Il sessantennio della Casa di Carità Arti e Mestieri

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Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, e cioè verso il 1920, l'Unione Catechisti aveva raggiunto un notevole sviluppo, non solo nel numero dei membri, ma anche nell'attività di questi presso le parrocchie.

Alcuni catechisti lavoravano presso la parrocchia di N.S. della Pace tenuta dagli Oblati di Maria Vergine del Lanteri.

La parrocchia, situata alla periferia della città, in una zona popolarissima, e munita anche dell'oratorio festivo, era frequentata da una moltitudine di giovani, la più parte immigrati, poverissimi, senza lavoro.

I catechisti avvertirono subito la necessità di aiutarli nella soluzione dei loro problemi famigliari.

Una delle difficoltà dei giovani a trovare occupazione, e forse la principale, era la loro mancanza di qualifica professionale.

In una città industrializzata come Torino, le fabbriche non riuscivano a trovare la mano d'opera occorrente, mentre uno stuolo di operai generici era a spasso.

Sorse quindi spontanea l'idea di organizzare dei corsi professionali presso la stessa parrocchia per procurare ai giovani una qualifica.

Una scuola, all'inizio, senza pretese, benché svolta con molto impegno, ma che di anno in anno si andava perfezionando, e cercava di stabilire dei contatti con i datori di lavoro per adeguare i suoi programmi alle necessità delle industrie, e per collocare al lavoro gli allievi preparati.

Il successo dell'iniziativa fu immediato e grande, tanto che i locali della parrocchia diventarono assolutamente insufficienti e inadatti e la scuola dovette cercarsi un'altra sede.

Il pulcino aveva rotto il guscio e ne era uscito fuori.

Si era nel 1930.

Ma qui nasceva il problema dei mezzi finanziari.

La scuola era gratuita e non poteva essere che tale, per tanti motivi, e i catechisti non avevano fondi.

L'acquisto di un immobile a Torino era anche allora costosissimo, e difficile da trovare nella zona.

I catechisti, guidati dal Fr. Teodoreto, sempre tra le quinte, ma sempre l'anima di tutto, ebbero il coraggio dell'avventura, fidando nella Provvidenza di Dio.

La quale Provvidenza non manca mai, ma non firma neanche delle cambiali in bianco e le preoccupazioni del consiglio direttivo, che mai prima d'allora aveva dovuto affrontare problemi del genere e di tale entità, furono grandi.

Si constatò che era in vendita lo stabile di via Feletto 8, a quattro passi dalla parrocchia di N.S. della Pace.

Lo stabile, con ampio cortile alberato, risultò abbastanza adatto, fu acquistato e pagato.

Di dove siano venuti i fondi non me lo ricordo.

Il 30 Giugno 1930 si fece la solenne inaugurazione della nuova sede, con l'intervento di Mons. Bartolomasi.

E qui parrebbe che si dovesse tirare un sospiro di sollievo.

Invece ci furono anche delle difficoltà interne, tra il Consiglio Generalizio dell'Unione, tutore del carattere Lasalliano dell'opera, e la direzione della scuola, insofferente di disciplina, assai intraprendente, ma disordinatissima, tanto da chiedersi se quella scuola fosse ancora un'opera dell'Unione Catechisti.

Alla fine gli elementi ribelli se ne andarono, abbandonando non solo la Scuola, ma anche l'Unione Catechisti, e anche questa bufera era passata.

Non sarebbe storicamente esatto tacere che la Scuola Professionale fu sempre strettamente legata all'apostolato catechistico e ne fu quasi un frutto.

Se il paragone è ammesso si verificò quello che succede alla Chiesa cattolica nelle missioni estere: alla parola di Dio bisogna aggiungere l'aiuto per il progresso umano.

I catechisti andavano a fare il catechismo anche a Poirino, chiamati dal parroco di colà, e anche a Poirino si sentì l'esigenza e fu aperta una scuola professionale.

Per quanto zona schiettamente rurale, anche a Poirino c'erano molti giovani disoccupati, che desideravano scendere in città per lavorare, ma non avevano alcun mestiere, e la scuola dei catechisti ebbe subito un gran successo, e compì una funzione, riconosciuta subito da tutte le autorità, religiose e civili.

Purtroppo i catechisti, ai quali si aggiungeva sempre nuovo lavoro, ma raramente delle forze nuove, dovettero poi abbandonare la Scuola di Poirino, dove rimase però a lungo il loro ricordo.

Una delle discussioni che si accesero subito quando i catechisti iniziarono l'attività scolastica fu quella del nome da dare all'opera.

Ma c'era un precedente.

I Fratelli delle Scuole Cristiane avevano aperto recentemente una scuola professionale, l'attuale Istituto Arti e Mestieri, e Fra Leopoldo aveva molto insistito con Fr. Teodoreto che si chiamasse Casa di Carità, ma i Fratelli non avevano accettato.

I catechisti, la cui storia è molto legata a Fra Leopoldo, ritennero di dover ereditare quel nome.

Lo sviluppo rapido della Casa di Carità A. & M. con i suoi corsi diurni, preserali e serali sempre frequentatissimi, anche da giovani provenienti dai vari paesi della Provincia, e con il soccorso provvidenziale di uomini e mezzi, anche se per lo più ottenuti con fatica ed ansia, non sarebbe stato possibile con i soli mezzi umani, e tanto meno con le forze dei catechisti.

Essa è evidentemente un'opera di Dio, e quindi per continuare dev'essere fedele ai cenni di Lui.

Si credette di vedere questo cenno nell'aumento continuo delle iscrizioni: i locali di via Feletto, che ci erano parsi un lusso all'atto dell'acquisto erano diventati come i vestiti di un ragazzo nell'età della crescita.

Bisognava sloggiare un'altra volta, e questa, si sperava, per un soggiorno definitivo.

Il caro e indimenticabile Cesone, che lavorava da quelle parti, segnalò che era in vendita un prato in corso Benedetto Brin: quello dove ora sorge l'edificio della nostra scuola.

E fu comprato, in attesa che arrivassero i mezzi per costruire.

I mezzi arrivarono a guerra finita.

Un intervento della Signora Maria Romana De Gasperi, alla quale non diremo mai abbastanza grazie, consentì alla Casa di Carità di beneficiare dei fondi UNRRA e cioè di quei fondi messi a disposizione dell'Italia dalle Nazioni dell'Alleanza Atlantica per la sua opera di ricostruzione e l'attuale edificio scolastico fu costruito con quei fondi.

Furono trasferiti là i corsi serali, furono chiusi quelli festivi, in corrispondenza al nuovo ambiente sociale, e si iniziarono i corsi diurni, con i quali la Casa di Carità raggiunse la sua completezza.

Le opere di questo genere non hanno mai raggiunto la loro perfezione, come avviene per la vita cristiana, e bisogna tendervi continuamente: è quello che i catechisti si sforzano di fare, ispirandosi agli insegnamenti dei Servi di Dio Fratel Teodoreto e Fra Leopoldo, il quale ultimo diceva, riferendo un detto di Gesù stesso: « Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri ».