L'Anno Santo nelle intenzioni del Papa

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« Ci adoperiamo affinché l'Anno Santo sia nella Chiesa non un avvenimento isolato e passeggero, ma un'efficace presa di coscienza ad ogni livello, un movimento di popolo, un'occasione di rinnovamento spirituale e religioso che deve lasciare tracce profonde e durature nel costume cristiano.

Esso infatti … riguarda un orientamento nella nostra vita moderna, che Investe tutto il nostro modo di pensare e di vivere.

Si tratta di un esame complessivo della nostra mentalità in ordine a due realtà principalissime: in ordine alla religione che processiamo e in ordine al mondo in cui viviamo …

Non riteniamo fuori luogo insistere sulle finalità esclusivamente spirituali dell'Anno Santo, quale evento ecclesiale caratterizzato da una partecipazione più intensa e benefica al tesoro spirituale della Chiesa per la propria santificazione e per un più evangelico servizio ai fratelli …

Il prossimo Anno Giubilare - che noi abbiamo voluto che si svolga sotto l'insegna del rinnovamento spirituale dell'uomo e della sua riconciliazione con Dio - si innesta nel solco della tradizione della Chiesa.

Bisognerà dunque che le manifestazioni religiose che lo accompagneranno si svolgano nello spirito genuino della penitenza cristiana, che è riforma di se stessi, abbandono del peccato, conversione al bene.

In modo particolare occorrerà che il Pellegrinaggio - nel quale si esprime la forma più caratteristica delle pratiche penitenziali - sia ben differente da una gita turistica, e riprenda il significato che ha sempre avuto nell'ascetica cristiana, di vero itinerario spirituale effettuato per motivi di pietà e di espiazione.

Pur ricollegandosi ad una tradizione plurisecolare, il prossimo Giubileo non dovrà prescindere dal nuovo clima religioso che si è venuto a creare nella vita ecclesiale dopo il recente Concilio Vaticano II.

Esso non solo è in perfetta consonanza col suo spirito, ma ne è anzi la continuazione e rappresenta una tappa fondamentale nell'applicazione delle sue indicazioni e direttive, sia come impegno di rinnovamento interiore, mediante il costante confronto con le esigenze del messaggio evangelico da approfondire e realizzare nella nostra quotidiana esistenza, sia come apertura alle esigenze del mondo contemporaneo, insoddisfatto del suo stesso benessere e bisognoso di vigoroso rilancio dei valori dello spirito. ( O. R. ll-XI-73 ) ».

Appello ai giovani

Nell'omelia pronunciata il 10 Novembre 1973 nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, Paolo VI ha fatto appello a tutti i ceti sociali per una seria partecipazione ai benefici dell'Anno Santo, tempo propizio, in cui siamo chiamati a decidere che cosa vogliamo essere, davanti a Dio che ci chiama.

Rivolgendosi in particolare ai giovani il Papa ha detto: « L'annuncio del cristianesimo alle nuove generazioni è preoccupazione assidua del Papa.

Come annunciare Cristo Signore ai giovani, che sono i candidati migliori per capirlo e realizzarlo?

Che sono stanchi e quasi nauseati delle formule che la vita moderna così carica, così ricca, così opulenta ha riversato sopra di loro?

Il giovane che alcune volte ha le divinazioni che gli adulti non hanno, sente un senso di nausea di fronte a un certo modo di vivere.

In questa visione contestataria trova lo stimolo a vivere in povertà, trova lo spirito verso la ricerca della verità.

I giovani d'oggi vogliono essere autentici, vogliono essere quello che si è, e si deve essere.

Hanno un'anima iperfilosofica.

Vorrei colloquiare con questi e dire: io ho la verità, io ho quello che ti manca e quello che aspetti, io ho la formula per interpretare la tua vita, lo ti dò la bellezza, io ti dò la gioia, la forza, moltiplica le tue ricchezze, le tue facoltà, io ti metto nella vita reale, ti metto nel centro della grande ipotesi dell'esistenza umana.

La vita è una grazia immensa, impagabile.

Quale dialogo lungo, quale dialogo amico, penetrante, interessante si dovrebbe fare alla nostra gioventù, perché capisse che la sua follia non è che un pianto, non è che un gemito per cercare qualcosa di veramente reale, di veramente buono.

È l'acclamazione incognita e inconscia verso il Cristo che non trovano e che, se lo trovassero, li inebrierebbe di pace, di gioia, di forza, di equilibrio: sarebbero loro i padroni del mondo di oggi e del mondo di domani ».

Unione e azione

Il 25 febbraio u.s. il S. Padre ha ricevuto nella Cappella Sistina tutte le forze attive dell'apostolato nella diocesi di Roma, sacerdoti e laici: dal Cardinale Vicario Ugo Poletti ai Vescovi Ausiliari, ai parroci, cooperatori, sacerdoti e religiosi, predicatori, alunni dei seminari ecc.

Questo incontro, a detta dello stesso Sommo Pontefice, rappresentava la moderna edizione dell'antica udienza ai quaresimalisti di Roma e costituiva per Lui una viva soddisfazione, ed anche l'occasione per dare delle direttive, che Egli sintetizzava nel binomio: unione ed azione.

Dopo di aver illustrato questi due concetti, che, diceva il S. Padre, costituiscono il programma ordinario e tradizionale del sacerdozio ministeriale, ma al quale Egli « intendeva infondere una particolare intensità derivante dall'urgenza di carità, oggi specificamente necessaria, sia per la grande meditazione teologica, che il Concilio ha dispiegato davanti a noi parlando del mistero della Chiesa e della nostra salvezza; e sia per la situazione critica, ambivalente, negativa e positiva, dell'umanità ai nostri giorni ».

Il Papa concludeva: « Lo spirito di contestazione è diventato quasi una forma epidemica, antiecclesiale, di critica acida e spesso preconcetta, ormai convenzionale, che favorisce un opportunismo demolitore, non rivolto né alla verità né alla carità.

Come può svilupparsi un'azione positiva, concorde, cristiana da un pluralismo ideologico, che sa di libero esame, e perciò disgregatore della coesione della comunione di fede, di amore,di servizio, di unità evangelica?

Non disperdiamo le forze della Chiesa, non facciamo modello di rinnovato cristianesimo i principi pseudo - liberatori che hanno tentato di lacerare l'"inconsutile veste di Cristo", e che un difficile ecumenismo tenta di ricomporre.

"Veritas liberabit vos" dice il Signore: la verità, quale la Chiesa custodisce e insegna, non le "profanae vocum novitates", le opinioni correnti, spesso di provenienza ostile, punto liberatrici, alle quali alcuni, piuttosto che alla fede genuina, prestano servile ossequio.

Vorremmo che l'Anno Santo, nel cui cono di luce siamo ormai entrati, ci aiutasse a superare questa situazione psicologica e morale, che rattrista la Chiesa, e ci facesse dono di quel rinnovamento e di quella riconciliazione, che anche a riguardo di questo fenomeno doloroso, è tanto auspicabile.

Noi confidiamo nel Signore, che vorrà ridare il gaudio d'un senso univoco, fraterno, solidale, alla nostra comunione ecclesiale.

E abbiamo fiducia, tanta fiducia, che voi tutti ci aiuterete a questo veramente profetico scopo ».

Celebrazione del Crocifisso al Centro La Salle

L'Angelus Domini

Il 2 Febbraio 1974 il Papa ha indirizzato a tutti i Vescovi un'esortazione sul culto mariano, dove fra l'altro Egli dice: « La nostra parola sull'Angelus Domini vuole essere solo una semplice, ma viva esortazione a mantenere consueta la recita, dove e quando sia possibile.

Tale preghiera non ha bisogno di restauro: la struttura semplice, il carattere biblico, l'origine storica, che la collega alla invocazione dell'incolumità nella pace, il ritmo quasi liturgico, che santifica momenti diversi della giornata, l'apertura verso il mistero pasquale, per cui, mentre commemoriamo l'incarnazione del Figlio di Dio, chiediamo di essere condotti « per la sua passione e la sua croce alla gloria della resurrezione », fanno sì che essa, a distanza di secoli, conservi inalterato il suo valore e intatta la sua freschezza.

È vero che alcune usanze, tradizionalmente collegate con la recita dell'Angelus, sono scomparse o difficilmente possono continuare nella vita moderna; ma si tratta di elementi marginali.

Immutati restano il valore della contemplazione del mistero dell'incarnazione del Verbo, del saluto alla Vergine e del ricorso alla sua misericordiosa intercessione; e, nonostante le mutate condizioni dei tempi, invariati permangono per la maggior parte degli uomini quei momenti caratteristicl della giornata - mattino, mezzogiorno, sera - i quali segnano i tempi della loro attività e costituiscono invito ad una pausa di preghiera ».

Paolo VI