Fra Leopoldo Maria Musso, o.f.m. e l'Istituto lasalliano

B158-A5

Tra i voti del XXX Capitolo generale della Congregazione lasalliana, celebrato a Roma, nel 1956, la quinta Commissione, incaricata delle opere di perseveranza, per quel che concerne l'Unione del SS. Crocifisso, proponeva:

1. che la conoscenza e la propagazione dell'opera dell'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, - affiliata all'Istituto, - fosse di più in più incoraggiata; che si tentasse, dovunque era possibile, uno sforzo, per realizzarla; che vi fosse un Fratello particolarmente addetto alla sua propaganda;

2. che la « Devozione a Gesù Crocifisso », caratteristica dell'Unione, apparendo come un elevato mezzo sovrannaturale per far conoscere ed amare meglio N. S. Gesù Cristo, e costituendo, nello stesso tempo, un vincolo di spirituale pietà tra i Fratelli, i loro alunni ed ex-alunni, s'invitassero, i Fratelli, a favorirne ovunque la diffusione, e ad incoraggiarne la pratica, conformandosi alla Circolare numero 328;1

3. che, l'Istituto dei Fratelli delle Scuole cristiane, riconoscendo la parte avuta da Fra Leopoldo, o.f.m., nell'opera di Fr. Teodoreto, s'invitassero i Fratelli a pregare congiuntamente per le cause di beatificazione dei due Servi di Dio, perché la felice conclusione delle medesime sarebbe un segno ed una riprova della benedizione divina.2

Il riconoscimento esplicito del terzo capoverso da l'avvio e segna i limiti del presente scritto.

Nel 1936, l'Istituto lasalliano faceva sua, in qualche modo, ufficialmente, l'opera di Fratel Teodoreto, con l'affiliazione, - la prima di tal genere nella sua storia,3 - dell'Unione dei Catechisti Congregati del SS. Crocifisso e di Maria. SS. Immacolata.

Nel 1949, riconosceva la sostanziale identità spirituale della « Devozione a Gesù Crocifisso », con quella propria dei Fratelli e l'affinità ed aderenza dell'Unione, all'opera educativa degli stessi.

Nel 1956, l'assise mondiale della Congregazione, accettava la testimonianza di Fr. Teodoreto, sulle relazioni intercorse tra quest'ultimo e il di lui grande amico e confidente, Fra Leopoldo, laico minorità, pur ricercando nel segno divino ( l'esito felice del processo di beatificazione dei due Servi di Dio ) una conferma più valida che non quella derivata dalla ineccepibile sincerità e ponderatezza del biografo4 che, narrando del « Segretario del SS. Crocifisso », in pari tempo rifaceva la storia degli inizi della propria opera, consolidata ormai ( 1944 ) come Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.

La testimonianza di Pr. Teodoreto, abbiamo detto, è ineccepibile: dalla conoscenza e dalla pratica della « Divozione a Gesù Crocifisso » è condotto alla conoscenza personale prima, poi, all'intimità di Fra Leopoldo.

Da questa consuetudine, durata dall'ottobre 19125 agli inizi del 1921, « nacque l'Unione del SS. Crocifisso » ( 27 aprile 1913 ), che ideata da Fratel Teodoreto ( vi pensava fin dal 1906, epoca del suo secondo noviziato ) è sottoposta, avanti d'essere intrapresa, a Fra Leopoldo, in termini che non lasciano dubbio sulla natura della scelta operata dal primo: « Abbia la bontà di pregare il Signore perché si degni di far conoscere se un'opera di tal genere può sussistere, che mi spiacerebbe iniziarla e poi, dopo breve tempo, doverla sciogliere ».

Il Santo laico francescano par fuori causa, nonostante che Fratel Teodoreto gli abbia ben spiegato che voleva « formare un'associazione di giovani veramente buoni e zelanti nell'apostolato catechistico, come quelle organizzate dai suoi Confratelli, a Parigi, a Madrid, a Lione »; ma, intanto, ogni risoluzione è rimessa alla di lui risposta.

La risposta non si fa attendere: secondo il biografo, alle 21 di quella stessa sera, Fra Leopoldo, mentre pregava Gesù Sacramentato, udì queste parole: « Dirai al Fratello Teodoreto che faccia ciò che ha nella mente ».6

Pregiudiziale

L'inizio è tipico di tutta l'opera. Non ne rifaremo la storia.7

Ma quest'inizio s'apre su d'una pregiudiziale che può sconcertare, se non risolta.

Non basta dire che le opere di Dio, per qualche lato, sconcertano tutte.

Fratel Teodoreto è superiore nella sua Comunità ( agli inizi dell'Unione è direttore delle Scuole della R.O.M.I. in via delle Rosine, sei classi tecniche, e corso elementare, in sede, e quattro altri corsi nei vari quartieri della città; più alcune classi serali per operai ).

Ha un suo consiglio di Comunità; il confessore canonico, per sé e i suoi Confratelli; Superiori immediati, in città, e al centro della Congregazione, allora a Lembecq-les-Hall, nel Belgio.

Perché si rivolge a Fra Leopoldo? Una ragione provvidenziale potrebbe scorgersi nelle divergenze incontrate in Casa, che prima di rivolgersi ad un laico del Convento di San Tommaso, ne ha parlato con i suoi Confratelli ( v. lettera del Fr. Angolino Guyot, in Fr. Leone, biografia cit. pag. 236-237 ); ma neppure questa motivazione è richiesta per cercare un aiuto spirituale di preghiere, confortato o meno da intraviste grazie carismatiche ( il colloquio in cui Fra Leopoldo « parlò di cose straordinarie, ma con vera umiltà » del 30 ottobre 1912, cfr. Fr. Teodoreto, biogr. di Fra Leopoldo, ed. 1945, pag. 135 ).

Stando alle testimonianze, Fra Leopoldo fu cercato perché autore della « Divozione a Gesù Crocifisso », esperimentata con frutto nell'anno scolastico 1911-12, pratica di pietà, che aveva dovuto dire ben altro al cuore di Fr. Teodoreto, che non l'ottenuta grazia8 cui, per essere nel foro esterno, e dipendendo dalla libera volontà degli uomini, non era impossibile attribuire altre cause ( cfr. biograf., cit., p. 114 ).

Quello che Fr. Teodoreto farà in seguito, non è se non nell'ordine stretto delle sue attribuzioni: la Règie du gouvernement de l'Institut des Frères des Ecoles Chrétiennes gli fa un obbligo di « una congregazione o pia associazione, nelle classi, con il fine di rassodare la perseveranza dei ragazzi » ( c. XX, a. 18 ): su di essa cade, ogni anno, la visita canonica.

Fratel Teodoreto mira però a quello che la succitata Regola chiama Patronato o opera di gioventù, avente per scopo « di assicurare la perseveranza degli antichi alunni e rafforzarli nella pratica delle virtù cristiane », per cui prescrive, tra l'altro, « che l'opera non degeneri in semplice riunione di passatempo, ma ch'essa sia una fucina di spirito cristiano » ( op. cit., e. XXIII, 9, 131-132 ).

È naturale che, storicamente, lo soccorrano le fondazioni d'avanguardia francesi e madrilene, sul modello delle quali fonda il suo progetto, in cui la sua personale vita interiore, introduce una spiritualità più intensa e già orientata su d'una prima esperienza devozionale, ( quella che allora si chiamava l'« Adorazione alle Cinque Piaghe », o « a Gesù Crocifisso » ) della quale non gli era, certo, sfuggito il valore non ambiguo della scelta che imponeva, - e quindi selettivo - e del non comune impegno dalla medesima richiesto - e quindi potenzialmente operativo.

A questo punto, vista nei suoi elementi storici, la pregiudiziale del « Fratello » che cerca il « laico del Convento di San Tommaso », potrebbe risolversi anche da sé: l'Autore della « Devozione » ha certo una parola da dire non solo sulla formula ( le sue preghiere non hanno un contenuto, in sé, diverso da altre devozioni sulle Sacre Piaghe ); ma sullo scopo della medesima, sui « fatti » che l'hanno originata, sui « modi » del suo impiego.

È vero che Fr. Teodoreto trova nel suo S. Fondatore, S. Giovanni Battista de La Salle, un'ardente devozione alla Passione, una pratica devozionale specifica « le Aspirazioni a Gesù appassionato » ( tratte dalle Litanie della Passione di Jean de Bernière ); e quel che più conta lo « spirito crocifiggente » della penitenza ( cfr. la « proféssion du pénitent » in calce al trattatello sulla Penitenza, nella Raccolta: le « Pratiche di umiltà e di mortificazione » codificate in due decaloghi, a pag. 227-228 dell'Op. cit. ed. it. 1903; ed in una delle Méditations, la 28"-, quella per il Sabato Santo « Les cinq plaies de Jésus-Christ », il Discepolo potrà anche scorgervi come un presago indizio, o un invito almeno ( che il tema della meditazione, in quel giorno, è ovvio ) ad uno sviluppo devozionale nel senso dell'« Adorazione alle Cinque Piaghe », ma tutto questo non costituisce che l'humus ricettivo e fecondo semmai, se un germe deve venire dall'esterno.

Ora il germe c'è stato ed è la « Devozione a Gesù Crocifisso », e con il germe è venuta anche quella cura, che per il momento non vogliamo considerare se non come l'interesse o non estraneità dell'autore, alla propria opera, per cui, servendosi di cosa non sua, era giusto e doveroso che Fratel Teodoreto si consultasse con Fra Leopoldo circa l'uso, lo spirito, l'estensione della sua « Divozione ».

Ma qui, il problema, si pone in termini ancora più generali e che non riguardano solo Fratel Teodoreto.

Chi s'appigli, stupito, al « come mai », al « perché » Fratel Teodoreto non si sia accontentato della direzione spirituale ordinaria, da un lato, per intraprese che non s'aprivano che nell'ambito religioso strettamente detto; dall'altro.

Egli abbia « consultato » più spesso Fra Leopoldo che i suoi Superiori, mostra di ignorare due cose: la prima, che, conclamandosi da ogni parte essere la « direzione spirituale », necessaria, e guida specifica specie dell'avanzamento spirituale, ecc., in realtà, è di comune esperienza come i « direttori. di spirito » siano effettivamente pochissimi se non si intenda quella direzione ordinaria che ha compiti di controllo, e nulla più; dove pure, peraltro, c'è tutta la grandezza del confessionale e della santità, nel riconoscere l'incoercibile libertà dello spirito e della grazia senza chiudere nei nostri schemi l'azione di Dio; la seconda, che proprio del Superiore è il giudizio sull'opera da lui autorizzata o comandata, o, in maniera anche più pertinente, esatta, secondo lo spirito e la lettera delle Regole e delle Costituzioni, più che non la minuta condotta della stessa.

Detto questo, c'è bisogno di notare, che Fratel Teodoreto non « si confessava » da Fra Leopoldo?

E che cosa ci impedisce di credere che il suo Confessore - il buono e santo Don Negri, con tutti i suoi scrupoli, per quel che ne so, ch'era il Cappellano, e quindi sempre in casa, o il venerando Padre Foscalli, S.J., che non veniva se non il giovedì - fosse puntualmente ragguagliato e pienamente approvasse una « relazione d'amicizia », forse, insolita, ma che non cadeva sotto il suo ministero se non per quel lato che confinava nel soprannaturale delle « rivelazioni », delle « visioni », e vai dicendo?

In quanto al controllo dei suoi Superiori - laici, d'un laico - è pienamente provato che Fratel Teodoreto non inizia la pia pratica della « Divozione a Gesù Crocifisso », che dopo l'autorizzazione del suo superiore, il Fratel Candido Chiorra, di v.m., assistente generale per le Province italiane ( 31 gennaio 1912 ), il solo, del resto, che poteva autorizzarlo a derogare ad un comma di Regola, che gli impediva d'avere « pratiche di pietà particolari » ( cfr. Règl. comm., IV, 9 ), e ch'egli, certo, interpretava ad litteram e restrittivamente, mentre, rispetto agli alunni, consentiva più libera interpretazione; i Fratelli poi, si sarebbero uniti agli alunni, privatamente.

Il Superiore locale, Fratel Leandro Lenti, di v.m., anch'esso, visitatore provinciale, gli lascia tutta la libertà e la responsabilità dell'organizzazione della « pia unione »: essa corrisponde pienamente alle disposizioni regolari ( cfr. Règl. gouv., XX, 18 e 19 ) con la sola salvaguardia che non ostasse al buon ordine della Comunità ( cfr. ivi, XXIII, 71 e 73 ): « Faccia pure; vedremo se attecchisce.

Se questo è il voler di Dio, avremo finalmente anche nel nostro Distretto, un'opera di perseveranza sul tipo della S. Giuseppe Labre di Parigi: ritiri e catechismi ».

Del resto, il Visitatore, lo rimanda all'Assistente; egli ha mansioni prevalentemente amministrative: personale e bilanci, più che attribuzioni discrezionali per opere o forme nuove, riguardino la scuola o le opere post-scolastiche.

Il Fr. Candido, naturalmente, delibera previa intesa con l'On.mo Superiore generale.

Fratel Teodoreto non manca, per espressa sua testimonianza ( cfr. biogr. cit-, p. 137 ) d'informare direttamente l'On.mo Fratel Imier de Jésus - una straordinaria tempra di condottiero lasalliano - nel ritiro annuale dei Direttori, alla Casa Madre dell'Istituto ( allora a Lembeek, nel Belgio ), il 28 marzo 1914, e nota l'interessamento eccezionale per quello che gli narrava, e come lo incoraggiasse a proseguire nella propaganda della « Divozione a Gesù Crocifisso » e nella formazione di giovani catechisti ( ivi ).

Quando ritornò semplice suddito d'una Comunità, i suoi Direttori, lo giudicarono dai frutti.

Sul resto, Lui vivo, non si sono pronunciati, come su di Lui e sul suo Confidente non si è ancora pronunziata la Chiesa.

« Detti » e rivelazioni fan poca presa su religiosi, che sanno quanto gli uni e le altre vogliano cautela; d'altra parte, non ne traspariva che pochissimo: l'indispensabile appena, ed i più ignoravano anche questo poco.

Tra i segni autentici dell'intervento soprannaturale vanno anzi notate queste dubbiezze, per non dire diffidenze ed ostilità: carattere infatti dell'opera di Dio, è di essere, in buona o in cattiva fede, contraddetta dagli uomini.

In generale, fatte poche eccezioni, pur ammirando lo zelo e l'opera, non hanno mostrato di apprezzarla più di altre congeneri, condividessero le preoccupazioni di molti, che si sarebbe sfociato in una « confraternita » ( allora non si parlava di istituti secolari ) non potendosi pensare un terz'ordine di una Congregazione laica, com'è l'Istituto lasalliano, e pertanto troppo « chiusa » rispetto ad altre associazioni, di iniziativa della Congregazione stessa, o di più di salda centralizzazione ed organizzazione ecclesiastica e pontificia; o pensassero alla unicità spirituale di Lui, « che non aveva uguale, né chi gli tenesse dietro », per cui altri vanamente avrebbe tentato la sua opera: ragione eccellente, per non impedirla, ma troppo disperata, da proporsi altrui.

Ma il « fatto » di Fratel Teodoreto e Fra Leopoldo, non può ridursi all'amicizia di due santi religiosi, troppo fortunata se gli altri, i Rev.di Padri, che non avevano tempo di pensare al loro laico ( che pure amavano e stimavano ) e i Confratelli del primo, che Lo vedevano incamminato per una strada tutta sua ( testimoni per altro della sua « comune » esemplarità prodigiosamente esatta in tutte le cose ) - non la importunassero, da un lato o dall'altro, o da tutt'e due, come pure avvenne.

Una lunga strada

L'Istituto lasalliano nel 1936, abbiamo già accennato, affiliava l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, rompendola con la tradizione, che fino allora aveva fatto riserbare la medesima come attestato di insigni benemerenze verso la Congregazione e le sue opere, e pertanto, di attribuzione personale: Prelati, uomini di stato, grandi benefattori, Cappellani particolarmente legati alle Case di formazione e cospicui per dottrina e virtù ecclesiastiche.

Qui si trattava di tutt'altra cosa, che se immutata era la sostanza dell'affiliazione - ch'è comunicazione dei beni spirituali, come di un comune patrimonio di famiglia, - tuttavia essa assumeva il carattere particolare del riconoscimento di un'opera di struttura similare alla Congregazione lasalliana, tanto da esserne il più bel fiore, e come il prolungamento: si premiava, in fondo, la fedeltà di discepoli, che anche per una via loro, continuavano a dirsi, in un certo senso, lasalliani, poiché in Fratel Teodoreto riconoscevano il proprio fondatore, e da Lui attingevano l'autentico spirito di San Giovanni Battista de La Salle, nell'inesausto suo amore per la scuola degli artigiani e degli operai.

L'affiliazione, pur in sé, d'un altissimo valore testimoniale, non poneva altra relazione tra l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, da una parte, e dall'altra, la Congregazione lasalliana, che quella d'una comunione simpatica, se si vuole, ma che si limitava, sotto il profilo storico, a riconoscere l'opera di Fratel Teodoreto, come un'istituzione degna e meritoria di essere associata ai Fratelli.

Più pienamente la Circolare sull'Unione del SS. Crocifisso, sul valore del suo apostolato, sulla forma specifica di esso, e sulla lasallianità della « Divozione », s'addentra nello spirito dell'Unione, non più semplice affiliata, ma opera pregnante e paradigmaticamente lasalliana, sia per lo spirito, sia per il campo d'impiego.

Anche qui, il buon uso, per così dire, d'una « Divozione », che si rivelava tempestiva nei suoi caratteri di aperto cristianesimo, quello della Croce, per intenderci, senza gli edulcoramenti dei vari sociologismi, senza preclusioni integraliste, che portassero alla condanna della realtà terrena, ma anche senza cedimenti alle concupiscenze, - veniva assunto esemplarmente, per quello che aveva prodotto, i Catechisti, cioè, un'esigenza di più in più viva, nel mondo moderno e come la riprova del detto lasalliano: « Rien n'est fonde, s'il n'est pas spirituellement fonde ».

Fratel Teodoreto era riuscito, con soli mezzi spirituali a creare un'opera di apostolato, e di perseveranza, dove altri, con grandi dispendi di energie e labili successi, non avevano dato e non davano i frutti sperati.

Era già implicita la gratitudine all'Autore della « Divozione » ed al Confortatore, pressoché solo dell'opera di Fratel Teodoreto.

Del resto, dal processo ordinario per la « beatificazione e canonizzazione del servo di Dio, Fra Leopoldo Maria Musso, laico professo dell'Ordine dei frati minori, della provincia di S. Tommaso Apostolo, di Torino » ( 1940 ) era ormai acquisito circa le opere di zelo dello stesso, aver Egli « soprattutto con la Divozione a Gesù Crocifisso » compiuto « un apostolato meraviglioso di bene, non solo in piccola cerchia, ma nel mondo intero » ed esser stata « detta Divozione lo scopo principale della sua vita, il fulcro della sua missione » minoritica ( art. 29 ); esser stato, infine, « provvidenzialmente guidato ad affidarla ai Fratelli delle Scuole Cristiane, perché con l'aiuto dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, e per mezzo dei numerosi loro allievi, la diffondessero nel mondo » ( art. 30 ); inoltre, essere stata, detta Unione, fondata dai Fratelli delle Scuole cristiane « in seguito ai di Lui consigli », essersi « sviluppata in seguito ai di Lui suggerimenti »; e ancora, per la detta Unione aver Egli, scritto « molte cose sulla sua finalità e sulla vita che debbono tenere i suoi membri » ( art. 31 ).

Detti « Articoli per il processo informativo »9 erano stati in precedenza comunicati all'Estensore della Circolare sopra citata.

On.mo Fr. Nicet Joseph Superiore Generale dei Fratel li delle Scuole Cristiane

Inoltre, la biografia di Fra Leopoldo di Fratel Teodoreto, seppure non ancora tradotta,10 pure, almeno, per « comunicazioni » ed estratti, in quanto concerneva la Divozione e l'Unione del SS. Crocifisso, era universalmente conosciuta, nel mondo lasalliano, all'attenzione del quale Fratel Teodoreto aveva imposto sé e la propria opera, e parallelamente la sua venerazione per il « Segretario del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata », sull'apporto del quale però, i pareri erano discordi, non sembrando probanti, in maniera assoluta le « profezie » su d'un giorno di sereno,11 sulla guerra che non sarebbe stata contro la Francia12 e sulla fine del primo conflitto mondiale,13 né le grazie attribuite come miracolose alla sua « Divozione », bastavano a farne un santo; mentre quel che si conosceva del suo « messaggio » non andava punto al di là d'una comune catechesi spirituale: Non c'è nulla, si diceva, che Fratel Teodoreto non abbia potuto pensare anche da sé: ne le cure per l'istruzione professionale degli operai, né le opere di perseveranza, né la loro condotta.

Il voto della Commissione Capitolare per le opere di perseveranza, che abbiam posto in testa a questo scritto, poggiandosi, per un lato, sulla diretta testimonianza di Fratel Teodoreto, dall'altro, sulle acquisizioni del processo informativo torinese, univa, per la prima volta, e in maniera ufficiale ed esplicita, l'Istituto dei Fratelli delle Scuole cristiane e Fra Leopoldo, o.f.m. « riconoscendone la parte avuta nell'opera » d'uno dei suoi membri, morto in concetto di santità, di cui il Fratel Leone di Maria, presente al capitolo, come postulatore ne aveva scritto la vita, e lumeggiata l'opera anche nei confronti del Laico minorità, riecheggiando la pagina conclusiva dello stesso Fratei Teodoreto che dichiara: « Il Servo di Dio messo poi mirabilmente a contatto dalla Divina Provvidenza con i Fratelli delle Scuole Cristiane, incoraggia con divini messaggi la fondazione dell'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, promettendo, per essa, grandi benedizioni del suo Signore e di Maria SS. Madre di Dio, se ispirandosi ad un profondo spirito di umiltà, reciproca carità e di santo zelo, la medesima corrisponderà ai piani divini » e poco sotto conclude: « L'Unione Catechisti, mancandosi alle opere dei Figli di San Giovanni Battista de La Salle, ne estenderà l'apostolato catechistico e le renderà sempre più feconde di frutti spirituali ».14

Coincidenze

La domanda che molti si sono posti, e tra gli altri, i rispettivi biografi dei due Servi di Dio, il P. Francesco Mac cono, o.f.m.15e il Fr. Leone di Maria: « Come mai Fra Leopoldo, Francescano convinto, di una deferenza e ubbidienza a tutta prova verso i suoi Superiori, di una carità e stima a tutta prova verso i suoi confratelli, tiene nascosta ad essi ogni cosa e si apre e consegna tutto ai Fratelli delle Scuole Cristiane? »16 non ha altra risposta se non quella cui accennammo cercando di sciogliere la prima pregiudiziale: il mondo delle anime è di Dio, ed il suo respiro è d'una incoercibile libertà.

Non ci resta che « registrare il fatto ».

« Perché fu davvero così. I Francescani conoscevano Fra Leopoldo come un ottimo religioso esemplare, che pregava molto, che era sempre sorridente », e poteva bastare.

Non importa che non sapessero « nulla di quelle meraviglie soprannaturali che già conoscevano Fratel Teodoreto ed altri ammiratori del Servo di Dio ».17

Notiamo, intanto, che fu Fratel Teodoreto a recarsi da Fra Leopoldo: questi ( era « consegnato » in Convento: lo stesso suo stato di laico, in un grand'Ordine, come quello Francescano, gli assegnava limiti d'azione, come suol dirsi, assai modesti, e pressoché umanamente invarcabili: poteva pregare ed obbedire ai Padri della sua comunità: le « devozioni »
che andava disseminando, rientravano nella forma particolare di apostolato esterno, cui l'aveva adibito il R. P. Guardiano, « di andare nelle case religiose ed educandati a distribuire i foglietti per l'Adorazione quotidiana universale » al SS. Sacramento:18 il Tabernacolo richiama spontaneamente il SS. Crocifisso, e se anche il buon laico distribuiva « inviti » e « devozioni » a chi frequentava il Convento, era sempre nell'ordine delle sue attribuzioni.

Alle origini della Congregazione lasalliana, troviamo un fatto che, per qualche lato, può essere accostato, al « fenomeno che Fratel Teodoreto nulla fa senza aver prima il consiglio e il consenso di Fra Leopoldo, il cuoco di San Tommaso, l'uomo senza alcuna cultura.

L'ignorante diventa il maestro e il professore diventa discepolo.

E non per una volta o rare volte, ma per anni e anni, e per tutto quanto di importante è da farsi … ».19

A Parigi, S. Giovanni Battista de La Salle, prete e dottore in teologia, frequenta il non lontano convento dei Carmelitani, dove vive Fra Lorenzo della Risurrezione, semplice converso, ma molto innanzi nelle vie di Dio.20

Senza dubbio, una somigliante esperienza mistica, li accomuna.

Dall'umile converso, il Santo trae sulla presenza di Dio, sull'orazione di semplice attenzione « des aperqu qui soni proches, jusqu'à l'identitée d'expression ».21

Penso che anche Fratel Teodoreto non sia andato da Fra Leopoldo se non in ragione d'una antecedente e comune esperienza spirituale.

Egli dice semplicemente: « I caratteri di onestà del Servo di Dio e un insieme di circostanze provvidenziali, mi fecero ritenere essere volontà di Dio che io dovessi tener conto di quanto mi sarebbe notificato da Fra Leopolto ».22

Poco su aveva notato: « l'unzione speciale » dei colloqui con il Servo di Dio, e « l'efficacia soprannaturale » dei medesimi.

Questo, dopo aver confessato d'esser stato a lungo in forse, se andare a visitarlo, « per l'ordine ch'era stato dato di lasciarlo nel nascondimento »; perplessità svanita dopo la recita della « Divozione » dinnanzi al Crocifisso miracoloso della chiesa di San Francesco d'Assisi.

Nel segreto di questa « comune esperienza spirituale », c'è la ragione ultima di tutto quello che l'un servo di Dio operò per l'Altro; o meglio, l'opera che Dio ispirò ad entrambi; e Colui che agì non credette che quello cui attendeva fosse più suo che dell'altro, ma come Quello, non lo ritenne che di Dio; e perché di Dio, doveva nel consiglio e nella guida altrui, - dell'Altro, che viveva la sua stessa comunicazione spirituale, - guarentirsi da sé e autenticarne il disegno, le forme e l'animo.

Le opere di Dio sono scandite nella storia: c'è tutta la nostra precarietà umana anche lungo le strade della santità: nel cammino, che sale verso la perfezione divina, non è l'aria, che si fa rarefatta, ma è la visione degli strapiombi delle valli, a ghermirci con il suo misterioso e fascinoso mistero d'ombra.

Pensare: Dio vuole qualcosa, e non se lo prende; può creare dal nulla e si affida alla fatica umana; parla con voce limpidissima, e le sue parole non hanno risonanza alcuna fuori dell'anima cui ha parlato ; promette e si dubita di Lui; minaccia, e non lo si avverte; dona, e ci sembra voglia accollarci un peso inutile e forse, fastidioso …

Dio non si ripete mai. Ogni sua parola è un mondo che sgorga con la luce del suo mattino.

Quando noi la seguiamo, la sua parola, non è più che un morto segno, già detto, ripetuto, usato …

E ci chiediamo: che c'è di nuovo?

Che ci dice questo nuovo « profeta »? Ah, il suo messaggio! Non sono le cose di sempre?

E non c'è la Chiesa, la Scrittura, la Tradizione, le forme « gerarchiche », gli organismi religiosi, e al post tutto, una Dal Crocifisso, non possiamo dipartirci mai; ma non è già esso la base della vita cristiana anche senza la « contemplazione » francescana della « Divozione », che va dall'una all'altra piaga, cui attacca la domanda di questa e quell'altra grazia …

Certo, il resto, il Crocifisso, lo fa da sé; ma non lo fa ugualmente, quando lo prendo in mano, per rendermi conto del mio passato, per chiedergli perdono, e, più ancora per soffrire ed espiare con Lui?

È evidente che ad un certo punto, la testimonianza, e la venerazione d'un uomo non bastano più.

Senza la testimonianza dei Catechisti, ora non ci porremo neppure la domanda che cosa un corpo più volte secolare come la Congregazione lasalliana, debba ad un Uomo, tramite uno dei suoi Membri, o ce la porremmo diversamente, e forse solo nell'ammirata, ma staccata, storia dell'amicizia feconda di due anime, che si sono intese e confortate, sul fondamento d'una congeniale divozione, e poiché l'uno e l'altro vissero santamente, adoreremmo un mistero di più della condotta delle anime da parte di Dio, e penseremmo che nella Chiesa, accanto al ministero dirò gerarchico, che amministra la grazia, nei Sacramenti, c'è sempre stata una sorte di ministero carismatico, che la produce.

Qui Dio splende dove vuole, come vuole, cui vuole.

Ma questa luce non è per me; ne m'addita una via nuova.

On.mo Fr. Atanase-Emile

Imperativi

Mentre si attende che la Chiesa, con il suo magistero, ci offra l'incomparabile certezza della santità dei due Servi di Dio - come invita il terzo comma del voto citato, o d'uno almeno, che ci garantisca su entrambi, non possiamo che attaccarci alle opere, realizzazioni le quali, pur abbisognando ancora della convalida del tempo - quarant'anni, sono pochi anche se bastevoli al crollo di moltissime cose umane - tuttavia hanno come una impronta soprannaturale, nel loro nascere, stabilirsi, espandersi, che ci permette di riferirle ad un disegno divino, il quale si commisura, almeno per quanto oggi ci è dato scorgerne, con le parole che il Servo di Dio annotò, quale fido « segretario del SS. Crocifisso ».

Il testo più aperto è del gennaio 1915: « È mio desiderio - ode e trascrive sul suo Diario23 Fra Leopoldo, - che passi ai Fratelli delle Scuole cristiane, ciò che Io ho operato per mezzo tuo ».

Il confessore cui Fra Leopoldo comunica la cosa, ha i suoi bravi dubbi ed insiste, perché il suo penitente preghi ancora, domandi se veramente deve lasciarsi la Devozione ai Fratelli.

Al 6 marzo, la conferma: « La pia Unione e l'Adorazione, voglio che rimangano dai Fratelli delle Scuole cristiane ».

Naturalmente, anche dal foro esterno non gli mancarono molte ed autorevoli pressioni, perché la cosa non avvenisse, tanto che aveva risolto di recarsi in Episcopio, dal vescovo ausiliare Mons. Bartolomasi per dirimere la questione, quando la sera del 5 giugno, nel pregare ode e segna: « … I Fratelli delle Scuole cristiane non debbono abbandonare nulla ».

Non sono i soli, questi « detti », ma bastino qui, riferiti nella loro sostanza.

Accettati questi, ecco i « doni » graziosi che Dio fa all'Istituto lasalliano, per mezzo di Fra Leopoldo Maria Musso:

a ) la « Divozione a Gesù Crocifisso »;

b ) l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, con i suoi sviluppi fino a dare un Istituto Secolare, come prima famiglia religiosa nata dal grande tronco della Congregazione dei Fratelli delle Scuole cristiane;

c ) la « Casa di Carità per le arti e mestieri » nell'imperativo d'una urgente necessità « per la salvezza del mondo », e la conseguente apertura di analoghe scuole serali per operai presso molti istituti d'istruzione classica e tecnica, nella Provincia religiosa torinese.

Che la « Divozione a Gesù Crocifisso », con il triplice scopo di:

1) « riparare ai tanti oltraggi, che Gesù Cristo riceve dagli empi, dai bestemmiatori e dagli ingrati, che lo vorrebbero cacciato dalle aule scolastiche, dalle famiglie, dalla società;

2) eccitare nei cuori l'orrore al peccato, l'amore a N.S. Gesù Cristo, e il desiderio di riceverlo con frequenza e fervore nella SS. Comunione;

3) ottenere la vita cristiana nelle famiglie, la buona educazione della gioventù, la conversione dei peccatori e degli infedeli » persegua un compito pratico di formazione cristiana e un ideale apostolico non è chi non veda.

« Essa ha un carattere eminentemente riparatore ed apostolico, - leggiamo sulle più recenti pagelline, - ed è una eco e quasi una sintesi della liturgia del Venerdì Santo e perciò dev'essere compiuta con i sentimenti di contrizione e di amore che ispirano la liturgia di quel giorno ».

Diventa così non una devozione di più, aggiunta al già numeroso bagaglio di pie pratiche in uso tra i fedeli, e che l'istruzione catechistica illustra e propone, ma una forma « tipica » di preghiera meditativa ed unitiva, che non ha termine in se stessa, ma investe, per così dire, tutta la vita: è il ritorno quotidiano al Crocifisso, con il nostro esame di coscienza, e con l'apporto concreto della nostra « riparazione » individuale: un Venerdì Santo, ch'è l'eco della S. Messa quotidiana, un'adorazione della Croce, che si richiama alla Comunione eucaristica: S. Messa e Comunione, che si rifanno naturalmente a quella « liberazione dalla servitù del peccato », ch'è l'autentico valore del Cristianesimo, in un con la conseguente « dedizione alla giustizia », alla verità, cioè, alla carità verso Dio e verso il prossimo, ch'è l'immanente e fecondo lievito sociale della religione.

Il « dono » è grande, tanto più se si considera ch'è fatto ad una Congregazione laica, la quale pur con le sue risorse culturali, non ha, ne può avere, quelle sacramentali strettamente congiunte con il ministero sacerdotale: sotto questo aspetto, la « Divozione a Gesù Crocifisso », intesa e praticata secondo la « liturgia del Venerdì Santo », può considerarsi un valido apporto carismatico nell'opera dell'educazione cristiana perseguita nella scuola.

La quale educazione, per produrre tutti i suoi frutti, ha bisogno anche, e precipuamente, dell'ambiente famigliare: la « Divozione a Gesù Crocifisso » si presenta, da questo lato, come un mezzo semplice ed efficace di penetrazione nelle famiglie degli alunni; vi riporta il Crocifisso, già troppo assente dalle nostre case, rima limitatamente al ragazzo, che la praticherà: poi, potrà interessarsene, la madre …

Davanti a Dio, anche un'anima sola può mallevare per tutta la casa.

Ma è soprattutto un richiamo alla educazione soprannaturale, cioè a quell'educazione cristiana, che non può esaurirsi nello studio e nell'insegnamento di una dottrina, vuoi sotto l'aspetto storico, esegetico, filosofico o apologetico, ma deve essere « comunicazione della grazia attin-ta in Dio ».24

I mezzi didattici, le fonti culturali, le elaborazioni dottrinali si sono, oggi, di più in più arricchiti: noi siamo tutti « dottori »; ma forse, non è cresciuto di pari passo il potenziale, per dir così, di grazia e santità, necessario per l'uso di questi nostri strumenti tanto perfezionati, che rischiano di esaurirsi nella loro dialettica in prò o contro determinate scelte, che poi non avvengono, nella vita, poiché, di per sé, una dottrina, come semplice teoresi, è inerte, quando già non includa, per se stessa, a cagione dei suoi limiti, i germi della propria negazione.

Di fronte alla vita, è purtroppo opaca anche l'evidenza.

Com'è opaco, per i più, che i cristiani tutti, senza eccezioni, « con la santità della vita debbono sempre praedicare Jesum Christum et hunc Crucifixum », come echeggiando S. Paolo, ammoniva S.S. PP. Benedetto XV, di s. m., benedicendo il Direttore e gli ascritti alla Pia unione del SS. Crocifisso.

Mezzo facile ed intuitivo, e tale da soddisfare ad un tempo il bisogno esteriore della pietà, e ridestare ed approfondire lo spirito e la vita cristiana nei singoli, la « Divozione » costituiva « magistralmente » anche il fondamento d'una forma associativa, che per la sua universalità potesse unire l'alunno e l'ex-alunno, ovunque e sempre, all'opera dei suoi educatori, e in genere, sostenerlo e spronarlo in quella catechesi di testimonianza e di opere, ch'è la « presenza del cristiano » nel mondo.

Ed ecco l'Unione del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, che fa suo programma un riferimento totale della vita alla realtà del Crocifisso, nel suo messaggio di fede ( la croce, è scandalo per il mondo ); di carità ( Cristo ha dato tutto se stesso, per noi ); ch'è gioia ( perché « è beato, chi non prende scandalo dalla croce » cfr. Lc 7,23 ), nella riconsacrata vocazione personale di ciascuno, alla diffusione del Regno di Dio sopra la terra.

Forma paradigmatica di A.C. e di apostolato cristiano ben consona alla natura dell'organismo scolastico, presso cui e da cui si genera, altro nei modi, nelle finalità prossime, nelle strutture, nei mezzi, di quello Parrocchiale.

Il voto del Capitolo generale ha presente quest'acquisto, dove dice che la Devozione forma un legame spirituale di pietà tra i Fratelli, i loro alunni ed ex-alunni.

Ma v'ha di più.

« L'Ordine che verrà », secondo il detto di Fra Leopoldo è, forse, già in nuce, nell'Istituto secolare dei Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.

Gli « stati di perfezione » nella Chiesa, oggi, si concretano nelle Religioni, nelle Società di vita comune senza voti e negli Istituti secolari: comune a tutti la santità del chiamato; ma quale specifico compito riserbi l'avvenire a ciascuna di tali forme, non ci è dato conoscere, questo sappiamo però, che « i cristiani sono nel mondo quello che l'anima è nel corpo », e che « il Vangelo del Regno sarà portato fino ai confini del mondo ».

Ho colto, una sera, come un sospiro d'angoscia, in Fratel Teodoreto: « Ma se non ci fossero più né religiosi, né Sacerdoti, ci sarebbero ancora loro ».

Loro, i « Suoi » Catechisti, cioè.

Sacerdoti e Religiosi non mancheranno mai alla Chiesa di Dio, perché non può venirle meno il Sacerdozio di Cristo; ma certo, potranno sorgere tempi più dolorosi che la rivoluzione dei rossi di Spagna … ( la frase surriferita è di quel tempo ).

Intanto, l'Istituto secolare di Torino è una fiorente realtà, ed affonda ormai le sue radici da un Continente all'altro.

Tutto ciò, per impulso di Fra Leopoldo, - direbbe Fratel Teodoreto, sicuro che nessuno ne possa dubitare, - dal quale fui condotto a dare alla nostra Congregazione la prima figliazione religiosa: il che è verissimo.

In realtà il figlio compiva i disegni del Padre e Fondatore, S. Giovanni Battista de La Salle, il quale voleva che i suoi Fratelli chiamassero alla loro stessa santità i propri alunni e ad una santità non comune ( Med. XXXIX,2 ).

Da ultimo, un cenno sull'opera scolastica, e le suggestioni di Fra Leopoldo sulla « Casa di Carità per le Arti e i Mestieri ».

L'Istituto lasalliano è sorto per la scuola popolare e vi ha tenuto fede, nel corso della sua storia, non solo moltiplicando scuole propriamente dette di carità, ma ancora sviluppando l'insegnamento tecnico-professionale, agricolo, industriale e commerciale.

Estesosi, per la naturale sua vocazione pedagogica, all'insegnamento di ogni ordine e grado, dalle elementari alle università, dalle opere di azione alle scuole di missione - che anche S. Giovanni Battista de La Salle, accanto alle « petites écoles » aveva aperto collegi d'insegnamento secondario, corsi professionali d'adulti oltre le sue scuole normali - l'Istituto conservò gelosamente la proporzione numerica fra scuole gratuite e scuole paganti, con larga maggioranza delle prime.

Vero è che qua o là, nel gran corpo della Congregazione, le scuole si svilupparono secondo condizioni ambientali molto complesse, e non di rado anche fuori delle proprie scelte.

In Italia, per es., l'istruzione tecnica propriamente detta non fu trascurata; ma non così quella professionale. « Le prime scuole serali, prime in Piemonte e nel resto d'Italia, si aprirono nel 1845 in Torino, a cura dei Fratelli delle Scuole cristiane, i quali già nell'ottobre 1831, due anni dopo la loro chiamata ( dalla Savoia ) a Torino, vi avevano istituite scuole festive per gli operai ».

Ma chi sa, quale fu l'infelice storia della nostra scuola post-risorgimentale, con quel suo astioso e repellente settarismo, non può stupirsi, che le fondazioni dei Fratelli prendessero poi altra piega, l'unica, del resto e a stento consentita, così che esteriormente non differissero in nulla dalle altre.

Ora, tranne nei Collegi di artigianelli e negli orfanotrofi, l'insegnamento professionale mancò quasi dovunque.

Intanto maturavano le condizioni della società attuale, attraverso lunghi anni di laicismo e di socialismo ateo ed anarcoide.

Urgeva riprendere l'opera antica.

Ma la « scuola di lavoro » vuole attrezzature assai più costose, che non quella umanistica o commerciale, e preparazine specifica d'insegnanti …

Nel 1919, nella vecchia Casa di via delle Rosine, succede, come direttore, Fratel Isidoro di Maria, che « conosceva l'organizzazione delle scuole professionali istituite dai Fratelli delle Scuole cristiane in Francia e nel Belgio, e desiderava di stabilirne una anche a Torino ».

Aveva perciò riorganizzati gli ex-alunni ( la scuola contava, in quella Sede ormai novant'anni ), con l'intento di valersene per fondare e sostenere una scuola popolare gratuita di carattere professionale.

Molte dubbiezze, da parte dei Superiori, che ne prevedono le difficoltà e soprattutto mancano del personale specializzato.

L'intervento di Fra Leopoldo valse a togliere questi primi ostacoli, che ad insaputa di tutti, il suo Signore Crocifisso già gli aveva parlato assai chiaramente.25

« Per salvare le anime, - gli aveva detto e fatto scrivere, - per formare le nuove generazioni si deve aprire una casa di carità, per far imparare ai giovani le arti e i mestieri ».

« Nessuno deve rifiutarsi; … il sacrificio che faranno, sarà sempre poco a confronto del bene, che verrà ».

Pessinetto: maggio 1913 1° radano dei Catechisti

Da notare che nonostante gli ammonimenti del Servo di Dio, l'Istituto d'arti e mestieri andò avanti per una propria via.

Ma anche qui, forse, anziché patirne scandalo c'è da scorgere il consiglio della Provvidenza, per cui i Catechisti della Unione dovevano giungere ad una loro propria ed autonoma Casa di Carità.

I quali Catechisti, intanto, s'erano già provati e presso le professionali iniziate in via delle Rosine - mentre sorgeva l'imponente edificio di corso Trapani, sede attuale - e poi nella Scuola festiva di N. S. della Pace …

Così furono pronti, quando nacque la loro Casa di Carità - un miracolo autentico - di corso B. Brin.

Fra Leopoldo non era più su questa terra; ma Fratel Teodoreto aveva fatto tutto secondo il suo cuore e le sue direttive: « Casa », e non scuola; « gratuità assoluta » e non la contribuzione anche assai modesta, che esigenze di copertura richiedevano in altra sede, dove aveva pur peso ed il sacrificio personale e delle risorse stralciate alle Case di formazione; « piena autonomia » di studi, e non la servitù conformistica d'una scuola, che per la sua esistenza legale doveva equipararsi a quelle di Stato.

C'è una visione del Servo di Dio, che sembra demandare la fondazione di tali Case di Carità agli Ecc.mi Vescovi: « … I Vescovi poi, che hai veduto, sono tutti quelli che devono impegnarsi a fare erigere nelle loro diocesi scuole di arti e mestieri modellate su quelle di Torino ».

« La Casa di Carità torinese, conclude Fr. Leone, nell'op. cit., dovrebbe essere quindi la prima di tante sparse nel mondo ».

In quanto agli ecc.mi Vescovi, è ovvio il rimando alla tradizione lasalliana ( cfr. Rigault, "Hist. gén. de l'Inst. des FF.EE.CC.", voi. I, pag. 177 ) passata in prescrizione regolare ( cfr. "Règl. gouv.", VI, 16 ) per cui nessuna scuola dei Fratelli può aprirsi o chiudersi senza il beneplacito dell'Ordinario del luogo.

Sono due millenni, che i Vescovi educano il nostro popolo e sono stati l'autorità più umana, più divina, la più alta in Dio, la più vicina a ciascuno, quella cui dobbiamo, dopo il Papa, ch'è il Vescovo dei Vescovi, tutta la nostra civiltà.

Tornasse il Vescovo, a capo d'ogni ordine e grado di scuole, non avremmo l'assurda, coatica, angustiosa burocrazia statale « macchina imposta all'uomo, perché lo Stato deve far tutto: leggi, organismi, programmi », saziarci il ventre e imbottirci la testa, come se, anima e corpo, l'uomo non fosse che materia d'ammasso e di pianificazione.

Visione veramente profetica e confortante, per chi è, non solo a parole, pensoso dei valori spirituali, e primamente del sopravvivere della libertà e della stessa umana convivenza, questa dell'illetterato laico minorità!

Del resto, il tempo è nelle mani di Dio, che crea le opere e gli operai.

Anche Fratel Teodoreto ha dovuto chiudere gli occhi alla luce di questo mondo, perché la sua Provincia religiosa riprendesse, con rinnovato fervore, le Sue scuole serali per gli operai, ed è naturale che la più parte di esse rechino, ora, in fronte il nome di Fratel Teodoreto.

Di quest'impulso beneficia in primo luogo la Provincia torinese; ma di contraccolpo, tutta l'azione dell'Istituto lasalliano in tal senso, ne rimane come potenziata.

Il richiamo è stato anche qui provvidenziale.

Per libera scelta, giovani soggetti della Congregazione, anziché gli studi umanistici, frequentano scuole ed istituti di specializzazione operaia.

Un ritorno alle origini, certo, come le esigenze dei nostri tempi richiedono, ma con lo spirito antico dei primi lasalliani.

Facciamo nostro il voto del XXX Capitolo generale dell'Istituto lasalliano: voglia Dio, concedere di veder le cause di beatificazione dei due Servi di Dio arrivare congiuntamente a buon esito.

Questa fraterna partecipazione dell'Istituto lasalliano esprime il tributo di gratitudine per la parte, che non dubitiamo di dire provvidenzialmente grande e fondamentale - a prescindere dal fatto, che può esser paradigmatica d'una aperta e feconda collaborazione tra Religioni varie di spiriti e d'intenti - avuta da Fra Leopoldo Maria Musso, nell'opera che Fratel Teodoreto lasciò alla propria Congregazione, e per l'efficacia della stessa nel Corpo medesimo della Società.

Nell'umile e fidente attesa del giudizio della Chiesa, la preghiera sostituisce vantaggiosamente i computi dell'uomo.

La traccia terrena si sfa nella polvere; ma il segno di Dio dura in eterno.

Fr. Emiliano


1Institut des Prères des Ecoles chrétiennes, Circulaires Instructives et administratives, n. 328, in data 19 marzo 1949. sulla natura e gli scopi dell'Unione del SS. Crocifisso.

2 Ivi, n. 354, in data 16 luglio 1956, sul risultati del Capitolo Cenciaie, p. 75.

3Cfr. Fr. Leone di Maria, Fratel Teodoreto, Torino, 1956, pag. 272.

4 Fr. Teodoreto, Fra Leopoldo, o.f.m., Torino, 1944; la stessa col titolo Il Segretario del SS. Crocifisso, Colle Don Bosco 1959, sulla revisione della prima, interrotta dalla morte del Servo di Dio ( 1954 ).

5 Ivi, ed. 1944, pag. 134.

6 Ivi, pag. 135.

7 V. la biogr. di Fr. Teodoreto, scritta da Fr. Leone, citata più su, e quella insostituibile di Fra Leopoldo, scritta da Fr. Teodoreto, anch'essa già citata; e di quest'ultima V. pp. 132-200.

8 Verteva, intatta, su una vessata interpretazione di Leggi scolastiche, per cui le scuole della R.O.M.I., non avrebbero più potuto esaminare i propri alunni; cfr. Fr. Teodoreto, op. cit., p. 133.

9 Cfr. Opuscolo cit., del P. Fortunato Scipioni, postulatore generale dell'Ordine dei Frati Minori, Torino, 1940, pp. 13 e 14.

10 La trad. fr. è del maggio 1960 condotta sulla prima edizione italiana

11 Fr. Teodoreto, op. cit., p. 141.

12 Ivi, p 253.

13 Ivi, p. 254.

14 Ivi, p. 299.

15 P. Fr. Maccono, Un apostolo di Gesù Crocifisso, Torino, 1947.

16 P. Maccono, nella prefazione alla biografia di Fra Leopoldo.

17 Lo Stesso, nella citata prefazione.

18 Fr. Teodoreto, op. cit., p. 45.

19 P. Maccono, nella cit. pref. all'op. di Fr. Teodoreto,

20 Cfr. Fr. Fredien Charles, L'oraison d'après St J. B. de La Sulle Paris, 1954, XV.

( 21 Fra Lorenzo della Risurrezione, muore nel 1691. Le opere « Maximes spirituelles » e « Entretiens de Fr. Laurent » sono pubblicate postume, nel 1692. I biografi non notano che il ritiro di quindici giorni fatto dal Santo nel Convento dei Carmelitani, nel 1705. Le prime fondazioni parigine del S. sono tuttavia del 1688.

22 Fr. Teodoreto, op. cit; p. 135.

23 Detti Diari, constano, ora, di otto fascicoli dattilografati; ma nel presente scritto, le citazioni sono tratte dal « detti » riferiti da Fr. Teodoreto nella op. cit.

24 Cfr. S. G. B. Se La Salle, Méditations, CCVII,3.

25 V. Fr. Teodoro, op: cit; p. 180ss.