Com. del S. di Dio Fr. Teodoreto nel centenario della nascita

B180-A3

Vinchio d'Asti, 12 - IX - 71

I

Da quando ebbi invito di salire a Vinchio per commemorare il centenario di nascita di Fratel Teodoreto, mi sono chiesto molte volte che significato potesse avere il nome del paese rapportato a Lui che doveva nascere qui; e subito mi balzarono in mente due frasi dell'Apostolo Paolo, inserite come gemme all'inizio del capitolo 3° e 4° della Lettera agli Efesini.

Scrive Paolo: « Ego Paulus vinctus Cristi Jesu prò vobis » ( Ef 3,1 ); e « obsecro vos ego vinctus in Domino » ( Ef 4,1 ) prigioniero di C. G.

Potevo desiderare spiegazione più bella e più giusta?

Oh, davvero, in questo paese chiamato Vinchio il Signore trovava colui che sarebbe stato a Lui vinctum, cioè suo prigioniero d'amore per tutti i giorni della sua vita.

Se già lo preannunziava il nome di Giovanni dategli al battesimo, lo confermerà poi il nome dategli in Religione, poiché Fratel Teodoreto fu per davvero dono di Dio a noi e dono che egli fece di sé al suo Dio e al suo Cristo Crocifisso.

Lo vedo dunque crescere qui, dritto come giglio levato a bere il sole di Dio e della divina grazia; lo vedo rafforzarsi in età e bontà fino al giorno che si doveva rinnovare qui una pagina di Vangelo.

Ricordate? Filippo, reduce dal suo primo incontro con Gesù, viene a dare la grande notizia all'amico Natanaele: - Abbiamo trovato il Messia!

E all'amico incredulo, oppone: Vieni e vedi!

All'arrivo di Natanaele Gesù dice: Ecco un vero Israelita, in cui non v'è dolo!

Dice Natanaele: Maestro, tu mi conosci?

Risponde Gesù: - Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto che stavi all'ombra del fico!

Maestro, grida Natanaele, tu sei il Cristo, il Figlio di Dio!

E Gesù: Questo ti stupisce? Vedrai ben altre cose! Vedrai il cielo aperto e gli angeli di Dio che salgono e che discendono sul Figlio dell'Uomo! » ( Gv 1, 47s ).

Difatti, come vengono quassù i cacciatori e tornano con qualche buona preda nel carniere, così Fratel Candido Chiorra, venator animarum, tornato al paesello nativo, fermava lo sguardo su Giovannino Garberoglio, limpido come acqua, trasparente come l'aria di questa regione, sincero come il vino di questi magnifici colli, e ne ripartiva portando con sé il giovinetto per consegnarlo irrevocabilmente a Gesù.

II

Affidato alle cure divine, quel iustus germinabit sicut lilium et florebit in aeternum ante Dominum.

Entrando nella Famiglia religiosa di San Giov. Batt. de la Salle, Fratel Teodoreto si trovò a suo agio completo, come il pesce nell'acqua.

Durante la lunga ascesa, dai 16 agli 84 anni, che dire di Lui?

Risponde un Confratello: « Non ho fatti specifici da ricordare, come miracoli o giù di lì.

Il fatto monumentale, per me, è quello di un Fratel Teodoreto che osservi la Regola con la semplicità e naturalezza con cui l'uomo respira » ( pag. 116 ).

Difatti, si diceva comunemente: « Fratel Teodoreto è la Regola personificata.

Se per caso si perdesse il testo della Regola, la avremmo viva sottocchio in lui.

Egli raccomandava di portarla sempre con sé, insieme al santo Vangelo, a imitazione di S. Cecilia di cui è detto: « portava sempre sul petto il Vangelo di Gesù Cristo ».

E questo perché Fratel Teodoreto era tutto imbevuto dello spirito caratteristico del Santo Fondatore: "fede e zelo" ( pag. 121 ).

Difatti fu testimoniato: « Era in continuo raccoglimento.

Adorava in sé il Dio presente anche nel tumulto della città » ( pag. 78 ).

Tanto vero che, camminando un giorno per Torino appaiato con un Confratello col quale recitava il Rosario, a un certo punto, non sentendo la risposta all'Ave Maria, si voltò, e soltanto allora si accorse che il trambusto gli aveva scompigliato le carte, facendolo camminare al fianco di una brava signora! ( pag. 80 ).

C'è da stupire se Confratelli ed estranei erano straordinariamente colpiti dal suo sguardo?

« Molte cose mi hanno colpito nell'indimenticabile Fratel Teodoreto, ma più di tutto il suo sguardo.

Aveva nelle pupille qualche cosa di divino che incoraggiava e illuminava » ( pag. 106 ).

Il Parroco di Vinchio, già Viceparroco, confidò: « Tornavo dagli Esercizi spirituali; ma vedere lui in quel suo naturale atteggiamento di raggiante modestia mi fece meglio di tutte le prediche ascoltate » ( pag. 28 ).

Come non ricordare l'incontro del giovane con Gesù?

È detto che Gesù fissatelo, lo amò.

Ma quando Gesù lo invita a lasciar tutto per seguirlo, « se ne andò via triste, perché era molto ricco ».

Qui no. Qui lo sguardo di Gesù andò sino al fondo del giovane Teodoreìo, e lo captivò per sempre, perché lo trovò sinceramente povero, staccato da tutto per seguire Lui.

E seguendolo con sempre maggior fedeltà, diventò tabernacolo trasparente della Divinità.

Non fu detto, a proposito del Santo Curato di Ars, che egli era « un trasudamento di Dio? ».

E non dissero di lui alcuni pellegrini reduci da Ars, che essi erano andati a « vedere Dio vivente in un uomo »?

Qualcuno si fermò ad altro segno esteriore della faccia di Fratel Teodoreto; e questo qualcuno, molto grossolanamente aveva osato dire in un crocchio di confratelli: « Avete visto che bocca larga ha Fratel Teodoreto? Ha proprio una faccia da scimmia! ( pag. 137 ).

E Lui che, non visto, aveva sentito, continuò ad avanzare nel corridoio: giunto davanti all'incauto, salutò tutti con bell'inchino e sorriso e passò oltre.

Certo, quel maldestro confratello non era in grado di capire che proprio quella bocca larga meritava l'invito del Signore: « dilata os tuum et implebo illudi » ( Sal 81 ).

Dimenticava che il Signore aveva lodato Daniele proprio perché era "vir desideriorum" ( Dn 9,23 ).

Perciò il Signore gli riempi bocca e lingua e cuore del traboccante amore per Lui e per i fratelli, poiché quella bocca tanto larga aveva uno smisurato appetito di amare, di crescere nell'amore e di fare del bene!

È sua questa espressione indirizzata per lettera a un carissimo confratello: « Noi, che ci siamo fatti religiosi saremmo dei grandi minchioni se non ci facessimo santi o non attendessimo a renderci tali! » ( pag. 122 ).

Per essere più spedito a correre nella via della santità, oltre a vivere in continua unione con Dio, oltre alla pratica fedelissima della regola, oltre al lavoro metodico ed estenuante del suo dovere di insegnante e di educatore, faceva larga parte alla mortificazione minuta e continua, nonché a quella mortificazione più spiccata che merita il nome di vera penitenza.

Lo esperimentò a sue spese un Confratello di passaggio a Santa Pelagia.

Colto da gravissimi dolori viscerali, fu portato nella cameretta di Fratel Teodoreto.

Ma, appena posato sul letto, diede un urlo, perché si era sentito infiggere nella carne le punte di una così detta "noce di S. Teresa", strumento di penitenza oggi non più noto ( pag. 118 ).

Ad un certo punto del suo cammino, il Signore dispose l'incontro di Fratel Teodoreto con Fra Leopoldo Musso.

Questo Servo di Dio, nato a Terruggia nel 1850, e, dopo varie vicende, vissuto poi sempre come Fratello - cuoco perpetuo - del Convento dei Frati Minori Francescani a S. Tomaso di Torino, aveva colloqui quotidiani col Crocifisso che teneva nella sua cella.

Normalmente, stava in adorazione davanti al Crocifisso dalle 4 alle 6 del mattino, e dalle 22 alle 24 della sera ( pag. 219 ).

I due Servi di Dio si conobbero tramite il Crocifisso.

Nell'amore al Crocifisso le loro anime si conglutinarono come quelle di Davide e di Gionata e furono portate a sempre maggior slancio di perfezione, a sempre più fervido sprone nelle vie dell'apostolato.

La devozione a Gesù Crocifisso e a Maria SS. inculcata da Fra Leopoldo trovò in Fratel Teodoreto l'alleato entusiasta e il propagatore fervente.

Dice Fratel Giovannino: « Per me Fratel Teodoreto e Gesù Crocifisso sono inscindibili.

Parlare del primo è richiamare Gesù e parlare del Crocifisso è ricordarne l'apostolo più convinto e persuasivo » ( pag. 200 ).

III

Da questa alleanza dei due Servi di Dio, da questa devozione a Gesù Crocifisso e a Maria SS. Immacolata, nacque l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso, che, attorno al nucleo dei confratelli vincolati dai tre voti, raccoglie altri nuclei di Catechisti volontari, dediti all'Apostolato Catechistico.

L'Unione, guidata con mano ferma di padre, con cuore tenero di mamma, dal 1913 al 1954, da Fratel Teodoreto, quanto cammino ha compiuto, quanta messe di bene ha operato!

E dalla morte dell'impareggiabile Padre e Fondatore, di quanto ha allargato le sue tende e le sue sante conquiste!

Dall'Unione nascerà l'Opera della "Messa dei poveri".

Dall'Unione nascerà e si svilupperà vigorosamente la "Casa di Carità Arti e Mestieri" vera opera provvidenziale per la gioventù operaia di oggi.

Evidentemente, per sostenere e sviluppare il suo molteplice progresso, quest'Opera imponeva una somma di continue preoccupazioni, di lavoro sfibrante, e di spese ingenti.

Quali, in proposito, le direttive di Fratei Teodoreto?

Quale il suo metodo finanziario?

Quello del Vangelo e dei Santi ispirati al Vangelo, cioè: un metodo che rovescia tutti i calcoli terreni e che rivoluziona tutte le strategie dei così detti "operatori economici" e dei grandi "capitani d'industria".

Fratel Teodoreto diceva: « Per le finanze, una regola sola: fidare nella Provvidenza. Più c'è fede, più il Signore aiuta ».

Ai suoi cari figliuoli ripeteva continuamente: « Da voi farete niente; ma con la Provvidenza riuscirete a tutto ».

« Avere grande fiducia in Dio e non troppo su di una determinata persona. Il passato è di garanzia per l'avvenire. Il Signore pensa Lui ».

« Fra due mezzi buoni, scegliere sempre il più soprannaturale. L'Opera è di Dio che, se vuole, la sviluppa; se no … » ( pag. 254 ).

Il metodo - chiamiamolo così! - finanziario veniva applicato anche in ogni altro settore.

Il Can. Michele Peyron che durante un viaggio a Roma raccolse dalla sua conversazione alcuni detti, ce ne ha conservato memoria.

Eccoli: « Bisogna sempre essere contenti, qualunque cosa capiti. Mettere tutto nel Cuore di Gesù e di Maria: allora noi non avremo più da pensarci. Penseranno loro a tutto ».

« Guardata con gli occhi della fede, la vita è bella: bisogna mantenersi tranquilli, non affrettarsi ne affliggersi mai di niente; mettere tutto nelle mani del Signore … Lui farà il resto … Noi abbiamo fatto umanamente quello che si è potuto ».

« In ogni opera il Signore fa vedere il granello, ma non la pianta. Il tempo ha il suo valore e il suo limite. Il Signore non rifiuta gli operai; vuole salvare gli uomini con gli uomini, le anime con le anime. Armarsi di costanza; tirarla a lungo, fino a che è possibile, sempre lavorare; se poi non si riesce, si fa un'altra provvista di preghiere e di costanza, fino a che il Signore manifesta la sua volontà ».

« Chi si aggrappa alla Croce non fa naufragio. Se l'interno è fatto, l'esterno verrà … Con la pazienza si abbatteranno tutte le difficoltà » ( pag. 326-327 ).

Come sempre, l'uomo di Dio che sapeva dire cose così sagge e assennate sapeva prima viverle e, in più, sapeva pagare di persona, poiché la calce buona per legare le pietre della costruzione sarà sempre il sacrificio personale, secondo l'insegnamento e l'esempio di Gesù.

Per la solidità della mirabile costruzione Fratel Teodoreto pagava di persona, e come!

Il Signore lo visitava di tanto in tanto con la malattia.

E Lui, sempre calmo, paziente, sorridente, a dire: « Soffrire è fessura o finestra aperta per noi sulle cose di cielo » ( pag. 298 ).

Col passare degli anni e il declinare delle forze, colpettini e colpi si susseguivano, impedendogli di esprimersi come voleva, inceppandogli la lingua, paralizzando lentamente gli arti e Lui a crescere nella forza interiore dello spirito, a imitazione di Paolo che attesta: « cum infirmor tunc potens sum == quando mi trovo più debole allora mi sento più forte » ( 2 Cor 12,10 ).

Evidente che, nel crogiolo della sofferenza lo spirito si affinava sempre più.

Il padre dell'anima sua, il Padre Piombino dei Barnabiti, non si stancava di lavorare quell'anima benedetta per ridurre tutti i suoi sforzi di perfezione e di apostolato a una cosa sola: abbandonarsi ciecamente all'amore misericordioso di Gesù, alla protezione materna della Madonna.

Per il Natale del 1948 gli lasciava questo pensiero fondamentale: « Il bambino non cerca altro che di starsene con la mamma. Anche lei deve fare così: stare con Gesù e Maria e non cercare altro » ( pag. 318 ).

E così, come ogni rivo d'acqua corre alla foce, questo Servo fedele, che aveva concentrato tutte le fibre del suo cuore nell'amore di Gesù Crocifisso e della sua santa Madre, e che aveva infuso questi amori nei cuori dei suoi figli spirituali, veniva a consumare il suo ultimo sacrificio ai piedi di Gesù Crocifisso e della sua santa Madre.

E come un di Gesù agonizzante aveva affidato la Madre a Giovanni e Giovanni alla Madre, così anche allora, in quel lontano 13 maggio del 1954, Gesù Crocifisso consegnava la Madre sua al Suo servo fedele e alla giovane famiglia dell'Unione del SS. Crocifisso come pegno di amore supremo e come richiesta di fedeltà inconcussa.

Moriva così Fratel Teodoreto, il 13 maggio giorno della prima apparizione della Madonna a Fatima; moriva in quel 1954, primo centenario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione.

Lui, che da ragazzino - a imitazione di San Bernardino da Siena - amava portare fiori alla Madonna, reclinava il capo sul cuore della Mamma celeste, ai piedi del suo Divin Figlio Crocifisso.

Davanti alla salma gloriosa nessuna parola più degna di essere ricordata che quella del venerato Arcivescovo Card. Fossati il quale, nel ricordarne la morte, scriveva: « … Egli è andato in paradiso per meglio celebrare domani la festa del Santo Fondatore Giov. Batt. de la Salle, ed essere più efficace intercessore presso Dio per i bisogni della sua Congregazione e delle sue benefiche Istituzioni. Sulla terra ha sempre vissuto di Dio: ora vive in Dio » ( pag. 344 ).

E oggi noi, che lo abbiamo conosciuto, venerato e amato; noi che, nel ricordo delle sue eccelse virtù, sentiamo ancor più il fascino della sua dolce attrattiva e del suo imperturbabile sorriso; noi che lo preghiamo nostro valido intercessore presso Dio, sentiamo di dover concludere il pio pellegrinaggio a questo Battistero che lo fece Figlio di Dio, con le parole di una Suora Carmelitana che scrive: « Come viene spontaneo il grazie alla bontà del Signore, che consola questo povero esilio dandoci a compagni di viaggio i suoi santi! » ( pag. 298 ).

Oh, ci sia sempre compagno di viaggio, finché potremo giungere anche noi lassù, dove con lui saremo immersi nel gaudio della vita di Dio per sempre!

+ Giuseppe Angrisani

già Vescovo di Casale Monf.


Nota. Le citazioni segnate nel testo sono tolte dalla biografia di Fratel Teodoreto scritta da Fr. Leone di Maria. ( Casa Ed. A. e C. Torino ).