Il Sup. Gen. dei F. S. C., Fr. Charles Henry al sinodo …

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Il Fr. Charles Henry, Superiore Generale del Fratelli delle Scuole Cristiane, ha portato al Sinodo dei Vescovi, la voce del suo Istituto, impegnato particolarmente nella evangelizzazione della gioventù.

La Chiesa, nella sua opera di evangelizzazione, deve rivolgersi ad ogni uomo, di ogni età e di ogni ambiente.

Gesù Le ha affidato la missione di "predicare il Vangelo ad ogni creatura" ( Mc 16,15 ).

Il Sinodo del Vescovi, tenutosi recentemente a Roma, si è interrogato su questa missione di evangelizzazione ricevuta dal suo Fondatore.

Per questo sono stati fatti interventi e sono state presentate riflessioni sulla evangelizzazione nei campi più diversi.

L'Istituto dei Fratelli, che opera nel mondo dei giovani e della scuola, ha portato il suo contributo per voce del Superiore Generale con gli interventi che riportiamo.

Essi ci presentano due aspetti della evangelizzazione dei giovani, così importante e così impegnativa per quanti operano in questo settore: genitori, catechisti, insegnanti.

Ci sembrano interventi assai pratici e illuminativi di una istituzione e di una azione alla quale siamo chiamati un po' tutti, in quanto adulti, perché tutti responsabili della gioventù che ci circonda, perché tutti impegnati a portare il nostro contributo di esempio e di parola ai giovani ai quali dobbiamo trasmettere il messaggio evangelico.

Il primo aspetto riguarda i soggetti della evangelizzazione, cioè i giovani.

Occorre conoscevi! e non solo superficialmente per sapere come presentare a loro il messaggio.

Sovente il nostro fallimento in questa azione dipende proprio da una scarsa conoscenza o da una falsa conoscenza del giovani: e questo talvolta ci blocca, il secondo aspetto riguarda i valori cristiani che dobbiamo trasmettere nella educazione dei giovani: occorre dare loro il vero pane e non tradire la missione o mascherare il messaggio.

Il giovane apprezza e ammira la lealtà e la sincerità di chi gli parla: potrà anche non accettare quanto gli si dice, potrà anche rifiutare il messaggio, ma sarebbe ben più triste cosa se si allontanasse perché scopre in chi gli parla la finzione o la mascheratura per allettarlo e per propinargli della mezze verità e delle mezze misure.

L'annuncio evangelizzatore di Gesù è sempre stato ben chiaro, anche se sapeva che tutti si sarebbero allontanati e perfino scandalizzati.

La Verità esige onestà e disponibilità sia da chi la presenta sia da chi la riceve.

Sui giovani il Fr. Charles Henry dice: « Volendo raccogliere elementi di giudizio sul tema che stiamo trattando, ho interpellato molti miei Confratelli, Suore, Sacerdoti dediti alla istruzione dei giovani, pregandoli di discutere con i propri alunni sulla evangelizzazione, tenendo presenti questi due punti:

a) in che modo i giovani desiderano che la Chiesa li aiuti a cogliere la forza e la essenza del messaggio evangelico e a scoprire il modo di conformarvi la loro vita;

b) in che modo i giovani pensano di poter unire i loro sforzi a quelli della Chiesa per far penetrare più facilmente nella vita di tutti gli uomini, sia singolarmente sia comunitariamente, i principi del Vangelo.

Questi gruppi di studio, appartenenti a 32 popoli sparsi su tutta la terra, mi hanno inviato una sintesi della loro discussione.

Ho confrontato i vari pensieri esposti con quelli che, rispondendo ad un questionario simile, avevano espresso alcune diocesi ed altre confessioni cristiane.

Quello che dirò l'ho attinto da queste fonti.

Circa la prima domanda penso di compendiare in cinque punti le richieste dei giovani, diversi per nazionalità, età e mezzi:

1) La Chiesa, strutturata su canoni e gerarchia, deve, a loro giudizio, distinguersi per vita ed esempi integri ed incorrotti.

Mi sembra opportuno dichiarare, a questo riguardo, non senza qualche apprensione, che quando i giovani parlano di Chiesa intendono solamente la gerarchia.

A questa gerarchia i giovani chiedono l'esempio nel modo di vivere e la testimonianza vissuta di una reale fede nelle fondamentali verità della vita che ci attende dopo la vita presente.

Pensano infatti che in tempi passati la Chiesa, e per loro la gerarchia, non abbia messo eccessivo impegno nel vivere modestamente, nel conservare integra la fede, nel vivere in conformità alla fede predicata.

Debbo tuttavia aggiungere subito che essi non ritengono di essere migliori di coloro che criticano in quello che ad essi rimproverano e che da essi richiedono.

Ne sfugge loro la diversità tra la propria maniera di vivere e le richieste che avanzano.

2) I giovani credono che nella pazienza, nell'apertura al dialogo e nella comprensione, la Chiesa possiede uno straordinario mezzo per insegnare, nel modo più accessibile, il messaggio evangelico.

Perciò ritengono che la Chiesa deve benignamente e dolcemente tollerare le esitazioni e gli indugi caratteristici dei giovani.

La Chiesa è per loro porto e rifugio per superare con sicurezza, le difficoltà della loro età: Essa li può aiutare a passare dalla ingenua pietà verso Dio, fondata sull'insegnamento ricevuto e sul sentimento ad un culto basato su salde convinzioni.

Essi fanno molto assegnamento su questa disposizione della Gerarchia sia locale che universale: la vogliono amichevolmente aperta ai loro bisogni, alle loro richieste, alle loro ansie.

3) La considerazione che segue riguarda la maggior parte di noi che oggi, nella Chiesa, siamo in autorità.

I giovani vogliono che li provochiamo con un tenore di vita e un amore grande per gli ideali più nobili.

È compito che esigono da noi che li sproniamo a progredire superando se stessi, anche al di là delle loro attese, per raggiungere in pieno la pace dello spirito e per essere a servizio della società umana sia individualmente sia collettivamente.

Ci sembra compito arduo provocare oggi i giovani perché temiamo di trovarli insofferenti o apatici.

Ma i giovani non la pensano affatto così, anzi sperano di essere da noi provocati e restano delusi se non lo facciamo.

4) Essi chiedono ancora fermezza o fortezza.

I giovani infatti chiedono insistentemente alla Gerarchia di parlare con coraggio delle verità alle quali essi devono aderire.

Una cosa è vivere rettamente e altra è dare testimonianza della verità con coraggio, soprattutto quando sono in pericolo la felicità e la salvezza.

I giovani ritengono della massima importanza questo coraggio della Chiesa e della gerarchia nel parlare e nell'insegnare.

5) Ultima richiesta dei giovani è che la Chiesa conservi e riconosca la sua perenne tradizione.

La società contemporanea difetta tanto di compattezza, di base solida su cui appoggiarsi, di tradizione: i giovani di ogni paese sono alla ricerca di una società sicura alla quale ancorare i loro ideali per raggiungere la salvezza.

Testimonianza di questa ricerca verso il passato è l'ardore con cui i giovani rinnovano le varie fogge del vestire

La Chiesa può richiamarli? alle tradizionali origini, cioè allo spirito dei primi tempi.

Per questo essi guardano alla gerarchia e chiedono che essa tenga fede alla tradizione, non imposta in blocco ma ben ponderata, che si conformi alle proprie origini di religione di Cristo.

Chiedono che essa dichiari che cosa questo significhi sia per la Chiesa stessa sia per le genti alle quali offre il suo servizio.

A mio modesto avviso, i giovani contano molto su quest'ultimo atteggiamento della Chiesa che essi ritengono, in un certo qual modo, superiore agli altri e lo desiderano.

Tenendo conto di queste considerazioni la gerarchia può ancora, mi sembra, influire sull'animo dei giovani per disporli ad accogliere il messaggio evangelico.

I giovani oggi lo ricercano e sono disposti ad accettarlo.

La seconda domanda verteva su quanto i giovani di oggi possono e vogliono fare per partecipare maggiormente alla vita della Chiesa.

Tale domanda è risultata per loro più difficile, dato che ritenevano che la Chiesa fosse formata dalla gerarchia e dai ministri del culto.

Non pensavano perciò affatto che essi potessero proporre nulla di nuovo.

Non abituati a una simile richiesta da parte della Chiesa, pensavano di non poter apportare alcun consiglio.

A questa inerzia si aggiunge la constatazione che i loro genitori non avevano mai avuto una reale possibilità di partecipare attivamente alla impostazione della vita della Chiesa.

Erano infatti convinti che tutti i più gravi problemi della Chiesa venivano definiti e risolti dalla gerarchia: ai laici erano lasciati problemi di scarsissimo rilievo.

Malgrado ciò i giovani interpellati, dopo molte discussioni, sono giunti alle seguenti conclusioni che lasciano sperare in bene:

1) i giovani desiderano ardentemente portare il loro contributo per costruire una nuova società religiosa, lavorando nella Chiesa locale.

Ritengono che ognuno di essi, tenuto conto della diversa indole e del diverso entusiasmo, può dare il suo contributo nella celebrazione della Sacra Liturgia.

Impegnati nel culto divino, pensano di poter realizzare anche un modo comunitario di vita.

Ho la persuasione che i giovani sono pronti e adatti ad offrire tale contributo se si riesce a stabilire una costante e responsabile consuetudine.

2) i giovani ritengono di doversi sacrificare per offrire a tutti gli uomini una vita più giusta e più umana.

Desiderano si di essere guidati dalla gerarchia, ma non dubitano che sia loro impegno specifico far uso di quei mezzi che ritengono utili per apportare innovazioni e correzioni per far progredire la società umana.

Pensano di poter contribuire all'evangelizzazione in questo modo: col desiderio di creare una nuova società e con la partecipazione attiva alla celebrazione della sacra Liturgia.

Non sono in grado di riferire a questa Assemblea nulla di più esplicito e di più aderente alla realtà, dato che i giovani ai quali mi sono rivolto non hanno potuto offrirmi di più.

Terminerò aggiungendo che ai giovani non interessa affatto raggiungere il potere di legiferare e di interferire nell'amministrazione dei beni della Chiesa, anche se negli anni futuri possano desiderare questo.

Tuttavia per ora il desiderio non c'è.

Mentalità che mi sembra collimare con l'indole di tutti i giovani che rifiutano di inserirsi in ogni sistema che sia affetto da burocrazia: cosa che invece pensano che regoli ancora la Chiesa.

Sull'educazione dei giovani ai valori cristiani, il Fr. Charles Henry, in un secondo intervento, parla della Scuola Cattolica, come ambiente di evangelizzazione e, tra l'altro pone la sua attenzione sulla trasmissione del messaggio evangelico attraverso il lavoro pedagogico: proprio a partire dalla situazione di credenti si devono prendere a cuore i diversi aspetti della formazione integrale dei giovani per prepararli alla loro professione e ad affrontare le difficoltà quotidiane.

Il mondo che ci circonda, in evoluzione, costituisce la realtà entro cui noi dobbiamo vivere la nostra vita cristiana, ed è nell'esistenza concreta che dobbiamo verificare il Vangelo come messaggio di salvezza indirizzato all'uomo e al mondo.

È compito dell'educatore cattolico far capire ai giovani che l'impegno per gli altri e la cura disinteressata per un mondo migliore, sono valori evangelici, anche quando non si invoca o non si conosce Dio esplicitamente.

Si parla anche di una trasmissione attraverso le attitudini morali: la fedeltà al Vangelo crea nell'uomo una mentalità specifica e le linee di forza del Vangelo portano all'approfondimento e alla purificazione delle qualità umane, come il rispetto assoluto dell'uomo, il valore relativo dei beni terreni, il servizio della comunità, la cura degli indigenti, dei deboli, dei sottosviluppati, il senso di apertura nel dialogo, l'amore al prossimo.

Un tale orientamento etico, nonostante sia stata esaltata la bontà dell'uomo nei canti umanistici, non nasce di primo acchito nel cuore dell'uomo: l'uomo è buono nella misura in cui risponde all'invito di un amore, e il messaggio di Gesù Cristo contiene la rivelazione di Dio come amore creatore e salvatore, che è la base delle relazioni scambievoli di beni tra gli uomini.

Parlando poi della trasmissione esplicita del messaggio, Fr. Charles dice che la scuola cattolica deve poter seguire gli allievi nei loro interrogativi sul senso ultimo dei valori e sul senso della globalità del destino umano.

Nella scuola, catechisti e professori non devono essere esitanti nel comunicare esplicitamente la Buona Novella di Gesù Cristo: i giovani vogliono una luce cristiana sui loro problemi più profondi e sulla situazione reale dell'umanità, e molti desiderano veramente conoscere il messaggio liberatore di Cristo.

La catechesi ha il compito di educare alla fede e non di ridursi a un insieme di considerazioni sulle scienze moderne, relegando all'ultimo posto l'oggetto vero dell'insegnamento cioè la fede in Gesù Cristo.

Non bisogna poi cadere nel pericolo di ridurre la religione cristiana al puro livello di un umanesimo elevato.

Le opere educative per la promozione integrale del giovani, che sono nate per un movimento dello Spirito Santo vanno tenute ben vive e devono assicurare la dimensione evangelica dell'ambiente educativo, cercando anche nuove forme di espressione ma sempre nella fedeltà allo Spirito.

Fin qui il pensiero del Fr. Charles Henry.

A noi pare di rilevare che la visione della gioventù moderna sia meno pessimista di quanto comunemente si voglia far credere.

E ci pare onesto invitare a riflettere su un interrogativo: « È veramente la gioventù che rifiuta o sono la dottrina che diamo e il modo in cui la diamo che sono da rivedere? ».

Ci vuole forse più audacia e più fiducia, accompagnate ad un parlare chiaro e aperto sui valori del messaggio Cristiano e ad una vita coerente con i valori che presentiamo.