" L'umana sofferenza e l'opera del Redentore "

B303-A5

Stralci tratti dal discorso del Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia,

tenuto il 19 luglio u. sc., nella chiesa del Redentore.1

1. Sconcerto a fronte di tragedie come quelle di Aquila e Viareggio

Ci avvaliamo di alcune delle profonde riflessioni del card. Scola, riportate tra virgolette in carattere corsivo, in relazione ai tragici avvenimenti di questi ultimi tempi, come il terremoto in Abruzzo e la sciagura ferroviaria di Viareggio, che ripropongono con marcata intensità il problema, anzi il mistero della presenza del dolore e della morte nella nostra vita.

2. Impotenza dinanzi alla sofferenza e alla sua giustificabilità?

« Nella storia dell'umana famiglia l'aggressione del dolore e della sofferenza sembra non spegnersi mai.

Come tutte le realtà elementari di cui l'uomo universalmente fa esperienza ( la conoscenza, l'amore, ecc. ) anche il dolore e la sofferenza sono difficili da spiegare ».

Così il Card. Scola si è espresso, introducendo la sua magistrale riflessione, nella quale però prospetta l'alto valore del dolore se innestato nell'amore al Crocifisso.

« Nella vicenda storica dolore e sofferenza, come una tragica fenice, sempre risorgono in forme nuove dalle loro ceneri.

A tal punto che l'uomo è tentato di chiamare Dio a discolparsi per l'esistenza del dolore nel mondo.

La tradizione cristiana, ma anche il pensiero occidentale registrano continui tentativi di "giustificare" Dio in proposito.

Per non attribuire il male a Dio stesso o per non considerarlo un principio originario indipendente da Dio, la dottrina tradizionale ha affermato che Dio permette il male a fin di bene.

Lo fa per provare l'uomo, per purificarlo o addirittura per far emergere la bellezza del bene ed esprimere l'intera ricchezza del cosmo. »

« Ma all'uomo che sperimenta il male radicale ( Kant ),2 il male ingiustificabile ( Nabert ),3 il male innocente ( don Gnocchi )4 la tesi della permissione del male da parte di Dio può bastare? »

3. " Gesù, morendo in croce, svela la fecondità del dolore "

« Gesù Cristo non ha elaborato alcuna teoria per spiegare l'esistenza del dolore e della sofferenza nel mondo.

Egli ha imparato "l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto" ( Eb 5,8-9 ) ha attuato un'opera di redenzione in forza della quale ogni sofferenza riceve luce. »

« Nell'opus Dei di Gesù Cristo, il Figlio fattosi uomo per noi, morendo ha inchiodato tutto il male assumendolo direttamente su di sé.

Non ha sperimentato solamente atroci sofferenze di ordine fisico, ma ha fatto un'esperienza irrepetibile di dolore morale: l'abbandono da parte del Padre. »

« San Paolo scrivendo ai Corinzi usa parole estreme: " Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore " ( 2 Cor 5,21 ).

Che significa questo? Può voler dire soltanto che Gesù fece l'esperienza del dolore e della sofferenza più radicale: la perdita dell'Amore.

Il peccato infatti separa, annulla ogni relazione.

Si intravvede l'abisso del misterioso dialogo tra la domanda angosciata del Figlio abbandonato sulla croce e la risposta del Padre, fatta di silenzio.

Ora "nel silenzio del Padre di fronte alla domanda del Figlio si trova il luogo proprio della sofferenza".

Di ogni umana sofferenza. »

« Gesù ha vissuto questa esperienza liberamente.

La sua missione non fu solo la scelta della solidarietà di Dio con l'umanità sofferente, ma anche una scelta compiuta al nostro posto.

Non solo con noi, ma per noi ( sostituzione vicaria ).

Le sofferenze, la morte e la risurrezione di Gesù hanno la forza di espiare tutti i peccati del mondo.

Siamo di fronte al mistero insondabile del dolore umano del Figlio di Dio, al dolore abbracciato dalla libertà umana della Persona divina del Verbo. »

« Ci aiuta a comprenderlo qualche dato di esperienza: per l'uomo è impossibile compiere imprese encomiabili di qualsiasi tipo senza una dose elevata di sofferenza; nella vita di ogni uomo non esiste genuina fecondità senza dolore; soprattutto, l'uomo che compie ingiustizia viene restaurato nella sua dignità tramite l'espiazione che lo riconduce nella verità.

Il Redentore, morendo sulla croce al nostro posto, svela tutta la fecondità del dolore. »

4. Unirsi alle sofferenze di Gesù per dare merito e valore alle nostre

« L'opera compiuta dall'amore di Cristo non resta riservata alla sua singolare persona.

Essa ha la forza di contagiare ogni umana sofferenza per mutarla in opera di amore e di speranza. »

« La sofferenza dell'uomo, investita dall'amore del Crocifisso, diventa a sua volta feconda.

Per quanti, esplicitamente o implicitamente, aderiscono a Cristo questa prospettiva della vita piena ( eterna ) è già in atto.

Qui, nella storia, non unicamente nell'al di là.

La sofferenza è in grado di mutare le sorti della storia personale e sociale ( Pastorelli di Fatima ),5 perché partecipa della Redenzione di Gesù. »

« " Perché mi hai abbandonato?": una domanda filiale che ha come risposta il silenzio paterno.

Non una domanda senza risposta, perché anche il silenzio è una risposta.

Non è forse l'esperienza preponderante che ciascuno di noi fa di fronte alla sofferenza altrui?

Il restare zitti, il non sapere cosa dire.

Orbene, tale silenzio, in maniera apparentemente paradossale ( come sempre nella fede cristiana ) anziché allontanarci da Dio ci avvicina a Lui. »

« Il Redentore non ha cercato di cancellare il dolore attraverso una teoria più brillante delle altre, ma ha compiuto un'opera di totale immedesimazione nella sofferenza, illuminandone il significato profondo: la collaborazione alla sua redenzione del mondo.

Per quanto parlare di espiazione delle colpe del mondo possa infastidire la nostra sensibilità postmoderna, non possiamo negare questa realtà.

La sofferenza di Cristo è, quindi, inclusiva, cioè consente l'accesso alle altre sofferenze, che possono, in unione con la sua, espiare in modo vicario. »

« Questa consapevolezza non rinuncia all'indefesso impegno teso a combattere la sofferenza umana, ma sprigiona una creatività non utopica ».

5. Offerta delle sofferenze per le vocazioni

Da queste riflessioni possiamo trarre consolanti conclusioni.

Il dolore, la sofferenza e la morte hanno colpito l'umanità in conseguenza del peccato originale, commesso sotto l'istigazione del Demonio.

Ma Dio non ha abbandonato l'uomo: Gesù, il Figlio di Dio incarnato, ha preso su di Sé la sofferenza, vi si è "immedesimato", dandole un valore espiatorio.

Noi possiamo unire le nostre sofferenze alla sua, trasformandole in strumento di purificazione e di salvezza per noi stessi e per gli altri.

In particolare sappiamo offrire i nostri dolori, fisici e morali, a Gesù, innestandoli in Lui, per le intenzioni specifiche di questa nostra crociata del "Coraggio della sofferenza", perché il Padre "mandi operai lla messe", suscitando e assecondando le vocazioni sacerdotali, religiose e secolari.


1 Il testo del discorso da cui sono tratti gli stralci, è stato pubblicato da "Avvenire" del 19 luglio 2009.

I sottotitoli e le note sono state aggiunte dalla nostra redazione.

2 Il male radicale per Immanuel Kant ( 1724-1804 ) consiste nel riconoscere la legge subordinando però l'obbedienza ad essa ad impulsi sensibili.

L'uomo è dunque cattivo perché inverte nelle sue massime l'ordine morale dei motivi.

Egli fa del motivo dell'amore di sé la condizione dell'adempimento della legge morale, mentre quest'ultima dovrebbe essere accolta come unico motivo della massima ( Riconda ).

3 Jean Nabert ( 1881-1960 ) riconosce che nell'uomo, in quanto libero e cosciente di sé, vi è anche una causalità cattiva.

Ma ciò non induce al pessimismo, né impedisce il progresso spirituale, nonostante la presenza dell'« ingiustificabile », cioè del male, attraverso un'ascesi morale e religiosa.

4 È nota l'alta missione umanitaria, caritativa e apostolica di don Carlo Gnocchi ( 1902-1956 ) per l'infanzia mutilata, per i giovani e per i poliomielitici.

5 Nel messaggio mariano di Fatima viene evidenziato, oltre alla preghiera e alla penitenza, il carattere satisfattorio della sofferenza unita a quella di Cristo.