La vita interiore di fra Leopoldo

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Per il settantesimo anniversario della morte del Servo di Dio fra Leopoldo Maria Musso, celebratosi l'anno passato, e stata tenuta alla Casa di Carità Arti e Mestieri una sene di conferenze per il personale, da parte del dott. Domenico Conti, prò-direttore generale e presidente generale dell'Unione Catechisti.

Iniziamo la pubblicazione ai tali relazioni, per approfondire la conoscenza del Servo di Dio e del suo messaggio, a sviluppo di quanto già operato al riguardo nei precedenti due bollettini, l'ultimo dei quali redatto come numero speciale per la circostanza.

1. Ricchezza di un'anima

Ci sono delle risorse comuni per tutti e delle risorse specifiche per gruppi di persone.

Fra le nostre risorse abbiamo l'eredità spirituale della vita e del messaggio di fra Leopoldo Maria, al secolo Luigi Musso.

Nel settantesimo della sua morte è giusto cercare di raccogliere qualche elemento di questa eredità, per aiutarci a vivere la realtà in cui siamo in qualche modo inseriti.

E se vogliamo viverla fino in fondo, in autenticità e con dignità, accettiamo questi orientamenti che ci vengono dalla riflessione sul messaggio di fra Leopoldo.

Iniziarne considerando l'uomo, con particolare riguardo alla sua interiorità.

Oggi se ne sente il bisogno, perché di aspetti esteriori il mondo è pieno.

Gli occhi sono pieni di immagini, la mente è piena di notizie sull'aspetto esterno dell'uomo, di ciò che capita nel mondo.

Non siamo mai indotti a cercare in profondità, riflettere, vedere ciò che sta dietro la parvenza, dietro i comportamenti dell'uomo, ciò che lo fa tale, che costituisce la sua dignità, il suo onore, che in qualche modo rappresenta il suo messaggio.

Credo giusto fare riflessioni di questo tipo su uomini singolari, che hanno avuto per la nostra vita una notevole importanza.

Se non ci fosse stato fra Leopoldo non ci sarebbe la Casa di Carità Arti e Mestieri, né ci troveremmo a riflettere su di lui e sul suo messaggio.

Quindi l'interiorità, per questo motivo fondamentale, è la realtà più vera, anche se non è l'unica.

Nell'interiorità dell'uomo emerge la verità delle cose e da essa si manifesta.

A noi quindi aprire gli orecchi interiori, spirituali, per cogliere qualcosa del messaggio che ci viene anche tramite la figura e le opere di fra Leopoldo.

2. Fanciullezza

Luigi Musso nacque il 30 gennaio 1850, a Terruggia Monferrato, da famiglia di contadini.

Era gente povera, che viveva del suo lavoro stentatamente, come per tutti i contadini di allora.

Però era una famiglia molto calda di affetti schietti e profondi, animata da una formazione religiosa spontanea.

Era naturale pregare, recitare il rosario, partecipare alla messa, cantare le lodi alla Madonna.

Questo senso religioso era molto incarnato, accompagnava anche lo stesso svolgersi delle stagioni.

I paesi si distinguevano fondamentalmente per il campanile, il luogo più importante, il centro di riferimento di tutta la comunità.

Frequentò la scuola elementare fino alla seconda classe, il massimo di allora.

Fu poi avviato ai lavori in una famiglia, appena consolidato in età e nelle forze fisiche.

Venne mandato a servizio presso il medico condotto del paese, come aiutante domestico, giardiniere e poi cocchiere.

3. Nella vita

All'età di 19 anni, spinto dall'insufficiente apporto economico, cercò altro lavoro.

Vi riuscì in Vercelli. Qui incappò in un uomo disonesto.

Costui vuole rovinarlo inducendolo a comportarsi immoralmente.

Reagisce e perde il posto.

Fortunatamente trova lavoro presso un nobile e poi presso un canonico con il quale rimane fino a trent'anni.

Apprende a fare il cuoco e ogni attività di servizio.

Cresce anche la possibilità di consolidare la sua formazione cristiana.

Ha modo di pregare, di riflettere e via via di fare la sua scelta decisiva, la scelta che conta, quella di essere tutto per un ideale; le altre sono episodi che non danno mai stabilità, indirizzo, senso, sapore alla vita.

4. Offerta a Dio - Apostolato

In questo periodo matura la sua scelta di Dio: Dio è la sua parte, e lui vuoi essere tutto di Dio, come nell'apertura di una vita nuova, senza forme di asfissie.

Tutto di Dio e perciò tutto per la virtù.

E si distingue subito per l'onestà, la rettitudine con cui svolge i suoi lavori professionali.

Fin da ragazzo era emersa la sua onestà e giustizia, dando ciò che era stato pattuito.

Il rispetto del suo lavoro avveniva non con riguardo all'uomo, ma a Dio.

Questo è il primo frutto della sua dedizione a Dio.

Poi va notata l'apertura ai suoi coetanei compaesani; come può, cerca di farli divertire, suonando la chitarra e la spinetta.

Cerca e offre loro buone letture, invita a leggere i giornali cattolici, si adopera perché imparino a parlare anche loro di Dio, a comprendere meglio il catechismo appreso in parrocchia, perché ricevano con maggiore consapevolezza il sacramento della cresima.

La sua è un'apertura senza ricompense, contento di dare, di giovare.

Questa è la sua caratteristica peculiare fin dalla giovinezza.

É la vita buona che tutti possono vivere, perché la santità è alla portata di tutti.

Ciascuno darà come potrà e saprà, ma può dare sempre a fin di bene.

Questa la prospettiva che ci indica e si apre per lui a 34 anni.

Nel frattempo questa vita di dimestichezza con il Signore, la naturalezza con la quale parlava con la Madonna, cui era molto devoto, l'abitudine a rivolgersi abitualmente a Lei, lo porta insensibilmente a sentirne la voce.

Almeno questa è la testimonianza di quelli che l'hanno conosciuto e che ci è offerta dallo stesso fra Leopoldo.

Lui testimonia di aver udito la voce della Madonna che gli dice, in una visione in sogno: « Ricordati di ciò che ha sofferto mio Figlio ».

5. L'ora della prova

Da quel momento la vita serena e buona di Luigi Musso viene duramente provata.

Affronterà una prova molto triste.

Alla morte del canonico riesce ad occuparsi come capo cuoco presso il collegio Dal Pozzo di Vercelli.

Tra i suoi colleghi alcuni, due disonesti, vorrebbero guadagnarci dalla gestione della cucina.

Lui si rifiuta. I due si accordano di accusarlo per farlo cacciare.

L'accusa, presentata segretamente ai superiori del Collegio, è molto grave: Luigi Musso avrebbe peccato contro natura, abusando di un minore tra quelli che egli stesso esercitava alla preghiera.

La calunnia in seguito sarà smentita da documenti e testimonianze irrefutabili, ma al momento dispiega i suoi effetti.

Luigi protesta la sua innocenza. La voce corre.

Nel Collegio serpeggia la calunnia e si crea una certa agitazione. Viene licenziato.

Pensiamo a Luigi Musso, uomo nella maturità degli anni, ne contava 35, esemplare nella pratica delle virtù, sentirsi accusare di una tale gravita, subire il peso di una tale calunnia.

Cercarsi un altro lavoro con questa accusa diventa difficile, per non dire impossibile, per la negatività delle referenze.

Dopo molto tempo trova lavoro presso i conti Caissotti di Chiusano, che non credono alla calunnia e lo assumono.

Luigi Musso si trasferisce pertanto a Torino.

6. A Torino - Ascesi spirituale

Presso la chiesa di San Dalmazzo, dove continua a istruire i giovani perché vivano cristianamente, incontra un sacerdote che, su sua richiesta, lo guida.

Bisogna ricordare che allora la frequenza della Comunione dipendeva dal confessore: Luigi Musso, laico, è autorizzato a riceverla con parole rassicuranti.

É un rito solenne, occorreva coraggio e forza d'animo, diversamente da oggi in cui si va a ricevere l'Eucaristia con maggiore o minore consapevolezza, taluni senza le dovute disposizioni.

Fra Leopoldo il giorno della vestizione.

A Luigi viene richiesto di accompagnare il sacerdote che porta il Viatico agli ammalati, reggendo l'ombrello.

Egli ha un momento di esitazione, perché si tratta di una dimostrazione esteriore di pietà non sempre gradita o comunque rispettata dalla gente, ma si fa animo e si presta volentieri.

Ai piedi del Crocifisso, durante il ringraziamento della Comunione si sente dire quello che sarà tutto il motivo dominante della sua vita quando sarà frate: « Fra Me e te in avvenire ci sarà una grande intimità ».

É un fatto importante che esprime, con un linguaggio estremamente semplice, un programma di vita sublime, che è poi ciò che Gesù insegna nel Vangelo: « Rimanete nel mio amore » ( Gv 15,9 ).

7. Morte della mamma

Intanto le sventure si abbattono su di lui.

Una grave polmonite lo mette in serie difficoltà.

Anche una grave malattia colpisce la madre, che non si riavrà e si avvierà alla sua fine.

Una situazione lacerante. Questa madre, rimasta vedova, vive di quel poco che quel suo figlio generoso riesce a guadagnare per sostenerla.

E si trovano ad essere ammalati, senza risorse economiche e in pericolo di vita.

Luigi Musso guarisce, la madre muore.

E un periodo tristissimo sotto tutti gli aspetti.

Ma il clima spirituale che si crea tra i due è tutto particolare.

Ed è opportuno evidenziarlo riportando la narrazione commovente degli ultimi momenti della sua amata mamma, che ne fa fra Leopoldo nel suo Diario.

« La mia buona mamma morì nelle mie braccia secondo la preghiera che avevo fatto a Maria SS.

La mattina dell'11 maggio 1900, anno santo, dopo aver ricevuto il giorno prima i carismi della nostra santa Religione, alle ore sette, colla mente e voce chiara disse: " Caro Luigi, prima di notte io sarò passata all'eternità ".

" E perché, buona mamma, mi dici così? "

" Ho visto in questi momenti Gesù Crocifisso con una grande moltitudine di Angioli i quali mi hanno fatto cenno di seguirli ".

A tali parole io prendo il Crocifisso e glielo dò da baciare dicendole: " Guarda un po', mamma, quanto è buono Gesù Crocifisso! Preghiamolo che ti assista negli ultimi momenti della carriera, al passo dell'eternità felice ".

Ci mettemmo a discorrere delle cose celesti, del Paradiso e delle anime che hanno amato molto Gesù; oh! come sono dolci gli ultimi momenti della vita di queste anime!

" Ti ricordi, mamma, - le dicevo - che quando i tuoi dolori erano insopportabili, invece di lamentarti, cantavi inni alla gran Madre di Dio e così calmavi le tue sofferenze? ".

L'incoraggiavo a morire contenta, facendo la volontà del Signore.

" Il fedele Angelo Custode, che avesti in tutto il corso della tua vita, ti accompagnerà all'eterna felicità; sì, lo vedrai tutto luminoso e nobilmente genuflesso dinanzi alla Maestà Divina, presentandole il libro d'oro sul quale si trovano segnate le sofferenze sopportate pazientemente per amore di Gesù Crocifisso in tanti anni.

In quel sublime momento ti sentirai dire: Vieni, mia serva fedele, che tanto mi hai amato con le tue sofferenze, vieni nella mia dimora, che ho preparato, vieni meco per sempre.

La nostra mente non può immaginare ciò che avverrà quando vedrai per la prima volta la bellezza di Dio, la gloria di Maria Santissima in compagnia di tutti gli Angioli e Beati del Paradiso! Oh, beltà infinita!".

La mia povera mamma espresse il rincrescimento di lasciarmi, perché solo; le dissi di non pensare a me.

" Sebbene io non sia più giovane, tuttavia confido nella Provvidenza, che la bontà di Dio mi chiama religioso.

Fin da fanciullo ho sempre agognato questo stato così sublime; soprattutto le mie speranze sono fondate sulla protezione di Maria SS. Madre del mio Gesù dolcissimo, il mio tesoro, i! mio tutto.

Preghiamo dunque, o mia buona mamma, benediciamo il Re dell'eterna gloria affinché per la sua infinita misericordia, l'anima tua voli al bacio del Signore ".

Mentre io così dicevo, incrociò le mani sul petto e senza fare il minimo movimento chiuse serenamente gli occhi per riaprirli in Paradiso, per i meriti di Nostro Signore Gesù Crocifisso.

" Va', anima cara, le tue sofferenze t'abbiano meritato felicemente la gloria di Dio, quella dolcissima e graziosa melodia celestiale, aspettata e desiderata da tutti i fedeli che molto amano Gesù " ».

Non ci può non meravigliare come un uomo, che ha frequentato la II elementare, vissuto modestamente e facendo il cuoco, riesca ad esprimersi con un linguaggio spirituale così elevato.

La cameretta della casa natale dove spirò la mamma.

8. Consacrazione religiosa - Vita mistica

Mortagli la madre, va a servizio dei Camilliani.

A questi fa sapere che è diretto spiritualmente da un padre francescano che lo innamora di S. Francesco.

Siamo all'inizio del 1900, Luigi Musso chiede di diventare frate.

Ora può consacrarsi, attuando ciò che era venuto maturando fin dalla sua giovinezza, soprattutto durante il periodo in cui era stato al servizio del canonico.

Così farà il frate, laico cuoco presso il convento di S. Tommaso, dove vivrà la sua vita di religioso.

La sua intimità con Gesù e Maria Santissima raggiunge i vertici più alti, come è attestato dal suo Diario spirituale, in cui sono riportati i suoi colloqui con il Signore e con la Madonna, e testimoniato da quanti si rivolgono a lui per ricevere orientamenti e consigli.

Tra le persone che lo avvicinano c'è il ven. fr. Teodoreto, che ne diviene carissimo amico, prediletto confidente, strettissimo collaboratore.

Si dispiega e si sviluppa il suo messaggio spirituale, che riguarda in modo particolare la Divozione a Gesù Crocifisso, l'Unione Catechisti, la Casa di Carità Arti e Mestieri.

Questi punti saranno ripresi e trattati in incontri successivi.

Qui preme continuare a sondare la vita interiore di fra Leopoldo con riguardo alle sue vicende biografiche, del tutto modeste e lineari di avvenimenti esterni, ricchissime di profondità spirituale e soprattutto ancora contrassegnate dalla sofferenza.

9. La prova estrema

E proprio con riguardo a una delle opere da lui ispirata su precise indicazioni di Gesù e di Maria Santissima, la Casa di Carità, egli dovrà subire la prova più dura della sua vita, quella di ritenersi abbandonato da tutti, giudicato un povero illuso, segregato con il divieto di ricevere persone estranee al convento.

Umanamente parlando non resterebbe che constatare il fallimento, dato che gli era stato proibito di occuparsi proprio dell'opera che aveva suscitato.

Ma a questo riguardo è opportuno riportare una diretta testimonianza di fr. Teodoreto, ricavata dalla sua biografia su fra Leopoldo « Nell'intimità del Crocifisso », da cui emerge come lo stesso fr. Teodoreto, senza rendersene conto, fu lo strumento, permettendolo Iddio, che contribuì a rendere acuta la prova di fra Leopoldo.

Dobbiamo riflettere u queste circostanze, per capire bene il prezzo delle opere nelle quali ci troviamo, per comprendere l'alto valore di questi temi spirituali, che sono poi l'eredità trasmessaci dai nostri servi di Dio, e dalla quale dovremmo attingere copiosamente per alimentare la nostra vita, in particolare la nostra presenza di operatori, la nostra attività di insegnanti e di personale della Casa di Carità.

Leggiamo appunto nella citata opera, a p. 210: « Un rev. padre francescano scrisse: "Che fra Leopoldo abbia avuto da soffrire da parte di certa gente, l'ho saputo da altri, ma non da lui, che sapeva scusare e difendere tutti ".

Ciò che più stava a cuore al Servo di Dio era il compimento della missione che Gesù e Maria Santissima gli avevano affidato: propagare la Divozione a Gesù Crocifisso, propugnare e sostenere la pia Unione e la fondazione della Casa di Carità Arti e Mestieri.

E fu precisamente qui che ebbe più contraddizioni e disappunti tollerati con eroica fortezza.

Soffriva, ma non perdeva mai la confidenza e la calma, perché attingeva la sua forza dal SS. Crocifisso.

Egli si riconosceva semplice portavoce del Signore e pur essendo arrendevolissimo in quello che dipendeva da lui, era al contrario preciso e fermo per quanto doveva trasmettere per ordine di Gesù e di Maria Santissima.

Essendo sorte incertezze sul nome da dare alla Scuola Professionale, gli vennero presentate diverse domande scritte, su tal argomento, ch'egli aveva cura di metter ai piedi del SS. Crocifisso o accanto al Tabernacolo per averne risposta.

Siccome poi udiva sempre il nome di " Casa di Carità Arti e Mestieri ", non faceva che trasmetterlo, affermando semplicemente: " È il nome voluto da Dio ".

Questa sua costanza nell'affermare tali desideri di Gesù, gli costò sofferenze amarissime, che lo lasciarono sempre calmo e rassegnato.

La prova più grave, sopportata con la massima fortezza, ebbe luogo per Fra Leopoldo qualche mese prima della sua morte.

Nel dicembre 1921, quando aveva sofferto tanto per i contrasti sul nome di " Casa di Carità ", avevo io pure udito alcune espressioni sfavorevoli contro il Servo di Dio con l'accenno a un'inchiesta sulla sua vita.

Cercai allora, con la mente, se c'era qualche punto vulnerabile, col desiderio di aiutarlo, come amico intimo, a superare felicemente l'inchiesta, che poi non venne.

Malgrado le mie diligenti ricerche, non trovai in fra Leopoldo nulla da appuntare; mi venne però il dubbio se dopo la partenza del suo padre spirituale avesse scelto un altro direttore che conoscesse i suoi colloqui straordinari.

Pensai allora di recarmi dal Servo di Dio per esortarlo, se già non l'aveva fatto, a scegliere un direttore di spirito, perché l'eventuale inchiesta non lo trovasse manchevole in quel punto.

In quel frattempo fra Leopoldo, sempre per la Casa di Carità, aveva ricevuto rimostranze dai suoi superiori con l'ordine di non ricevere più nessuna persona estranea e di non occuparsi della Casa di Carità Arti e Mestieri.

Qualcuno aveva detto a fra Leopoldo - cosa per nulla vera - che si era deciso di sottoporre i suoi scritti all'esame di una commissione e che io avevo ricevuto l'incarico - cosa né vera, né verosimile - di cercare i giudici competenti.

Mi recai dunque dal Servo di Dio, e per dare ragione della mia proposta relativa al padre spirituale, dovetti esporgli quello che avevo udito di lui.

Quella mia relazione a fra Leopoldo, fatta in un momento di false dicerie, e forse espressa con troppa serietà, produsse in lui, permettendolo Iddio, la convinzione che io avessi fatti miei quei giudizi a lui sfavorevoli e lo avessi abbandonato completamente.

Tale convinzione fu una spada che trafisse il cuore al Servo di Dio, perché solo a me aveva comunicate le cose più intime sia dell'animo suo, sia relative alla divozione a Gesù Crocifisso, sia all'Unione Catechisti e alla Casa di Carità Arti e Mestieri, opere per le quali aveva tanto pregato, tanto sofferto e che ora, dal lato umano, vedeva venir meno.

Egli sopportò la prova con una fortezza veramente eroica e continuò, malgrado tutto, a confidare nell'aiuto di Gesù Crocifisso e di Maria Santissima per la riuscita di dette opere.

Solo dopo la morte di lui io conobbi questi particolari motivi della sua afflizione; che altrimenti mi sarei affrettato a chiarire l'equivoco nel quale era caduto.

La proibizione fattagli di ricevere persone estranee al convento contribuì a tenerlo nell'equivoco ».

A proposito di questa prova finale, fra Leopoldo scriverà nel suo diario le ultime parole, in data 14 dicembre 1921: « " O mio Gesù, perché povero, perché non nobile, perché semplice tutti mi hanno abbandonato! ".

Disse Gesù: " Fa' coraggio! Non siamo due amici? ".

" Oh grazie Gesù! A te hanno fatto ben peggio! " ».

10. Il transito alla vita eterna

E vediamo gli ultimi istanti di fra Leopoldo. Siamo nel gennaio del 1922.

Meditiamo sull'ultimo comportamento di quest'uomo, cui dobbiamo tanto, di fronte a questo atto conclusivo che è la morte, da cui, in un certo senso, prende significato la vita.

E di nuovo citiamo dalla biografia del ven. fr. Teodoreto ( op. cit., p. 225 ): « Il rev. padre Ernesto Ferrarotti O.F.M. scrisse: "Con due persone, come mi venne riferito, fra Leopoldo parlò dell'epoca della sua morte.

Al chierico fra Bernardino Boria che l'assisteva nell'ultima malattia chiese: "Che giorno è oggi?".

Il chierico rispose: " Giovedì ".

Il Servo di Dio soggiunse: " Giovedì, venerdì … sabato è l'ultimo; che grande grazia mi ha fatto il Signore! Questa volta vado in Paradiso! ".

Difatti al sabato si faceva la sepoltura del Servo di Dio.

Un'altra persona venne a cercarlo circa un anno dopo e alla notizia della sua morte: " Me l'aveva detto che doveva morire; parlando con lui egli era uscito con questa espressione: Quest'anno ( 1921 ) è l'ultimo per me, perché il Signore mi chiama in Paradiso ".

Si mise a letto per ubbidire al Superiore, perché la prima malattia, il singulto, non richiedeva il letto: venne curato e guarì; ma poi sopraggiunse la broncopolmonite, che in tre giorni lo fece soccombere.

Durante la malattia ricevette la S. Comunione e diede esempio di rassegnazione alla volontà del Signore e di viva pietà.

Il SS. Viatico e l'Estrema Unzione furono amministrati da me.

Benché la Religiosa Famiglia fosse ancora perplessa, non credendo alla gravita del male, tuttavia alle replicate sue insistenze, il P. Guardiano mi pregò di amministrarglieli.

Li ricevette con grande edificazione e poi non finiva di ringraziarmi.

Dopo il mezzogiorno ( giovedì 26 gennaio 1992 ) verso le ore 13.30, con grande stupore di tutti, perdette la parola.

Alle parole di conforto rivoltegli dal P. Curato rispondeva con cenni di molta serenità e dolcezza.

Dalle ore 22 alle ore 0.30 del giorno 27 ( istante della sua morte ), rimasi presso il suo letto insieme al chierico fra Bernardino Boria.

Ogni quarto d'ora, secondo le prescrizioni del medico, gli amministravo alternativamente un cucchiaio d'acqua e l'altro di medicina: ed egli sempre volentieri vi si adattò sino all'ultimo quarto d'ora di vita.

In questo frattempo, mentre lo guardavo bene sul viso per notarne i cambiamenti, lo vidi guardare due o tre volte in un canto del letto, verso il muro, con un sorriso sfuggevole, come un lampo, quale mai avevo notato sul suo labbro.

Pochi istanti dopo, alle ore 0.30, mentre lo chiamavo e stavo per somministrargli un cucchiaio di medicina, lo vidi immobile, e d'un tratto emettere due sospiri e poi piegare il capo come per prendere sonno; era spirato ».

11. Conclusioni - Orientamenti per la missione educativa

Quanto è stato detto ha lo scopo di farci riflettere su questo ritratto di uomo vero, autentico, spirituale.

Non esiste uomo senza spirito interiore che non faccia emergere dal profondo di sé la verità di se stesso, del suo comportamento con gli altri, dei rapporti che intesse.

E importantissimo per noi che siamo gente di scuola, educatori, che dobbiamo avere il culto dell'uomo, sapere come dev'essere l'uomo nella sua identità e validità.

E nei rapporti con i giovani quale può essere la motivazione se non quella che siamo degli uomini secondo la volontà di Dio?

Diciamo subito che per essere tali dobbiamo tendere alla santità anche noi nella dedizione a loro.

Non esiste per l'essere umano, uomo e donna, altra pienezza se non quella dell'amore.

La riflessione su fra Leopoldo, in occasione del suo settantesimo anniversario, ci richiama queste verità.

In esse è il vero valore e appunto perché vero, può essere perseguito da tutti, e non soltanto da chi ha fortuna, mezzi, tempi, spazi.

La santità è l'obiettivo di tutti, rivela la nostra vita, i nostri rapporti, diventa luce.

Questa è la testimonianza da portare e favorire negli altri.

Possiamo insegnare delle cose, importanti quanto si vuole, per guadagnarsi il pane, ma si tratterebbe pur sempre di una visione funzionale e strumentale delle cose.

La visione vera di ognuno parte dalla sua identità profonda, dalla sua irreperibilità dovuta alla sua spiritualità.

Allora l'enorme tesoro che abbiamo, le persone che più da vicino ci ricordano questo, sono per noi i compagni di viaggio, i nostri padri spirituali, gli amici che ci hanno preceduti.

E riferirci a loro per attingere quanto può fare luce dentro di noi, dev'essere considerato un fatto estremamente importante, per poter irradiare la luce in tutti i nostri rapporti.

D. C. ( dalla conferenza tenuta il 1 dicembre 1992 alla Casa dì Carità )