosofia, pur possedendo una sua metafisica, né con altra disciplina, cui corrisponda l'esercizio d'una particolare attività o facoltà umana, ma è « fede », nel cui complesso procedere è inclusa, con l'intelligenza e la volontà, la Grazia, che informa di capacità soprannaturali tutto il nostro essere: a Nessuno pur venire a me, se il Padre che mi ha mandato, non lo attiri » ( Gv 6,44 ).

A chi insegni la dottrina della Chiesa non basterà la scienza, gli occorra il « mandato », a quel modo che con riferimenti analogici, non basterà la dottrina a dare la fede, né la dottrina cristiana potrà mai pienamente essere intesa senza Rapporto della vita cristiana del docente e del discente.

Di qui tutto un delicato processo di educazione religiosa, che è, in parte, l'opera dell'intelletto e della volontà; in parte, come la creazione in noi, d'un mondo morale, con la « materia » precaria e necessaria della nostra libertà, in cui è manifesta la posizione subordinata e meramente strumentale dell'educatore, poiché chi educa, nella concezione cristiana, è Dio, sia pure attraverso e per mezzo dell'uomo.

Né la Chiesa è mai venuta meno a questa sua missione.

Primamente affermata da S. Pietro e S. Giovanni davanti alla Sinagoga, che loro vietava d'insegnare nel nome di Gesù, quando risposero: « Non possumus ea quae vidimus et audimus non loqui » ( At 4,20 ), si svolse poi con la grande catechesi apostolica, gli insegnamenti carismatici della profezia e della testimonianza del martirio.

Nei primi secoli, la Chiesa sembra non curarsi dell'insegnamento profano, certo non vi attende di proposito; ma a poco a poco, i cristiani penetrano nell'insegnamento pagano pubblico e privato.

Con essi s'afferma una concezione nuova dell'educazione, che senza rinnegare le grandi conquiste spirituali del passato, - siano esse la devozione alla Patria dello Spartano, o l'ideale critico ed estetico dell'Ateniese, o l'austero culto dell'« aequitas » e del « mas maiorum » del Romano, o la stessa ottemperanza contrattuale e rituale del Nilotide, - si permea di valori universali.

Nuova concezione della vita

I concetti di « grazia », di « destino », di « redenzione », di « sacralità » della vita, di « realtà essenziale del bene », di « superamento del finito nell'infinito », - che comporta la subordinazione dell'ordine temporale all'eterno, dell'ordine della natura al « soprannaliiraìe » -, il concetto stesso di « vita cristiana », fanno leva sull'individuo, ma investono la famiglia e le classi, la società e lo Stato, il mondo ed i suoi cardini, il pensiero e l'azione, la cultura e l'arte.

Ben diversamente che con l'« habeat corpus » del diritto antico, il Cristiano è « sui iurs »: ripete la propria « individualità » da Dio ed è « persona » per i suoi rapporti con il divino e con Dio stesso.

Il Cristiano sa dunque di non appartenere alla Società e tanto meno allo Stato, se non per una parte di se stesso, e non la maggiore, e cioè per il corpo, le condizioni materiali dell'esistenza; ma la sua « anima » è incoercibile e non si sottomette che a Dio.

« Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio, quello che è di Dio » ( Mt 22,21 ).

Da questo principio, che pare dividere due potestà, mentre, con il valore positivo del precetto, le esplicita entrambi, tanto che non si potrà « dare » ad una sola di quelle, né vi sarà « compromesso » che non tolga ad una e ambedue, il Cristianesimo ha tratto i suoi postulati, - per sé e per l'umanità, - di convivenza e di libertà: suddito d'un tiranno, il Cristiano si sottometterà; cittadino d'una repubblica, dovrà a questa anche la vita, se necessario: ma né il tiranno, né la repubblica gli faranno dimenticare che « bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini » ( At 5,29 ) e che anche la fedeltà alla Patria è, nel suo ordine, una fedeltà relativa, con leggi che la subordinano all'Umanità intera: « Amate anche i vostri nemici, beneficate quelli che vi perseguitano » ( Mt 5,44 ).

È ovvio che queste verità capovolgitrici di tutta la concezione pagana, e di parte stessa di quella giudaica, della vita, urgessero nei Cristiani e nella Chiesa, con il bisogno irrecusabile d'una dialettica, che potesse diradare le opacità dell'uomo e costruire come i comuni preamboli alla fede, con la coltura, meno nello sforzo di armonizzare sé con la vita e la società circostante, quanto per il valore stesso del messaggio di Cristo, sentito e concepito, come possesso del singolo, ma per la « testimonianza » alle genti, a tutte le genti e fino alla consumazione dei secoli, la cui prima istanza era appunto quella d'essere comunicato.

« Non nelle persuasive ragioni della sapienza umana », ammoniva l'Apostolo ( 1 Cor 13 ); ma era pur sempre vero che « gli ebrei avevano avuto la legge, ed i gentili erano stati legge a se stessi » ( Rm 2,14 ), così che la filosofia, le lettere, le arti potevano essere ancora una remota « preparazione evangelica ».

E poiché, l'uomo riprende, in ogni individuo, il cammino dell'Umanità intera, ed è nell'ordine della Provvidenza che ciascuno sia immesso nell'eredità del passato, lo studio profano fu non solo ammesso, ma ricercato e fatto come doveroso per la migliore conoscenza e penetrazione della « pienezza dei tempi », del « regno di Dio », della « Bibbia », ch'era stata ed era l'eco delle comunicazioni di Lui con gli uomini che avevano vissuto la vigilia e preparato l'Avvento

Il gran Pan era morto; avevano proclamato gli oracoli ( Plut., De sii. oracul. ); « magnus ab integro saeclorum nascitur ordo », cantava Virgilio ( Egl IV, 5 ) nell'incerta sua catastasi; « … videmu'ì nunc per speculum ire aenigmate » confessava l'Apostolo ( 1 Cor 13,12 ).

Tertulliano ( III sec. ) permetterà che i cristiani frequentino le scuole pagane, purché i medesimi siano muniti di soda preparazione religiosa.

S. Girolamo ( 347-419 ) difenderà e patrocinerà l'inclusione dei classici pagani nell'educazione dei giovani cristiani.

S. Agostino ( 354-430 ) proclama la necessità degli studi profani come propedeutica a quelli teologici, ma è implicito nella sua concezione teleologica che tutto il sapere può e deve portarci a Dio.

Maestri cristiani

Nel secondo, nel terzo e più nel quarto secolo, a mano a mano che la Chiesa si estende, i maestri cristiani, che s'applicano all'insegnamento profano sono così cresciuti di numero, che Giuliano, l'Apostata, nel breve suo impero ( 361-363 ), crede di poter soffocare il Cristianesimo e riedificare il paganesimo, inibendo, con un editto, l'insegnamento pubblico delle lettere « ai miserabili galilei », cui lascia, con sottile perfidia, di « biascicare, se vogliono, il loro barbaro evangelo ».

L'intenzione dell'Apostata non mira solo a togliere ai cristiani una funzione lucrativa; ma, e principalmente, vuoi togliere alla Chiesa l'appoggio delle lettere e il valore della cultura.

S'iniziava cosi l'intolleranza dello Stato; nei confronti dottrinali delle scuole cristiane.

Sopita, questa lotta, e quasi assente lungo tutto il Medioevo, si riaprirà con il protestantesimo e l'assolutismo di Stato, e dura ancora in vari Paesi, anche civili, dove la Chiesa è avversata non tanto come associazione cultuale, quanto depositarla e fonte d'una educazione e di una scuola inasservibile agli interessi estranei al fine ultimo dell'uomo, e forse, la sola capace di creare effettivamente una « individualità » incoercibile nell'educando, posto di fronte a se stesso e, attraverso a se stesso, a Dio, certo l'unica che comprenda « tutto » l'uomo, nel tempo e in ogni singola età, dell'individuo, come della società, e negli ideali che costituiscono e misurano le « capacità » dell'essere umano nelle coordinate del divino, e quindi portate alla loro massima pienezza.

Magistero universale

Ma per quanto grandi siano stati gli ostacoli sul suo cammino, la Chiesa, in tutti i tempi, in tutti i luoghi, ha sempre insegnato ai grandi e ai piccoli, ai dotti e agli ignoranti, ai ricchi e ai poveri, ai servi e ai liberi, ai singoli e alle collettività: nessun magistero è così universale come quello della Chiesa.

L'iniziazione alla vita cristiana si faceva per mezzo del battesimo preceduto dal catecumenato, la prima scuola che la Chiesa si diede per insegnare, nella teoria e nella pratica, la dottrina cristiana.

Aveva le proprie sedi presso i Vescovadi e un suo metodo, la catechizzazione cioè, per domande e risposte, il che corrispondeva anche alla concezione della vita cristiana come « confessione », o professione pubblica.

Il catecumenato rimase in vigore fino al VII sec.; la forma catechistica si protrasse ai nostri tempi.

In parte favorito, in parte osteggiato dalla filosofia e dalle scienze pagane, l'insegnamento della Chiesa sentì ben presto il bisogno di approfondire ed estendere i propri studi, sia per assimilare quanto quelle avevano di vitale, sia per refutarne gli attacchi.

Sorgono così le scuole catechetiche, dovunque vi è un centro di vita intellettuale, come ad Antiochia, ad es., a Edessa, ad Alessandria, il cui celebre Didaskaleion assurge presto ad un livello, che diremmo universitario.

Sono sempre e solo scuole di religione; ma la disputa teologica o morale ha interessi che riversano su tutto il mondo della cultura.

La cultura pagana è data in altre scuole: v'è quella imperiale, quella municipale, quella tenuta da privati, la vecchia scuola romana, che se non sa lievitare con l'ideale della bellezza l'inclinazione dei romani, - e tutto è romano, nell'immenso impero, - per le cose concrete e le realtà immediate, è tuttavia pensosa d'un passato di grandezza ( ed i Cristiani vedranno nell'avvento di Roma, lo strumento della pace del mondo e quasi l'immagine dell'universalità del regno di Dio ) ed in comunione con grandi spiriti, cui non mancò se non la Rivelazione, Plafone, « il divino profeta pagano di Cristo », Cicerone, la cui eloquenza non risparmia il vizio, ne ha lasciato senz'elogio alcuna dell'umane virtù, Seneca, che i padri diranno « prope noster » e nel quale troveranno riflessi quasi cristiani sugli schiavi, ad es., a non citare l'umana parola d'Omero degli eroi che non sapevano che morire o il dolce pianto di Virgilio « il vergine cantore d'un Bimbo venuto dal Cielo ».

Le lettere profane

La scuola « profana » era propedeutica alla verità cristiana.

La Chiesa non interdice all'erudito, allo spirito fine, la coltura anche disinteressata delle lettere umane.

S. Gregorio di Nazianzo ( 329-390 c. ) scriverà: « Sullo stelo delle lettere antiche, cogli la rosa e lascia la spina ».

Ma di solito il Cristiano è spinto a cercar le lettere per un fine più nobile che il semplice piacere estetico.

La Chiesa è tutta protesa, prima all'apologetica, per rivendicare il diritto alla vita, poi alle grandi costruzioni dottrinali e teologiche, cui la controversia ereticale suppedita, di continuo, nuove occasioni a nuove istanze di precisazione, di completezza, di lindura anche formale.

Non ha, dunque, né pensa ad istituire scuole sue per l'insegnamento profano: le basta disciplinarlo.

Le « regole » agostiniane, intorno alla scuola e all'insegnamento ( De doctrina christiana ), attraversano l'età delle invasioni barbariche, - quando la coltura si salva nei chiostri, - e giungono al Medioevo.

La concezione medioevale del sapere è come simbolizzata dalle « Sunimae »: un sapere coordinato e convergente alla teologia; un tutto organico e sistematico; con un prodigioso sforzo di raccoglimento e d'unificazione, quale più non s'è verificato nella storia della cultura.

Era naturale che la Chiesa non rifiutasse né abbandonasse in mano altrui tale sintesi religiosa del sapere, e cosi si ritrovasse alfine a capo anche dell'insegnamento profano.

Ma è altrettanto vero che la storia dell'istruzione e della scuola nell'alto medioevo, è quella sola degli sforzi tentati dalla Chiesa per conservare le scienze e salvare la civiltà, che i « barbari » mettevano a soqquadro.

Dal V al VII sec., in particolare, il Clero, quasi solo, s'occupa della scuola: accanto alle scuole parrocchiali, che mirano soprattutto ad istruire i giovani « lettori », si hanno le scuole episcopali e quelle monastiche, da cui sorgeranno le Università.

Interessa notare che ognuna di queste scuole ha, nello spirito del tempo, la propria organizzazione: obbediscono a decreti conciliari o sinodali, fanno parte del « ministero » ecclesiastico dei curati e della stessa gerarchia.

Così, ad es., le « piccole scuole » dove ha sede il Vescovo, sono tenute da lui in persona o da un membro del clero, suo delegato, per l'istruzione religiosa; per gli « elementi » da uno o più laici, sotto la sorveglianza d'un ecclesiastico.

Dello stesso tempo sono le « scuole di carità », più umili ancora, che il Vescovo visiterà spesso, aperte per i poveri i quali non vogliano frequentare le « piccole scuole » a motivo della loro povertà; esse riducono l'insegnamento a poche cose essenziali, ma in compenso provvedono non di rado, il cibo e il vestito.

Medioevo

È una tavola che il M.E. sia tutto un immenso secolo di oscurità e di barbarie.

Dal sec. VI, le scuole parrocchiali, monastiche, collegiali, episcopali, sostituivano le « scuole romane ».

Curioso notare che le stesse scuole destinate all'insegnamento secondario e superiore, come ad es. le monastiche e le episcopali, accolgono d'ordinario anche le classi elementari, per cui la speculazione del teologo o del filosofo si compie accanto al balbettio dell'abbici.

Con alterne vicende, queste scuole prosperano o decadono, ma la vigilanza della Chiesa sempre le rianima e sostiene: sono pressoché innumeri le decisioni conciliari e sinodali che riguardano le scuole e l'obbligo degli ecclesiastici di considerare l'istruzione, specie quella della gioventù povera, come parte integrante del ministero sacerdotale.

Con Carlomagno si ha un periodo di grande prosperità, per la scuola: la Chiesa accetta e sollecita l'aiuto dell'impero, ma proprio con tale fatto, allora benefico, s'introduce nell'ordinamento scolastico cristiano un elemento eterogeneo, l'amministrazione laica, che di leggieri si farà autonoma e dottrinale.

L'ultimo grande atto della Chiesa, avanti l'età moderna, è l'erezione delle Università, create dal Papato, attraverso tutta l'Europa.

I Comuni ne creano, a loro volta, di proprie spesso in gara con le grandi istituzioni ecclesiastiche; ma talora con intenti più spiccatamente artigiani ed artistici, dove l'influenza della Chiesa è minore, ma non assente.

Lo stesso dicasi delle Corporazioni, che fanno della « casa » o « bottega » del padrone, una scuola per l'apprendimento artigiano: la Corporazione è ancora un organismo religioso, ma viene strutturandosi rapidamente come forza commerciale e consorteria; in pratica, dove si formi la « compagnoneria », questa si sottrae, per lo più, ad ogni diretta influenza della Chiesa

La Rinascenza e la Riforma

Accanto all'ideale cristiano della vita terrena come preparazione a quella d'oltre tomba, nell'epoca moderna, che s'inizia con la Rinascenza, s'afferma la concezione pagana, che getta l'uomo in un individualismo sfrenato chiuso nell'orizzonte umano dove le arti, le lettere, le scienze inducono l'ultima idolatria del paganesimo, non più quella degli dei, ma quella dell'uomo.

I miti antichi, nei quali anche la Chiesa poteva scorgere un tenue lucore di realtà e di verità umana, - qualche cosa del segreto dell'anima, nell'attesa del Cristo, - con il reviviscente splendore umanistico, che attraverso lo studio raggiunge, d'un mondo passato, solo gli aspetti della bellezza e grandezza, stendono come un velo sul Cristianesimo e il suo Vangelo.

Non va dimenticato che i primi umanisti vengono dalle scuole cristiane e che l'Umanesimo è un prodotto della scuola classica.

Ora, il classicismo, nella scuola religiosa, non era cercato per se stesso, ma per l'ovvia concezione che, fin da principio, - Mosè aveva preceduto Omero - la verità ed i suoi aspetti erano stati dalla natura, e quindi da Dio stesso, come avvolti da un velo.

L'intelligenza dell'uomo non esiste, infatti, che nell'involucro d'un corpo; l'anima, poi, non è nei penetrali dello spirito?

Per raggiungere l'anima occorreva dunque, con l'acquiescenza dei sensi, quello dell'intelligenza.

Così sul labbro di Cristo erano nate, per questa ragione stessa, le parabole, ed i profeti avevano usato il canto e la poesia, ed avevano comunicato, con tal mezzo naturale, la verità soprannaturale.

Gli umanisti non giunsero a penetrare attraverso ]e forme dei loro miti, la verità interiore, « l'anima divina della verità », che anzi s'avvolsero e ludificarono di quei veli che l'adombravano, cui prestavano inoltre il calore dei sensi, desti e precorrenti lo spirito, così che questo si ritrovò alfine sepolto nella voluttà e pronto al ripudio del Cristianesimo.

In questo periodo, l'azione della Chiesa, nel campo scolastico, è volta soprattutto ai poveri.

La Riforma, che tosto s'abbattè sull'Europa, accumula, con le sue guerre religiose, un gran numero di rovine: arse e distrutte chiese, monasteri, biblioteche, fondazioni pie di cui vivevano le scuole di carità.

La Riforma è figlia della Rinascenza, anche se con insegne anti-romane; così pur nel suo furore anti-cattolico, non può che modellarsi sulla Chiesa, e come questa, dove si stabilisce, con turpe abdicazione al principe ed alla potestà laica - « cuius princeps eius religio » - fonda le sue scuole.

Il Concilio tridentino

La Chiesa reagisce con il Concilio di Trento ( 1545-1563 ), forse la più grande assise del Cristianesimo, che la storia registri, i cui benefici effetti durano ancora.

Ma, storicamente, un fatto che ha del carismatico, si produce intanto nella Chiesa, ed è il gran numero di Ordini nuovi e di Santi, che rivolgono il loro apostolato all'educazione del popolo, all'assistenza dei poveri e dei malati.

Appaiono i Teatini ( 1524 ) di S. Gaetano, i Barnabiti ( 1533 ) di S. A. M. Zaccaria, le Orsoline ( 1535 ) di S. A. Merici, i Somaschi ( 1540 ) di S. G. Emiliani, i Fratelli di S. Giovanni di Dio ( 1564 ). l'Oratorio ( 1565 ) di S. F. Neri, i Camilliani ( 1586 ) di S. C. de Leilis, i Dottrinari ( 1597 ) di C. de Bus, gli Scolopi ( 1597 ) di S. G. Calasanzio ….

Nessuna di tali fondazioni, e non sono le sole, ignora la scuola e l'educazione nello stretto campo che le compete, anche se non v'attende di proposito.

La Rinascenza cattolica, nata dal Concilio di Trento, continua a svilupparsi lungo tutto il sec. XVII, in Italia, soprattutto, dove pullulano le Congregazioni religiose, gli Studi teologici, i Seminari, i Collegi ecclesiastici; nella Spagna, in Germania, in Francia nonostante le correnti gallicane, gianseniste, quietiste e la tristezza morale del suo « grand siecle ».

È un'opera complessa, che la Chiesa esprime dal suo seno, con inesauribili risorse, mentre gli Stati, in generale, continuano, rispetto alla scuola, la « centralizzazione » già iniziatasi con Carlomagno ed i Comuni, sotto l'egida cristiana dapprima, ma poi dalla Rinascenza e dalla Riforma accelerata in senso anticristiano, dall'una, e anti-romano dall'altra, comunque volta sempre a sottrarre l'educazione all'influenza ecclesiastica.

Ma gli Umanisti declinano nella fatuità delle loro presunzioni.

L'Italia, che prima li aveva espressi, ne denuncia apertamente la vanità, il culto egoistico di se stessi, il disordine della vita privata, le adulazioni, le insincerità.

La scuola, in Italia, almeno, proprio come diretta emanazione del Concilio di Trento, congiungerà ormai allo studio della forma, - non ripudiato, - lo studio delle realtà da quella espresse tanto che si genera un umanesimo nuovo, con un insegnamento reale, scientifico, pratico, se non proprio - ed è saggezza, anch'essa, - utilitario.

Umanesimo cristiano

La scuola cristiana vuole l'istruzione in quella misura ch'essa è utile alla moralità della vita, ponendo la coltura al servizio dell'uomo e l'uomo al servizio della società e concepisce la liberazione dall'ignoranza non solo possibile, ma doverosa, poiché senza di essa, l'uomo non raggiunge pienamente il suo fine ne in questo ne nell'altro mondo.

Questo è lo spirito di innumeri istituzioni educative e caritative della Chiesa, che s'apre a tutti i bisogni, a tutte le necessità, quando lo Stato e la Società civile o li ignora, o peggio, li rifiuta.

Basterà citare un S. Vincenzo di Paola, con i Preti della Missione, le Dame e le Figlio della Carità.

La Riforma, che ha il triste privilegio d'aver tenuto a battesimo il « capitalismo » di Stato e quello borghese, strappando il lavoratore alla famiglia e alla bottega, per immetterlo nei grandi complessi delle manifatture e delle industrie, accelerava il processo economico delle collettività, sia pure con il passo sanguinolento del a proletariato » fatto sinonimo di miseria e di fame; si venivano così creando situazioni nuove nella società del tempo.

La disgregazione familiare seguiva quella sociale ; rotta la sintesi dei valori umani, anche quello religioso, e forse più d'ogni altro, s'isteriliva.

Occorreva rifare l'uomo, con la sua individualità cristiana, che è nel moneto, ma non del mondo ( Gv 17,11-14 ) cioè, con la consapevolezza del suo destino eterno e della sua funzione sociale, l'uno e l'altra legati all'espletamento della sua personalità.

Bisognava, con urgenza, sostituire alla famiglia, sede nativa e naturale delle fondamentali virtù individuali e sociali anche sotto l'aspetto religioso, un organismo educativo efficiente che garantisse l'individuo ricollegandolo alla Chiesa, alla famiglia e alla Società.

Sarà l'opera della scuola cristiana, cui si voteranno numerose Congregazioni religiose sì maschili che femminili.

L'anti-chiesa

Intanto, in seno alle numerose sette protestantiche inglesi, sotto la spinta delle filosofie sensiste e deiste, che fan capo a T. Hobbes ( 1588-1679 ), J. Locke ( 1632-1704 ) e D. Hume ( 1711-1776 ), nasce l'anti-chiesa, con le loggie massoniche, le quali mascherano con scopi morali e filantropici il satanismo della loro lotta contro il nome Cristiano.

È la prima organizzazione del genere delle forze del male, che trovano subito infiniti aderenti in Francia, da Fontanelle ( 1657-1757 ) a Bayle ( 1674-1706 ), agli scrittori dell'Enciclopedia ( 1752-1772 ) tra cui gli infami Diderot ( 1713-1782 ) e D'Alembert ( 1717-1781 ), superati appena da Voltaire, « il nemico personale di Cristo » ( 1684-1778 ) e l'utopista Rousseau, ( 1712-1778 ) nella loro nefasta influenza; in Germania, con Lessing ( 1720-1781 ), Herder ( 1741-1803 ) e soprattutto, con Kant ( 1724-1804 ).

La Rinascenza aveva inoculato il « laicismo » ai Governi.

La Riforma aveva voluto la scuola di stato, per sostenere le proprie confessioni ed impedire quella romana.

La Setta vorrà la scuola di stato « laica », con l'accezione agnostica sulle confessioni religiose e con l'esclusione di ogni e qualsiasi ingerenza ecclesiastica

Il « regno di Satana », come fu detto, s'era di bel nuovo « ufficialmente » installato sopra la terra.

Senza l'ausilio provvidenziale delle Congregazioni insegnanti, che opponevano la saldezza delle loro strutture e l'imponenza dei loro corpi e dei loro servigi sociali, la Chiesa avrebbe dovuto ridiscendere nelle Catacombe.

La rivoluzione francese

Ogni attentato contro Dio è un attentato contro l'uomo e la Società.

La Rivoluzione francese ( 1789-1799 ) n'è il primo sanguinoso episodio e ben noto perché occorra dilungarci.

Ma va notato, che se lo Stato fa obbligatorio l'insegnamento, proclama al tempo stesso, con Dalton, ad es., che i ragazzi appartengono alla Repubblica prima che ai loro genitori.

La Rivoluzione francese segna in tutti i Paesi cui giunge, un vero cataclisma nel campo della scuola e specie di quella religiosa.

Giacché, giova dirlo apertamente, la R. non fu solo sociale e politica, come troppi la considerano, ma « intenzionalmente » volle essere una rivoluzione religiosa, che sovvertisse tutto quello che comunque potesse dirsi cristiano.

Nata dalla filosofia anticristiana del XVIII sec., pretese di sostituire a Dio, l'umanità ed assorbire nell'assolutismo di Stato, la libertà dei singoli.

È noto che cosa intendesse, ad es., Mirabeau, con il suo « décatholiciser », equivalente del nostro « laicizzare », con questo che, fallito il tentativo del culto e del sacerdozio di Stato, del vecchio rivoluzionario, ai moderni non è rimasta se non la voluta incoerenza dei principi, che solo dal Codice trarranno la norma morale.

Istituzioni cattoliche

Dieci anni di Rivoluzione hanno potuto scrivere molte pagine di sangue; ma la Chiesa non è venuta meno al suo mandato, anzi, conscia delle nuove urgenze, ha ancora moltiplicato le sue risorse ed i suoi sforzi educativi.

Spesso ha rinunciato ad edificare un tempio, per non dover chiudere o per aprire una scuola.

Dovunque i cattolici si sono mostrati degni dell'epiteto loro dato dal Cristo « Voi siete il sale della terra » ( Mt 5,13 ).

L'opera loro, grave di sacrifici, ha fondato e mantenuto le istituzioni scolastiche e caritative necessario.

Accanto ai cattolici, un certo numero di Congregazioni religiose, hanno tenuto le scuole, con eroismo ed abnegazione appena sospettati, vincendo e superando crisi sociali e demografiche, difficoltà ed ostilità preconcette d'ambiente e legali, alternative politiche e precarietà di competizione e di funzionamento.

Confortata dall'augusta parola dei Pontefici e dal valido apporto dei suoi pensatori, la scuola cristiana non è soggiaciuta né agli errori positivistici - resistendo allo pseudo-scientismo delle scuole herbartiane, ad es., - ne a quelli più allettanti dell'idealismo, - con lo pseudo-cristianesimo crociano, ad es., - né ai sistemi individualistici, né ai collettivistici …

Ha sempre visto nell'alunno e nell'educazione quello che è « di sempre », che cioè l'uomo si forma con le virtù cristiane, che implicano la libera adesione ad una legge, attraverso la quale ogni uomo realizza una personale relazione con Dio; non ha ceduto a suggestioni « politiche », pur lealmente servendo, nel vero interesse umano e nazionale, lo Stato; non alle mutevoli novità del momento pedagogico, pur rimanendo aperta e vigile ad ogni valore culturale e didattico, ad ogni istanza sociale …

Ma il settore dell'educazione e della scuola è forse quello che le è più conteso ed insidiato.

Le ragioni sono quelle che risultano da tutto questo scritto: angustia di spiriti asserviti a consorterie o politiche o confessionistiche; concezioni anticristiane della vita e del mondo; odio contro Dio, il Cristo e la sua Chiesa.

Lo Stato

È assurda la pretesa d'uno Stato che voglia crearsi un diritto educativo semplicemente per gli aiuti materiali ch'esso da alla scuola e all'insegnamento, giacche non fa che amministrare beni di cui è depositario, ma non padrone.

Quei soli diritti potrebbe semmai accampare, che si risolvono nel suo dovere di favorire l'educazione del popolo, il diritto d'intervenire per soccorrere, stimolare, integrare; e quelli negativi, rispetto all'educazione, che sono la sorveglianza e il controllo della funzione specifica della scuola, delle leggi morali e dei fatti amministrativi.

In nessun campo, ma soprattutto in quello dell'educazione, lo Stato può erigere a legge Superiore ad ogni altra quella dei suoi interessi, veri o supposti che siano.

Neppure una delega, che sarebbe ugualmente arbitraria e non valida, trattandosi di diritti inalienabili, da parte della collettività, può autorizzare lo Stato a porsi come supremo moderatore della forma e del principio educativo per i suoi soggetti.

La civiltà moderna non dovrebbe più consentire feticismi statolatrici.

Si ride dell'onore divino reso all'Imperatore di Roma, anche se non si ignora che non andava ad un Nerone o ad un Caligola, ma allo stato da quelli impersonato, e poi si accetta che uno Stato si taccia altrettanto arbitro, che quelli, ponendosi come l'espressione d'una indiscussa e indiscutibile giustizia, nei confronti dei soggetti.

Anche Bailli, il sindaco di Parigi durante la Rivoluzione, diceva che quando parla la legge, la coscienza non può che tacere.

Poco importa che l'imposizione venga per decreto di uno solo o per una maggioranza parlamentare, le ambizioni e le violazioni sono sostanzialmente identiche.

Eppure è questo il procedere di molti Stati, anche al presente, pur dove non v'è l'assolutismo d'una oligarchia più o meno ristretta, propria dei regimi cosidetti « dittatoriali », in cui libito è licito, come per la Semiramide antica; ma vere, e non illuditrici aure di libertà.

La Chiesa

La Chiesa prescrive che si frequenti la scuola religiosa, che si eviti quanto è possibile quella neutra, che non si cerchi quella dichiaratamente atea o anticristiana.

Comunque, la famiglia, ch'è depositarla per natura del diritto educativo dei figli, non potrà mai delegarlo ad altri senza controllo, e dove le circostanze obblighino a soggiacere all'arbitrio dello Stato o di particolari contingenze ( corsi aziendali, ad es., di dubbia moralità ) dovrà compiere un'azione tempestiva d'immunizzazione o prevenzione, o correttiva almeno.

I genitori sono responsabili anche davanti alla Chiesa dell'educazione dei figli, che il Battesimo ha fatto cristiani, e sotto l'aspetto religioso e sotto quello più genericamente morale ed umano.

Alla madre, la Chiesa affida la prima educazione cristiana del bimbo, riconoscendole come un'ammirabile ed insostituibile divinazione formativa e comunicativa anche nei confronti della prima vita spirituale.

Al padre chiederà che l'educazione sia completa, non inficiata di egoismo o vanità; che la famiglia stessa, sia un « mezzo » idoneo e rispettoso di essa; e ne estende le responsabilità alla cerchia sociale cui immette o abbandona i figli.

All'educando stesso fa obbligo d'una corrispondenza leale ed aperta.

E all'educatore non cessa di ricordare l'altezza di una missione, che non dovrà invilire mai nel mestiere o misurare a prezzo di danaro, perché Dio non affida le anime ad un mercenario, ed insisterà anzi su questo dato vocazionale della professione perché il maestro non è tale solo quando insegna, ma in ogni istante della vita; e, a sollevarlo dal grave e quasi incomportabile peso delle sue responsabilità, gli ricorda come Dio, che pure ha disposto la danza dei mondi nel tempo e nello spazio e chiama all'essere tutte le cose, senza l'aiuto di alcuno, per l'ultima sua opera, ch'è la creazione del mondo morale nelle anime giovanili, ha voluto che gli tosse accanto il maestro.

Per questo ancora, la Chiesa non può abdicare alla scuola, perché « uno solo è il Maestro » ( Mt 23,8 ).

Fratel Emiliano F.S.C.