Il discorso del Papa per la canonizzazione del Fr. Miguel

B234-A2

21 ottobre 1984

Il nuovo Santo Miguel Febres Corderò partecipò in modo eroico alle sofferenze di Cristo Crocifisso.

Tra le varie croci che ebbe a portare nella sua vita, non ultima fu quella di una malformazione ai piedi che gli cagionava gravi dolori nel camminare.

Egli però dalla debolezza sapeva trarre forza e dal dolore motivo di gioia, secondo il linguaggio della croce ( 1 Cor 1,18 ) scandalo e follia per quanti rifiutano di accettare Cristo Crocifisso come Salvatore e Signore.

L'accettazione gioiosa della sua croce era per tutti motivo di edificazione e di esempio cristiano.

In primo luogo in Ecuador sua terra natale e poi a Premia de Mar dove trascorse gli ultimi mesi di vita.

La sua serenità nelle sofferenze irradiava profondo rispetto e ammirazione tra gli alunni e quanti gli erano vicino.

Prova limpida che aveva assimilato l'insegnamento paolino « Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » ( 1 Cor 1,25 ).

Così sapeva accogliere tutti con grande semplicità e cordialità.

Seguendo l'esempio di Cristo Fratel Miguel si prodigava visitando i poveri e i bisognosi, consigliando i giovani, insegnando ai fanciulli, facendosi tutto a tutti.

Dalla croce di Cristo - espressione massima di amore per l'uomo - traeva forza e ispirazione per darsi senza riserva agli altri.

Proprio il 19 febbraio 1888 - quasi un secolo fa - il nuovo Santo era presente in questa stessa Basilica di S. Pietro per assistere alla Beatificazione del Ven. G.B. de La Salle fondatore delle Scuole Cristiane.

Questo Istituto religioso di cui era membro dall'età di vent'anni aveva fatto emblema della sua azione apostolica ed educativa le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato poco fa: « Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me » ( Mc 9,37 ).

Queste parole furono per Fratel Miguel regola di vita e sprone costante nella sua vocazione di educatore.

Tutti i suoi sforzi mirarono alla educazione integrale delle nuove generazioni, convinto che il tempo dedicato alla formazione religiosa e culturale della gioventù è un gran valore per la vita della Chiesa e della società.

Con quanto amore e quanta dedizione questo « apostolato della scuola » si estese alle migliaia di giovani che passarono nelle aule durante i lunghi anni della sua vita come educatore!

Tanto nel collegio del « Cebollar » di Quito, quanto nella piccola scuola in cui insegnò agli inizi del suo apostolato, assunse per sé il grato compito di preparare alla prima comunione i fanciulli - « nuovi tabernacoli viventi » - come amava chiamarli.

Discepolo fedele di Gesù, aveva fatto ideale della sua vita il detto del Maestro: « Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti » ( Mc 9,35 ).

Per questo, in spirito di servizio e di amore per il prossimo, dedicò lunghi anni di fatiche e di sacrifici alla pubblicazione di opere di carattere didattico, per il qual lavoro - verso il tramonto dei suoi giorni - fu chiamato in Europa lasciando il suo amato Paese.

La sua reputazione di uomo di cultura si diffuse tanto da procurargli la nomina a membro della « Academia Ecuatoriana de la Lengua ».

Però né questo onore, né la fama di grammatico toccarono la sua semplicità ed umiltà.

Era infatti convinto che « Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i superbi » ( 1 Cor 1,27 ).

Senza dubbio il suo lavoro di studioso fu sempre in funzione dell'attività pedagogica diretta.

E con vero spirito evangelico cercò sempre che la sua occupazione preferita fosse di insegnare ai fanciulli economicamente, culturalmente e spiritualmente più poveri, vedendo in loro la persona e il volto di Cristo.

Possiamo dunque affermare che l'itinerario esemplare della sua vita come maestro è un solido modello per gli educatori cristiani di oggi e nel tempo stesso uno stimolo per valorizzare la importanza dell'apostolato e degli ideali dell'insegnamento cattolico che ha per obiettivo di offrire alle nuove generazioni una solida cultura impregnata della luce del Vangelo.

Fratel Miguel - anima eletta che non risparmiò alcun sforzo nella sua dedizione a Dio e ai fratelli - lasciò un ricordo imperituro tra quanti lo conobbero.

Ventisette anni dopo la sua morte, i suoi resti mortali erano accolti con grande gioia e commozione nel suo Ecuador dove si mantiene sempre viva l'ammirazione e l'affetto verso questo figlio della Chiesa e gloria della sua Patria.

Oggi, nella Giornata Missionaria Mondiale, la sua glorificazione è motivo di nuova gioia per la Chiesa Universale.

Essa, come la Chiesa dell'Ecuador, guarda a San Miguel Febres Corderò, apostolo della scuola e nello stesso tempo missionario evangelizzatore dell'America Latina, come ho ricordato alcuni giorni fa alla inaugurazione della novena preparatoria del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America ( Discorso al CELAM, Santo Domingo, 12 ottobre 1984, 5 ).

Per questo porgo con gioia il mio saluto cordiale alla Delegazione ufficiale venuta dall'Ecuador, a tutti i Fratelli delle Scuole Cristiane e, in particolare agli equatoriani convenuti per assistere a questa solenne cerimonia.

E chiedo all'Altissimo, per intercessione di San Miguel Febres Corderò, che spanda i suoi doni su tutti i cari figli della nazione equatoriana, che con l'aiuto di Dio spero di poter prossimamente visitare; e che conceda a tutti i suoi Fratelli in religione nuovo impulso, gioia ed entusiasmo per camminare fedelmente sulle orme che, seguendo Cristo, ha mirabilmente tracciato questo valido figlio di San Giovanni Battista de La Salle e della Chiesa.

Così sia.