Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto

B189-A3

« L'ordine che sorgerà sia coltivato prima di tutto con la pietà; con la reciproca assistenza e umiltà, coll'attività e modestia, e grande carità fraterna: in unione con Gesù Crocifisso portare la croce con gaudio ». ( dagli scritti di Fra Leopoldo )

« Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto e faranno lamento per Lui, come per la morte del figlio unico, primogenito » ( Zc 12,10 ).

Queste parole della Sacra Scrittura descrivono un atteggiamento fondamentale della vita cristiana: la contemplazione di Gesù Crocifisso, vittima dei nostri peccati.

Contemplazione di amore alla vista di questo eccesso di amore da parte di un Dio che muore per noi, contemplazione di dolore per la enormità del proprio misfatto: il deicidio.

È questo il pianto che Gesù ha chiamato beatitudine, pianto amarissimo e dolcissimo allo stesso tempo perché monda l'anima dalle sue colpe e le ridona l'amicizia del suo Signore, ispirandole propositi risoluti di vita nuova, e grande pace interiore.

Questo pianto è detto penitenza, e Gesù stesso usa questo termine quando esorta insistentemente i suoi uditori a cambiar vita, dicendo: Se non farete penitenza perirete tutti.

Tutti i profeti avevano richiamato Israele alla penitenza: « Convetitevi a me con tutto il vostro cuore, col digiuno, con le lacrime e con grida di dolore » ( Gl 2,12 ).

« L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi consigli.

Ritorni al Signore che ne avrà pietà, al nostro Dio che è generoso nel perdonare » ( Is 55,7 ).

E l'ultimo di essi, Giovanni Battista, nell'imminenza della venuta di Gesù gridava più forte che mai: « Preparate le vie del Signore, appianate i suoi sentieri; ogni burrone sia colmato e ogni monte e colle sia abbassato; le vie tortuose diventino diritte e le aspre diventino piane » ( Lc 3,4-5 ).

Questo appello alla penitenza, sempre vivo nella Chiesa è ora particolarmente ribadito in questo Anno Santo, affinché il peccatore si converta e il santo diventi più santo, e questo mondo che sta sull'orlo dell'abisso sia salvato per il Sangue di Gesù Crocifisso.

Se la penitenza è sincera, è anche coerente e si risolve in uno sforzo risoluto di riforma della propria condotta, in pratiche afflittive di mortificazione e di espiazione, cioè in un'ascosi di purificazione e di rieducazione delle proprie facoltà.

Ma la penitenza è anzitutto un atto inferiore di pentimento, che da significato e valore agli atti esterni.

Essa può essere ispirata da motivi buoni, ma imperfetti, che costituiscano un inizio di conversione, come la constatazione dei danni che la colpa produce immancabilmente nella persona del peccatore e attorno a lui, nei rapporti con gli altri, intaccando tutte le cose.

Ma la penitenza perfetta è quella che scaturisce dalla conoscenza di Gesù Crocifisso e del suo amore infinito, perché soltanto Gesù Crocifisso può darci una idea ( sebbene mai adeguata, perché la colpa ha qualcosa di infinito e di misterioso ) della enormità di un misfatto che ha richiesto la morte di un Dio per essere espiata, e dell'orrore che Iddio ne sente, se ha potuto abbandonare il suo Figlio diletto alle atrocità e agli obbrobri della croce solo perché se ne era rivestito.

Pretendere di amare il Signore ignorando la penitenza, e una penitenza adeguata, sarebbe ipocrisia, perché siamo tutti peccatori, ma essa deve essere ispirata soprattutto dall'amore e procurare un accrescimento di amore.

È questa la penitenza che Gesù ci chiede.

Com'è possibile guardare alle sofferenze che Gesù ha sopportato in espiazione dei nostri peccati e non sentire il bisogno di togliere la causa di queste sofferenze, evitando ogni colpa, e di partecipare in qualche misura a queste sofferenze redentrici?

« Compio nella mia carne quello che manca alla Passione di Cristo », scrive S. Paolo.

Che cosa manca alla Passione di Cristo? In sé nulla.

Ma perché sia efficace per ciascuno di noi occorre la nostra partecipazione.

Un mattino alle ore 5,30 Fra Leopoldo era già in adorazione di Gesù Crocifisso e sentiva le proteste della natura, che avrebbe voluto un po' più di riposo.

Ed ecco che cosa scrive nel suo diario: « Quante dolcissime cose mi disse il mio Gesù Crocifisso, fra le quali disse di privarmi del sonno, di fare un po' più di penitenza, che mista con l'amore del mio Gesù, nostro Dio, sebbene sia sempre ben poca cosa, è molto gradita al Signore ».

« Un po' di penitenza » dice Fra Leopoldo, benché dormisse così poco.

Chi lo ha provato sa che cosa sia la privazione del sonno.

* * *

Gesù Crocifisso è colui che ci rivela l'immensità dell'amore di Dio: del Padre che « non risparmiò nemmeno il proprio Figlio, ma lo sacrificò per tutti noi » ( Rm 8,32 ); del Figlio, che ha dato tutto se stesso per noi, in una mare di dolori e di umiliazioni; dello Spirito Santo, in cui si è compiuta ogni cosa.

Dio è l'amore stesso, amore sussistente.

Ma è sulla croce che Dio da la prova massima del suo amore e fa l'ultima e più sublime rivelazione di se stesso.

Dio è amore, ma questa parola che conclude la rivelazione fu scritta dopo di aver veduto Gesù in croce, e da colui che, ai piedi della croce, con la madre di Gesù, assisté alla sua agonia e morte, e udì le sue ultime parole.

Fu detto che il Crocifisso è l'estasi di Dio.

L'uomo va in estasi innalzandosi sopra se stesso nella contemplazione di Dio.

Dio va in estasi umiliandosi e abbassandosi verso l'uomo per amore.

Nel Crocifisso c'è tutto il Vangelo.

Per questo S. Paolo protesta di non voler conoscere altra cosa fuorché Gesù e Gesù Crocifisso, « scandalo per gli uni, stoltezza per gli altri, ma per quelli che sono chiamati potenza e sapienza di Dio » ( 1 Cor 1,23-24 ).

« Vivo nella fede del Figlio di Dio, che ha amato me, e ha dato se stesso per me » ( Gal 2,20 ).

L'amore rende conformi.

L'atteggiamento della penitenza è superato da quello di partecipazione.

I santi, che amavano davvero il Signore, desideravano di partecipare alle sofferenze di Lui.

Gli Apostoli, che il Sinedrio aveva fatto flagellare per la loro testimonianza del Vangelo « se ne andavano dal cospetto del Consiglio lieti per essere stati degni di patir contumelia per il nome di Gesù » ( At 5,41 ).

S. Francesco d'Assisi bramò tanto di identificarsi con Gesù Crocifisso che meritò le stigmate, e aprì la serie di quegli inebriati di amore che sono gli stigmatizzati.

S. Giovanni della Croce, a Gesù che gli domandava che cosa desiderasse, rispondeva: « Patire ed esser disprezzato per amor tuo ».

L'autore della Imitazione di Cristo conclude: « Quando sarai giunto a trovar dolce la pena e ad amarla per Gesù Cristo, allora crediti pure beato, perché trovasti il paradiso in terra.

Ma finché ti è grave il soffrire e cerchi di evitarlo, vivrai sempre inquieto, e la tribolazione che fuggi ti inseguirà dappertutto ».

Abbiamo meditato davvero e seriamente sopra questo insegnamento della sapienza cristiana più genuina?

Durante tutta la sua vita Gesù ebbe presente la sua passione, come il punto finale a cui tutto convergeva, come la vetta della sua vita, dove il suo amore misericordioso avrebbe brillato nel suo massimo splendore, dove avrebbe reso al Padre l'omaggio più perfetto della sua obbedienza e dove avrebbe distrutto la morte e restaurato la vita.

« Sono venuto a portar fuoco sulla terra e quanto desidererei che fosse già acceso.

Ma con un battesimo devo essere battezzato e quanto mi sento angustiato finché non sia compiuto » ( Lc 12,49-50 ).

Il Calvario è il vertice della vita di Gesù e perciò è il vertice del mondo.

Lo stile di Gesù è paradossale: Egli distrugge la morte morendo, vince per mezzo della sconfitta, trionfa tra gli obbrobri e per mezzo degli obbrobri.

Dalle Sue inenarrabili sofferenze scaturisce la beatitudine senza fine.

Per questo Egli ha diritto di essere seguito anche nei suoi insegnamenti paradossali: « Beati coloro che piangono, beati i miti, i poveri, i perseguitati per la giustizia.

A chi ti percuote nella guancia destra presentagli anche l'altra.

A chi ti vuoi togliere la tonaca cedi anche il mantello.

Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché ( ecco la spiegazione del paradosso ) siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa levare il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi e manda la pioggia per i giusti e per gli iniqui ».

Di quel Padre vostro, viene spontaneo aggiungere, il quale risponde alla vostra vita di peccatori con le acque della sua abbondante purificazione, alla vostra ingratitudine circondandovi di benefizi, alla vostra perfidia dissimulando, sopportando, lasciandosi crocifiggere ogni giorno fino alla fine del mondo « ricrocifiggendo il Figlio di Dio ed esponendolo a ludibrio » ( Eb 6,6 ).

* * *

L'Anno Santo a cui la Chiesa invita produrrà davvero i suoi frutti se tutti i fedeli concentreranno i loro sguardi su Gesù Crocifisso e non si stancheranno di ascoltare le parole che Egli dice al cuore di ciascuno, « efficaci e taglienti più di ogni spada a doppio taglio e penetranti fino alla divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, capaci di discernere i sentimenti e i pensieri del cuore » ( Eb 4,12 ) operando così una conversione in profondità e una vita nuova.

Un modo pratico ed efficace per richiamare tutti a Gesù Crocifisso è la preghiera composta da Fra Leopoldo, la così detta « devozione a Gesù Crocifisso », tanto ricca di contenuto nella sua semplicità.

È la Provvidenza di Dio che l'ha preparata, suscitando attorno ad essa e per mezzo di essa tutto un movimento di devozione e di amore a Gesù Crocifisso, per promuovere un ritorno di tutti i cristiani ai valori essenziali della religione, al cuore e al centro della vita divina.

Tutti coloro che fanno parte di questo movimento siano dunque particolarmente attivi in questo Anno Santo e non si stanchino di diffondere questa devozione, come esortava il Servo di Dio Fratel Teodoreto, per cooperare così all'opera del gran ritorno.