Invito alla lettura della « Centesimus annus »

B257-A2

Pubblichiamo questo « invito alla lettura » della recente Enciclica sociale della chiesa, con intendimento catechistico, non solo per l'attenzione dell'Unione agli atti del Magistero, ma per le finalità sociali del nostro apostolato.

Pensiamo in tal modo di offrire ai lettori e ai nostri operatori - catechisti, insegnanti della Casa di Carità, animatori parrocchiali - uno strumento che aiuti a meglio com prendere questa fondamentale Enciclica.

1. Interpretare la storia dell'uomo

Una nuova Enciclica, destinata per significato e contenuto a costituire una pietra miliare nel cammino sociale della Chiesa Cattolica è venuta ad impreziosire il nutrito e ragguardevole contributo sociale e dottrinale offerto da cent'anni, in modo del tutto specifico, alla società.

Ultimissime, fra ben 1119 documenti internazionali con cui la Chiesa Universale ha accompagnato lo sviluppo della società umana, dalla « Rerum Novarum » ad oggi, la « Centesimus annus » interpreta in modo pieno ed autorevole la precisa intenzione di Leone XIII, oggi chiaramente e correttamente compresa, di conferire alla Chiesa « quasi uno statuto di cittadinanza nelle mutevoli realtà della vita pubblica » ( n. 5 ) e, esaurito il prezioso preambolo « commemorativo » dell'antico documento del 1891, si lancia nell'impegno analitico della situazione contemporanea, attualizzando i principi dottrinali cui la Chiesa, da sempre, tiene fede per annunciare agli uomini la vita della giustizia e della libertà.

Se era doveroso ricordare la motivazione eminentemente pastorale che sosteneva le argomentazioni di Leone XIII ( n. 5 ) e sottolinearne la costante preminenza anche nella presente enciclica ( n. 3 - 55-56-59-61-62 ), stupisce la « carta di credito » con cui Giovanni Paolo II° si presenta al mondo, iniziando la propria argomentazione: « Milioni e milioni di uomini, stimolati dal Magistero sociale … agendo individualmente, o variamente coordinati in gruppi, associazioni e organizzazioni, … hanno costituito come un grande movimento per la difesa della persona umana » ( n. 3 ).

È una presa di posizione che non si « arrocca », se posso esprimermi cosi, dietro una motivazione di carattere teologico, come non si mancherà di fare presente più avanti ( n. 13 - 24-29 - 44-50-51-54-55-61 ), ma ricorda ad ogni uomo capace di onesta valutazione della storia, il contributo reale che la Chiesa non ha mai mancato di dare allo sviluppo dell'umanità, suscitando itinerari precisi di giustizia ed animando la coscienza e l'azione di milioni di uomini.

È una chiara presa di posizione verso ogni tipo di pregiudizio che possa essere ancora oggi nutrito nei confronti della Chiesa: chi ha una « carta di credito » migliore, sembra dire il Papa, si faccia pure avanti; chi vive ancora nel pregiudizio, consideri concretamente che cosa sia la Chiesa di fronte al mondo!

E contro una lunga serie di pregiudizi, il Pontefice non mancherà di dire parole chiare, in tutto il documento.

Pregiudizi storici, culturali, economicistici, politici; pregiudizi nella valutazione dei fatti, nel sostenere sistemi nefasti ritenuti necessari ( la guerra, il consumismo, l'informazione alienante, il disinteresse concreto per i poveri, il monopolio della scienza e della vera economia … ); pregiudizi riguardo la persona umana considerata ancora come mercé, come elemento secondario rispetto alle leggi economiche ed alle formule di organizzazione politica, privata arbitrariamente di libertà intangibili « per loro stessa natura » ( n. 44 ); pregiudizi anche religiosi, secondo cui a volte si preferi sce la « coerenza e logica interna » ( n. 57 ) alla traduzione delle parole di Cristo in « concreto impegno di vita » ( n. 57 ), oppure si sottovaluta il fatto che « le religioni, oggi e domani, avranno un ruolo preminente per la conservazione della pace e per la costruzione di una società degna dell'uomo » ( n. 60 ), pregiudizi di tipo storico-interpretativo, secondo cui si può rischiare di operare una lettura ideologica di storta degli avvenimenti del 1989, sfuggendo alla responsabilità di coglierne il significato per intendere l'intera storia contemporanea, il concetto di sviluppo e di solidarietà, quel fondamentale principio già così magistralmente ricordato nella « Populorum Progressio » da Paolo VI°, quando l'umanità venne ammonita del rischio di « costruire un mondo senza Dio », finendo per … costituire, alla fine, un mondo contro lo stesso uomo » ( Populorum Progressio, n. 42 ).

La Centesimus annus è uno sforzo gigantesco per interpretare la storia a partire da una doverosa critica da operare sui pregiudizi da cui siamo « avvelenati » con l'assorbimento inconsapevole ed acritico di strutture di pensiero capaci di agire su ognuno di noi, e su milioni di persone al mondo, come una silenziosa e micidiale « guerra chimica » ( n. 39 )

Fr. Franco Savoldi illustra la « Centesimus annus » al Gruppo famiglia.

2. Contro le strutture del peccato.

Gli uomini di buona volontà ascoltino e meditino, esclama il Papa: « Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di una organizzazione sociale perfetta che renda impossibile il male, ritengono anche di poter usare tutti i mezzi, anche la violenza e la menzogna, per realizzarla » ( n. 25 ), poiché « Nessun autentico progresso è possibile senza il rispetto del naturale ed originario diritto di conoscere la verità e di vivere secondo essa » ( n. 29 ).

Ci vuole « coraggio e pazienza » ( n. 38 ) per demolire le « strutture del peccato » costruite da politiche che fanno dell'oppressione la propria forza.

Le « strutture del peccato » si riconoscono apertamente dai loro obiettivi e frutti, per la loro nefasta azione sgretolatrice esercitata sulla famiglia, « prima e fondamentale struttura dell'ecologia umana » ( n. 39 ), per la costruzione di sistemi basati sullo sfruttamento e l'emarginazione dalla « vera economia » di milioni di uomini ( n. 33 ); ed anche per la pressione ideologica e comportamentale esercitata attraverso il consumismo ed operatrice di quell'alienazione in cui l'uomo trova la sua essenziale dissoluzione ( n. 41 ), nonostante che il crollo del sistema comunista abbia palesato l'esattezza della diagnosi enunciata dalla Chiesa attraverso le illuminate pagine della « Rerum Novarum », come di numerosissimi altri documenti. ( n. 5 - 12 - 42 - 53-54-61 )

Le strutture del peccato creano la divisione fra gli uomini, impongono ideologie false, militaristiche ed imperialistiche ( n. 14 ), trasformano in lotte di parte e fratricide il positivo impegno per la ricerca della giustizia sociale ( n. 14 ), fanno della guerra, intesa sociologicamente come « male necessario », il mezzo normale per la soluzione dei conflitti socio-economici internazionali.

La società che si affaccia al terzo millennio, riconosca che è giunto ormai il momento storico di fare un salto qualitativo e, come un tempo fu possibile scegliere di affidasi fiduciosamente allo Stato di Diritto, rinunciando ad ogni concezione precedente ritenuta ormai segno di inciviltà inammissibile, così oggi si decida, ragionevolmente, di abbandonare la guerra ed ogni logica che ad essa faccia ricorso.

Nella guerra, oggi lo si vede chiaramente, non si realizza il vero progresso dell'umanità e l'avanzamento della storia, ( n. 18 ).

Questo è « il problema più urgente che la comunità internazionale deve oggi risolvere »: scegliere definitivamente un sistema sociale che faccia della pace il proprio termine di riferimento, ( n. 21 ).

3. Violenza: una cultura da superare e dimenticare

La storia contemporanea pone sotto gli occhi di tutti che ciò è possibile e che la lettura particolare della storia operata dallo storicismo sociologico contemporaneo, secondo cui la pace non può essere che un bene insufficiente e « termine debole » rispetto alla guerra « male necessario », è una analisi di cui dubitare ampiamente.

L'anno 1989 ha infatti visto itinerari storico-politici ben differenti che ci ripropongono il valore del dialogo, della democrazia e del rispetto della persona umana:

« … sono le folle dei lavoratori a delegittimare l'ideologia, che presume di parlare in loro nome, e a ritrovare e quasi a riscoprire, sull'esperienza vissuta e difficile del lavoro e dell'oppressione, espressioni e principi della dottrina sociale della Chiesa » …;

« … alla caduta di un simile blocco o impero, si arriva quasi dappertutto mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia »;

« … mentre il marxismo riteneva che solo portando agli estremi le contraddizioni sociali fosse possibile arrivare alla loro soluzione mediante lo scontro violento, le lotte che hanno condotto al crollo del marxismo insistono con tenacia nel tentare tutte le vie del negoziato, dialogo, testimonianza della verità, facendo appello alla coscienza del l'avversario, cercando di risvegliare in lui il senso della comune dignità umana »;

« … Sembrava che l'ordine europeo, uscito dalla Seconda Guerra Mondiale e consacrato dagli accordi di Yalta, potesse essere scosso soltanto da un'altra guerra.

È stato invece superato dall'impegno non violento di uomini che, mentre si sono rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare, di volta in volta, forme efficaci per rendere testimonianza alla verità », ( n. 23 )

E la denuncia del Papa diviene solenne ed impressionante quando, fornite le « prove » della possibilità concreta di un nuovo sistema sociale di pace, si rivolge al « sistema sociale di guerra e per la guerra » in cui noi tutti siamo abituati e costretti a vivere, chiamandolo con il suo esplicito nome ed attribuzioni: « poiché la violenza ha sempre bisogno di legittimarsi con la menzogna e di assumere, pur falsamente, l'aspetto della difesa di un diritto e della risposta ad una minaccia altrui » ( n. 23 )

« Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, e alla guerra in quelle internazionali » ( n. 23 ).

Solo la Chiesa possiede oggi la veste, la statura, l'autorevolezza e la coscienza di proclamare davanti al mondo questo nuovo programma di vita che trova nel Vangelo il suo riscontro più puro.

E se anche dalle pagine di importanti giornali nostrani questo aspetto ha dato adito a letture preconcette e miopi, va detto che quando la Chiesa proclama che la soluzione dei problemi sociali dell'umanità non potrà essere che evangelica, non fa della demagogia e tanto meno del riduzionismo ideologico ( se non nella mente di chi, ancorché esponente della ricerca filosofica contemporanea, non è ancora in grado di leggere correttamente il senso dell'espressione « Extra Ecclesia nulla salus » « al di fuori della Chiesa non vi è salvezza » ).

La Chiesa non fa dell'ideologia, proclamando il primato dello spirituale e il fondamento evangelico della verità: essa annuncia con semplicità ed autorevolezza il tesoro della propria fede, invitando ogni uomo « di buona volontà » ad accostarsi ed arricchirsi di questa fede e della lettura della storia che da essa promana.

4. Interpretare la Centesimus annus

Il pensiero sociale della Chiesa giunge con questa Enciclica, ad una espressione di maturità fino ad ora insolita ed è tanto l'entusiasmo con cui il Papa si prefigge di annunciare alla Chiesa stessa ed al mondo l'itinerario di giustizia in cui l'uomo può ritrovare se stesso e costruire una società più felice, che, all'analisi severa, molte volte drammatica, della situazione politica-economica offerta, non viene mai meno il « colpo d'ala » necessario per comprendere che tutto ciò che si propone … è possibile! ad un uomo che non si dimentichi di Dio.

È anche per questo che da ogni parte, pur nella diversità delle sfumature interpretative, la « Centesimus annus » ha riscosso vere considerazioni di pregio.

Chi può negare che attraverso lo snodarsi di questo discorso, ognuno riceve i suggerimenti, gli elementi interpretativi necessari nella formazione integrale dell'uomo e di una società effettivamente più giusta?

Eppure, trascinati dalle remore ideologiche o nell'incapacità di operare una più profonda analisi del discorso del Papa, abbiamo assistito, a volte con pena, alle prese di posizione di pensatori ed articolisti anche illustri, che hanno dato interpretazioni assai limitative dell'Enciclica stessa.

Vale la pena ricordare chi ne ha fatto « l'Enciclica della conversione della Chiesa al Capitalismo ed alla Economia di Mercato », come pure chi ne ha, contrariamente, evidenziato « intenzionalità anticapitalistiche »;

ma c'è anche chi, scandalizzato, ha gridato alla riemergenza demagogica, oppure chi ne ha letto l'oscuro intreccio, fra le righe, tendente a favorire mire di potere rinnovato della Chiesa sul mondo operaio;

non è mancato chi ha definito « ripetitiva » l'Enciclica, frettolosamente accumunandola a precedenti documenti sociali scarsamente compresi;

chi ne ha visto solo un doveroso scritto « d'esequie » per il defunto sistema collettivistico marxista, a fini ovviamente propagandistici;

chi ne ha proclamato l'inutilità e l'irrilevanza;

chi ne ha tratto scandalo personale pretendendo che la Chiesa non si immischi in faccende « del mondo »;

chi ne ha letto prevalentemente l'impegno anti-militaristico, conseguentemente alla tensione internazionale suscitata dall'ultima guerra del Golfo; …

Ma il cristiano non si lascia ingannare, egli sa che « il Regno di Dio, presente nel mondo senza essere del mondo, illumina l'ordine dell'umana società, mentre le energie della grazia lo penetrano e lo vivificano » ( n. 25 ), ed è sotto questa luce e « solo in questa luce » ( n. 54 ) che il mondo, l'uomo, la vita della Chiesa, la responsabilità specifica dei Laici ( n. 25 ) e questa stessa lettera Enciclica, va interpretata.

Riunione del Gruppo famiglia sulla "Centesimus annus".

5. Verso il terzo millennio

« La Chiesa si trova tuttora davanti a "cose nuove" e a nuove sfide; perciò il centenario deve confermare l'impegno di tutti gli uomini di buona volontà e, in particolare, dei credenti » ( n. 61 ).

Come Leone XIII ebbe il coraggio di prospettare, alla Chiesa ed al mondo, le frontiere ancora inesplorate della maggior giustizia sociale e davanti alle quali la riflessione teologica del tempo doveva dichiararsi ampiamente impreparata, al pari della fragilità e contradditorietà delle situazioni economico-politiche-sociali cui il Papa si rivolse con « grande lucidità » ( n. 12 ), così oggi, Giovanni Paolo II°, in un mondo scosso da imprevedibili trasformazioni radicali dei sistemi, in cui l'uomo può trovare e rischiare anche il proprio « suicidio » ( n. 18 ), ma può anche aprirsi alla « nuova creazione » ( n. 62 ), lancia la Chiesa su strade nuove di ricerca e lo fa con il tono della sfida più aperta e con animo profetico.

È interessante come nell'Enciclica non si parli o prospetti mai la Chiesa del XXI° secolo, il che a ciascuno di noi non sarebbe sembrato ne riduttivo ne irrealistico.

La Chiesa si interroga e si apre a tempi indefiniti, accanto alla intera umanità, aprendosi totalmente alle mani provvidenziali di Dio, « consapevole che non procede da sola, ma con Cristo, suo Signore » ( n. 62 ) attraverso spazi e tempi che solo l'espressione ripetuta e sintomatica « Terzo millennio » riesce a tradurre compiutamente, e cioè, a ben pensarci, oltre la vita di ogni uomo oggi esistente e che sia disposto a ricevere questo messaggio.

Non è con spirito demagogico, altezzoso o di parte che questa Enciclica intende rispondere alle necessità dell'uomo, bensì con l'umiltà di chi, « benché sappia che questo suo grido non sarà sempre accolto con favore da tutti » ( n. 61 ), annuncia al l'uomo, ad ogni uomo, di far parte di un immenso popolo destinato alla salvezza e chiamato all'unione con Dio.

Ed è questo il senso dell'ultima invocazione: « Maria, la Madre del Redentore, la quale rimane accanto a Cristo nel suo cammino verso e con gli uomini, e precede la Chiesa nel pellegrinaggio della fede, accompagni, con materna intercessione, l'umanità verso il prossimo millennio, in fedeltà a colui che « ieri come oggi, è lo stesso e lo sarà sempre » ( Eb 13,8 ), Gesù Cristo, Nostro Signore » ( n. 62 )

Fratel Franco Savoldi
( Collegio S. Giuseppe - via S. F. da Paola, 23 - 10123 Torino )