Catechismo degli Adulti

Indice

L'inferno

Cat. Chiesa Cat. 1033-1037

1218 Tragica possibilità

La nostra libertà ha una drammatica serietà: siamo chiamati alla vita eterna, ma possiamo cadere nella perdizione eterna.

"Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà"
( Sir 15,17 ).

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Dio vuole che tutti siano salvati e vivano come suoi figli in Cristo, ( 1 Tm 2,4-6 ) eppure per ciascuno c'è la triste possibilità di dannarsi: mistero inquietante, ma richiamato tante volte nella Bibbia, con parole accorate di minaccia e di ammonimento.

Riguardo al diavolo e ai suoi angeli, sappiamo che sono già condannati di fatto. ( Mt 25,41 )

Per gli uomini invece si tratta di un rischio reale.

La Scrittura non fa previsioni, ma rivolge appelli pressanti alla conversione, come volesse dire: ecco che cosa vi può succedere, ma non deve assolutamente accadere.

Anche questa rivelazione è un atto di misericordia.

1219 Pena eterna

La pena dell'inferno è per sempre: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno …

E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" ( Mt 25,41.46 ).

"Il loro verme non muore e il fuoco non si estingue" ( Mc 9,48; Is 66,24 ).

"Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia" ( Ap 14,11 ).

L'eternità dell'inferno fa paura.

Si è cercato di metterla in dubbio, ma i testi biblici sono inequivocabili e altrettanto chiaro è l'insegnamento costante della Chiesa.7

1220 Perdita definitiva della comunione con Dio

In che cosa consiste questa pena?

La Bibbia per lo più si esprime con immagini: Geenna di fuoco, ( Mt 18,9 ) fornace ardente, ( Mt 13,42 ) stagno di fuoco, ( Ap 19,20; Ap 21,8 ) tenebre, ( Mt 22,13; Gd 1,6 ) verme che non muore, ( Mc 9,48 ) pianto e stridore di denti, ( Mt 24,51 ) morte seconda. ( Ap 2,11; Ap 20,14 )

La terribile serietà di questo linguaggio va interpretata, non sminuita.

La Chiesa crede che la pena eterna del peccatore consiste nell'essere privato della visione di Dio e che tale pena si ripercuote in tutto il suo essere.

1221 Non si tratta di annientamento per sempre.

Lo escludono i testi biblici sopra riportati, che indicano una sofferenza eterna e altri che affermano la risurrezione degli empi. ( Dn 12,2; Gv 5,28-29; At 24,15 )

Lo esclude la fede nella sopravvivenza personale, definita dal concilio Lateranense V.8

Del resto neppure il diavolo è annientato, ma tormentato "giorno e notte per i secoli dei secoli" ( Ap 20,10 ) insieme con i suoi angeli.

Quando la Sacra Scrittura parla di perdizione, rovina, distruzione, corruzione, morte seconda, si riferisce a un fallimento della persona, a una vita completamente falsata. ( Mt 10,28; 1 Cor 3,17; Gal 6,7; Fil 3,19;
2 Ts 1,9; 1 Tm 6,9; Ap 2,11; Ap 20,6.14; Ap 21,8 )

1222 Piuttosto la pena va intesa come esclusione dalla comunione con Dio e con Cristo: "Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!" ( Lc 13,27 ).

"Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza" ( 2 Ts 1,9 ).

L'esclusione però non è subita passivamente: con tutto se stesso, a somiglianza degli angeli ribelli, il peccatore rifiuta l'amore di Dio: "Ogni peccatore accende da sé la fiamma del proprio fuoco.

Non che sia immerso in un fuoco acceso da altri ed esistente prima di lui.

L'alimento e la materia di questo fuoco sono i nostri peccati".9

L'inferno è il peccato diventato definitivo e manifestato in tutte le sue conseguenze, la completa incapacità di amare, l'egoismo totale.

La pena è eterna, perché il peccato è eterno.

Il dannato soffre, ma si ostina nel suo orgoglio e non vuole essere perdonato.

Il suo tormento è collera e disperazione, "stridore di denti" ( Lc 13,28 ), lacerazione straziante tra la tendenza al bene infinito e l'opposizione ad esso.

L'amore di Dio, respinto, diventa fuoco che divora e ( Dt 4,24; Is 10,17 ) consuma; ( Dt 4,24; Is 10,17 ) lo sguardo di Cristo brucia come fiamma. ( 2 Ts 1,7-8; Ap 2,18; Ap 19,12 )

Dio ama il peccatore, ma ovviamente non si compiace di lui: la sua riprovazione pesa terribilmente.

1223 Rifiuto della creazione

Rifiutando Dio, si rifiutano anche gli altri uomini e l'intera creazione.

Più l'opera di Dio è bella, più il peccatore la trova insopportabile: sebbene l'aria sia limpida e luminosa, il pesce vi rimane asfissiato.

Mentre nella vita terrena era possibile rinunciare a Dio e avere soddisfazioni dalle creature, ora da nessuna parte si può trovare refrigerio e rifugio, "come quando uno fugge davanti al leone e s'imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde" ( Am 5,19 ).

L'inferno è dunque la sofferenza di non poter amare nessuna cosa, il rifiuto totale e definitivo di Dio, degli altri, del mondo e di se stessi, in contraddizione con la vocazione originaria a vivere in comunione.

I reprobi sono uomini falliti, stravolti in tutta la loro personalità.

1224 Indiretta testimonianza della grandezza di Dio

Tuttavia, con il loro stesso rifiuto, i dannati manifestano ancora la grandezza della libertà che ricevono in dono, e quindi la grandezza del Creatore.

Con il loro tormento affermano la meravigliosa bellezza della grazia che non accettano, la potenza dell'amore che li attrae e che respingono.

Come si può intuire, il male è integrato anch'esso nella gloria di Dio: anche se non è soppresso, è vinto per sempre.

Tutti vengono da Dio e tutti tornano a lui, o nell'amore o nel terrore: "Dio è unito a tutti, secondo la disposizione intima di ogni persona".10

1225 L'inferno è il peccato divenuto definitivo, il rifiuto eterno di Dio e del mondo creato, in lacerante contraddizione con la nativa vocazione a vivere in comunione.

Indice

7 Formula "Fides Damasi" - DS 72.;
Sinodo di Costantinopoli, Condanne contro Origene, Can. 9 - DS 411.;
Conc. Lateranense IV, Costituzione 1 "De fide catholica"
8 Conc. Lateranense V, Apostolici regiminis
9 Origene, I principi, 2, 10, 4
10 San Massimo il confessore, A Talassio, 59